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07 febbraio 2020

L' importanza del lavoro degli epidemiologi .FABRIZIO MINICHILLI e FABRIZIO BIANCHI


Fabrizio Minichilli
PhD STATISTICO - EPIDEMIOLOGO presso CNR-IFC, National Research Council Institute of Clinical Physiology

Statistico ed Epidemiologo nel campo dell'epidemiologia ambientale e clinica con particolare riferimento ai temi rifiuti e salute, siti di interesse nazionale per le bonifiche e salute, percezione del rischio, Valutazione di impatto sulla salute, acque potabili e salute con particolare attenzione agli effetti dell'arsenico. Referente di unità operativa in progetti nazionali come EpiambNet. Membro di segreterie come quella dell'Associazione Italiana di Epidemiologia e del Coordinamento Regionale Ambiente e Salute della Regione Toscana.

FABRIZIO BIANCHI 
Dirigente di ricerca del CNR, responsabile dell' unità di epidemiologia ambientale dell'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, svolge dal 1979 attività di ricerca in neuroepidemiologia, epidemiologia occupazionale e ambientale, epidemiologia genetica e riproduttiva. E' docente a corsi e master presso varie università italiane. E' autore di oltre 200 lavori scientifici e altrettante comunicazioni a congressi. E’ autore di numerosi articoli su libri e riviste divulgative e coautore del libro “Ambiente e salute: una relazione a rischio”, il Pensiero Scientifico 2009.



31 ottobre 2018
Dottor Fabrizio Minichilli al ISES-ISEE 2018 Joint Annual Meeting: Il rischio per la salute di vivere vicino a una centrale elettrica a carbone in Italia.


Al di là di ogni altra valutazione e interrogativo, comunichiamo che recentemente lo studio retrospettivo di coorte residenziale del CNR di Pisa è stato vagliato dalla comunità scientifica internazionale che lo ha quindi accettato affinché ne sia presentato un estratto al congresso di livello mondiale di epidemiologia ambientale di Ottawa (Canada) ISES-ISEE 2018 Joint Annual Meeting.

Riteniamo debba essere sottolineata la valenza della valutazione scientifica di un tale livello internazionale che ci pare difficilmente contestabile.
Sotto l' intervento in programma il 28 di agosto alle ore 14,30



Intervento del Dottor Fabrizio Minichilli 

O02.03.50. Il rischio per la salute di vivere vicino a una centrale elettrica a carbone: uno studio di coorte residenziale nell'Italia nord-occidentale 
Dottor Fabrizio Minichilli, Unità di Epidemiologia Ambientale, Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Italia
                         
Il tema della riunione annuale congiunta ISES-ISEE 2018 è " Affrontare le complesse questioni locali e globali in termini di esposizione e salute ambientale ".

Essendo la capitale del Canada, Ottawa ospita una comunità diversificata e attiva di scienziati e responsabili politici impegnati nell'indagine sull'ambiente locale e globale e nella ricerca sanitaria. La riunione annuale congiunta ISES-ISEE 2018 includerà delegati di tutto il mondo e farà leva su competenze locali e internazionali per affrontare argomenti complessi locali e globali relativi alla scienza dell'esposizione e all'epidemiologia ambientale .....


Ancora su mortalità e ricoveri associati alle emissioni delle centrali a carbone: riflettori su Vado Ligure

Alcune affermazioni vanno riprese per essere opportunamente inquadrate e commentate.
Innanzitutto la pubblicazione scientifica garantisce la revisione cosiddetta “tra pari”, la peer review, che certifica la validità dal punto di vista metodologico, di contenuti e di coerenza con gli altri studi pubblicati nel mondo sulla stessa materia.  Science of the Total Environment è una rivista altamente qualificata del settore ambientale con un panel di revisori internazionali indipendenti, come sanno tutti i ricercatori della materia.
Le dichiarazioni di un rappresentante di Tirreno Power riportate da ANSA ieri fanno riferimento all’Osservatorio (che dovrebbe essere l’Osservatorio regionale salute e ambiente della Regione Liguria, citato anche nell’articolo e che ha ricevuto i dati su cui l’articolo si basa) affermando che ha escluso impatti dell’impianto, così come i dati dell’Agenzia regionale per l’ambiente.
E’ chiaro per i ricercatori di CNR-IFC che i risultati di studi pubblicati su riviste scientifiche accreditate a livello internazionale non possono essere confutati da commissioni istituite da un ente locale o una Regione, ancorché composti da rappresentanti del mondo scientifico. Alcuni membri dell’Osservatorio ambiente salute istituito dalla regione Liguria sollevarono critiche già alla presentazione dei dati, critiche sistematicamente discusse e analizzate allora, anche con argomentazioni e dettagli che si possono ritrovare nell’articolo pubblicato.
In particolare, le valutazioni svolte dall’osservatorio erano basate su confronti dello stato di salute esistente nell’area di Vado rispetto alla media regionale, mentre gli epidemiologi ambientali di CNR-IFC hanno lavorato sulle differenze ambientali e sanitarie esistenti all’interno dell’area di 12 comuni intorno a Vado Ligure. Sono stati confrontati tra loro i dati di mortalità e ricoveri in 4 aree a diverso livello di inquinamento e valutate le differenze tra le classi più esposte rispetto a quella meno esposta.
Non è stato considerato un livello di inquinamento ambientale stabilito dalla legge, perché l’interesse principale era quello di capire se c’erano differenze di salute anche a livelli più bassi di diffusione di sostanze inquinanti. Oggi è infatti universalmente accettato che si verificano effetti negativi sulla salute anche nel caso di esposizioni ad inquinanti nell’aria che sono più basse di quelle stabilite dalla legge, e che si usano per il monitoraggio ambientale, come afferma la stessa Organizzazione Mondiale della Salute, OMS.
Quanto al fatto che siano dati “vecchi” gli stessi ricercatori hanno scritto nel comunicato che annunciava la pubblicazione che purtroppo ancora una volta si è dovuto studiare a posteriori eventi avversi sulla salute accaduti in passato. Eventi avversi che non sono ipotizzati o “teorici”, come afferma Tirreno Power nelle dichiarazioni ad ANSA, ma sono decessi e malattie realmente avvenute. Ci si augura quindi che si possa migliorare in futuro, utilizzando approcci preventivi per la protezione della salute (valutazione di impatto sulla salute o VIS).
L’originalità dell’articolo pubblicato sta proprio nell’aver dimensionato, dato una misura dei rischi e dei danni sulla salute, specie in riferimento a cause di morte e ricovero per le quali sono consolidate le conoscenze scientifiche sulla relazione con gli inquinanti ambientali in gioco anche a Vado Ligure.
Infine riguardo al fatto che le conclusioni dell’Osservatorio “escluderebbero qualsiasi impatto dell’impianto” chi lo afferma se ne assume tutta la responsabilità, mentre i ricercatori affermano che “l’articolo scientifico pubblicato da Science of the Total Environment indica una situazione ben diversa”.

Minichilli F., Gorini F., Bustaffa E., Cori L., Bianchi F. ‘Mortality and hospitalization associated to emissions of a coal power plant: A population-based cohort study’, Science of the Total Environment, vol 694 (2019) 133757.


Tratto da Le Scienze

03 settembre 2019



COMUNICATO STAMPA

Mortalità e ricoveri associati alle emissioni delle centrali a carbone: riflettori su Vado Ligure

Fonte: Cnr-Ifc



Gli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa hanno svolto una ricerca sull’impatto della centrale di Vado Ligure, studiando la popolazione residente per 13 anni in 12 comuni dell’area, per valutare la relazione tra esposizione ad inquinanti atmosferici e rischio di mortalità e malattie. Il lavoro è pubblicato su "Science of the Total Environment"

La ricerca ha valutato la relazione tra l’esposizione a inquinanti atmosferici emessi dalla centrale e il rischio di mortalità e ricovero in ospedale per cause tumorali e non tumorali, studiando tutta la popolazione residente dal 2001 al 2013 in 12 comuni intorno a Vado Ligure. Lo studio degli epidemiologi ambientali Cnr-Ifc è stato pubblicato in questi giorni sulla rivista Science of the Total Environment.

“L’esposizione a biossido di zolfo (SO2) e ossidi di azoto (NOx) è stata stimata dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ligure (Arpal) mediante un modello di dispersione, che ha considerato le emissioni da fonti industriali, portuali e stradali”, spiega Fabrizio Bianchi del Cnr-Ifc, coordinatore del gruppo. “L’area è stata suddivisa in 4 classi di esposizione a inquinanti (diversi livelli con inquinamento di crescente intensità). La relazione tra effetti sulla salute ed esposizione a inquinamento atmosferico è stata studiata per uomini e donne, confrontando ciascuna delle tre categorie con maggiore concentrazione di inquinanti con quella a minore concentrazione, tenendo conto dell’età e della condizione socio-economica della popolazione (indice di deprivazione)”. Per il periodo 2001-2013 sono state seguite 144.019 persone, identificate con l’indirizzo di residenza. “Nei 12 comuni considerati, nelle aree a maggiore esposizione a inquinanti sono stati riscontrati eccessi di mortalità per tutte le cause (sia uomini che donne +49%) per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%). L’analisi dei ricoveri in ospedale ha fornito risultati coerenti con quelli della mortalità”, I risultati ottenuti indicano che “anche considerando le diverse fonti inquinanti cui sono stati esposti i cittadini, ci sono stati forti eccessi di rischio di mortalità prematura e di ricovero ospedaliero per i residenti intorno alla centrale a carbone di Vado Ligure. L'esposizione alle emissioni è risultata associata a numerosi eccessi di mortalità e di ricovero in ospedale, in particolare per le malattie dei sistemi cardiovascolare e respiratorio, per i quali d’altra parte la dimostrazione scientifica di un legame con l’inquinamento atmosferico è più convincente”, spiega il ricercatore Cnr-Ifc. “I risultati conseguiti confermano peraltro le conoscenze pregresse, ma è la prima volta che viene effettuata una quantificazione del rischio, purtroppo molto alto. Le centrali per la produzione di energia alimentate a carbone rappresentano una fonte significativa di inquinanti atmosferici che impattano a livello locale e globale. Oltre alle note emissioni di biossido di carbonio (CO2), che contribuiscono al riscaldamento globale, ci sono quelle di biossido di zolfo (SO2), che sono associate a effetti dannosi per la salute”prosegue Bianchi.

Gli autori concludono con l’auspicio che “si sposti con urgenza l’attenzione sulle valutazioni preventive degli impatti sulla salute, e quindi sulle fonti che si conoscono come maggiormente inquinanti, anziché valutare i danni alla salute già verificatisi a causa delle esposizioni”. E inoltre confidano che “i risultati presentati possano stimolare decisioni a favore della riduzione dei livelli di esposizione riconosciuti dannosi per l’ambiente e la salute e della realizzazione di studi analitici e di programmi di sorveglianza adeguati. Più in generale, lo studio condotto a Vado Ligure può contribuire a fornire ulteriore alimento all'ampio dibattito in corso sulle opzioni di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici”.


    Riportiamo il post del 26 dicembre 2019


L’inquinamento atmosferico uccide, anche in Italia. La parola agli epidemiologi: Fabrizio Bianchi e Francesco Forastiere

Tratto da LifeGate

L’esposizione agli inquinanti presenti nell'aria è costata la vita, in Italia, a ben 76.200 persone in un solo anno. Secondo uno studio pubblicato su Lancet, siamo primi in Europa per mortalità da smog. L'importanza del lavoro degli epidemiologi.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’esposizione all’inquinamento atmosferico nel mondo causa 4,2 milioni di morti in tutto il mondo di cui almeno 600mila bambini colpiti da infezioni respiratorie acute, provocate dall’aria tossica. Ogni anno, si registrano quasi 500 mila morti premature in Europa. L’esposizione al particolato, cancerogeno, al biossido di azoto e all’ozono troposferico, è costata la vita, nel nostro Paese, a ben 76.200 persone in un solo anno, rivela l’Agenzia europea dell’ambiente. Secondo un recentissimo studio pubblicato su Lancet, siamo primi in Europa per mortalità da smog.

Il lavoro degli epidemiologi

Dietro queste stime c’è il lavoro degli epidemiologi, scienziati che studiano cause, distribuzione, frequenza delle malattie e della mortalità nella popolazione, a seguito di vari fattori. Quelli che vengono definiti determinanti di salutecome qualità dell’ambiente, condizioni socio-economiche, attività professionale ed esposizione agli inquinanti. Come Fabrizio Bianchi, dirigente di ricerca del Cnr, responsabile dell’unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche  e Francesco Forastiere, oggi al Cnr di Palermo e visiting professor al King’s College di Londra.
Proprio Francesco Forastiere è stato coordinatore dello studio Viias, Valutazione integrata dell’impatto ambientale e sanitario dell’inquinamento atmosferico, commissionato dal ministero della Salute, che nel 2015 aveva previsto quelle che sarebbero state le ricadute sulla salute degli italiani, a causa del particolato fine (Pm 2,5), ozono e biossido di azoto, al 2020. Dati che confermavano come nel 2005, lo smog fosse già stato causa del 7 per cento della mortalità osservata, per cause naturali, in Italia. “Nello studio Viias veniva già dimostrato che i livelli di inquinamento atmosferico, per la popolazione italiana, erano inaccettabili, con un costo oneroso di vite umane. Dati confermati dalle analoghe stime dell’Agenzia europea dell’ambiente”, precisa l’epidemiologo. Da allora cosa è cambiato? “Oggi, rispetto a quattro anni, fa c’è una maggiore consapevolezza e si comprende come inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici siano strettamente legati. Ma se pure le emissioni di alcuni inquinanti sono diminuite, la situazione è drammatica. L’Italia è uno dei paesi con l’impatto sanitario più grave, dovuto allo smog”.

In Italia, la politica sanitaria deve occuparsi delle ricadute ambientali

“Nel Piano nazionale dell’aria si è totalmente ignorato il tema della prevenzione. Il ministero della Salute ha partecipato a quel tavolo, ma solo per concordare le attività di comunicazione alla popolazione, nel caso di allerta per il superamento delle emissioni”, spiega Forastiere. Eppure l’impatto sanitario è rilevante. “Basti pensare ai bambini, alle donne in gravidanza. Gli studi ci confermano che l’inquinamento atmosferico influisce sul peso dei nascituri e sulle nascite pretermine”. Anche per questo, sottolinea lo scienziato “abbiamo bisogno non solo dell’intervento del ministero della Salute ma che l’intero servizio sanitario nazionale, a partire dei medici di base fino alle Asl, si occupi di ambiente”. Occorre, quindi, fare prevenzione, spiegare ai cittadini quali sono le ricadute ambientali di stili di vita non sostenibili. E occorrono programmi di ricerca di sanità pubblica. “Che attualmente mancano”.
Dello stesso avviso Fabrizio Bianchi. “Le stime prodotte dagli studi epidemiologici parlano di circa 60 mila morti premature in Italia. Ma sono numeri che non devono rimanere freddi o peggio ancora, macabri. Vanno letti attentamente dai decisori politici, come numero di decessi che possono essere evitati, riducendo l’inquinamento”. Per fare ciò, ribadisce Fabrizio Bianchi, occorre che le politiche di prevenzione sanitaria non vengano escluse dai tavoli decisionali, in seno ai ministeri dell’Ambiente e della Salute. Come pure nelle regioni, che in questa situazione emergenziale hanno un ruolo decisionale importantissimo. Con piani territoriali che possono incidere sulla qualità dell’aria, delle acque e dei suoli contaminati. Anche perché, ricorda Bianchi – autore di numerosi studi d’impatto come quello sulla centrale a carbone di Vado Ligure, sulla Val d’Agri e Taranto –, “oggi abbiamo a disposizione, attraverso i sistemi satellitari, una lettura molto precisa dei dati ambientali e dell’inquinamento in ogni angolo del Paese”.

Valutazioni sempre più attente

Tutto ciò, solo qualche anno fa era inimmaginabile. “La letteratura scientifica e i nuovi sistemi di rilevamento ci permettono di realizzare valutazioni di impatto sanitario sulla popolazione dell’inquinamento sempre più precise e circostanziate. Anche in modo preventivo”, ribadisce Bianchi. Ecco, quindi, che bisogna agire bene e fare presto. “I costi sanitari dell’inquinamento, in termini di perdita di qualità della vita sana, di morti premature di malattia, sono, sia tangibili nell’immediato, che intangibili cioè protratti nel tempo. Purtroppo, non vengono mai messi a bilancio. I tempi necessari per ottenere risultati sul versante sanitario, non combaciano con i tempi della politica”. Questione di tempo o di volontà, quindi? “Ridurre l’inquinamento oggi porterà vantaggi e risparmi di vite umane, nel giro di qualche anno, in termini di aspettativa di vita sana. Mentre ora si dimensionano le decisioni su tempi brevi, legati alla politica, alle legislature, invece avremmo bisogno di scenari almeno quinquennali, per vedere risultati concreti”.

Serve un cambiamento immediato

Entrambi gli epidemiologi concordano: l’era fossile ha portato ricadute insostenibili per l’ambiente e la salute umana, animale e vegetale. Ogni decisione verso un futuro sostenibile, con nuovi stili di vita basati su energie rinnovabili e non inquinanti, va presa al più presto. “I cambiamenti climatici, l’altra faccia dell’inquinamento, stanno sconvolgendo il pianeta. I migranti climatici non saranno migliaia di persone, ma milioni. Cambiamenti che, come stiamo osservando noi medici, stanno riportando anche malattie che pensavamo debellate”.
Un quadro drammatico, come delineato dall’Ipcc ben prima della Cop 25 di Madrid, che continua a essere ignorato dai potenti del mondo. “Eppure tutto sta avvenendo molto più velocemente di quanto pensassimo e occorre agire, in ogni nazione”, conclude Forastiere. Anche per questo diventa fondamentale il patto tra cittadini, medici e scienziati. “Al Cnr abbiamo intensificato gli studi su scale ridotte, per piccole porzioni di territorio. Indagini che confermano gli elevati rischi dell’inquinamento e le grandi potenzialità della prevenzione”. Informazioni che vanno diffuse tra la popolazione, in modo consapevole e scientifico.

Il ruolo degli epidemiologi

“Ogni studio epidemiologico viene disegnato coinvolgendo le popolazioni esposte. La partecipazione deve essere attiva e creare consapevolezza” precisa Fabrizio Bianchi. “Il nostro compito di scienziati, non è solo quello di realizzare indagini rigorose, ma di renderle accessibili ai cittadini, alle fasce di popolazione più giovane, come anche qui al Cnr abbiamo iniziato a fare”. 

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