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30 maggio 2015

Domenica 31 Maggio alle 21.45 su RAI 3: Inchiesta sull’energia, le centrali di Brindisi su Report della Gabanelli

BRINDISI- Le centrali a carbone di Brindisi a Report, il programma di Milena Gabanelli, che andrà in onda domenica 31 Maggio alle 21.45 su RAI 3. L’inchiesta di Roberto Pozzan e Giorgio Mottola parlerà di energie rinnovabili: mentre i Paesi del Golfo Persico, ricchi di petrolio, investono in fotovoltaico, in Italia, dove importiamo dall’estero, si fa di tutto per complicare le cose a quanti vorrebbero produrre energia pulita, mentre imperversano le truffe sui carbon credit.

Tratto da Lospaccatv.it

Report: Fino a esaurimento

Report puntata
I Paesi arabi sembrano aver preso la questione del riscaldamento globale più seriamente di noi. Di recente nel Golfo è stata avviata una seria politica di finanziamento delle energie rinnovabili. Ad Abu Dhabi è stata progettata e in parte già costruita un’intera città a impatto zero. Quando il petrolio sarà finito, potremmo ritrovarci ad acquistare da loro anche l’energia solare. In Italia, infatti, dopo il boom degli scorsi anni, la spinta alla costruzioni di nuovi parchi eolici e impianti fotovoltaici si è esaurita, Enel tiene ancora in piedi centrali termoelettriche e, anche nell’ultimo piano industriale, ha confermato la scelta del carbone.
A distanza di diciotto anni dal protocollo di Kyoto, la maggior parte delle misure introdotte per bloccare il riscaldamento globale si sono rivelate inefficaci. Il sistema dei carbon credit, i certificati che è necessario acquistare per inquinare, non solo non ha bloccato le emissioni di Co2, ma ha dato la possibilità, nel nostro Paese, a organizzazioni che in alcuni casi sono risultate addirittura vicine al terrorismo internazionale, di intascare miliardi di euro.
Ma se l’economia verde è oggi in forte calo, la colpa è anche della legislazione nazionale. Le leggi italiane, infatti, continuano a bloccare quella che dal punto di vista energetico potrebbe essere una vera e propria rivoluzione: la generazione energetica diffusa, che metterebbe in crisi lo status quo delle grandi centrali elettriche.

29 maggio 2015

  • Tratto da Rinnovabili.it

  • Il capo del DG Ambiente invia una lettera agli Stati membri

    Lobby del carbone negli uffici, imbarazzo in Commissione UE

    • Le notizie della presenza di esponenti dell’industria del carbone nei gruppi tecnici che scrivono la direttiva sull’inquinamento obbligano Bruxelles a intervenire
    Lobby del carbone negli uffici imbarazzo in Commissione UE-

    (Rinnovabili.it) – «Cari Stati membri, sarebbe meglio se non tentaste più di piazzare esperti legati alle aziende del carbone nei panel che contribuiscono a scrivere la direttiva europea sulle emissioni industriali. Abbiamo appena fatto una pessima figura». Di certo meno romanzata, ma dal contenuto non troppo dissimile, è la lettera inviata il 20 maggio da Karl Falkenberg, capo del DG Environment (Direzione Generale Ambiente) della Comissione Europea, ai 28 governi nazionali.
     The role of industry experts on European countries’ delegations in power plant pollution negotiations is to be curbed.
    La missiva, vista dal Guardian, segue lo scandalo uscito dal vaso di Pandora scoperchiato da Greenpeace all’inizio di marzo: l’associazione ambientalista è riuscita a scoprire che oltre metà dei 352 membri del gruppo di lavoro europeo impegnato nella redazione delle normative quadro per il controllo dell’inquinamento atmosferico, provenivano da aziende che avrebbero dovuto “subire” tale regolamentazione, o da gruppi di pressione che le rappresentavano. Quando le lobby siedono gomito a gomito con i tecnici della Commissione che scrivono i testi legali, il problema di credibilità delle istituzioni europee – già ai minimi termini – diventa insopportabile. Anche perché a causa di queste infiltrazioni, nota Greenpeace, i limiti alle emissioni sono stati al momento abbassati al punto da consentire alle centrali a carbone di inquinare più di quelle cinesi (leggi anche: Le lobby del carbone scrivono la direttiva sulle emissioni industriali).

    Lobby del carbone negli uffici imbarazzo in Commissione UE

    Falkenberg ha detto che le linee di divisione fra esperti dell’industria, delegati nazionali e ONG devono essere rigorosamente rispettate nei Technical Working Groups (gruppi tecnici di lavoro – TWG) che negoziano le norme sulle emissioni.
    «Anche se nulla esclude che le industrie interessate o le ONG possano aiutare i rappresentanti degli Stati membri nello scambio di informazioni – ha scritto il capo del DG Envi – deve essere chiaro che durante tutti gli incontri e i procedimenti del TWG, sia un rappresentante dello Stato membro a presentare il punto di vista della sua autorità nazionale».
    Le richieste di Falkenberg potrebbero non avere sufficiente seguito, perché non introducono correzioni nel sistema di advisory della Commissione: fino a che i lobbisti non verranno messi alla porta, il rischio di vedere un testo finale – previsto per il 2016 – che permette agli impianti a carbone di inquinare l’aria più dei loro cugini pechinesi, resta concreto.

Rinnovabili +53% e 90 GW di carbone chiusi: il piano EPA cambierà il mix elettrico Usa.

Tratto da Qualenergia

Rinnovabili +53% e 90 GW di carbone chiusi: come il piano EPA cambierà il mix elettrico Usa

Negli Usa il Clean Power Plan dell'EPA raddoppierà le chiusure di centrali a carbone. Le rinnovabili da qui al 2030 cresceranno del 53% in più rispetto al business as usual e gli aumenti del prezzo del kWh saranno contenuti. L'analisi dell'Energy Information Administration.
Il declino nel carbone negli Usa sta per subire una brusca accelerata. Il parco di generazione dovrà trasformarsi in fretta, ma la transizione non avrà costi proibitivi e taglierà in maniera sensibile le emissioni del sistema elettrico americano. Lo mostra un'analisi condotta dall'Energy Information Administration, l'agenzia per l'energia americana, sulle nuove regole che l'Environmental Protection Agency (EPA) sta per approvare, norme che pongono dei limiti alle emissioni delle centrali e fissano a livello dei singoli Stati degli obiettivi di riduzione dei gas serra, da raggiungere passando da carbone a gas, rinnovabili e nucleare.
Le nuove regole del Clean Power Plan federale, si stima, porteranno alla chiusura di centrali a carbone per ben 90 GW, più del doppio delle dismissioni che ci sarebbero state senza questo intervento da qui al 2040. La maggior parte delle chiusure, si legge, avverrà entro il 2020 e questo non dovrebbe produrre un impatto eccessivo sui prezzi dell'elettricità, con aumenti di circa il 4% rispetto ad uno scenario business as usual.
Quanto alle emissioni, entro il 2030,  saranno dai 484 milioni ai 625 milioni di tonnellate di CO2 in meno. Grazie alle nuove regole, si stima, le emissioni del settore elettrico al 2030 saranno dal 29 al 36% inferiori rispetto ai livelli del 2005.
Se non ci fosse stato il Clean Power Plan, stima la EIA, da qui al 2040 sarebbero andati in pensione comunque 40 GW di centrali a carbone, ma ne sarebbero state realizzate altre, facendo registrare una leggera crescita. Invece, come detto, le regole EPA ne faranno chiudere ben 90 GW e la previsione è che al 2030 la produzione da questa fonte sporca sia del 27% inferiore rispetto ad uno scenario business as usual.
La previsione di quel che accadrà ovviamente è indicativa, anche perché le regole EPA non sono ancora nella loro versione finale, che sarà nota tra tre mesi. Quel che va sottolineato è che questa analisi degli effetti delle nuove politiche USA sulle emissioni del settore elettrico, che venendo dall'EIA è anche la più autorevole, è molto più tranquillizzante di altre........
Secondo l'agenzia federale invece, se in una prima fase un maggior ricorso al gas farà aumentare i prezzi, in una seconda fase crescerà molto di più il contributo delle rinnovabili, diminuendo quello del gas e facendo scendere anche i prezzi elettrici, che come detto sarebbero del 4% superiori allo scenario business as usual.
Al 2030 il contributo delle rinnovabili infatti secondo l'EIA sarà del 53% più alto che in uno scenario business as usual, mentre la produzione da gas è prevista in aumento fino al 2020 (+ 24% sul BAU) per poi ritornare a livelli simili agli attuali al 2030.
Insomma, le politiche messe in campo dall'EPA, che sono lo strumento principale degli Usa per ridurre le emissioni, daranno una bella accelerata alla transizione energetica del Paese.

28 maggio 2015

Scatta in Norvegia il D-Day carbone, il Fondo sovrano chiude gli investimenti.

Tratto da Adnkronos.com

Scatta in Norvegia il D-Day carbone, Fondo sovrano chiude gli investimenti

Una giornata storica per la Norvegia che muove verso l'addio al carbone. Il Wwf annuncia così che la Commissione Finanziaria del Parlamento norvegese ha confermato che il Fondo Sovrano Norvegese chiuderà con gli investimenti in carbone.L'accordo bipartisan raggiunto dal Comitato permanente per la Finanza e Affari Economici del Parlamento, riferisce l'associazione ambientalista, impone al Fondo Sovrano Norvegese - il fondo di investimenti più grande al mondo con 900 miliardi di dollari di investimenti totali - di cedere le sue partecipazioni in società che generano oltre il 30 per cento della loro produzione o dei ricavi da attività in miniere di carbone o in centrali elettriche a carbone. 
Secondo il Wwf, si stima che la mossa potrebbe vedere più 5,5 miliardi dollari di dismissione, compresi gli investimenti in aziende come la tedesca Rwe, la Cina Shenhua, Duke Energy da gli Stati Uniti, Australia AGL Energy, e della Polonia Pge. I commentatori, prosegue il Wwf, avvertono che la decisione del Parlamento norvegese, che si perfezionerà il 5 giugno, creerà un effetto domino sul resto del settore investimenti e sul mercato energetico internazionale.
 
Infatti, i criteri adottati dalla Norvegia rappresentano il provvedimento più forte mai preso contro il comparto dei combustibili fossili. Il Wwf ricorda che secondo il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) il carbone è ancora il combustibile fossile che riceve le maggiori sovvenzioni dagli Stati. Con questa mossa, evidenzia l'associazione ambientalista, "il Parlamento riconosce la sfida da una serie di esperti del clima, economisti, istituzioni finanziarie, politici di alto livello e gli ambientalisti di tutto il mondo".

Nelle ultime settimane la Norvegia è stata posta al centro dell'attenzione mondiale, grazie a una campagna internazionale #DivestNorway condotta da Future in our Hands, Greenpeace Norvegia e Wwf Norvegia. Le tre organizzazioni, in poche settimane, hanno raccolto - in uno sforzo congiunto con i partner internazionali 350.org, Avaaz e urgewald  decine di migliaia di firme a sostegno del disinvestimento dal carbone. La decisione "segna una delle più grandi vittorie per la campagna di disinvestimento globale che -ricorda il Wwf- ha recentemente ottenuto gli impegni dalla Chiesa d'Inghilterra, dell'Università di Edimburgo e di molti altri. E’ un passo importante per raggiungere l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di 2 gradi centigradi". "La situazione climatica è drammatica, occorre agire con urgenza e investire nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica, non nei combustibili del passato" commenta Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia.
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Leggi anche su Il Sole 24 ore

                                           
La Norvegia disinveste anche dalle utilities che amano il carbone
Il più grande fondo sovrano del mondo, quello norvegese, accelera l’addio al carbone: dal 1° gennaio 2016 uscirà da tutte le società che da questo combustibile ricavano il 30% del fatturato o il 30% dell’energia prodotta. Una svolta cruciale quest’ultima, perché per la prima volta la campagna contro le fonti fossili - che sta coinvolgendo un numero crescente di investitori in tutto il mondo - va a colpire non solo le minerarie ma anche le utilities.

Le dimensioni del fondo, che gestisce ben 916 miliardi di dollari, implicano che il contraccolpo potrebbe essere pesante: il ministero delle Finanze norvegese stima che verranno cedute partecipazioni in 50-75 società, per un valore di almeno 4,5 miliardi di dollari. Oslo è un azionista importante anche di molte imprese italiane, per la precisione 135 a fine 2014, e tra queste ci sono sei utilities, che tuttavia non dovrebbero finire nel mirino del provvedimento, che è stato approvato con una decisione bipartisan dalla commissione Finanza del Parlamento e dovrebbe ricevere via libera definitivo dall’aula il 5 giugno. Norges Bank Investment Management (Nbim), che gestisce il fondo sovrano, possiede l’1,7% di Enel.....
, di Sissi Bellomo - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/V6VkmJ



FONDAZIONE BANCA ETICA IN ASSEMBLEA, "CHIUDERE CENTRALI A CARBONE"

Tratto da Borsa italianaNotizie Radiocor

ENEL: FONDAZIONE BANCA ETICA IN ASSEMBLEA, "CHIUDERE CENTRALI A CARBONE"



(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 28 mag - La Fondazione Culturale Responsabilita' Etica e' tornata a fare azionariato critico oggi all'assemblea degli azionisti di Enel assieme all'associazione Re:Common.

Nel mirino, quest'anno, ci sono le centrali a carbone che rimarranno aperte in Italia nonostante il piano di dismissione presentato alla fine del 2014. "La societa' risponde alla crisi
 del settore elettrico investendo nelle rinnovabili, la cui 
capacita' installata salira' da 9,6 GW a 16 GW entro il 2019.
 E' una grande svolta che attendevamo da tempo. 
Continua a leggere su Borsa italiana 

Tratto da Banca Etica
Siamo andati all'assemblea degli azionisti Enel per chiedere di chiudere tutte le centrali a carbone a partire da quella di La Spezia


La Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Fcre) è tornata a fare azionariato critico oggi all'assemblea degli azionisti di Enel assieme all'associazione Re:Common.

Nel mirino, quest'anno, ci sono le centrali a carbone che rimarranno aperte in Italia nonostante il piano di dismissione presentato alla fine del 2014. Il piano prevede la chiusura di 23 impianti a fonti fossili in Italia per un totale di 13,32 GW di capacità installata.
«La società risponde alla crisi del settore elettrico investendo 
nelle rinnovabili, la cui capacità installata salirà da 9,6 GW a 16 GW entro il 2019. E' una grande svolta che attendevamo da tempo», spiega Mauro Meggiolaro, responsabile azionariato critico di Fondazione Banca Etica. «Come azionisti critici monitoreremo gli obiettivi che Enel si è posta rilanciando con nuove proposte».

A Enel la Fondazione di Banca Etica chiede un piano preciso 
per la chiusura di tre grandi impianti a carbone che non sono stati inclusi nella lista delle dismissioni: Civitavecchia, Brindisi e La Spezia.

I problemi dell'impianto spezzino sono stati evidenziati in assemblea da Daniela Patrucco, rappresentante del "Comitato Spezia Via dal Carbone". «A La Spezia le emissioni di CO2 sono aumentate di oltre il 70% dal 2002 al 2013 visto che nella centrale si è ridotto progressivamente l'uso del gas a favore del carbone», spiega Patrucco. «E' strano che La Spezia non sia nella lista degli impianti da dismettere nonostante si trovi all'interno del tessuto urbano, uno dei presupposti indicati da Enel per la dismissione degli altri impianti».Continua a leggere qui




Comunicato Stampa ISDE- Medici per l’Ambiente. In Sardegna ancora carbone, ceneri, CO2 e emissioni inquinanti.


Comunicato Stampa ISDE- Medici per l’Ambiente Ancora Carbone, ceneri, CO2 e emissioni inquinanti.

Le centrali termoelettriche che impiegano come combustibile il carbone rappresentano una delle principali fonti emissive di pericolosi inquinanti atmosferici con ricadute sanitarie locali che evidenziano incrementi di morbilità e mortalità (da disturbi irritativi a congiuntive, cute e mucose delle vie respiratorie, fino a ad un incremento di tumori a carico di bronchi e polmoni). Va ricordato, a questo proposito, che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione - agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – nell’ottobre 2013, ha inquadrato l’inquinamento atmosferico nel gruppo 1 (cancerogeno certo per l’uomo). Non vanno dimenticate, inoltre, le patologie cardio-vascolari e neurologiche nonché, nei bambini, anche i disturbi dell’apprendimento.

Per i loro elevati coefficienti di emissione di CO2 - a parità di energia prodotta - (fino al 30% in più rispetto a quelle alimentate con derivati del petrolio e fino al 70% in più, rispetto a quelle alimentate a gas), le centrali termoelettriche a carbone sono una tra le principali fonti di emissione di gas clima alteranti, a loro volta alla base del riscaldamento globale. La Sardegna con i suoi 800 grammi di CO2 per KWh affianca India, Cina e Australia tra i principali inquinatori del pianeta e dei suoi ecosistemi.

Esiste, inoltre, il problema dell’enorme volume di ceneri residue della combustione del carbone (3-400 mila tonnellate per milione di tonnellate di carbone bruciate) che contengono isotopi radioattivi (U238 / U 235, Th232 e K40) in concentrazione circa doppia rispetto al materiale di partenza. Queste ceneri, secondo la normativa UE, dovrebbero essere considerate materiali con elevata concentrazione di radionuclidi - i cosiddetti “TENORM” (Technologically-Enhanced, Naturally-Occurring Radioactive Materials) -, ma in Italia e nell’isola vengono avviate in discarica senza nessuna messa in sicurezza o utilizzate nella produzione di cemento.

Desta meraviglia che nel 2015 alla vigilia delle conferenza sul clima di Parigi, la Giunta Regionale proponga la costruzione e l’esercizio di un impianto di cogenerazione alimentato a carbone di potenza termica pari a 285 MWt. Sorprende che ciò avvenga impiegando risorse economiche pubbliche attraverso la newco. EURALENERGY S.p.A, dove oltre al socio privato ( Eurallumina) la società finanziaria della Regione Sardegna partecipa al 40% .


Sconcerta che ciò avvenga nel Sulcis senza che ancora l’assessorato all’Ambiente e alla Sanità abbiano almeno preso in esame le criticità ambientali e sanitarie che caratterizzano questa regione dell’isola fortemente inquinata e compresa all'interno del perimetro di Sito d'interesse nazionale per bonifica (SIN) del Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Ancora si attende l’istituzione del registro tumori e l’avvio di efficaci azioni di bonifica prescritte e mai attuate. A Portoscuso l’eccesso di contaminati quali il piombo, cadmio, mercurio e diossine nella catena alimentare ha indotto l’autorità comunale ad emanare un’ordinanza di divieto del consumo di prodotti agricoli e zootecnici locali.

E’ auspicabile che i decisori regionali riconsiderino l’opportunità del progetto stesso, alla luce non solo della VIA (valutazione di impatto ambientale) ma di una accurata VIS (valutazione di impatto sanitario). Si ricorda che la qualificazione giuridica S.I.N. impone categoricamente a tutti gli organi competenti l’osservanza dell’obbligo, posto dalla Direttiva 96/62 CE del 27 settembre 1996, di adottare provvedimenti idonei a conseguire il miglioramento della qualità dell’aria.

Sassari 28 5 20015


Vincenzo Migaleddu

Presidente ISDE Medici per l’Ambiente Sardegna

La guerra sul carbone è reale,ed in America l'industria del carbone è in difficoltà.

Tratto da Businessinsider in traduzione simultanea .

La guerra sul carbone è reale, e da un lato è chiaramente vincente


centrale a carbone
REUTERS / Jim Urquhart

L'industria del carbone è in difficoltà.
In un nuovo  approfondito  rapporto su  Politico , uno dei principali rappresentanti  del settore del carbone ha parlato apertamente del successo degli  attivisti che hanno contribuito a chiudere quasi 200 centrali a carbone negli ultimi cinque anni.
"Sono sofisticati, sono molto attivi.....,"   ha detto a Politico Mike Duncan, presidente della Coalizione americana per il carbone pulito nell' energia elettrica, . «Non mi piace quello che stanno facendo. Stiamo perdendo un sacco di carbone in questo paese. "
Dal 2010, un terzo delle centrali a carbone americane hanno chiuso , secondo il Sierra Club.   Come fa notare  il Washington Post, i restanti impianti devono affrontare difficili sfide come le nuove regolamentazioni e una maggiore concorrenza  che minacciano di cacciarli fuori dal mercato.
L'industria del carbone - che produce circa il 40% dell' energia  elettrica  degli Stati Uniti  - e' premuta su più fronti .Con il sostegno finanziario ex sindaco di New York Michael Bloomberg,  gli attivisti anti-carbone e  gruppi come  il Beyond Coal  del Sierra Club sono riusciti a fare pressioni con successo sullo stato e sui governi locali per aiutare a far chiudere  le centrali a carbone. Come nota  il Politico, Beyond Coal sostiene di aver fatto chiudere 189 centrali  dal suo lancio nel 2010. 
Forti di una sentenza  del 2014 della Corte Suprema che ha permesso alla l'Environmental Protection Agency  di  regolare l'energia nell'ambito del Clean Air Act,  con limiti più severi sulle emissioni degli impianti a carbone  che hanno reso carbone leggermente più costoso.
Allo stesso tempo, le fonti energetiche alternative sono diventati meno costose. Il Fracking ha reso il gas naturale più accessibile, mentre  nel corso dell' anno  appena trascorso le energie , solare ed eolica  sono riuscite a ridurre i loro prezzi a discapito  del gas naturale e del carbone.
 Anche l'amministrazione Obama ha spinto verso  l'energia pulita, contribuendo a sovvenzionare le fonti di energia pulite come l'eolico e il solare e  con la promozione di programmi volti a formare i lavoratori verso i produttori di energia pulita emergenti.
Il carbone è stato un obiettivo primario da parte degli ambientalisti a causa di quanto  è sporco. 
Secondo l'EPA, le emissioni di carbone sono responsabili per il 77% del totale delle emissioni di carbonio del settore energetico -   più di tutte le auto americane.

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27 maggio 2015

Inquinamento atmosferico. Causa 8 milioni di morti l'anno nel mondo e 940 mld di euro di costi indiretti solo in UE. L'Oms approva risoluzione

Inquinamento atmosferico. Causa 8 milioni di morti l'anno nel mondo. L'Oms approva risoluzione

Tratto da Quotidianosanita'

L'inquinamento atmosferico causa, inoltre, 940 mld di euro di costi indiretti solo in UE. Il documento approvato esorta i governi a: sviluppare sistemi di monitoraggio della qualità dell'aria, promuovere tecnologie e combustibili puliti per il riscaldamento, l'illuminazione e la preparazione di cibi, e rafforzare in trasferimento internazionale di dati e competenze sul tema.

27 MAG - L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha appena approvato una risoluzione sull’Inquinamento atmosferico. La risoluzione pone l’accento sugli impatti negativi dell’inquinamento sulla salute umana e sull’economia e chiede ai governi di intraprendere misure immediate per prevenire patologie e decessi in futuro. Il testo della risoluzione, approvata dai governi nel corso della 68° Assemblea Mondiale della Sanità tenutasi a Ginevra dal 18 al 26 di Maggio, esorta i governi a:
- sviluppare sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria;
- promuovere tecnologie e combustibili puliti per riscaldamento, illuminazione, preparazione dei cibi;
- rafforzare il trasferimento internazionale di competenze, tecnologie e dati scientifici riguardo l’inquinamento atmosferico.
Ogni anno 3,7 milioni di persone muoiono per cause attribuibili all’inquinamento atmosferico. Altre 4,3 milioni di morti sono causate dall’esposizione ad agenti inquinanti interni alle abitazioni e ai luoghi di lavoro. In occasione della 69° Assemblea Mondiale della Sanità l’OMS lancerà una roadmap per una risposta globale all’emergenza inquinamento dell’aria e invita i governi ad applicare le linee guida sulla qualità dell’aria dell’OMS.

Cosa significa per l’Europa e l’Italia?
Nell’Unione Europea il costo in vite umane di una scarsa qualità dell’aria è più elevato di quello degli incidenti stradali, rendendola la prima causa ambientale di morte prematura in UE. L’inquinamento dell’aria causa inoltre la perdita di giorni di lavoro, costi sanitari, e colpisce in misura maggiore le fasce di popolazione più vulnerabili (bambini, asmatici, anziani). La Commissione Europea stima che il costo diretto dell’inquinamento atmosferico per la società nel suo complesso ammonta a circa 23 miliardi di euro l’anno. Le esternalità legate al solo impatto sulla salute sono stimate intorno ai 940 miliardi di euro (il 9% del Pil dell’UE).


Sebbene la Commissione Europea riconosca l’inquinamento dell’aria come “una delle preoccupazioni principali a livello politico dalla fine degli anni ‘70” e si impegni a “sviluppare e implementare gli strumenti [e standard] appropriati per migliorare la qualità dell’aria”, gli standard EU sulla qualità dell’aria riguardo al particolato fine (PM 2.5) sono significativamente più accomodanti di quanto raccomandato dall’OMS: il limite UE per i PM 2.5 è di 25 microgrammi per metro cubo (media annuale), contro i 10 µg/m3 di media annuale raccomandati dall’OMS.....

“La risoluzione sull’inquinamento dell’aria è una tappa fondamentale per la prevenzione delle patologie respiratorie e cardiache, nonché del cancro e degli ictus, legati a cause ambientali. Si tratta di un potente punto di appoggio per un maggiore impegno sulla strada del summit di Parigi sul clima - ha commentato Génon K. Jensen, fondatrice ed Executive Director della Health and Environment Alliance (HEAL) -. HEAL deplora l’assenza di richieste di misure vincolanti per affrontare il problema da parte dei ministri della Sanità, la risoluzione rappresenta in ogni caso un gran passo avanti verso un maggiore impegno e maggiori risorse per ministeri ed autorità sanitarie al fine di affrontare l’inquinamento dell’aria, per esempio includendo esplicitamente strategie per una migliore qualità dell’aria nei programmi nazionali di prevenzione delle malattie e aggredendo i due grandi colpevoli – le centrali termoelettriche a carbone e il diesel per il trasporto su gomma”.  

27 maggio 2015

Problematica Tirreno Power : "a cavallo delle elezioni Regionali" il Governo convoca tavolo tecnico a palazzo Chigi il 18 giugno.

Tratto da Savona News
Tirreno Power, "a cavallo delle elezioni Regionali" il Governo convoca tavolo tecnico a palazzo Chigi il 18 giugno.

Il confronto tra istituzioni, azienda, sindacati con il Governo sarà a palazzo Chigi. Ancora attesa per la decisione del TAR sui ricorsi di azienda e ambientalisti

E’ stato convocato per giovedì 18 giugno il tavolo tecnico a palazzo Chigi sulla vertenza Tirreno Power. Sindacati e lavoratori aspettavano da tempo questo momento.
Ed oggi una risposta dal Governo è arrivata: sarà a metà giugno l’atteso incontro di confronto tra i ministeri dell’Ambiente, del Lavoro, dello Sviluppo Economico e l’azienda Tirreno Power di Vado Ligure. Infatti sono stati convocati a Roma le istituzioni territoriali (Comuni Vado Ligure, Quiliano, Regione), l’azienda Tirreno Power e i sindacati. Al centro del tavolo la situazione della centrale termoelettrica e le possibilità di ripresa dell'attività produttiva a fronte dell'inchiesta della Magistratura savonese. 
Inoltre, c'è ancora attesa per la decisione del TAR sui ricorsi di azienda e ambientalisti.

NEL MONDO IN QUATTRO ANNI SONO PIU' CHE RADDOPPIATI GLI OCCUPATI NELLE RINNOVABILI

Tratto da Qualenergia
OCCUPATI NELLE RINNOVABILI :NEL MONDO IN QUATTRO ANNI SONO PIU' CHE RADDOPPIATI
Oggi nel mondo 7,7 milioni di persone lavorano nel settore delle energie rinnovabili, con una crescita dell'occupazione del 18% rispetto all'anno scorso quando, tra impiegati diretti e indiretti, erano 6,5 milioni. Il fotovoltaico è il settore con più occupati, mentre il baricentro si è spostato verso l'Asia e ora circa metà del totale dei lavoratori delle rinnovabili sono in Cina. Sono alcuni dei dati presentati nel "Renewable Energy and Jobs - Annual Review 2015" della International Renewable Energy Agency (Irena, vedi allegato in basso).
Andando a sfogliare le vecchie edizioni del report, ci si rende conto che in una manciata di anni le rinnovabili hanno creato milioni di posti di lavoro: dagli 1,5 milioni di occupati del 2004, si è passati a 3,5 milioni nel 2010 con un'accelerazione della crescita che negli ultimi 4 anni ha portato a oltre il loro raddoppio, appunto a 7,7 milioni di addetti.
Alla fine del 2014 (vedi grafico sotto) il fotovoltaico dava lavoro a 2,5 milioni di persone, seguito dall'eolico, che ha superato il muro del milione di unità rispetto alle 834.000 del 2013. In ordine di occupati troviamo poi il settore dei biocarburanti (in crescita da 1,45 a 1,8 milioni), biomasse (da 782.000 a 822.000) e biogas (da 264.000 a 381.000). Gli addetti nel grande idroelettrico (stimati per la prima volta da Irena quest'anno) superano gli 1,5 milioni.
In generale - e specialmente nel fotovoltaico - c'è uno spostamento verso l'Asia dell'occupazione: in Europa i lavoratori del FV in un anno sono scesi del 35% con un calo di 165mila unità. Crescono invece in Paesi come il Giappone, che conta oltre 210mila occupati, e in nazioni che producono moduli come la Malesia e la Corea del Sud, e, least but not last, in Cina, dove ci sono 1,6 milioni di lavoratori, cioè circa i due terzi dei 2,5 milioni mondiali di impiegati nel fotovoltaico.

Oltre che nel fotovoltaico, la Cina domina in tutte le tecnologie rinnovabili (vedi grafico sotto): conta ben 3,4 milioni di occupati sui 7,7 mondiali. Seguono, nell'ordine, Brasile, Stati Uniti e India. Nell'Unione Europea ci sono 1,2 milioni di addetti, di cui 371.000 in Germania e 176.000 in Francia (manca il dato per l'Italia).
L'occupazione nel comparto della produzione di impianti, specialmente eolici e solari - spiega il report - si va rapidamente concentrando in alcuni Paesi asiatici, mentre le altre parti della catena del valore delle rinnovabili (soprattutto gestione e manutenzione e costruzione e installazione) offrono la maggior parte delle possibilità di impiego nel resto del mondo.
Le stime di Irena indicano che raddoppiando la quota delle fonti rinnovabili nel mix energetico mondiale al 2030 gli occupati nel settore salirebbero ad oltre 16 milioni di addetti.