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06 novembre 2009

2009/11/05 COMUNICATO STAMPA :Sette domande al Presidente della Provincia di Savona e ........

Associazione di Volontariato ONLUS
"Uniti per La Salute"

COMUNICATO Stampa

Sette domande al Presidente della Provincia di Savona


Come è ben noto a tutti, uno dei caratteri più significativi della nostra associazione è quello di non avere appartenenze partitiche, né di fiancheggiare chicchessia: unico nostro scopo è attivarci ed attivare i cittadini verso una sempre maggiore tutela della salute: e - come diciamo spesso - la salute non ha colore politico.
Con questo spirito, abbiamo avuto colloqui con molti amministratori di ogni partito e schieramento: al presidente Vaccarezza abbiamo portato e istanze e perplessità poco più di un mese fa, accolti con un atteggiamento di attenzione che ci ha favorevolmente colpito.

A seguito delle sue ultime dichiarazioni televisive, visibili sul web, abbiamo chiesto ufficialmente un breve incontro prima della data del 6 novembre per porgli alcune domande. Non abbiamo la pretesa di essere interlocutori privilegiati, e comprendiamo gli impegni legati al suo ruolo, ma – in assenza di riscontro – riteniamo comunque opportuno, sempre seguendo lo spirito costruttivo che contraddistingue la nostra associazione, rivolgergli pubblicamente alcune domande riguardo al potenziamento a carbone della centrale di Vado Ligure:

1) Presidente, abbiamo colto nelle sue dichiarazioni la parola confronto, in alternativa al ricorso giudiziale: la nostra associazione ha fatto ricorso al T.A.R. con grande impegno, anche economico, perché gli atti contro cui non si ricorre diventano intoccabili. Se nessuno facesse ricorso, l’atto firmato dal ministro diventerebbe sicuramente intoccabile e così i successivi connessi atti autorizzatori.
A quel punto, a cosa servirebbe sedersi al tavolo delle trattative, quale confronto potrebbe esserci senza nulla in mano, quali argomenti si potrebbero far valere nei confronti di Tirreno Power, forte del decreto di V.I.A. e in un secondo tempo dell’autorizzazione al potenziamento a carbone, divenuti intoccabili per mancata impugnazione?
2) Altra sua affermazione è stata:
"il ricorso così come strutturato, se perde lascia fare a Tirreno Power quello che vuole, se i vince si tiene la centrale com’è".
Per quanto riguarda il nostro ricorso, Le assicuriamo che noi lo abbiamo presentato perché i motivi di illegittimità del decreto, alcuni dei quali sono stati da noi portati a sua conoscenza, ci paiono assolutamente forti e validi. Se tuttavia si dovesse perdere, l’ordinamento giuridico, come Ella ben sa, prevede successive forme di tutela.
Ma, in ogni caso, non si potrà comunque mantenere “l’esistente cosi com’è”. Le domandiamo: Ella è a conoscenza che per l’impianto esistente è in corso la procedura di A.I.A. prevista dal d.lgs. 59/2005, che impone, tra l’altro, l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili per gli impianti in essere?

3)Dalle sue dichiarazioni apprendiamo:
"non vogliamo che continui quello che e' stato fatto sino ad oggi …. Regioni,Provincia e Comuni pur parlando non hanno messo in campo nulla che sia una roba seria.. noi vogliamo che ci sia una forma di controllo"
"ci sono delle polveri che non sono nemmeno rilevate – la soglia di attenzione oggi su Tirreno Power è stata zero ci si e' fidati totalmente dell'azienda."
La nostra associazione, da quando è sorta nel maggio 2007, ha comunicato formalmente a TUTTE le parti politiche di maggioranza e di opposizione (compresa la sua) serie perplessità sulla situazione e sui sistemi di rilevamento, senza avere avuto risposte concrete da alcuno.
Apprezziamo la forte presa di posizione attuale, riteniamo diritto dei cittadini conoscere come intenda operare la Provincia per avere un sistema di monitoraggio efficace, super partes e totalmente affidabile, magari con la supervisione Enti medici e scientifici.

4)Ella ha anche dichiarato:
"chi negli ultimi venti anni ha concesso al territorio di Vado e Quiliano di essere il territorio più inquinato della provincia di Savona e della Liguria dovrebbe smettere di far politica...... noi non siamo contenti di Tirreno Power."
Prendiamo atto di queste rilevanti dichiarazioni sul livello di inquinamento rese in modo così forte ed esplicito. Auspichiamo che questa presa di coscienza costituisca un importante segnale per il nostro futuro, e vorremmo conoscere su questo punto le intenzioni della sua amministrazione, per migliorare concretamente e da subito questa situazione.

5) E' a conoscenza delle forti perplessità da noi già manifestate sulla regolarità dello scarico delle acque, sull’autorizzazione rilasciata dalla Provincia e sul mancato controllo da parte della Provincia? Ha varato qualche concreta iniziativa in merito?

6) Quali iniziative sono in programma, per difendere l'appeal turistico della zona di Varazze/Finale dalle ricadute negative di un potenziamento dell'attività a carbone della centrale?

7) In definitiva, la sua amministrazione è favorevole o contraria al potenziamento?
Se è favorevole, le chiediamo di dirlo espressamente.
Se è contraria, crediamo che i cittadini abbiano il diritto di sapere da subito quali atti concreti ed efficaci ritiene di attuare la sua e - se permette - nostra amministrazione provinciale.

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Tratto da Savona news

Leggi SAVONA.TIRRENO POWER "MANDATO PER VACCAREZZA CONGELATO"

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Tratto da "La Stampa "del 6 Novembre 2009

Tirreno Power Vaccarezza faccia a faccia con i comuni


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Riportiamo il molto interessante articolo perchè sia di stimolo ed illuminazione a
"CHI PROPRIO NON VUOLE CAPIRE" che i cittadini sono per
"LA TUTELA DELLA SALUTE DEI CITTADINI STESSI E DEL TERRITORIO IN CUI VIVONO PRIMA DI TUTTO"


Tratto da OnTuscia .it
05/11/2009
TARQUINIA, LA FEDERAZIONE RDB CUB DI VITERBO ADERISCE AL COMITATO NO COKE

TARQUINIA – Dopo un incontro con i rappresentanti del comitato No Coke di Tarquinia, abbiamo deciso come direzione provinciale delle RdB CUB di aderire al comitato No Coke, condividendone le motivazioni e il percorso; per una organizzazione che difende il lavoro e i lavoratori è automatico difendere anche la salute degli stessi e di tutti i cittadini, smascherando false contrapposizioni tra tutela della salute e perdita di posti di lavoro.
Sostenere la lotta contro il carbone nella centrale di Civitavecchia significa combattere la disoccupazione perché lo sviluppo delle energie alternative è l’unica grande occasione di lavoro diffuso su questo territorio.
Anche il caso delle centrali elettriche di Montalto di Castro e di Civitavecchia è emblematico rispetto agli effetti negativi che ha causato sul lavoro, l’ambiente e la politica di questo territorio. La storia della costruzione della centrale di Montalto di Castro dimostra come all’iniziale grande impiego di manodopera (gli anni della costruzione dei manufatti edili), segua sempre una grande disoccupazione legata al ritorno degli operai nei settori tradizionali di provenienza (agricoltura, artigianato e turismo). Non solo uno spopolamento lavorativo verso lavori dipendenti di breve durata ma anche la “stagnazione” di ogni altro possibile sviluppo del territorio attraverso la valorizzazione delle proprie peculiarità, ad esempio, nell’accoglienza turistica legata alle bellezze naturalistiche e archeologiche della maremma e dell’entroterra viterbese. Montalto e ogni sito oggetto di grandi impianti energetici, dimostrano anche un’altra cosa, l’inquinamento ambientale nasconde sempre un “inquinamento politico”: il consenso elettorale delle amministrazioni comunali è “facilitato” da cospicui quanto leciti introiti Enel che consentono una sorta di “dopaggio” nelle possibilità di spesa per lavori in appalto, contributi ad associazioni, finanziamenti di piscine, campi sportivi, ambulanze, ecc.

La storia delle centrali elettriche di Civitavecchia dimostra l’esistenza delle stesse dinamiche.
La novità è che è cresciuto un largo movimento di cittadini che ora è sostenuto anche dall’importante categoria degli agricoltori che vedono nell’inquinamento ambientale la distruzione del loro futuro (chi vorrà acquistare prodotti agricoli provenienti da questa area stretta dai sovrastanti fumi di due centrali?) e il ricorso al nucleare non potrebbe che aumentare tali diffusi timori.
Ultimamente si è registrato su questo territorio un fatto di una rilevanza democratica eccezionale, i cittadini hanno avviato una raccolta diffusa di fondi, nelle famiglie, nelle cooperative agricole, nei bar, ecc. per finanziare un controllo autonomo dell’aria e presto presenteranno i risultati di questo monitoraggio, i cittadini si stanno auto tassando per pagare un vero monitoraggio ambientale per avere, cioè, un controllo autonomo dell’aria che respirano.
Dal punto di vista di una forza sindacale come la nostra è evidente che le grandi centrali non sono grandi occasioni di lavoro ma solo dei grandi ostacoli allo sviluppo di una occupazione diffusa sul territorio per l’utilizzo delle fonti rinnovabili:
la vera rivoluzione in termini di occupazione, oltre ché ambientalista, ci sarà, quando sopra i tetti di ogni condominio ci saranno i pannelli ad energia solare per la produzione di energia elettrica e calore. Se ciò sarà non avremmo più bisogno di grandi centrali, ma di tante persone che lavorano come idraulici, installatori, elettricisti, manutentori, piccoli artigiani, commercianti, ecc.
Le grandi centrali servono solo alle grandi forze economiche, a noi serve un ambiente sano dove ci siano tanti posti di lavoro durevoli e non tanti posti al cimitero.

RdB Sara sempre dalla parte dei cittadini e dei lavoratori, mai dalla parte degli inquinatori.
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PRIMA O DOPO I NODI VENGONO AL PETTINE ....
BASTA CHE ESCA IL PROBLEMA NEI TERMINI GIUSTI E ......
QUALCUNO HA APERTO GLI OCCHI .


"TRATTO DAL BLOG DEL COMITATO PER TARANTO "

I veleni di Taranto

Novecentotrentunomila metri quadri. Potrebbe essere la superficie di un centro abitato, o di una grande area boschiva. Invece è la grandezza dell'area, di cui una parte in concessione demaniale, sequestrata dalla Guardia di Finanza di Taranto all'interno del porto mercantile della città pugliese, su disposizione dell'Autorità Giudiziaria. Il provvedimento reca la firma del procuratore della Repubblica, Franco Sebastio, e dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino. Il motivo? In quest'area così ampia erano stati stoccati rifiuti speciali sia solidi sia liquidi, senza le dovute autorizzazioni, soprattutto senza le dovute precauzioni per la salute. Tre persone sono state denunciate.

Il provvedimento è stato emesso al termine d’indagini che hanno accertato lo stoccaggio di rifiuti speciali, anche di natura tossica, il carico e lo scarico di materie prime e prodotti finiti dell'industria metallurgica in violazione delle norme poste a tutela dell'ecosistema marino e terrestre.
Anche i rifiuti sono stati sequestrati dalle Fiamme Gialle, assieme ai sistemi di canalizzazione presenti nell'area del porto. Questo perché si sta procedendo alla necessaria verifica, condotta attraverso l'esecuzione di prelievi di campioni, in collaborazione con i tecnici dell'Arpa Puglia, dell'impatto ambientale sui fondali marini adiacenti. Inoltre, sono in corso anche accertamenti di carattere fiscale. I militari della Finanza stanno operando insieme a unità aeree e navali.

All’esame dei magistrati ci sono i pontili del porto di Taranto. Con il rischio che fin troppe quantità di sostanze nocive siano finite in mare, nel porto mercantile. Non si tratta di pontili qualunque. Sono il secondo, terzo, quarto e quinto sporgente del porto, il che fa diventare il sequestro un fatto assolutamente clamoroso: sono i pontili utilizzati dall'ILVA di Taranto per lo sbarco delle materie prime e l'imbarco dei prodotti finiti. Il provvedimento giudiziario, si legge in comunicato reso noto dalla direzione dell'ILVA, contesta "l'assenza di un sistema per la raccolta ed il trattamento delle acque meteoriche oltre alla gestione non autorizzata di materiali di risulta presenti sui pontili. In questa fase di esclusivo accertamento dei fatti ipotizzati l'ILVA sta fornendo ampia collaborazione al personale della Guardia di Finanza per l'espletamento delle indagini di rito e per l'esecuzione del mandato di sequestro probatorio". Infine, “l'Ilva confida, al fine di accertare l'assenza di responsabilità, in una rapida conclusione delle indagini".

All'arrivo dei militari, la mattina del 3 novembre scorso, l'area era piena di rifiuti speciali che, a causa delle precipitazioni autunnali di questi giorni, finivano nei sistemi di canalizzazione delle acque reflue, che vanno in mare.
Nonostante questo, l'unica autorizzazione mostrata dall'ILVA è stata quella per lo "scarico di acque reflue domestiche". Come dire: acque di scolo della pasta dalle pentole ed acqua con detersivo dopo aver lavato i piatti, due tipici esempi di acque reflue domestiche. Peccato che invece si tratti di un'acciaieria, i cui scarti polverosi sono costituiti da metalli pesanti, pericolosi per inalazione e per ingestione.

Sono contestati anche altri reati, come si legge nella disposizione di sequestro probatorio con facoltà d'uso: danneggiamento e realizzazione di opere abusive, oltre ad una lunghissima serie di violazioni in materia ambientale.
Secondo le accuse, l'ILVA avrebbe agito nel porto senza le necessarie autorizzazioni.
Le tre persone denunciate sono il direttore dello stabilimento siderurgico, Luigi Capogrosso, il responsabile area "sbarco merci", Giuseppe Manzulli, ed il responsabile dell'area logistica "prodotti finiti", Antonio Colucci. A dare il via alle indagini è stato il sequestro di alcune bricche, proprio nell'area portuale, a febbraio del 2009. Da quell'operazione si sarebbe poi risaliti alla mancanza delle autorizzazioni da parte dell'ILVA.

Tutto questo va a colpire una città già disastrata dal punto di vista ambientale, in buona parte già vittima proprio dell'ILVA. Lo stesso porto di Taranto non è nuovo ad illeciti ambientali: appena poche settimane fa, cinque container carichi di rifiuti speciali (complessivamente 124 tonnellate tra pneumatici fuori uso, scarti in gomma e pezzi di plastica) diretti in Vietnam, sono stati sequestrati nel corso di controlli doganali. Esaminando la documentazione di viaggio, si è scoperta una falsa indicazione del codice identificativo della tipologia dei rifiuti e del trattamento di recupero previsto dalla legge: il carico risultava diretto in Corea, mentre l'effettiva destinazione era il Vietnam, in violazione agli accordi tra l'Unione Europea ed il Paese Asiatico.

Il tutto in una città che non detiene solo il primato nazionale per la diossina, ma anche per il mercurio. Infatti, come si rileva dall'Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti, Taranto vede una dispersione in atmosfera per la grande industria italiana del 49% del mercurio emesso in tutta l'Italia, ma il dato più grave è l'aumento continuo di mercurio, soprattutto quello che finisce nelle acque antistanti la città. Infatti il mercurio in acqua è passato dai 118 chili del 2002 ai 665 chili stimati nel il 2005. Ed anche il mercurio proviene dal grande impianto siderurgico: l'ILVA, a livello nazionale, emette il 62,5% di tutto il mercurio stimato per la grande industria. Alessandro Iacuelli (altrenotizie)

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