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30 maggio 2017

Il “Green Big Bang”: la rivoluzione delle rinnovabili :

Il “Green Big Bang”: la rivoluzione delle rinnovabili

Tratto da Edison.it 
Risultati immagini per energie rinnovabili
Dopo anni di grandi speranze e false partenze, la transizione verso l’energia pulita sta marciando con decisione. Anzi, nell’ultimo periodo ha fatto registrare tassi di crescita così elevati da superare anche le previsioni più ottimistiche. Riuscirà a compiersi entro il 21esimo secolo? 
Rispondere in modo definitivo a questa domanda potrebbe sembrare prematuro ma molti segnali fanno protendere verso una risposta affermativa. Qualche esempio? I parchi eolici e fotovoltaici sono sempre più numerosi, le vendite delle auto elettriche sono in continuo aumento, l’industria del petrolio dà qualche segno di cedimento. Nel 2016, l’energia prodotta da fonti rinnovabili, a livello globale, è cresciuta del 9% rispetto all’anno precedente; una crescita guidata dal fotovoltaico, in aumento del 30%. Per il secondo anno di fila, l’energia rinnovabile rappresenta più della metà della nuova capacità produttiva elettrica aggiunta.....
La transizione verso l’energia rinnovabile è spinta anche da una concreta intenzione di combattere il cambiamento climatico. Intenzione molto forte in tanti paesi: negli ultimi vent’anni, sono state adottate, globalmente, più di 1200 leggi che riguardano il cambiamento climatico. Le rinnovabili sono ora supportate dalle politiche di almeno 146 paesi.
Questo tipo di supporto “centrale” (che si traduce in sgravi fiscali e incentivi economici) ha giocato un ruolo importante nello sviluppo delle rinnovabili, contribuendo soprattutto ad abbassare i costi degli impianti: dal 2009, il costo delle turbine eoliche è sceso del 30%, quello dei pannelli solari addirittura dell’80%. E, man mano che i costi scendono e la tecnologia migliora, le rinnovabili avranno sempre meno bisogno del supporto dei governi centrali e delle altre istituzioni. 
Un altro elemento a favore della crescita delle rinnovabili è rappresentato dalle batterie, essenziali per immagazzinare l’elettricità in eccesso. Lo stoccaggio dell’energia ricavata dal sole e dal vento è sempre stato un argomento alquanto spinoso per via dei suoi costi elevati ma l’impiego massiccio delle batterie nell’industria delle auto elettriche ha contribuito ad abbassare questi costi. 
I tempi non sono ancora maturi per veder spuntare una batteria e un pannello solare in ogni angolo del pianeta, ma non è difficile immaginare un futuro in cui ogni casa riesca a produrre l’energia che serve per soddisfare il proprio fabbisogno. 
Fonte: Financial Times, “The Big Green Bang: how renewable energy became unstoppable” 

29 maggio 2017

L’energia pulita ed economica è già qui,ha cambiato passo. Perché non prenderne atto?

Tratto da http://www.behindenergy.com

L’energia pulita ed economica è già qui. Perché non prenderne atto?

 L’energia pulita ed economica è già qui. Perché non prenderne atto?

L' energia pulita ha cambiato passo, inferendo un duro colpo ai combustibili fossili. Le rinnovabili, in primis eolico e solare, sono cresciute grazie soprattutto alla diminuzione dei costi delle tecnologie impiegate. Le auto elettriche e i sistemi di stoccaggio stanno piano a piano prendendo più spazio nei mercati. Eppure, ancora troppo spesso prevalgono i pregiudizi sull’incapacità delle rinnovabili a sostenere la crescita delle economie mondiali o sulla loro scarsa competitività economica e la loro difficoltà a stare nel mercato senza incentivi. Allo stesso modo la consapevolezza delle opportunità economiche e lavorative che le rinnovabili portano con sé è poco diffusa, ma i numeri parlano chiaro e li dettaglia Bloomberg new energy finance in un articolo apparso su Bloomberg.
Eolico e solare conquistano il mondo
In tutto il mondo eolico e solare si misurano con carbone e gas naturale stabilendo risultati sempre più spesso a loro favore. Nel 2016, le centrali eoliche del Regno Unito hanno generato più elettricità delle centrali a carbone, un fatto mai successo prima nella storia elettrica britannica. Sempre in Gran Bretagna, tra aprile e settembre del 2016, nonostante il clima piovoso, la produzione elettrica da solare ha superato quella da carbone. In Danimarca, lo scorso 22 febbraio, il paese ha funzionato solo con energia eolica. Uno studio dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) sugli scenari energetici globali ha calcolato che, entro il 2040, le rinnovabili e il gas sono destinate a sostituire il carbone. Segnali inequivocabili di come le fonti rinnovabili stiano pian piano guadagnando terreno rispetto ai combustibili fossili.
L’energia mondiale sta diventando sempre più pulita: la produzione di energia da fonti rinnovabili (escluse le grandi centrali idroelettriche) tra 2006 e 2016. Fonte: Bloomberg New Energy Finance
L’energia mondiale sta diventando sempre più pulita: la produzione di energia da fonti rinnovabili (escluse le grandi centrali idroelettriche) tra 2006 e 2016. Fonte: Bloomberg New Energy Finance
Investimenti: le rinnovabili battono i combustibili fossili
Il cambiamento più importante che stiamo vivendo riguarda lo spazio che le rinnovabili si stanno guadagnando nel mix energetico mondiale. Inizialmente sostenute da politiche pubbliche che permettessero il loro ingresso nel mercato, ora fonti come eolico e solare sono diventate competitive grazie alle economie di scala che riescono a produrre. Anche negli Stati Uniti gli investimenti nelle rinnovabili crescono a ritmi maggiori delle risorse economiche destinate alle fonti fossili.
Gli investimenti nel settore energetico americano: le rinnovabili battono le fonti fossili. Investimenti in miliardi di dollari per anno. Fonte: Bloomberg New Energy Finance, Unep
Gli investimenti nel settore energetico americano: le rinnovabili battono le fonti fossili. Investimenti in miliardi di dollari per anno. Fonte: Bloomberg New Energy Finance, Unep
L’illusione dei posti di lavoro creata dai combustibili fossili
Negli ultimi anni, l’industria americana del carbone ha realizzato una buona produttività a scapito dell’occupazione. Le tecnologie utilizzate nel settore minerario hanno ridotto la fatica dei minatori e si sono sostituite a loro nelle mansioni più pericolose che, nei decenni scorsi, sono costate la vita a molti. L’utilizzo di macchinari ha permesso alle imprese di realizzare una maggiore produttività tagliando posti di lavoro. Un fenomeno destinato a continuare, aggravato anche dal fatto che un numero sempre più elevato di miniere di carbone sta chiudendo.
Dove invece i posti di lavoro stanno crescendo è nelle rinnovabili. Oggi, in California, il settore dell’energia solare impiega più persone rispetto a quanto riesca a fare l’intera industria americana del carbone. Nel mondo, nel 2015, le rinnovabili hanno dato lavoro, direttamente o indirettamente, a 8,1 milioni di persone, il 5 per cento in più rispetto all’anno prima. Il settore che ha creato più posti di lavoro è stato il fotovoltaico, con 2,8 milioni di occupati.
Posti di lavoro e produttività nell’industria del carbone americana. Fonte: Bloomberg New Energy Finance, US Department of Labor
Posti di lavoro e produttività nell’industria del carbone americana. Fonte: Bloomberg New Energy Finance,..
Fonte: Lifegate

27 maggio 2017

Recommon: Video - L’Anima nera dell’Italia

Tratto da http comune-info.net

Video - L’Anima nera dell’Italia


Re:Common lancia oggi il suo video “L’Anima Nera dell’Italia” sulla maledizione del carbone, in concomitanza con il G7 di Taormina, che tra i punti in agenda ha i temi ambientali e la lotta al cambiamento climatico.



Mentre a Taormina si apre quello che alcuni definiscono come il vertice “più impegnativo” degli ultimi anni per i 7 “grandi” della terra, Re:Common lancia “L’anima nera dell’Italia”. E’ un nuovo video realizzato per denunciare l’attività delle imprese che, nel territorio nazionale e all’estero (in Montenegro, in particolare), continuano a gestire centrali a carbone altamente inquinanti, nonostante ne siano ormai riconosciuti da tutti i danni ambientali. Le comunità locali  hanno già pagato un prezzo troppo alto “allo sviluppo”, le alternative energetiche e di sviluppo locale non possono che escludere gli altri combustibili fossili, a cominciare dal gas naturale
di Luca Manes*
Prodotto dall’associazione e realizzato dai documentaristi Mario e Stefano Martone e da Fosco d’Amelio, il video di 9 minuti mostra come imprese italiane, nel nostro Paese e all’estero (nella fattispecie in Montenegro) gestiscano ancora centrali a carbone altamente inquinanti, nonostante siano universalmente riconosciutigli impatti negativi della polvere nera, nonché gli impatti deleteri per il clima del pianeta.
Le recenti dichiarazioni del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e dell’amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace, che prefigurano uno stop alle centrali a carbone entro un arco di tempo di 10-15 anni, vanno solo parzialmente nella giusta direzione, dal momento che sono troppo generiche e soprattutto lasciano in sospeso alcuni temi di enorme rilievo. In primis la necessità di avere da oggi date certe e molto ravvicinate di chiusura degli impianti inquinanti, a partire dalla mega centrale di Brindisi in cui nessun nuovo investimento andrà fatto, tranne che per lo smantellamento dell’impianto e la bonifica del territorio.
Con questo lavoro Re:Common vuole sollevare da subito anche la questione dei costi per le bonifiche e la mitigazione e compensazione degli effetti nefasti sulla salute della popolazione e sull’ambiente locale causati dalle attività delle centrali, per arrivare a che cosa accadrà nelle comunità dopo la chiusura degli impianti. E soprattutto è necessario da subito discutere con le comunità locali che hanno già pagato un prezzo troppo alto “allo sviluppo” le alternative energetiche e di autentico sviluppo locale sostenibile e democratico per i territori segnati dagli impianti. Alternative che, una volta mandato in “pensione” il carbone, escludano anche gli altri combustibili fossili ed in particolare il gas naturale.
VIDEO

26 maggio 2017

BlackRock: il carbone è morto, e' «un gioco d’azzardo». Ma Trump non lo sa

Tratto da Greenreport

BlackRock: il carbone è morto. Ma Trump non lo sa

Alla Trump Tower di New York iniziativa delle imprese che disinvestono dai combustibili fossili
[26 maggio 2017]
Mentre le multinazionali del petrolio e del carbone contano su Trump per andare avanti, le istituzioni finanziarie e le imprese stanno svolgendo un ruolo essenziale nella transizione responsabile dai combustibili fossili a una nuova economia sostenibile per tutti.
Al G7 in corso a Taormina probabilmente Trump sta tentando di far ingoiare agli altri big dei Paesi industrializzati la pillola amara del rilancio dell’estrazione del carbone negli Usa, con una politica che vanificherebbe gli impegni Usa sul cambiamento climatico.
Ad appoggiarlo – tiepidamente – ci sarà il premier giapponese, mentre al tavolo di  Taormina non siede l’unico vero alleato di Trump in questa battaglia: il governo di centrodestra australiano, che continua ad autorizzare gigantesche miniere e porti carboniferi.
Ma è proprio dall’Australia che vengono brutte notizie per Trump e i suoi alleati ecoscettici. Jim Barry, responsabile  del mega- gruppo di investimenti  BlackRock Infrastructure, ha detto a  The Australian Financial Review che «L’Australia nega la gravità continuando a incoraggiare gli investimenti nel carbone Poiché l’energia rinnovabile è ora in competizione “testa a testa” per i costi con il carbone». La sede centrale della BlackRock  è a Dublino, in Irlanda, e Barry dice che è abbastanza divertente guardare da così lontano l’Australia negare la gravità della sua politica carbonifera: 
«Il carbone è morto. Questo non vuol dire che tutti gli impianti di carbone chiuderanno domani» ma pensare al carbone come a un investimento che vada oltre i 10 anni è molto rischioso, «un gioco d’azzardo».
Barry, che prevede di iniziare a investire in progetti australiani per l’energia rinnovabile, ammette che per i politci sarebbe stato difficile non sfruttare il carbone quando era disponibile, ma non pensa che non ci sia un «potenziale a lungo termine», nemmeno in un mega-impianto chimico – miniera di carbone proposto dalla multinazionale indiana Adani e la BlackRock si è ritirata dall’affare.
Ormai le energie rinnovabili non sono più costose e possono anche rinunciare agli incentivi: «La cosa che ha cambiato fondamentalmente l’intero quadro – ha detto Barry –  è che le fonti rinnovabili sono diventate così a buon mercato». Il pregiudizio del governo australiano verso le rinnovabili significa che il Paese si autoesclude dallo sviluppo di  progetti di energia rinnovabile su larga scala, compresi quelli delle batterie per lo stoccaggio.
Intanto, mentre Trump e i conservatori australiani sono fermi all’età del carbone, in poco più di 10 anni gli investimenti nelle rinnovabili sono passati da 20 trilioni di dollari a 300 trilioni di dollari.
BlackRock Usa ha un portafoglio di investimenti di più di 5 trilioni di dollari (sostiene di essere gruppo di investimento più grande del mondo) ed è attivamente alla ricerca di investimenti nelle energie rinnovabili australiane da aggiungere al suo nuovo global renewable power fund, che dovrebbe arrivare a circa 1,7 trilioni di dollari, il 10% di quali da spendere in Australia.
Il gruppo di investimento preferisce investire in progetti di energia rinnovabile nuovissimi, nei primi 6 mesi di funzionamento di un progetto, perché pensa di fare più soldi che investendo in asset maturi. «La costruzione di progetti rinnovabili in genere è “semplice” e non è complicata o rischioso come Costruzione di progetti di trasporto», spiega ancora Reid.
Ieri, mentre Trump era in Francia dopo il poco cordiale incontro col Papa ambientalista, il movimento Fossil free . Divest from fossil fuel si è dato appuntamento proprio alla Trump Tower a New York, dove Mary Cleaver, fondatrice della The Claver Society e di Green Table a Chelsea Market,  Matt Patsky, CEO di Trillium Asset Management, e Ivan Frishberg, vicepresidente della Amalgamated Bank  hanno spiegato perché è giusto disinvestire dai combustibili fossili, ad iniziare dal carbone.
Mentre le multinazionali del petrolio e del carbone contano su Trump per andare avanti, le istituzioni finanziarie e le imprese stanno svolgendo un ruolo essenziale nella transizione responsabile dai combustibili fossili a una nuova economia sostenibile per tutti. Il businesses sta scommettendo sull’azione climatica e, anche a New York, invita i fondi pensione ad unirsi al cammino di chi vuole disinvestire dal passato e investire nel futuro.

Mare Sardegna la più grande fonte di energia nel Mediterraneo

Tratto da Ansa

Mare Sardegna la più grande fonte di energia in Mediterraneo

Enea,da parco al largo di Alghero elettricità per 2000 famiglie

Il mare della Sardegna può essere il giacimento di energia green più grande del Mediterraneo, con una produzione potenziale fino a 13 kW per metro di costa, valore molto simile agli Stati Ue più all'avanguardia nello sviluppo di questa fonte rinnovabile come la Danimarca. È quanto emerge da un'analisi dell'Enea (Agenzia per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile) e diffusa online su Eneainform@, secondo cui la produzione maggiore di energia potrebbe avvenire nell'area sud-ovest e nord-occidentale, nei pressi di Alghero.

Secondo le elaborazioni, "il maggiore potenziale energetico del mare della Sardegna occidentale è il doppio rispetto a quello del Canale di Sicilia (7 kW/m), oltre tre volte superiore ai 4 kW per metro di costa del basso Tirreno, più che quadruplo di quello di Ionio e Medio Tirreno (3 kW/m) e di circa 6 volte quello del Mar Ligure (2,5Kw/m) e dell'Adriatico (2 kW/m in media).

"Un mini parco marino da 3 MW, realizzato con gli attuali dispositivi offshore al largo di Alghero potrebbe produrre oltre 9,3 GWh/anno, riuscendo a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di oltre duemila famiglie", spiega il ricercatore Enea Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio Modellistica climatica e impatti che ha curato lo studio.

"Attualmente la produzione di energia dalle onde soddisfa lo 0,02% della domanda energetica in Europa - aggiunge - ma se, come previsto, si arrivasse a coprire il 10% del fabbisogno energetico europeo entro il 2050 con lo sfruttamento combinato anche delle maree, sarebbe possibile produrre energia per due intere nazioni come Francia e Grecia, oppure sostituire 90 centrali elettriche a carbone, ossia un terzo degli impianti europei attualmente in funzione. Si ridurrebbe in modo significativo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, che oggi genera una bolletta da 400 miliardi di euro l'anno, dovendo coprire oltre il 50% dei consumi".

Secondo stime Ue al 2050, investire nell'energia dal mare permetterebbe di creare in Europa un mercato da oltre 50 miliardi di euro l'anno e 450mila nuovi posti di lavoro e un taglio delle emissioni di CO2 di oltre 270 milioni di tonnellate. Sul fronte dei costi, produrre 1kW/h di energia dalle onde passerà da 0,2 /kWh nel 2025 a 0,1 /kWh nel 2035.

25 maggio 2017

Storica decisione del Tribunale UE: i cittadini hanno il diritto di dire NO a CETA e a TTIP

Tratto da Timesicilia

Storica decisione del Tribunale UE: i cittadini hanno il diritto di dire NO a CETA e aTTIP

Storica decisione del Tribunale UE: i cittadini hanno il diritto di dire NO a CETA e TTIP

Democrazia contro Commissione europea: per una volta, vince la prima. Il Tribunale dell’UE ( che insieme alla Corte di giustizia è uno degli organi giurisdizionali che compongono la Corte di giustizia dell’Unione europea) ha, infatti, annullato la decisione del braccio esecutivo europeo che dichiarava inammissibile la proposta di iniziativa popolare  «Stop TTIP». Parliamo del famigerato trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico negoziato in gran segreto tra Commissione UE e Governo USA (ve ne abbiamo parlato qui) e che ha suscitato proteste in tutta Europa.
La stessa proposta prevede anche lo stop ad un altro famigerato trattato: il CETA, l’accordo con il Canada approvato anche dal Parlamento di Strasburgo e che i singoli stati dovrebbero ratificare. Anche questo ha suscitato una marea di proteste per i rischi che correrebbe la nostra agricoltura e la nostra alimentazione (qui la presa di posizione di Slowfood contro il trattato, qui i nomi degli europarlamentari siciliani che hanno detto sì).
La proposta di iniziativa popolare va dunque a toccare i fili dell’alta tensione: i 28 commissari europei sono abituati a prendere decisioni senza tenere conto della volontà popolare e con questi due accordi, molto favorevoli alle multinazionali, hanno pensato di fare lo stesso.
Per inciso, probabilmente continueranno a farlo: il Tribunale dell’Ue è un organo di primo grado (la Commissione quindi potrà fare ricorso) e, comunque, la proposta non è vincolante. Ma il segnale che è arrivato oggi da Lussemburgo sembra accogliere l’appello di una maggiore democrazia nelle istituzione europee.
Come nasce il caso? Lo spiega un comunicato ufficiale:
“Nel luglio del 2014, un comitato di cittadini, di cui faceva parte il sig. Michael Efler, domandava alla Commissione di registrare una proposta di iniziativa dei cittadini europei1 denominata «Stop TTIP». In sostanza, tale proposta invita la Commissione a raccomandare al Consiglio di annullare il mandato che esso le aveva conferito per negoziare il TTIP2 e, in definitiva, di astenersi dal concludere il CETA3.
La proposta intende quindi:
– ostacolare il TTIP e il CETA poiché i progetti di accordo conterrebbero vari aspetti critici (procedure di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati, disposizioni sulla cooperazione normativa che costituiscono una minaccia per la democrazia e lo Stato di diritto)
 evitare che (i) negoziati poco trasparenti conducano ad un indebolimento delle norme sulla tutela del lavoro, sulla protezione sociale, sulla tutela dell’ambiente, sulla tutela della vita privata e sulla protezione dei consumatori e che (ii) i servizi pubblici (come la fornitura d’acqua) e la cultura siano deregolamentati, e
– sostenere «una politica commerciale e di investimenti diversa nell’Unione europea”.
Con decisione del 10 settembre 20144, la Commissione rifiutava di registrare tale proposta.  Il comitato dei cittadini ha dunque presentato ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea per ottenere l’annullamento della decisione della Commissione.
Con la sua sentenza odierna, il Tribunale accoglie il ricorso e annulla la decisione della Commissione.
Interessante leggere le motivazioni:
“Il Tribunale respinge la tesi difesa dalla Commissione, secondo la quale la decisione volta a revocarle l’autorizzazione ad avviare negoziati finalizzati alla conclusione del TTIP non potrebbe costituire l’oggetto di un’iniziativa dei cittadini europei. Secondo la Commissione, una simile decisione esulerebbe dalla nozione di «atto giuridico», poiché l’autorizzazione stessa non sarebbe riconducibile a tale nozione a causa del suo carattere preparatorio e dell’assenza di effetti nei confronti dei terzi.
A tal proposito, il Tribunale osserva in particolare che il principio di democrazia, che fa parte dei valori fondamentali su cui poggia l’Unione, così come l’obiettivo sotteso alle iniziative dei cittadini europei (vale a dire migliorare il funzionamento democratico dell’Unione attribuendo a qualunque cittadino un diritto generale a partecipare alla vita democratica) impongono di adottare un’interpretazione della nozione di atto giuridico che includa atti giuridici come una decisione di avvio di negoziati finalizzati alla conclusione di un accordo internazionale che (come il TTIP o il CETA) mira incontestabilmente a modificare l’ordinamento giuridico dell’Unione.
Il Tribunale constata, inoltre, che non è giustificata l’esclusione da tale dibattito democratico degli atti giuridici volti alla revoca di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati finalizzati alla conclusione di un accordo internazionale, così come degli atti volti ad impedire la firma e la conclusione di tale accordo.
Il Tribunale respinge l’argomento della Commissione secondo il quale gli atti previsti dalla proposta in questione condurrebbero ad un’ingerenza inammissibile nello svolgimento di una procedura legislativa in corso. L’obiettivo perseguito dall’iniziativa dei cittadini europei, infatti, è quello di permettere ai cittadini dell’Unione di partecipare maggiormente alla vita democratica dell’Unione, in particolare, esponendo in dettaglio alla Commissione le questioni sollevate con l’iniziativa, invitando detta istituzione a sottoporre una proposta di atto giudico dell’Unione dopo aver, se necessario, presentato l’iniziativa in un’audizione pubblica organizzata presso il Parlamento, e, pertanto, suscitando un dibattito democratico senza dover attendere l’adozione dell’atto giuridico del quale è in definitiva auspicata la modifica o l’abbandono.
Ammettere una simile possibilità non viola neppure il principio dell’equilibrio istituzionale, poiché spetta alla Commissione decidere se dare o meno seguito ad un’iniziativa dei cittadini europei registrata e dotata delle firme necessarie esponendo, in una comunicazione, le proprie conclusioni giuridiche e politiche sull’iniziativa, l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso”.
Lo ripetiamo: probabilmente la Commissione farà ricorso e sicuramente farà quello che ha sempre fatto. Ma sentire parlare di democrazia all’interno delle istituzioni europee è già di per sé una notizia

G7 a Taormina, irrompe Greenpeace in difesa del clima con mega striscione:“Climate Justice now”.

Tratto da greenpeace

 

In azione a Taormina! Climate justice now!

Alla vigilia del G7, chiediamo ai leader mondiali di fermare i cambiamenti climatici
I nostri attivisti sono entrati in azione oggi a Taormina, sede del G7 che avrà luogo domani, per ricordare ai capi di governo dei sette Paesi più industrializzati al mondo di mettere in campo azioni più ambiziose per contrastare i cambiamenti climatici
Gli attivisti hanno aperto un gigantesco banner di oltre 110 metri quadrati con il messaggio “Climate Justice now”.
Ogni anno 21,5 milioni di persone sono costrette a migrare a causa di siccità, tempeste o alluvioni: si tratta di un numero doppio rispetto al numero di persone costrette a fuggire da guerre e violenza, come documentato dal report “Climate Change, Migration and Displacement”, pubblicato in queste ore da Greenpeace Germania.
cambiamenti climatici innescano eventi disastrosi che colpiscono più duramente quei Paesi che meno hanno contribuito alle emissioni di gas serra, dando il via a un circolo vizioso: i disastri ambientali rendono più vulnerabili i Paesi colpiti, che diventano così sempre meno capaci di proteggersi dalle catastrofi naturali.
Quest’ingiustizia non potrà che peggiorare se continueremo a bruciare petrolio, carbone e gas, i maggiori responsabili dell’aumento di temperatura sulla Terra! 
I Paesi del G7 devono fare chiarezza con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump: è inaccettabile che gli Stati Uniti si sottraggano agli impegni assunti per proteggere il clima. 

Il futuro di noi tutti, a cominciare dai milioni di persone che abitano aree vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici, è a rischio: dobbiamo accelerare le politiche in difesa del clima e la transizione verso le energie rinnovabili
Fai sentire anche tu la tua voce, firma l'appello rivolto ai leder del G7
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Planet Earth First! Un messaggio per il Pianeta sulla cupola di San Pietro

24 maggio 2017

Numero telefonico dell' Associazione "Uniti per la Salute Onlus"

Prendi nota :per eventuali comunicazioni 
il nuovo numero telefonico di 
Unitiperlasalute Onlus e'  3713993698

23 maggio 2017

Journal of Occupational and Environmental Medicine :”L’inquinamento atmosferico da traffico è legato a danni al DNA nei bambini

Tratto da greenreport

L’inquinamento atmosferico da traffico è legato a danni al DNA nei bambini

Accorcia i telometri, un danno al DNA tipicamente associato all'invecchiamento
[23 maggio 2017]
Secondo lo studio “Traffic-Related Air Pollution and Telomere Length in Children and Adolescents Living in Fresno, CA. A Pilot Study”, pubblicato da un team di ricercatori statunitensi sul  Journal of Occupational and Environmental Medicine, «I bambini e gli adolescenti esposti ad elevati livelli di inquinamento atmosferico da traffico hanno evidenza di uno tipo di danno specifico al DNA chiamato accorciamento dei telomeri»
Il team guidato da John R. Balmes, della Division of environmental health sciences della School of public health dell’università della California – California, Berkeley, ha notato che anche i bambini e gli adolescenti con l’asma mostrano un accorciamento dei telomeri, e scrive che «I nostri risultati suggeriscono che la lunghezza dei telomeri potrebbe avere il potenziale per essere utilizzato come biomarker del danno al DNA causato da esposizioni ambientali e/o infiammazione cronica».
Lo studio ha interessato 14 bambini e adolescenti che vivono a Fresno, in California, la seconda città più inquinata degli Usa  Uniti. I ricercatori hanno valutato la relazione tra gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), un inquinante dell’aria “onnipresente”  causato dallo scarico del veicolo a motore, e l’accorciamento dei telomeri, un tipo di danno al DNA tipicamente associato all’invecchiamento. Ne è venuto fuori che «Quando l’esposizione agli IPA aumentata, la lunghezza dei telomeri diminuisce in modo lineare. 
I bambini e gli adolescenti con asma sono stati esposti a livelli di IPA superiori a quelli senza asma. Il rapporto tra accorciamento dei telomeri e livello di IPA è rimasto significativa dopo l’aggiustamento relativo all’asma e ad altri fattori (età, sesso e razza/etnia) relativi alla lunghezza dei telomeri».
I ricercatori sottolineano che  lo studio  si va ad aggiunge a prove precedente che dimostrano che  l’inquinamento dell’aria causa stress ossidativo, che può danneggiare i lipidi, le proteine ​​e il DNA e che «La ricerca ha suggerito che i bambini possono avere una diversa regolamentazione dell’accorciamento dei telomeri rispetto agli adulti, il che potrebbe renderli più vulnerabili agli effetti dannosi di inquinamento atmosferico».
Balmes conclude: «Per la progettazione di interventi e politiche efficaci, è  necessaria una maggiore conoscenza dell’impatto dell’inquinamento atmosferico a livello molecolare. Con ulteriori ricerche, i telomeri potrebbe fornire un nuovo biomarcatore per riflettere gli effetti a livello cellulare dell’esposizione all’inquinamento atmosferico. I telomeri potrebbero anche fornire nuove intuizioni nella comprensione di come l’esposizione all’inquinamento porta a risultati negativi per la salute».

Rischio che "Nei fanghi di depurazione spalmati sui terreni ci siano anche scarti delle centrali a carbone.

Nei fanghi di depurazione spalmati sui terreni anche scarti delle centrali a carbone

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Fanghi di depurazione smaltiti nei campi e sui terreni: una pratica che deve assolutamente essere regolamentata e frenata. Per questo il Movimento 5 Stelle ha presentato una risoluzione a prima firma Alberto Zolezzi in Commissione Ambiente della Camera.
«In particolare vogliamo che il Governo tracci il destino di tutti i fanghi, in particolare quelli sparsi al suolo che entrano nella catena alimentare e nel ciclo idrico; ridurre il "turismo dei rifiuti": infatti il 50% dei fanghi viene esportato da una regione all'altra in Italia, facilitando illeciti, mescolanze e abusi. È inaccettabile che con un po' di calce i fanghi escano dal ciclo dei rifiuti e vengano sparsi senza alcun controllo», dicono i deputati della Commissione Ambiente del M5S.
Oggi si sono svolte le audizioni in Commissione Ambiente: «Il Dott. Giovanni Ghirga, referente di medici per l'ambiente (ISDE), ha spiegato come ci sia il rischio che perfino i fanghi e le ceneri legate al carbone (500 mila tonnellate all'anno prodotte dalla sola Centrale a carbone di Civitavecchia) finiscano sparsi al suolo. Quella zona è già particolarmente impattata e i dati epidemiologici sono preoccupanti in particolare per l'accumulo di metalli pesanti, pericolosi soprattutto per i bambini. Risultano al Dott. Ghirga oltre 2.150 i bimbi con diagnosi di autismo nel territorio dell'Asl Roma 4, il 33% dei bimbi residenti in tale territorio soffre di disturbi del linguaggio ed è elevata la prevalenza di disturbi neurocomportamentali. Chiederemo i dati puntuali agli enti competenti. I logopedisti privati in quella zona hanno liste d'attesa sempre più lunghe».
Alcune storie sono particolarmente preoccupanti: «È stato presentato il dato di un bimbo residente nel territorio e sottoposto a prelievo tissutale. Il laboratorio tedesco ha potuto dosare la presenza di mercurio nel tessuto del piccolo, è stata trovata una concentrazione di mercurio 3 volte superiore alla norma (2,182 microgrammi ogni grammo di tessuto contro un limite di 0,74). Questi dati - sottolinea Zolezzi - impongono ulteriori studi e profonde riflessioni sulla possibilità (prevista nell'attuale normativa nazionale), di continuare a inquinare aria, suoli e falde acquifere. Svolgeremo studi puntuali su questa situazione ma intanto chiediamo con la nostra risoluzione di cessare questo scempio, che ha portato anche ai disastri emersi in questi giorni sulla stampa inerenti lo sversamento di fanghi al fluoro in provincia di Cagliari».

22 maggio 2017

Patrizia Gentilini: Tumori infantili, l’Italia detiene il triste primato in Europa

Tratto da Il Fatto Quotidiano                            

Tumori infantili, l’Italia detiene il triste primato in Europa

Su Lancet Oncology è stato appena pubblicato un aggiornamento sull’incidenza a livello mondiale del cancro nell’infanzia (0-14 anni) e nell’adolescenza (15-19 anni) nel periodo 2001-2010. L’ indagine è stata condotta dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) in collaborazione con l’Associazione internazionale dei registri del cancro e ha riguardato 62 paesi a livello mondiale distribuiti in 5 continenti. Erano stati invitati a partecipare allo studio 532 registri tumori, ma solo 132 hanno inviato dati considerati attendibili. Il lavoro è di grande interesse perché confronta l’andamento del cancro infantile nelle diverse aree geografiche e fornisce interessanti spunti di riflessione.
Come auspicano gli autori, questi dati dovrebbero infatti essere utilizzati per una ricerca eziologica e per indirizzare le politiche di sanità pubblica al fine di uno sviluppo sostenibile. I tumori rappresentano una delle principali cause di morte nei bambini e la loro incidenza è purtroppo in aumento: a livello globale si è passati da 124 casi per milione di bambini fra 0 e 14 anni nel 1980 a 140 casi nel 2010. Dall’articolo emerge che l’area del mondo in cui si registra la più elevata incidenza di cancro fra 0-14 anni e fra 15-19 è il Sud Europa in cui sono compresi Croazia, Cipro, Italia, Malta, Portogallo, Spagna.
Per l’Italia, hanno partecipato all’indagine solo 15 registri su 47 accreditati e spicca sicuramente l’assenza di registri “storici” quali quello di Firenze/Prato e del Veneto. Calcolando poi l’incidenza per ogni singolo registro sia del Sud Europa che dell’Europa del Nord, dell’Est e dell’Ovest, emergono risultati inquietanti perché in Italia si osservano le più elevate incidenze rispetto a tutti gli altri paesi del continente europeo. Inoltre, in 4 registri italiani(Umbria, Modena, Parma e Romagna), l’incidenza supera addirittura i 200 casi fra 0-14 anni per milione di bambini/anno.
Il cancro nell’infanzia dovrebbe farci sorgere più di una domanda perché non possiamo certo attribuirlo ad un errato stile di vita – come viene abitualmente fatto per gli adulti – visto che i bambini non fumano e non bevono e dobbiamo per forza tenere in considerazione il fatto che le sostanze tossiche e cancerogene passano dalla madre al feto già durante la vita intrauterina e sono oltre 300 quelle che abitualmente si ritrovano nel cordone ombelicale. Proprio Lorenzo Tomatis era stato fra i primi scienziati al mondo ad indagare questo fenomeno. Ma perché proprio il nostro paese vanta un così triste primato?

Non credo plausibile ipotizzare che Germania, Francia, Austria o Regno Unito siano meno industrializzati di noi: dov’è quindi la differenza? Difficile ovviamente dirlo, ma un’interpretazione del tutto personale è che il nostro paese si distingue perfenomeni corruttivi: i controlli ambientali sono scarsi e spesso non affidabili, i disastri ambientali sono ricorrenti, le bonifiche rimangono inattuate e non è difficile quindi ipotizzare che le mappe della corruzione, dell’inquinamento e quindi delle malattie coincidano. 

Purtroppo, il prezzo più elevato lo pagano i bambini, perché sappiamo bene che sono molto più suscettibili all’inquinamento rispetto agli adulti. Più che mai quindi appare urgente, soprattutto per il nostro paese, la necessità di un nuovo paradigma che ponga al centro il risanamento dell’ambiente ed aumenti le risorse dedicate ad una reale riduzione dell’inquinamento.

20 maggio 2017

La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è un processo inevitabile e ormai irreversibile.

INTERESSANTISSIMO LIBRO:

Tratto da Qualenergia 

Transizione energetica, una sfida non solo tecnica, ma culturale e morale

Siamo in un momento cruciale della storia dell’astronave Terra: l’era dell’uomo, l’Antropocene, finora caratterizzata dall’uso crescente dei combustibili fossili, deve fare i conti con la necessità di rinunciare gradualmente a questa fonte di energia per non compromettere la stabilità della biosfera e lo sviluppo della civiltà.

Così inizia la prefazione della terza edizione, appena uscita, del libro di Nicola Armaroli (dirigente di ricerca del CNR) e Vincenzo Balzani (professore emerito dell’Università di Bologna e Accademico dei Lincei) dal titolo “Energia per l’astronave Terra”, Zanichelli Editore, 
QualEnergia.it intervistò nel febbraio del 2016 il professor Balzani sulle deboli politiche energetiche e industriali italiane e la scarsa attenzione della stampa alle tematiche ambientali.
In questa edizione il sottotitolo è L’era delle rinnovabili” e dalla prima edizione, che risale al 2008, cioè in meno di un decennio, spiegano gli autori, “sono cambiate più cose di quanto allora potessimo immaginare o sperare”.
In quegli anni iniziava a diffondersi la consapevolezza del fatto che ci troviamo su un’astronave con risorse limitate. I cambiamenti climatici e i danni alla salute causati dall’uso dei combustibili fossili erano già evidenti - si legge nel libro - ma una potente lobby sostenuta da grandi compagnie petrolifere finanziava scienziati e centri di ricerca per gettare dubbi sulla realtà del riscaldamento globale e disorientare l’opinione pubblica.
All’epoca le fonti alternative proposte per sostituire i combustibili fossili erano il nucleare e le energie rinnovabili. ...
Si ricorda come nel 2008 i pannelli fotovoltaici installati nel mondo (15 GW) producevano meno dell’1% dell’energia elettrica prodotta dai 439 reattori nucleari e parevano poco plausibili come alternativa. Negli Usa si tentava di rilanciare il nucleare con generosi contributi statali e il famoso deposito per rifiuti altamente radioattivi di Yucca Mountain sarebbe dovuto entrare in funzione a breve. In Italia il governo lanciava un programma per il ritorno al nucleare.
Nel 2011, quando è uscita la seconda edizione di questo libro, il quadro era già sostanzialmente cambiato. L’incidente di Fukushima aveva affossato le prospettive di rinascita del nucleare; i possibili finanziatori si erano definitivamente ritirati e l’accettabilità sociale di questa tecnologia era crollata ovunque. Gli italiani, tramite un referendum popolare, si erano pronunciati in massa contro il ritorno al nucleare proposto dal governo.
Nel frattempo il fotovoltaico installato nel mondo era più che quadruplicato, salendo da 15 a 68 GW.
Nel 2009 la conferenza ONU sul clima a Copenaghen aveva preso atto dello scarso impatto del protocollo di Kyoto, redatto nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005, per contenere le emissioni che possono modificare il clima; pur confermando la necessità di evitare il riscaldamento del pianeta, la conferenza non giunse ad accordi sostanziali.
La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili faticava a farsi strada, ma qualche segnale cominciava a manifestarsi: la Germania lanciava un piano nazionale di transizione energetica di vasta portata mentre gli Stati Uniti, sotto la guida del presidente Obama, si impegnavano finalmente a sviluppare le energie rinnovabili.
Nel frattempo il degrado ambientale del pianeta si è aggravato a causa del modello di sviluppo dominante, l’«economia lineare» che si basa sull’energia dei combustibili fossili, sull’uso indiscriminato delle risorse naturali e sull’accumulo di rifiuti nella biosfera.
Questo un quadro di storia recente, ma poi negli ultimi anni – affermano gli autori - il vento sembra essere cambiato. Evidenziano due eventi che possono dare questo segnale e che avrebbero dovuto dare un forte impatto sulla pubblica opinione e sul mondo della politica e dell’economia.
Nel giugno 2015 l’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco sulla cura della «casa comune» ha denunciato lo stato di diffuso degrado ambientale e sociale e ha esortato a trovare un consenso mondiale per mettere rapidamente in atto azioni concrete.
Nel dicembre dello stesso anno, alla conferenza Cop21 di Parigi, l’auspicato consenso è stato raggiunto: le delegazioni di 196 Paesi hanno riconosciuto che il cambiamento climatico rappresenta un pericolo urgente e potenzialmente irreversibile per tutta l’umanità. Si è convenuto che è assolutamente necessario agire per mantenere l’aumento della temperatura media globale entro 2 °C rispetto al livello pre-industriale.
La progressiva ma rapida transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili potrà essere favorita dall’accordo di Parigi con i suoi tanti deboli? Ogni nazione si è posta obiettivi che saranno difficili da verificare e forse non basteranno per fermare il surriscaldamento del pianeta.
Rimane però il fatto che parte del mondo economico e politico inizia ad ascoltare i richiami della scienza e dell’etica per salvare la biosfera. In questo contesto, vasti movimenti di opinione internazionali chiedono la riconversione degli investimenti dall’estrazione dei combustibili fossili allo sviluppo delle energie rinnovabili.
Che le cose cominciano a cambiare a dirlo sono i numeri e alcuni fatti indicati nel libro.
Da qualche anno il contributo relativo dei combustibili fossili alla domanda energetica mondiale ha iniziato a diminuire. In tutto il mondo le tecnologie rinnovabili dominano largamente i mercati elettrici in termini di nuova potenza installata.
La Cina, martoriata da problemi di inquinamento atmosferico e timorosa di rivolte sociali, ha approvato una moratoria sulla costruzione di nuove centrali a carbone in molte province. Il Giappone deve far fronte a spese colossali per la gestione della crisi di Fukushima (a distanza di 6 anni, i reattori danneggiati restano inesplorabili), mentre continua a tenere spento il suo enorme parco centrali, in attesa di certezze tecniche e sostegni politici forse svaniti per sempre.
Mentre in alcune nazioni l’auto elettrica sta diventando un serio concorrente alle auto tradizionali, i Paesi produttori di petrolio, terrorizzati all’idea che il trasporto su strada si trasformi radicalmente, sono impegnati in una guerra di tutti contro tutti sulle quote di produzione e sui prezzi.
Il risultato paradossale è che il petrolio viene venduto sottocosto, per mantenerlo concorrenziale, portando molti Paesi produttori e aziende energetiche sull’orlo della bancarotta.
Nel 2016 la potenza da eolico e fotovoltaico ha sfiorato 800 GW, coprendo il 5% della domanda elettrica globale. In Europa le rinnovabili coprono il 17% dei consumi energetici totali; 11 Stati della UE hanno già raggiunto l’obiettivo del 20% previsto per il 2020.
Preme agli autori sottolineare come in appena 20 anni eolico e fotovoltaico, che erano quasi inesistenti, oggi sono in fortissima crescita: si tratta del più veloce e dirompente cambiamento energetico della storia.
Gli investimenti nelle energie rinnovabili oggi continuano ad aumentare e anche i Paesi meno sviluppati intravedono finalmente la possibilità di accrescere la propria disponibilità energetica.
La transizione energetica dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è un processo inevitabile e ormai irreversibile, che nemmeno un presidente degli Stati Uniti ostile potrà fermare e che faciliterà un graduale passaggio dall’economia lineare all’«economia circolare», basata sul riciclo, che potrà fermare il degrado del pianeta.
Questa terza edizione di Energia per l’astronave Terra vuole raccontare la complessità della transizione e gli ostacoli che restano da superare, ribadendo con forza che la scienza e la tecnologia non bastano per vincere la sfida.
Nelle loro conclusioni Armaroli e Balzani spiegano infatti che al di là di una certezza, che cioè possiamo contare sull’energia solare, che è abbondante, inesauribile e ben distribuita su tutta la Terra, non possiamo evitare di confrontarci con tre verità scomode: (a) dobbiamo vivere tutti assieme su questa astronave Terra; (b) dobbiamo custodirla, sapendo che le risorse sono limitate e che l’accumulo dei rifiuti è dannoso; (c) dobbiamo distribuire le risorse in modo più equo fra tutti i passeggeri, se vogliamo vivere in pace.
Dobbiamo accettare la progressiva e inevitabile rinuncia a alle fonti fossili e con una simile prospettiva molte cose devono cambiare subito nella politica, nell’economia e nella scienza.
L’innovazione è, e rimarrà sempre, motore di crescita e di sviluppo umano. Ma oggi sappiamo che crescita e sviluppo devono essere governati non più dal consumismo, ma dalla sostenibilità ecologica e sociale......
L’abbandono del consumismo e lo sviluppo di un’economia circolare dipende anche da ciascuno di noi. Come suggerisce papa Francesco «la coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini». Un cambiamento nei nostri stili di vita può esercitare una forte pressione su coloro che esercitano il potere politico ed economico e che ci spingono all’usa-e-getta.
Ma il punto chiave dell’analisi di Armaroli e Balzani è che si devono ridurre le disuguaglianze – dovute anche a un’iniqua distribuzione delle risorse energetiche – per aumentare la qualità della vita dell’intera società ci dev’essere un impegno della politica e dell’economia a tutti i livelli: regionale, nazionale, europeo, globale.
Al termine del libro si lancia un messaggio: “Non dobbiamo dimenticare però che ciascuno di noi, nel campo in cui opera, con le competenze di cui dispone, nella situazione in cui si trova, può dare il proprio contributo per costruire una società più giusta e inclusiva, facendo leva sulle preziose energie spirituali che caratterizzano l’uomo: collaborazione, solidarietà, amicizia, creatività”.
Il lungo e faticoso cammino della transizione energetica non è dunque soltanto un’affascinante prova sul piano scientifico e tecnologico, ma – concludono gli autori - è soprattutto una sfida culturale e morale verso la sobrietà e la responsabilità individuale, nella quale ormai tutti siamo coinvolti.