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31 luglio 2018

Ende Gelände 2018. Uscire dal carbone.....

Ende Gelände 2018. Uscire dal carbone, 'Hambi' rimane!

«A ottobre torniamo nella foresta di Hambach, il luogo della resistenza contro la distruzione delle foreste per salvare il clima!»

27 / 7 / 2018
Dopo l’enorme successo delle iniziative dello scorso novembre contro la miniera di Hambach, in Renania, Ende Gelände pubblica una call for action per la fine di ottobre. Lo scopo, ancora una volta, è bloccare i lavori della miniera più grande d’Europa e impedire l’annuale attività di disboscamento della foresta di Hambach. Per altre informazioni consulta il sito di Ende GeländeQui tutti gli articoli su Ende Gelände.
Il carbone deve rimanere nella terra per evitare una catastrofe climatica. Tutti lo sanno, ma non succede nulla. Il governo federale della Germania continua a sostenere le industrie che distruggono il clima. Ancora peggio, il governo ignora i propri obiettivi climatici (che in ogni caso sono inadeguati). Invece di chiudere le centrali a carbone immediatamente si perde tempo prezioso con l’installazione di una commissione che è piena di gente che non vuole abbandonare l’energia del carbone. Ma non c’è più tempo da perdere: tante persone soffrono già ora di siccità, perdono le loro case a causa del tempo estremo e muoiono di fame e per infezioni legate al clima. Per questo a nostra missione è fermare la distruzione del clima nel luogo in cui viene prodotto.
'Ende Gelände' vi invita alla foresta di Hambach nell’ottobre 2018 per opporci all’estrazione del carbone e all'assurdo bisogno di crescita dell’industria del carbone. La miniera di lignite, che è vicina alla foresta, ogni giorno mangia una gran quantità di paesaggio. Solo una piccola parte della foresta, all’epoca una foresta enorme, è rimata intatta. Contemporaneamente, dopo il blocco della deforestazione avvenuto nel 2017, l'Hambi sta diventando un simbolo vivido della resistenza contro l'industria dell'energia fossile, con sempre più persone. Insieme a migliaia di persone sosterremo questa lotta per la giustizia climatica, con una grande azione di disobbedienza civile che avverrà in ottobre.
'Hambi' rimane là!
Per decenni la RWE (la maggiore compagnia elettrica tedesca) ha disboscato la foresta di Hambach, una delle foreste miste più antiche d'Europa, per estrarre la lignite. Numerose attiviste e attivisti difendono quello che rimane della foresta in loco, e si adoperano per il blocco immediato dell’estrazione del carbone. Con successo! Nell'autunno 2017, il nostro movimento per la giustizia climatica è riuscito a evitare lo sradicamento della foresta di Hambach per una stagione - a mezzo di procedimenti legali, dimostrazioni, occupazioni, case sugli alberi e blocchi. E lo faremo di nuovo!
La prossima stagione di disboscamento inizia in ottobre, e la RWE intende distruggere il bosco rimanente per estrarre ancora più lignite. Si tratta della parte centrale della foresta, che contiene quasi la totalità della biodiversità della foresta originaria. Ogni albero conta! A questo punto si delinea (nettamente) come l’economia orientata al profitto distrugge le basi vitali – nel Hambacher Forst ed in tutto il mondo.......
La nostra modalità d’azione è un blocco di massa annunciato apertamente con vari modi di partecipazione. Agiremo in modo calmo e tranquillo, da parte nostra non partirà nessun’escalation, non mettiamo in pericolo la gente. Vogliamo creare una situazione trasparente per tutti i partecipanti, in modo pacifico e sostenibile.
A fine ottobre diremo: «Ende Gelände – Hambi rimane!». Il nostro obiettivo è la fine del carbone! Partecipate e bloccate con noi l’infrastruttura del carbone, per l’uscita immediata dal carbone, per la manutenzione della foresta, per la giustizia climatica!

28 luglio 2018

Patrizia Gentilini: Gravidanza, l’inquinamento dell’aria è un pericolo per le madri in attesa

Tratto da Il Fatto Quotidiano    di 

Gravidanza, l’inquinamento dell’aria è un pericolo per le madri in attesa

È di questi giorni la notizia che la sperimentazione in corso in Olanda col viagra su donne in gravidanza i cui feti avevano difficoltà e ritardi nello sviluppo è stata interrotta bruscamente: 11 neonati, fra le oltre 90 madri sottoposte al trattamento, sono infatti morti prematuramente per complicanze a livello polmonare appena venuti alla luce. L’ipotesi su cui si basava la sperimentazione era che il farmaco, noto vasodilatatore conosciuto per il trattamento della disfunzione erettile, potesse migliorare l’irrorazione della placenta e aiutare lo sviluppo fetale. Mai come in questo caso si può dire che “la cura è stata peggiore del male” e qualche riflessione sulla salute riproduttiva può essere utile.
Le funzioni della sfera riproduttiva sono fra le più fragili e delicate della persona umana e alterazioni a questo livello incidono sugli aspetti relazionali, affettivi, sessuali, rendendo queste problematiche di particolare interesse e importanza. Infertilità, abortività spontanea, prematurità, basso peso alla nascita in relazione all’epoca gestazionale, distacco di placenta, morte fetale, malformazioni congenite, sono problemi in cui stili di vita e fattori comportamentali della madre quali dieta incongrua, abuso di alcool, fumo e droghe rivestono un ruolo importante, ma anche il ruolo dei fattori ambientali non va sottovalutato e infatti tali patologie sono di particolare rilievo nelle aree più inquinate.

Già nel 2015 la Federazione internazionale dei ginecologi e degli ostetrici (Figo) aveva affrontato il problema riconoscendo che l’esposizione a Pcb (policlorobifenili), solventi, pesticidi, inquinamento atmosferico, toluene, ftalati, composti perfluoroalchilici aumentava il rischio di alterazioni della sfera riproduttiva e della gravidanza. In particolare contaminanti dell’aria quali pm10, pm2.5, biossido di azoto e ozono sono una delle principali cause di mancata crescita fetale, nascite di bambini sottopeso, pretermine, malformazioni cardiache e abortivitàNel 2013 negli Stati Uniti le nascite pre termine sono state l’11,4% del totale e si stima che oltre il 3% a livello nazionale (corrispondente a 15,8 nascite pretermine) siano attribuibili all’esposizione a pm2.5, con costi economici pari a 4,33 miliardi di dollari, di cui 760 milioni per le cure mediche.
Anche l’esposizione a PM10 emesso dagli otto inceneritori dell’Emilia Romagna nell’ambito dello studio Moniter ha comportato un considerevole aumento del rischio di nati prematuri e abortività. L’abortività spontanea in uno studio condotto su 514mila 996 abitanti di cinque città del Sud Italia è risultata correlato con pm10, biossido di azoto e ozono anche se gli inquinanti rientravano nei limiti di legge, in particolare si è registrato un incremento di abortività spontanea del 19,7% per ogni incremento di 10 mg/m3 di pm10 e del 33,6% per ogni incremento di concentrazione di ozono. Gli autori concludono che l’abortività spontanea è influenzata da pm10 (in particolare se sono presenti aree industriali) e da concentrazioni di ozono, anche a livelli inferiori ai limiti di legge e pertanto con un adeguato miglioramenti della qualità dell’aria questa condizione sarebbe almeno in parte prevenibile.

Secondo l’Oms solo l’8% della popolazione mondiale respira un’aria che rispetta limiti cautelativi per la salute e inalare aria pulita dal primo all’ultimo respiro è un diritto inalienabile, che soprattutto le madri in attesa dovrebbero rivendicare con maggiore consapevolezza.

Adnkronos :Sesso, smog riduce le misure

Tratto Adnkronos

Sesso, smog riduce le misure

Nuovo atto d'accusa contro l'inquinamento ambientale. Se numerosi studi scientifici internazionali hanno ipotizzato che i prodotti inquinanti presenti nell'ambiente, noti come interferenti endocrini, possono alterare l'equilibrio e la funzione degli ormoni, un nuovo studio italiano, pubblicato su 'Human Reproduction', ha scoperto che "questi agenti riducono la produzione di spermatozoi e la lunghezza dell'organo riproduttivo maschile".
 Da qui l'allarme di Carlo Foresta, docente di Endocrinologia all'università di Padova, che ha coordinato il gruppo di ricerca 'La fertilità dei giovani è a rischio'.
L'uomo e gli animali, infatti - attraverso l'alimentazione, le acque e il contatto - sono sempre più esposti a prodotti inquinanti, principalmente residui chimici della plastica e dei suoi prodotti di degradazione. Interferenti endocrini che possono alterare l'equilibrio e la funzione degli ormoni interagendo o interferendo con la normale funzione ormonale e portando effetti negativi sulla salute......
Dallo studio padovano, condotto su quasi mille ventenni veneti, è emersa una riduzione della produzione degli spermatozoi (-18% rispetto ai giovani di 15 anni fa) e una variazione delle strutture corporee, che sono indice di un alterato equilibrio degli ormoni testicolari. Il 36% dei giovani presenta infatti un'apertura delle braccia superiore alla media, che è indicativa di un'alterazione nelle proporzioni antropometriche, tipicamente associata al ruolo degli ormoni sessuali nello sviluppo del maschio.
Non solo. C'è stata anche una 'scoperta choc'. I risultati hanno evidenziato una riduzione delle dimensioni del pene, di -0,9 cm rispetto ai giovani di 15 anni fa, e dei testicoli: il 23% dei giovani analizzati ha mostrato un volume testicolare inferiore ai 12 cc, considerato come valore soglia di normalità......

"Tutti questi segni - spiega Foresta - depongono per una interferenza da parte dei composti chimici ambientali sulla attività degli ormoni testicolari nel maschio. Queste interferenze possono manifestarsi sia durante lo sviluppo della fase embrionale che durante la fase adolescenziale fino all'età adulta, portando quindi a possibili conseguenze negative sul potenziale di fertilità dei giovani uomini".

26 luglio 2018

Patrizia Gentilini :Glifosato, l’Ue vuole rinnovare l’uso del pesticida per altri dieci anni. Ecco perché dobbiamo indignarci

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Glifosato, l’Ue vuole rinnovare l’uso del pesticida per altri dieci anni. Ecco perché dobbiamo indignarci

Glifosato, l’Ue vuole rinnovare l’uso del pesticida per altri dieci anni. Ecco perché dobbiamo indignarci
E’ stato diffuso in data 18 luglio dalla coalizione Stop glifosato un importante comunicato stampa in vista della presunta riapprovazione dell’erbicida da parte dell’Ue per altri 10 anni.

Sembra che l’Ue sia orientata a riapprovarlo solo in presenza di una maggioranza qualificata (16 su 28 paesi) ed è quindi più che mai importante esercitare una pressione mediatica sui governi e sull’opinione pubblica, specie dopo che il 3 luglio scorso sono state consegnate alle autorità europee ben 1.320.517 firme di cittadini che in tutta Europa che hanno chiesto di bandirlo, aderendo all’iniziativa di valore giuridico dell’Iniziativa cittadini europei (Ice).
L’attenzione mediatica sull’argomento è diventata molto alta specie dopo che lo si è scoperto non solo in alimenti di uso quotidiano quali birra, pasta, pane, farina, ma anche nelle urine di tutte le 14 donne gravide romane che si sono sottoposte al test e, di fatto, la battaglia contro questa sostanza è diventata emblematica per affermare una “nuova agricoltura” che finalmente faccia a meno della chimica e torni a produrre cibo senza residui di pesticidi e con migliori profili nutrizionali.Emblematico è anche il dibattito che intorno al glifosato si è sviluppato nella comunità scientifica. Ricordiamo che nel marzo di quest’anno l’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche) ne ha escluso la cancerogenicitàriconoscendo tuttavia che è tossico per gli ambienti acquatici e fortemente irritante per gli occhi (cosa del resto già ampiamente dimostrato dai ricercatori dell’Ispra), ma soprattutto hanno destato sconcerto le discordanti valutazioni fra Iarc e Efsa circa la sua cancerogenicità.
Nel marzo 2015 la Iarc l’aveva infatti classificato come “probabile cancerogeno” (2A), mentre l’Efsa nel novembre dello stesso anno aveva concluso il suo rapporto affermando che è “improbabile che sia cancerogeno”.
Anche di recente, scienziati indipendenti hanno preso posizione e chiesto che si vada a una accurata revisione degli standard di sicurezza in uso per tutti gli erbicidi a base di glifosato....
Nel caso del glifosato il cancro è stato attestato in almeno 7 studi a lungo termine su 12, ma le autorità sono riuscite a classificarlo come non cancerogeno non prendendo in considerazione gli studi più significativi e quindi violando sistematicamente le regole e i criteri in uso e che le stesse agenzie si sono date per la valutazione degli studi.
Questo è davvero paradossale se si pensa che è in gioco la salute di 500 milioni di cittadini europei.

24 luglio 2018

Prof Ernesto Burgio “ambiente e salute influenzano il nostro organismo”

Tratto da senzabarcode

Ambiente e salute influenzano il nostro organismo, studi scientifici mettono in relazione i fattori ambientali e i cambiamenti che riguardano il nostro organismo.

 Prof. Ernesto Burgio.

Ambiente e salute influenzano il nostro organismo, relazione tra i fattori ambientali e i cambiamenti. Prof. Ernesto Burgio.
«È in atto un cambiamento di paradigma ormai inarrestabile
La ricerca sta evidenziando una realtà molto diversa rispetto alla visione di qualche decennio addietro, quando si metteva il DNA al centro di tutto». Prof. Ernesto Burgio, MD, Scientific Committee ECERI – European Cancer and Environment Research Institute – Bruxelles.
«Le scoperte degli anni Cinquanta sulla struttura a doppia elica del DNA e i grandi finanziamenti per il ‘Progetto Genoma’ degli anni Ottanta -sottolinea Burgio- avevano portato la biologia e la genetica su posizioni fin troppo semplicistiche: a partire dalla tesi che l’evoluzione del nostro organismo e le malattie fossero il prodotto di minime trasformazioni casuali del patrimonio genetico del DNA. Il genoma appariva come il fattore necessario per capire tutto. Oggi si è capito che i meccanismi e gli elementi coinvolti sono molto più articolati. Possiamo affermare – prosegue Burgio- che il DNA è solo un database.
Nel DNA c’è la potenzialità genetica ereditata dai nostri genitori e dai nostri avi. Ma poi su questo agiscono le informazioni che arrivano dall’esterno, fin dai primi stadi della vita individuale. Fin dalle prime cellule, dallo zigote, poi nell’embrione, e nel feto. Tutte informazioni che arrivano dapprima attraverso la madre sull’embrione e sul feto, poi nei primi anni di vita. Tutte queste in-formazioni ambientali non agiscono direttamente sul DNA, sul genoma, ma sull’epigenoma: quello che alcuni ricercatori hanno definito il ‘software’ del DNA. Per analogia, immaginiamo che il DNA sia la struttura di un computer e l’epigenoma il ‘programma’ che lo fa funzionare
L’epigenoma è estremamente complesso, si esprime attraverso le variazioni continue di alcune marcature del DNA e delle altre proteine che ruotano attorno al DNA. Le marcature cambiano nel tempo: l’epigenetica è appunto lo studio delle modifiche del ‘software’ epigenetico, che sono le vere cause delle trasformazioni del nostro organismo».
Spiegato in questi termini, si comprende quanto il cambiamento del punto di vista sia notevole
«Certo -sottolinea il professor Burgio- ma non è finita qui. Insieme a genoma ed epigenoma, dobbiamo prendere in considerazione anche il microbioma, cioè il DNA dei nostri microrganismi (batteri, virus, funghi..). Il microbioma, cioè il genoma associato a questi trilioni di microrganismi, soprattutto nell’intestino, ha un ruolo fondamentale come induttore di modifiche epigenetiche. Il microbioma modula lo sviluppo dei vari tessuti ed organi: il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario. Globalmente possiamo oggi parlare di ologenoma: cioè dell’insieme di tutti i genomi che compongono l’uomo. Il nostro organismo è un sistema biologico complesso di cui fanno parte miliardi di miliardi di microrganismi e che ha al suo interno molti genomi».
Quindi, fino a pochi decenni fa il ruolo dell’ambiente era totalmente sottovalutato, mentre oggi si capisce che ogni modifica del nostro organismo, sia positivo che negativo, sia fisiologico che patologico, viene indotto dall’ambiente.
«Il DNA –afferma Burgio- condiziona ma non determina le modifiche del nostro “fenotipo”. Le ricerche di epigenetica ci dicono che dal punto di vista medico occorre prestare attenzione a tutto ciò che ci influenza dall’esterno, nel ‘periodo più importante della vita’: la vita biologica si viene a costituire soprattutto fra concepimento, nascita e primi anni. Per questo si parla dei primi mille giorni, come i più importanti di tutta la vita. Dobbiamo valutare tutti i determinanti e co-determinanti ambientali, i fattori che possono favorire lo sviluppo migliore o, al contrario, danneggiarlo.
Bisognerà mettere in sicurezza la gravidanza, riducendo le interferenze negative
come ad esempio i pesticidi delle catene alimentari, gli inquinanti atmosferici, lo stress materno-fetale. C’è da fare un grande lavoro di formazione, informazione, presa di coscienza. La Medicina – conclude il professor Burgio – dovrebbe andare sempre di più verso la prevenzione primaria anziché verso la terapia. Prevenire è il vero futuro della nostra specie. Non è però questo l’interesse di chi, in campo medico, deve realizzare grandi affari».

23 luglio 2018

Inquinamento ambientale: ecco cosa succede alla ...salute


Tratto da Osservatorio diritti

Inquinamento ambientale: ecco cosa succede alla nostra salute

Maggiori probabilità di ammalarsi di tumore. Patologie di ogni tipo in aumento. E i più colpiti sono soprattutto i bambini. Ecco che cosa provocano i vari tipi di inquinamento sulla salute in Italia.

ha collaborato Angela Calzoni
I bambini e i ragazzi che vivono in un ambiente inquinato, magari vicino a una discarica, a un inceneritore, a un polo industriale o petrolchimico che rilasciano sostanze tossiche, hanno il 9% in più di probabilità di ammalarsi di tumore rispetto ai coetanei. Lo dimostrano i dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità e pubblicati a giugno nell’ultimo aggiornamento dello studio Sentieri. Un documento che monitora gli effetti che l’inquinamento ha avuto sulla popolazione italiana fino al 2013.
In tutto, da quanto emerge dall’indagine, sono circa 6 milioni gli italiani che vivono vicino a zone altamente inquinate, molte delle quali sono Siti di interesse nazionale. Ma gli effetti delle sostanze nocive si fanno sentire su una fascia ben più ampia di popolazione. E a farne le spese sono soprattutto i giovani e i giovanissimi, come dimostra l’aumento dei casi di tumori nella fascia 0-24 anni.
 E i numeri non lasciano spazio ai dubbi.

Inquinamento: tumori in crescita tra bambini e giovani

Rispetto alle medie regionali, gli under 24 che abitano in zone contaminate contraggono molto più frequentemente leucemie (+66%) e linfomi (50%). Aumentano del 36% anche i tumori al testicolo e del 62% i sarcomi. Questi ultimi sono considerati patologie “sentinella” dell’esposizione alle diossine, rilevate anche tra gli adulti che risiedono nelle stesse aree. Segnale che l’inquinamento ha effetti importanti sulla salute di tutta la popolazione e che diventano devastanti sui giovani e giovanissimi. Ma c’è di più. Le sostanze tossiche iniziano a colpire durante la gravidanza......

Inquinamento: ricerca indaga gli effetti sui neonati

A marzo l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Ircss) Burlo Garofolo di Trieste ha iniziato uno studio sui primi 1.000 giorni dei neonato, dal concepimento al compimento del secondo anno di vita, per vedere quanto incida l’esposizione a inquinanti ambientali come pesticidi e metalli pesanti.
inquinamento
«Obiettivo primario dello studio è stilare una mappa, per ora in cinque regioni italiane pilota, del carico di esposizione ambientale delle donne in gravidanza e dei neonatifino a 24 mesi», spiega Luca Ronfani, pediatra epidemiologo del Burlo e responsabile scientifico del progetto.
«I dati che produrremo serviranno ai decisori politico-sanitari per pianificare interventi di prevenzione in sanità pubblica». I prossimi due anni saranno necessari per raccogliere informazioni e dati fondamentali per predisporre un metodo di lavoro sia per i pediatri sia per tutto il personale medico degli ospedali oncologici.

Inquinamento atmosferico, dell’acqua, dell’aria, del suolo: i danni dei metalli pesanti sulla salute

Anche i dati raccolti dalla Federazione internazionale dei ginecologi e ostetricidimostrano come la presenza di metalli pesanti presenti nella placenta, dovuti all’inquinamento ambientale, porti ad alti tassi di morte fetaleparti prematuri e basso peso dei neonati alla nascita.
«Spesso i bambini presentano anche danni cognitivi, per curare i quali ogni anno in tutta Europa vengono spesi 194 miliardi di euro», sottolinea la dottoressa Gentilini, in base alle stime degli oncologi europei.
Tutti rischi a cui i bambini, da Aosta a Trapani, sono stati esposti per anni e continuano a essere esposti. Magari senza saperlo. Negli ultimi mesi, infatti, ci sono stati diversi incendi in discariche autorizzate e non, da Nord a Sud. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono divampati a Macerata e a Muggiano, in provincia di Milano. In entrambi i casi, i sindaci hanno invitato la popolazione a non aprire per alcune ore le finestre, non spostarsi se non per motivi di emergenza e a non comprare cibo fresco proveniente dalla zona subito dopo i roghi.

Anche il nostro cervello subisce gli effetti dell’inquinamento

Tratto da La Stampa 


Anche il nostro cervello subisce gli
effetti dell’inquinamento: ecco in che modo


Il, 22 luglio, si è celebrato il «World Brain Day».
Respirare aria pulita consentirebbe di evitare molte
malattie cerebrovascolari e neurodegenerative
NICLA PANCIERA
L’inquinamento dell’aria non è un problema solo per la salute dei polmoni: 
un numero crescente di evidenze scientifiche mostra che respirare aria 
pulita consentirebbe di evitare un gran numero di malattie 
cerebrovascolari e neurodegenerative. 
Per questa ragione, l’edizione di quest’anno della giornata mondiale del cervello (World Brain Day) – organizzata dalla Federazione mondiale di 
neurologia il 22 luglio – è stata dedicata agli effetti negativi 
dell’inquinamento ambientale sul cervello. Lo slogan scelto è «Aria
 pulita per la salute del cervello», #worldbrainday2018 #wbd2018cleanairforbrainhealth 

INQUINAMENTO E SALUTE  
«L’inquinamento atmosferico consiste nella contaminazione diffusa, 
spesso invisibile, di bioaerosol nocivi contenenti polline, spore
 particelle e sostanze tossiche. Gli inquinanti possono derivare da 
fonti naturali o essere dovuti all’attività umana» spiega il professor
 Jacques Reis responsabile del gruppo di lavoro di medicina ambientale
 della World Federation of Neurology.  

Stime recenti indicano in 9 milioni i decessi ogni anno nel mondo attribuibili all’inquinamento dell’aria e 467 mila in Europa, secondo il rapporto sulla 
qualità dell’aria dell’Agenzia europea dell’ambiente EEA.
 E secondo i dati diffusi dall’Oms lo scorso maggio, nove esseri umani su
 dieci respirano aria inquinata, definita un «killer invisibile» all’origine 
del 10% di tutti i decessi.  

E il cervello? «Secondo il Global Burden of Disease, fino al 30% di tutti 
gli ictus nel mondo può essere ricondotto a sostanze inquinanti nell’aria»
 spiega il professor Mohammad Wasay, responsabile delle celebrazioni del
 World Brain Day.  

EFFETTI SUL CERVELLO  
Negli ultimi anni, gli scienziati hanno indagato a fondo in che modo tutto ciò
 agisce sul cervello. Tanto che oggi ipotizzano che proprio l’inquinamento sia coinvolto nell’aumento di patologie neurologiche nel mondo. «Gli inquinanti entrano nel corpo attraverso le vie respiratorie e alimentari, causando risposte infiammatorie e riuscendo ad arrivare al cervello attraverso il flusso sanguigno 
o il tratto respiratorio superiore – spiega Reis - Anche il conseguente danno al microbiota intestinale può avere un impatto sul cervello». 

L’elenco dei possibili effetti nocivi che possono essere collegati all’inquinamento atmosferico è lungo: aterosclerosi, stress ossidativo, risposte infiammatorie in tutto il corpo, danni ai vasi sanguigni, aumento della pressione sanguigna, alterazione dei meccanismi di protezione della barriera emato-encefalica e problemi cardiaci.  

A livello cellulare, gli inquinanti atmosferici interferiscono con i mitocondri - 
spesso indicati come “centrali elettriche” delle cellule - e
 con il materiale genetico come il DNA. Di tutto questo, i politici e gli amministratori locali devono iniziare a tenere conto. La giornata mondiale del cervello servirà ad aumentare la loro consapevolezza e quella dei cittadini. 

22 luglio 2018

Cnr :Nube tossica Farmoplant, tragico strascico di tumori

Tratto da Il Tirreno

Nube tossica Farmoplant, tragico strascico di tumori

In occasione dei 30 anni dell’esplosione, presentato lo studio epidemiologico curato dal Cnr e illustrato dai Medici per l’ambiente: vi è un eccesso di patologie
MASSA. Preoccupazione per l’eccesso di patologie tumorali riscontrate in terra apuana e riconducibili all’inquinamento chimico residuo del Sin.

E’ quanto emerge nel documento “Studi epidemiologici nelle aree ad alto rischio ambientale”, curato dai dottori Fabrizio Bianchi, dirigente di ricerca Epidemiologia ambientale all’Istituto di fisiologia clinica del Cnr a Pisa e Liliana Cori, esperta di comunicazione in ambiente e salute della stessa struttura. Il documento, redatto in occasione del 30° anniversario dell’esplosione della Farmoplant, è stato illustrato dai referenti locali dell’associazione internazionale Medici per l’ambiente (Isde): i dottori Alberto Rutili e Gino Cancemi, presidente della sezione provinciale dell’Isde. L’intento di Bianchi e Cori è quello di ripercorrere «il lavoro epidemiologico svolto per capire lo stato di salute delle comunità che vivono nella zona circostante l’impianto e le attività che ancora potrebbero essere intraprese», come l’intensificazione delle bonifiche e nuovi approfondimenti di studio. I due ricercatori si soffermano sull’aggiornamento dello studio epidemiologico nazionale Sentieri, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, i cui risultati sono stati presentati lo scorso 12 giugno. La ricerca ha indagato lo stato di salute delle popolazioni che vivono in 45 Sin italiani, compreso Massa-Carrara, ancora contaminata dai veleni prodotti all’epoca in cui era attivo il polo chimico apuano e «tuttora sede di diverse produzioni inquinanti». «L’inquinamento che non è stato possibile rimuovere -scrivono Bianchi e Cori- può produrre effetti ancora oggi, a 30 anni di distanza, in particolare se pensiamo agli operai delle fabbriche chimiche di allora e alla popolazione più esposta ai diversi incidenti e fuoriuscite di prodotti tossici». Gli esperti del Cnr riportano poi i risultati riscontrati in territorio apuano dal primo studio Sentieri, del 2011 e relativo al periodo 1995-2005. «Negli uomini -ricordano- emergevano eccessi di mortalità per il tumore del polmone, della pleura, del sistema emolinfopoietico e del sistema circolatorio. Nelle donne eccessi per tutte le cause assieme, per malattie dell’apparato digerente e genito-urinario. Sia per gli uomini che per le donne emergeva un eccesso di mortalità per tumore del fegato. Nel volume di Sentieri dedicato ai mesoteliomi per l’area dei comuni di Massa e Carrara, -proseguono i due studiosi- nel periodo 2000-2011 si evidenzia un eccesso di incidenza (di nuovi casi di mesotelioma) di 2,4 volte più alto della media regionale negli uomini e 1,5 volte nelle donne (il mesotelioma è legato alla presenza di produzioni con amianto)».

Sentieri è stato ripetuto per la mortalità per il periodo 2006-2013, esaminando anche i ricoveri, la mortalità per tumori in età infantile, pediatrica e adolescenziale e le malformazioni alla nascita per il periodo 2002-2015. La pubblicazione dei nuovi dati disaggregati per singolo Sin è ancora in corso. A Massa-Carrara, anticipano Bianchi e Cori, «gli eccessi nella mortalità sono confermati, anche se l’entità del rischio è ridotta per le cause di morte già segnalate, sia per gli uomini che per le donne». Per queste ultime, però, emergono alcuni eccessi che prima non erano presenti, elemento che si conferma per le malattie. «C’è un’attenuazione
degli eccessi nei maschi, -sostengono i due ricercatori- sia per malattie tumorali che non tumorali. Anche nell’età giovanile emergono eccessi che sono tutti da approfondire, così come per le malformazioni congenite, che mostrano alcuni elementi di criticità». —

21 luglio 2018

DORSOGNA:Cambiamenti climatici: il piccolo-grande Rhode Island porta in tribunale Shell, BP, Exxon e Chevron

 Tratto da DorSognablogspot

SUNDAY, JULY 15, 2018


Cambiamenti climatici: il piccolo-grande Rhode Island porta in tribunale Shell, BP, Exxon e Chevron




....E' lo stato piu' piccolo dell'unione USA. E' il Rhode Island, stato costiero a sud di Boston, di cui non si sente parlare mai.

In questi giorni pero' e' sulle cronache USA per avere denunciato, l'intero stato del Rhode Island, BP, Chevron, ExxonMobil e Shell ed altre 17 petrol-ditte per avere "consapevolmente" contribuito ai cambiamenti climatici, e per avere causato "catastrofiche conseguenze" al Rhode Island, alla sua economia, alle sue comunita', ai suoi residenti e ai suoi ecosistemi.

E questo lo dice l'Attorney General, l'equivalente dell' assessore alla giustizia dello stato del Rhode Island e dal nome Peter F. Kilmartin, dal suo twitter account. 

Sebbene ci siano state altre cause contro i petrolieri in giro per il mondo, questa e' la prima volta che uno stato USA lo fa in modo ufficiale.


Per molto tempo l'idea e' stata che i petrolieri fossero dei colossi troppo grandi per qualsiasi tipo di azione legale, protesta, e che semplicemente ci si dovesse inchinare a Big Oil.....
Invece in questi ultimi anni, sopratutto grazie alle proteste sempre piu' numerose contro i petrolieri e le loro azioni, dal fracking alle trivelle in mare, con le tante e tante iniziative popolari dal basso in tutto il mondo, Italia compresa, ci si rende conto che il potere dell'opinione pubblica puo' fare molto per fermarli.

Non siamo cosi deboli come pensavamo, specie quando l'eco delle loro nefandezze e della nostra resistenza si fa sentire in tutto il mondo.  E questo secondo me, da' anche coraggio e determinazione alla classe politica, se questa e' libera e non serva di nessuno. I politici che denunciano lo sanno che dietro di loro c'e' il consenso, e non un pubblico ignorante. 

In questa faccenda del Rhode Island, non c'e' solo l'Attorney General a denunciare i petrolieri, ma proprio tutta la classe politica dello stato: il governatore Gina Raimondo,  i parlamentari Jim Langevin e David Cicilline e il senatore Sheldon Whitehouse. Tutti compatti. 

Tutti senza paura.......

Quello che sappiamo pero' e' che questo del Rhode Island e' un passo storico per le conseguenze all'industria del petrolio a livello mondiale.

E non dico per dire......

I petrolieri sapevano quel facevano e che le loro azioni avrebbero messo a soqquadro il pianeta e le generazioni future. Lo hanno saputo per quasi 50 anni, secondo i loro documenti interni quando hanno iniziato loro stessi a studiare i cambiamenti climatici. Ciononostante hanno continuato a trivellare incuranti del pianeta, dei suoi abitanti e delle conseguenze catastrofiche del loro operato.

Sapevano che le loro azioni sarebbero state irreversibili. E invece hanno messo su un elaborato schema per nascondere la verita', ingannare il pubblico, insabbiare l'evidenza scientifica, creare dubbi nella mente della gente, dei regolamentatori, dei giornalisti, degli insegnanti e del pubblico in generale.

Nel Rhode Island, secondo Kilmartin, i petrolieri hanno violato la legge sull'inquinamento, l'Environmental Rights Act con il loro inquinamento e hanno distrutto regioni naturali dello stato.  
E dunque, il Rhode Island vuole che siano i petrolieri a pagare per l'innalzamento dei livelli del mare, delle siccita', delle precipitazioni estreme, delle ondate di calore e di altri eventi che hanno disturbato il naturale regime idrogeologico, ecologico e metereologico dello stato del Rhode Island. 
Non e' giusto che a pagare sia la collettivita', in nessuna maniera.
Non devono essere i residenti ne lo stato a pagare per rimediare eventi estremi come gli uragani
Harvey e Irma che hanno colpito il Rhode Island, ne tantomeno tutti quelli che colpiranno lo stato nel futuro......

Ad averceli dei politici cosi in Italia.

18 luglio 2018

Le energie rinnovabili mettono il turbo: c'è il sorpasso: costano meno del carbone.

Tratto da SKYTG24

Energie rinnovabili, c'è il sorpasso: costano meno del carbone

Un impianto fotovoltaico in Cina (Getty Images)
Le fonti alternative per produrre energia sono più economiche di quelle classiche. Aumentano gli investimenti: Cina leader, Italia bene nell'eolico, meno nel solare. Entro il 2050 la rivoluzione potrebbe essere completata
Le energie rinnovabili mettono il turbo. Il sorpasso storico si è realizzato negli scorsi mesi: le centrali eoliche e solari costano meno del carbone. Un cambiamento di grande portata con un trend che sembra destinato a caratterizzare il futuro della produzione di energia globale.

Il crollo dei costi

Il sorpasso è avvenuto per la prima volta negli ultimi mesi del 2017 in alcuni paesi come la Germania in Europa e Messico, Cile e Brasile tra Centro e Sudamerica. I dati sono fotografati dall'ultimo report di Irena, l'Agenzia internazionale delle energie rinnovabilinata nel 2010 in collaborazione con l'Onu. Secondo lo studio che comprende i dati del 2017, i costi dell'energia eolica sono scesi di un quarto nel giro di sette anni, tra il 2010 e il 2017. Nello stesso periodo di osservazione, il prezzo del fotovoltaico ha conosciuto quello che si potrebbe persino definire un crollo, essendo sceso del 73 per cento.

Il trend di crescita

Il costante calo dei prezzi è ovviamente accompagnato da una crescita degli investimenti. Il solare fotovoltaico è cresciuto del 32 per cento nel 2017, mentre nello stesso anno l’energia eolica è salita del 10 per cento. La crescita generale delle rinnovabili è trainata soprattutto dalla Cina........

La situazione in Italia

Stando ai dati, l'Italia non sta sfruttando a pieno la situazione favorevole per le fonti di energia rinnovabile. Se da un lato nello scorso anno si è registrato - sempre secondo il rapporto Irena - un +1,5 per cento di nuove installazioni di energia rinnovabile, dall'altro è altrettanto vero che il settore idroelettrico continua a far segnare un andamento altalentante. Secondo il report di Terna sul 2017, la produzione di elettricità generata dalle fonti rinnovabili lo scorso anno è leggermente diminuita rispetto al 2016. Il saldo resta in positivo grazie alle ottime performance dell'eolico, ma siamo ancora indietro per quanto riguarda l'elettrificazione dei trasporti. Si potrebbe fare meglio, ma la situazione resta positiva, soprattutto considerando che dal 2015 l'Italia ha raggiunto e superato il target sul consumo di energie alternative fissato dall'Ue per il 2020, con oltre il 17 per cento di consumi finali di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Le prospettive

Nel frattempo le energie rinnovabili continuano a segnare nuovi record di produzione. Per esempio, il 4 gennaio 2018 l'eolico europeo ha prodotto oltre 2128 Gwh (gigawattora), una quantità in grado di coprire i fabbisogni di 160 milioni di famiglie e il 61 per cento della domanda industriale elettrica. Il ruolo delle energie rinnovabili sullo scacchiere produttivo ed economico internazionale sta diventando sempre più centrale. Secondo Bloomberg, entro il 2050 le fonti alternative, e pulite, domineranno la produzione di energia. Una partita sulla quale si giocherà anche parte del futuro degli equilibri globali. Tornando all'Italia, secondo uno studio del 2016 di quattro scienziati del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), il nostro Paese potrebbe raggiungere il 100 per cento di energia rinnovabile entro la metà del secolo. Una sfida difficile, ma possibile.