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29 giugno 2016

Qualenergia:Fossili e povertà energetica primi responsabili per le morti premature da inquinamento

Tratto da Qualenergia 

Fossili e povertà energetica primi responsabili per le morti premature da inquinamento

Esternalità negative delle fonti energetiche tradizionali e morti premature dovute all’inquinamento atmosferico: anche la IEAinterviene nel dibattito in corso con il suo ultimo rapporto,Energy and Air Pollution.
Il tema resta controverso, prestando anche il fianco alle critiche dei negazionisti del cambiamento climatico, soprattutto perché è difficile fornire cifre precise. Diversi studi però hanno evidenziato chiaramente i costi sanitari e ambientali dei combustibili fossili. Tra i più recenti citiamo il lavoro di Althesys di cui abbiamo parlato alcune settimane fa e il Rapporto dell’Agenzia ambientale europea (Air quality in Europe - 2015 report) pubblicato a dicembre.
La letteratura scientifica sulle morti premature causate dalle emissioni nocive dell’energia è sempre più vasta: ultima arrivata è una ricerca americana promossa dall’EPA (Environmental Protection Agency), che ha mostrato le relazioni pericolose tra smog nei grandi centri urbani e insorgere di malattie cardiovascolari.
L’epidemiologia ambientale nell’ultimo mezzo secolo ha condotto migliaia di studi sulla popolazione, evidenziando che l’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio certo per malattie cardio-respiratorie, ma anche per tumore al polmone e altre patologie, con costi sanitari molto ingenti.
La povertà energetica
Secondo la IEA ogni anno circa sei milioni e mezzo di persone in tutto il mondo muoiono prematuramente perché troppo esposte all’inquinamento atmosferico.
Le cause sono di due tipi: la prima è l’utilizzo di biomasse (tipicamente la legna da ardere) e kerosene per cucinare e illuminare le abitazioni, saturando così gli ambienti interni di sostanze dannose per l’organismo umano, come il particolato fine. Questo avviene soprattutto nelle zone rurali dell’Asia e dell’Africa, dove mancano i collegamenti alle reti e quindi la popolazione non può accedere nemmeno ai servizi elettrici basilari.
Contro questa povertà energetica e sotto-elettrificazione delle aree remote sono nate diverse iniziative internazionali, pensiamo ad esempio alla campagna Energy for All delle Nazioni Unite che vorrebbe assicurare l’accesso universale all’energiaentro il 2030. Moltissima strada resta però da fare, come abbiamo visto in alcuni studi diffusi recentemente sui sistemi di generazione off-grid.
Energia e qualità dell’aria
La seconda causa di morti premature, si legge nel rapporto dell’agenzia internazionale, è la pessima qualità dell’aria nelle grandi città, soprattutto quelle in rapida espansione nelle economie emergenti. Non a caso, la rigenerazione urbana è al centro del documento Energy Technology Perspectives 2016 pubblicato sempre dalla IEA.
La maggior parte delle emissioni inquinanti a livello mondiale, prosegue l’International Energy Agency, proviene dal settore energetico attraverso la combustione dei vari tipi di risorse fossili, senza alcun controllo sulle sostanze nocive rilasciate nell’atmosfera. L’energia è la singola causa principale delle emissioni pericolose per la salute umana. Dall’uso del petrolio, per esempio, è derivato il 61% degli ossidi di azoto immessi complessivamente nell’aria nel 2015, mentre le biomasse bruciate senza apparecchiature moderne sono state responsabili del 43% del particolato fine(PM 2,5) che ha inquinato il nostro pianeta lo scorso anno.
Clean Air Scenario
Tuttavia il quadro, osserva la IEA, è destinato a rimanere critico nei prossimi decenni. Le proiezioni al 2040 non sono delle migliori. Da un lato, è vero, le politiche climatiche in diversi Paesi contribuiranno a tagliare le emissioni e salvare vite umane; dall’altro, però, ci saranno nazioni come l’India dove la qualità dell’aria peggiorerà costantemente, facendo crescere il numero di morti premature ogni anno.
Le soluzioni prospettate dall’agenzia sono contenute nel Clean Air Scenario: l’obiettivo è dimezzare le emissioni di particolato fine, ossidi di zolfo e ossidi di azoto e, di conseguenza, diminuire nettamente i decessi provocati dallo smog cittadino e dall’utilizzo di biomasse e kerosene negli ambienti domestici.
Sono tre le azioni fondamentali che emergono dal rapporto Energy and Air Pollution: innanzitutto, i governi devono fissare obiettivi a lungo termine di riduzione dell’inquinamento, anche attraverso politiche di efficienza nell’industria e nel residenziale.
Investimenti aggiuntivi
In secondo luogo, gli stessi governi devono adottare misure per decarbonizzare la produzione energetica, limitando le emissioni degli impianti fossili e puntando sulle fonti rinnovabili.
Infine, grande importanza andrà riservata al controllo tempestivo dei dati e alla trasparenza/disponibilità pubblica delle informazioni, un passo indispensabile per misurare i progressi ottenuti e apportare eventuali correzioni di rotta.
Ovviamente bisognerà potenziare gli investimenti nelle tecnologie pulite: la IEA parla di un +7% rispetto allo scenario “base” senza misure aggiuntive. Serviranno alcune migliaia di miliardi di dollari in più nel periodo 2015-2040 per accelerare latransizione energetica, evitare circa tre milioni di morti premature e, contemporaneamente, aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti.
Nella sola India, evidenzia la IEA, la fetta di popolazione esposta a elevate concentrazioni di PM 2,5 potrebbe così scendere dall’attuale 60% al 20% nel 2040. Anche la Cina e altri Paesi dell’Asia e dell’Africa vedrebbero calare in modo consistente le percentuali di cittadini costretti a vivere in zone inquinate, o sprovviste di servizi energetici basilari.

La rivoluzione delle rinnovabili

Tratto da Altraeconomia 

Tra il 2013 e maggio 2016, sono state messe fuori servizio centrali termoelettriche alimentate da gas e carbone per una capacità complessiva di 9.338 MW. 


 

28 giugno 2016

Ttip, la Francia conferma: «Non ci può essere l’accordo del trattato transatlantico

Dopo la Brexit e l’uscita di scena di Cameron, cosa faranno Renzi e la Merkel?

Di fronte alla terrificante sberla britannica, Renzi e la Merkel non possono porgere l’altra guancia e, di fronte alla protesta montante in Germania, in Italia e in molti Paesi dell’Ue, con il NON francese, non possono continuare come niente fosse sulla strada del TTIP e della CETA, che li porterebbe verso un altro precipizio certo.....

[27 giugno 2016]

TTIP Francia

I contraccolpi politici della Brexit cominciano a farsi sentire, anche per la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), della quale il governo conservatore britannico di David Cameron era uno sfegatato sostenitore. Intervenendo ieri ad una manifestazione del Parti Socialista a Belleville-sur-Mer (Seine-Maritime), il primo ministro francese Manuel Valls ha confermato che «Non ci può essere l’accordo del trattato transatlantico» di libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, il TTIP che i francesi chiamano Tafta, che secondo Valls «Non va nel senso giusto». Il premier francese ha detto ai militanti socialisti che  «D’ora in avanti, non deve essere concluso nessun accordo di libero scambio se non rispettagli interessi dell’Unione. L’Europa deve essere ferma. La Francia vigilerà».

Almeno in questo campo la lezione del referendum britannico sembra essere stata compresa: Valls è convinto che il TTIP/Tafta «Imporrebbe (…) una visione che farebbe spazio non solo ai populismi, ma semplicemente ad una visione che sarebbe cattiva per la nostra economia». Poi, di passaggio, il premier liberista-socialista francese ha denunciato la «Scelta drammatica» della soppressione delle quote latte, addebitandola all’ex ministro dell’agricoltura Bruno Le Maire, candidato alle primarie della destra per le elezioni presidenziali del 2017.

«Questo progetto liberista è uno spauracchio per gli euroscettici e non solo», commenta Le Monde  e la Francia, consapevole di questo aveva già alzato i toni contro il TTIP, negoziato in gran segreto dal 2013 e che punta a sopprimere quelle barriere commerciali tra Usa ed Ue, le stesse barriere commerciali che i conservatori inglesi, entusiasti sostenitori del TTIP, hanno voluto ri-innalzare contro l’Unione europea.

Va dato atto alla Francia di aver denunciato in tempi non sospetti che il TTIP/Nafta avrebbe dopato più l’economia statunitense che quella europea e la mancanza di trasparenza, rendendo note tutte le preoccupazioni per l’impatto che il Trattato potrebbe avere sull’agricoltura e l’ambiente. Già ad aprile Valls aveva detto: «Voglio essere molto chiaro: non potrà avere successo se non fornisce garanzie che il livello di esigenza che abbiamo in Francia per la salute e l’ambiente dei nostri concittadini sarà mantenuto».

E’ evidente che Valls e François Hollande cercano di rispondere anche ad una crescente protesta contro il TTIP/Nafta guidata da movimenti, associazioni di categoria, sindacati e partiti di sinistra che corrisponde in gran parte al grande movimento contro la loro Loi Travail: il 22 giugno è partita una petizione online indirizzata a  Hollande che chiede che «La Francia si ritiri dai negoziati sul Tafta e che rifiuti di adottare l’accordo con il Canada (CETA)». Il CETA, che è stato già approvato, dovrà essere sottoposto al voto dei governi dei Paesi membri dell’Ue e ad un Consiglio europeo previsto in autunno, gli anti-TTIP sono convinti che creerebbe un precedente per altri trattati di libero scambio “di nuova generazione.

Nella petizione a Hollade si legge: «L’instaurazione di diritti eccezionali a beneficio delle imprese stranier, o l’intrusione di lobbies industriali nella preparazione delle leggi, minacciano la capacità dei poteri pubblici di decidere sulle politiche al servizio dell’interesse generale. I danni alle normative sociali, ambientali e climatiche, I diritti dei lavoratori e dei consumatori, la salute e I servizi pubblici, la diversità culturale o ancora sulle filiere agricole saranno irreversibili. Milioni di cittadini/e e centinaia di collettività territoriali in tutta Europa li rifiutano. Signor Presidente, le chiediamo di agire, mettendo fine ai negoziati Tafta e rifiutando di approvare il CETA».

Hollande e Valls hanno risposto positivamente, ma probabilmente anche gli altri componenti del triumvirato che si è auto-incaricato di rianimare l’Unione europea dopo il KO della Brexit, Angela Merkel e Matteo Renzi, di fronte all’abbandono francese e al crollo del governo conservatore britannico, vero pilastro transatlantico per l’accordo con le sue ex colonie degli Usa e del Canada, dovranno fare marcia indietro sul TTIP.

Di fronte alla terrificante sberla britannica, Renzi e la Merkel non possono porgere l’altra guancia e, di fronte alla protesta montante in Germania, in Italia e in molti Paesi dell’Ue, con il NON francese, non possono continuare come niente fosse sulla strada del TTIP e della CETA, che li porterebbe verso un altro precipizio certo. E questo ormai solo per andare incontro alle decisioni politiche – rivelatesi disastrose –  di un premier che non c’è più, David Cameron, e di un Presidente che ha già le valige in mano, Barack Obama.

IEA: "Senza un reale cambiamento delle politiche energetiche l'inquinamento dell'aria ucciderà sempre più persone"

Tratto da La Repubblica http://www.repubblica.it/news/ambiente/rep_rinnovabili_inquinamento-fossili-1-mln-morti-piu-222.html

Inquinamento: le fossili di costeranno 1 mln di morti in più, 

   (Rinnovabili.it) – Il mondo deve impegnarsi di più per abbandonare le energie fossili in favore di quelle pulite, altrimenti l’inquinamento causerà 1 milione di morti in più nel 2040. Lo sostiene l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) nel suo rapporto annuale World Energy Outlook 2016pubblicato questa mattina. Già oggi i decessi che si potrebbero evitare con una migliore politica energetica globale raggiungono l’esorbitante cifra di 6,5 milioni:cifre da olocausto. Il rapporto dell’AIE sottolinea poi un punto decisamente importante. Anche se alcune previsioni indicano che le emissioni globali potrebbero iniziare una fase di declino entro il 2040, il problema per la salute si continuerebbe a porre perché le politiche energetiche esistenti non bastano per incidere sulla qualità dell’aria. In altri termini, non importa soltanto come limitiamo l’inquinamento, ma soprattutto tramite quali fonti soddisfiamo il nostro bisogno di energia.  

Leggi tutto qui http://www.repubblica.it/news/ambiente/rep_rinnovabili_inquinamento-fossili-1-mln-morti-piu-222.html
                                                                    -------------------
Tratto da Ecodellecitta' http://www.ecodallecitta.it/notizie/385775/iea-senza-un-cambiamento-delle-politiche-energetiche-linquinamento-dellaria-uccidera-sempre-piu-persone

IEA: "Senza un cambiamento delle politiche energetiche l'inquinamento dell'aria ucciderà sempre più persone"

È la prima volta che l’Agenzia Internazionale per l'Energia, che normalmente si limita a statistiche sui consumi energetici ed emissioni di gas serra, si rivolge in maniera così esplicita alla politica, ma l'inquinamento atmosferico è ormai crisi globale

27 giugno, 2016

"L’inquinamento atmosferico uccide più di sei milioni di persone nel mondo ogni anno, ma i governi finora sono stati troppo lenti nel dare risposte adeguate. Bisogna che affrontino urgentemente la questione senza lasciarla al solo settore privato".

La richiesta arriva da un rapporto speciale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. È la prima volta che l’IEA, che normalmente si limita a statistiche sui consumi energetici e le emissioni di gas serra da essi derivanti, si rivolge in maniera così esplicita alla politica, ma secondo i suoi esponenti l’inquinamento dell’aria non ha ancora ricevuto l’attenzione che merita. A livello sanitario è la quarta più grande minaccia mondiale, dopo l'ipertensione arteriosa, la cattiva alimentazione e il fumo. E l’industria energetica ne è una delle cause principali.

Il rilascio in atmosfera di sostanze nocive come il particolato, gli ossidi di zolfo e gli ossidi di azoto, che causano gravi difficoltà respiratorie, malattie cardiovascolari, ictus e morti premature, è dovuto principalmente alla produzione e all'uso di energia non regolamentata o inefficiente.

Senza risposte adeguate queste cifre sono destinate a salire, dice il rapporto: si stima ed esempio che le morti premature annuali attribuibili all'inquinamento dell'aria arriveranno a 4,5 milioni nel 2040 dai circa 3 milioni attuali. Nonostante il calo delle emissioni globali previsto nei prossimi 24 anni, infatti, l’IEA sostiene che le politiche energetiche esistenti e quelle in programma non riusciranno a migliorare la qualità dell’aria.

Eppure secondo l’agenzia basterebbe uno sforzo tutto sommato contenuto: con un aumento di appena il 7% degli investimenti totali in energia, corrispondente a circa 4,7 miliardi di dollari, entro il 2040 si riuscirebbero a contenere le morti premature dovute all’inquinamento atmosferico entro i 2,8 milioni.

Per usare al meglio queste risorse ogni paese dovrebbe darsi un obiettivo a lungo termine basato sull’uso di energie rinnovabili, sul miglioramento dell’efficienza energetica e sul controllo delle emissioni, come ad esempio nel settore agricolo, dove gli ossidi di azoto e l’ammoniaca, derivanti dai fertilizzanti, sono più potenti della co2 in termini di intrappolare calore nell'atmosfera, e possono combinarsi con altre emissioni per formare gas più nocivi.

"I dati dell’IEA  parlano chiaro. I veri imputati sono carbone e petrolio e causano milioni di morti premature ogni anno - ha scritto il Wwf in una nota - Se da un lato la responsabilità del settore dell’energia sulla salute globale è enorme, dall’altro l’Agenzia segnala come il comparto potrebbe ridurre significativamente l’inquinamento applicando le politiche di riduzione delle emissioni, ponendosi degli obiettivi e monitorandone i risultati. A questo il Wwf aggiunge che il segnale più importante emerso dal rapporto è l’assoluta necessità di uscire dall’era fossile al più presto, entro i prossimi 20 anni, per transitare verso un sistema globale di produzione di energia basato sulle rinnovabili. Questo risponderebbe a quanto previsto dall’Accordo di Parigi sul Clima che punta a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi C.

Il carbone e il petrolio non saranno mai puliti. Anche se gli altri inquinanti “mortali” dovessero venir ridotti in modo significativo –e non siamo a questo punto, comunque-  i combustibili fossili continuerebbero ad emettere CO2, il gas serra più pericoloso per il clima, quindi per la salute del Pianeta che ci ospita, per la nostra Casa Comune.


25 giugno 2016

Aia Ilva di Taranto , nell’ultima relazione di Arpa Puglia tutto ciò che non va nel verso giusto


Tratto da Inchiostro Verde

Aia Ilva, nell’ultima relazione di Arpa Puglia tutto ciò che non va nel verso giusto                           Di Giuseppe Aralla 

TARANTO – “Mancata o incompleta realizzazione di interventi strutturali, quali i lavori di chiusura dei nastri trasportatori e di copertura dei parchi, di rifacimento delle cokerie, di impermeabilizzazione delle aree in cui avvengono le operazioni di deposito della scoria non differenziata da trattare (IRF-IMPIANTO RECUPERO FERROSI e GRF – GESTIONE ROTTAMI FERROSI) e delle aree afferenti agli altiforni, nonché quelle di istallazione dei filtri a maniche”.

Poi: “critica gestione dei rifiuti e dei sottoprodotti;
 
mancata rimozione delle ingenti quantità di rifiuti stoccati in aree sequestrate e relative operazione di caratterizzazione delle aree potenzialmente contaminate; cattiva gestione degli eventi anomali, malfunzionamenti ed incidenti (slopping, incidente AFO2);  carente automazione dei processi che determina una conduzione degli impianti strettamente correlata all’operatore ed al relativo errore umano;  criticità relative alle emissioni diffuse e fuggitive, con riferimento alla gestione delle polveri di abbattimento”.
cokerie ilva
Queste considerazioni sembrerebbero, ad una prima lettura, venire direttamente dalle legittime contestazioni di un ambientalista intransigente, preoccupato per la mancata attuazione di alcune prescrizioni dell’AIA da parte di Ilva. Fanno, invece, parte di un’ampia relazione, a firma del direttore scientifico Massimo Blonda (facente funzione di direttore generale in attesa della nomina del successore di Giorgio Assennato), consegnata ieri da Arpa Puglia alle Commissioni riunite VIII e X della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’esame in sede referente del D.L 98/2016 c. 3886 del Governo, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva.
Insieme ad Arpa, sono stati informalmente sentiti anche rappresentanti di Regione Puglia, del Comune di Taranto e dell’Ispra. Molto chiara e dura la relazione di Blonda che evidenzia le criticità ambientali che permangono, connesse all’attuale attività di Ilva, in mancanza del completamento delle prescrizioni AIA e della loro insufficienza a garantire la sicurezza ambientale e sanitaria.
“Notevoli ritardi – si legge ancora – nelle bonifiche, soprattutto nelle aree urbane e periurbane, dei suoli contaminati da diossine e PCB, i quali rappresentano ulteriore fonte primaria di recircolazione degli inquinanti”. La VDS (Valutazione Danno Sanitario), anche nell’ipotesi di AIA attuata, nel caso di una produzione superiore ai sei milioni di tonnellate di acciaio, mostrerebbe un rischio non accettabile.
Dovrebbe bastare già questo, riteniamo noi di Inchiostroverde, a indurre il Governo a ritirare il decimo decreto salva Ilva che garantirebbe l’immunità penale o amministrativa ai futuri acquirenti della grande industria e che rimetterebbe in discussione i tempi di attuazione delle prescrizioni dell’AIA.
Nella sua relazione, Blonda affronta poi la cronica carenza di personale del Dipartimento Arpa di Taranto che, a fronte di un organico ottimale di 110 dipendenti, dispone solo di 65 unità, comprese quelle assunte a tempo determinato. Sicuramente una grave mancanza che rischia di creare ritardi e difficoltà nei controlli ambientali di Arpa.

Maxi -Sequestro Fonderie Pisano per inquinamento ambientale

Tratto da vocedinapoli.it

Sequestro Fonderie Pisano per inquinamento ambientale

sequestro fonderie pisano
Maxi-sequestro nel salernitano. I carabinieri del Noe hanno eseguito su disposizione della Procura un importante sequestro ai danni delle Fonderie Pisano, accusate di inquinamento ambientale e danneggiamento della salute dell’uomo.
Le Fonderie Pisano si trovano a Salerno ed erano vent’anni che andavano avanti le battaglie delle associazioni ambientali che chiedevano di intervenire su questo stabilimento. Dopo tanto tempo sono arrivati i sigilli per l’impianto che ha messo in pericola la salute di numerose persone, la decisione è arrivata solo dopo una lunga serie di denunce e in seguito accertamenti.

Sette sono ora le persone indagate. I reati contestati ai referenti dell’impianto siderurgico di via dei Greci, sono: scarico di acque reflue inquinanti, gestione illecita di rifiuti speciali anche pericolosi, emissioni nocive in atmosfera, danneggiamento di beni pubblici, gettito di cose idonee a molestare le persone, violazione della normativa antincendio e della sicurezza dei luoghi di lavoro, abuso d’ufficio, falsità materiale ed ideologica in atti pubblici.

24 giugno 2016

Wwf e Focsiv :Transizione energetica mondiale, giustizia sociale e dignità del lavoro

Transizione energetica mondiale, giustizia sociale e dignità del lavoro

Stralcio da Qualenergia
Serve consapevolezza sulla necessità di applicare una giusta transizione energetica verso il 100% di rinnovabili, considerando anche le sfide e le opportunità per coloro, lavoratori e comunità locali, che saranno influenzati da una decarbonizzazione globale. Se ne è discusso Simposio internazionale organizzato dal Wwf e dalla Focsiv.
La ricerca di una giusta transizione che assicuri alle società una sostenibilità energetica e la dignità del lavoro è stato il tema affrontato ieri, 23 giugno, dal Simposio internazionale organizzato dal Wwf e dalla Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontario (Focsiv) dal titolo Una Transizione giusta per la nostra casa comune: energia, lavoro e sradicamento della povertà”'.
Obiettivo è promuovere il dialogo tra diversi attori globali e locali provenienti da Europa, Africa, Asia Orientale e America Latina per aumentare la consapevolezza sulla necessità di applicare una giusta transizione energetica verso il 100% di energie rinnovabili, considerando anche le sfide e le opportunità per coloro, lavoratori e comunità locali, che saranno influenzati da una decarbonizzazione globale.
“Oggi la politica è ancora saldamente legata a una vecchia economia se non espressione di questi interessi - ha dichiarato nel suo intervento introduttivo Gaetano Benedetto, direttore generale del WWF Italia - Il processo di responsabilizzazione è richiamato, oltre che dagli ambientalisti, da un lato dal mondo scientifico e dall’altro dal mondo cattolico che punta l’attenzione sugli effetti delle nostre scelte economiche. In questo quadro l’unione tra la cultura scientifica e ambientalista e il rispetto dei diritti è la saldatura ideale capace di individuare le soluzioni”.
“La transizione energetica implica la trasformazione di modelli di consumodel mondo del lavoro e delle società organizzate. Il pericolo è che si creino nuovi poveri e cresca la divisione tra paesi ricchi e nuovi emergenti, paesi cioè capaci di nuove tecnologie e quelli che subiscono, senza sapere come gestire questi cambiamenti e alla mercè di dinamiche senza controllo - ha aggiunto Gianfranco Cattai, Presidente di Focsiv - Devono essere soprattutto i paesi storicamente responsabili dell’aumento di emissioni di gas serra a farsi carico della responsabilità di questa transizione”.
Lo spirito dell’incontro ha trovato diversi spunti nell’Enciclica di Papa FrancescoLaudato Sì”...
Samantha Smith, leader della Global Climate and Energy Initiative del WWF International ha detto: “si pensava che gli effetti del cambiamento climatico avrebbero influenzato il pianeta tra una generazione. Invece oggi il più grande organismo vivente presente sulla terra, la Grande Barriera corallina australiana, è ormai danneggiata in modo irrecuperabile, colpita dalle conseguenze dell''uso di fonti fossili. L’Artico e le popolazioni che dipendono da questa regione stanno subendo effetti disastrosi dovuti a temperature di 20, 25 gradi superiori alla media dei mesi invernali. Ci sono 65 milioni di rifugiati ambientali nel mondo, un numero mai raggiunto prima delle due guerre mondiali”......
“Per promuovere un lavoro dignitoso per tutti che unisca sviluppo sociale e sostenibilità ambientale abbiamo stilato delle Linee guida”, ha detto van der Ree. “La nostra analisi mostra come la transizione verso le rinnovabili potrà creare 60 milioni di posti di lavoro entro il 2030 a condizione che siano attuate nuove politiche..... 

23 giugno 2016

ISDE Italia si schiera dalla parte del NO alla riforma della Costituzione!

Anche i Medici per l’ambiente (Isde) dicono NO alla controriforma costituzionale

Come per il referendum sulle trivelle, l’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia propone il suo punto di vista su uno dei temi più caldi e dibattuti di questo periodo: la riforma della Costituzione.
Ad Ottobre saremo chiamati ad esprimerci tramite referendum sulle modifiche che il Governo vuole apportare alla nostra Carta Costituzionale.
La posizione di ISDE Italia in merito non è “partitica”, ma rientra nei principi statutari dell’Associazione e nei nostri doveri deontologici.
D’altra parte nessuno è neutrale ma, in tutto quello che facciamo, siamo di parte. Anche la dichiarazione di neutralità è di parte…
Il NO sarà votato anche da illustri costituzionalisti, indipendentemente dalla fede politica.
Dobbiamo pensare alla Costituzione, che va salvaguardata non per appartenenza partitica ma per evitare le ricadute negative su ambiente e salute che la riforma potrebbe provocare. Il voto è per definizione atto libero, ma è dovere di ISDE Italia spiegare le conseguenze delle due differenti scelte.
Molti non seguiranno le indicazioni dei loro partiti/organizzazioni, come i molti affiliati/simpatizzanti ISDE Italia, sulla base delle loro convinzioni personali, potranno discostarsi dal nostro appello ovvero seguirlo.
Per obblighi etici e statutari siamo, però, tenuti ad esprimerci nel merito.
Molte delle principali criticità sanitarie sono state causate negli ultimi due decenni, in varie aree del Paese, da impianti inquinanti identificati come opere strategiche e/o di preminente interesse nazionale mediante lo strumento del decreto legge, espropriando gli enti locali di qualunque possibilità di intervento negli iter decisionali.
Tale tendenza ha generato, soprattutto negli ultimi 
anni, la necessità di frequenti ricorsi alla Corte Costituzionale da parte degli enti locali stessi.
Questa è infatti, in questo momento, l’unica possibilità di difesa contro l’accentramento decisionale esercitato da parte dello Stato, soprattutto per questioni di importante rilevanza ambientale. La riforma costituzionale proposta, in particolare con le modifiche all’art. 117, eliminerebbe di fatto questa possibilità e renderebbe strutturale la supremazia decisionale del Governo.
Il rischio è quello di allargare ulteriormente il divario tra le reali esigenze delle Regioni 
e gli interessi dello Stato, spesso legati a motivazioni lontane dal bene comune delle comunità periferiche, come hanno ad esempio insegnato le vicende di Taranto e lo sfruttamento territoriale della Basilicata.

22 giugno 2016

Frederica Perera :La doppia minaccia dei combustibili fossili per i bambini

Tratto da Greenreport
«Occorre una politica energetica e climatica centrata sui bambini».

La doppia minaccia dei combustibili fossili per i bambini

La salute dei più piccoli in pericolo per inquinamento e cambiamento climatico
[22 giugno 2016]
Combustibili fossili bambini
Frederica P. Perera della Columbia University Mailman School of Public Health, ha pubblicato suEnvironmental Health Perspectives la ricerca “Multiple Threats to Child Health from Fossil Fuel Combustion: Impacts of Air Pollution and Climate Change” che lancia un rinnovato e preoccupato allarme sugli effetti dei combustibili fossili sulla salute dei bambini. Ecco il parere che accompagna lo studio pubblicato su Environmental Health News  con il titolo Opinion: The case for a child-centered energy and climate policy”:
I bambini soffrono di più per la combustione di combustibili fossili.
La combustione di combustibili fossili e l’inquinamento atmosferico associato e l’anidride carbonica (CO2)  sono la causa principale di gran parte delle malattie dei nostri figli e degli odierni problemi di salute dei bambini, così come del loro futuro incertoCi sono forti argomentazioni scientifiche, oltre a quelle economiche convincenti, per ridurre la dipendenza del mondo riguardo all’energia prodotta dalla combustione di combustibili fossili come il carbone, il petrolio, il gasolio e la benzina.
Queste  comprendono i 7 milioni di adulti morti ogni anno attribuiti all’inquinamento atmosferico, la maggior parte di loro per la combustione di combustibili fossili. E’ meno  riconosciuto e passa in gran parte sotto silenzio, il peso enorme per la salute e lo sviluppo dei bambini delle sostanze tossiche nell’aria e dei cambiamenti climatici.
I bambini, i cui corpi e cervelli sono particolarmente vulnerabili ai danneggiamenti mentre si sviluppano nell’utero e nei primi anni di vita, sopportano un onere sproporzionato sia delle malattie da inquinamento atmosferico che dal cambiamento climatico. L’esposizione a sostanze inquinanti tossiche rilasciate durante la combustione di combustibili fossili contribuisce al basso peso alla nascita, a disturbi cognitivi e comportamentali, all’asma e ad altre malattie respiratorie. Il cambiamento climatico è legato agli aumenti di malattie legate al caldo, alla malnutrizione, malattie infettive, traumi fisici, problemi di salute mentale e malattie respiratorie.
Mentre l’inquinamento dell’aria e gli effetti negativi sulla salute dei cambiamenti climatici riguardano tutti noi, sono più dannosi per i bambini, in particolare per lo sviluppo del feto e dei bambini e in particolare quelli a  basso status socio-economico, che hanno spesso le maggiori esposizioni e la minor quantità di protezione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), un terzo dell’ammontare globale delle malattie è causato da fattori ambientali e oltre il 40% di tale onere è a carico bambini al di sotto dei 5 anni. Allo stesso modo, quasi il 90% dell’ammontare globale delle malattie causate dai cambiamenti climatici è a carico dei piccoli abitanti del nostro pianeta, con la maggior parte di quel fardello che ricade sulle persone che vivono in Paesi in via di sviluppo.
I bambini nelle comunità a basso reddito negli Stati Uniti, così come a livello globale, soffrono di più a causa di esposizioni sproporzionatamente elevate a fonti inquinanti, che hanno maggiori probabilità di venire costruite nella zona di quartieri in cui vivono. I poveri hanno anche maggiori probabilità di vivere in aree vulnerabili alla siccità e alle  inondazioni, aggravate dai cambiamenti climatici.
Il danno da tali esposizioni è amplificato da altri fattori legati alla povertà, come la cattiva alimentazione, il sostegno sociale inadeguato e gli stress psico-sociali associati alla povertà e al razzismo. Anche negli Stati Uniti, il Paese più prospero del mondo, il tasso di povertà infantile è di un sorprendente 22%.
Ogni giorno ci rifiutiamo di agire per  risolvere questi problemi. L’inazione perpetua danneggia la salute con gli inquinanti atmosferici tossici e ritarda e riduce la nostra capacità di contrastare le sempre più gravi conseguenze del cambiamento climatico. E porta conseguenze a lungo termine per ogni nuovo bambino che viene concepito.
L’esposizione in utero e nella prima infanzia alle emissioni tossiche, a carestie, inondazioni e altri disastri, non solo aumenta il rischio dei problemi per lo sviluppo neurologico e la salute mentale, l’arresto della crescita, le malattie respiratorie e altri problemi di salute che si manifestano durante l’infanzia e la fanciullezza, ma anche per le malattie cardiache, le malattie polmonari ostruttive croniche e il cancro in età adulta.
Infine, un crescente corpo di evidenze suggerisce che le esposizioni precoci agli  inquinanti atmosferici, la deprivazione nutrizionale e lo stress possono influire sulla salute delle generazioni future, alterando eventualmente la regolazione dei geni coinvolti nei percorsi della malattia.
Le stime dei costi economici sono limitate, ma indicano l’entità dei benefici potenziali dell’azione. Nel 2010, il costo economico delle nascite pretermine attribuibile al particolato nell’aria negli USA è stato stimato in oltre 4 miliardi di dollatri/anno. Il costo monetario stimato degli impatti sulla salute imputabili all’inquinamento atmosferico dalle centrali a carbone esistenti negli USA, nel 2010 ha superato 100 miliardi di dollari all’ anno. L’OMS ha stimato che entro il 2030, il costo globale del cambiamento climatico da decessi e malattie (solo di diarrea, malnutrizione, malaria e stress termico) sarà di 2- 4 miliardi di dollari all’anno.
Non c’è dubbio che ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili potrebbe avere benefici per la salute ed economici molto significativi per i bambini in tutto il mondo, sia immediatamente che nel futuro, migliorando notevolmente la salute e il benessere delle generazioni a venire. Sapendo questo, abbiamo l’imperativo morale di attuare politiche energetiche e climatiche centrate sui bambini, che affrontino l’intera gamma dei fattori di stress fisici e psicosociali a cui i bambini sono sottoposti a causa della combustione dei combustibili fossili.
Non fare tutto il possibile, per proteggerli da pericoli prevenibili è a dir poco abbandonarli. Come loro guardiani e protettori, dobbiamo agire in modo responsabile.

Frederica Perera
Columbia University Mailman School of Public Health e Columbia Center for Children’s Environmental Health

Che aria che tira…INQUINAMENTO ATMOSFERICO, IL KILLER INVISIBILE

Tratto da URCAURCA

INQUINAMENTO ATMOSFERICO, IL KILLER INVISIBILE


Annusiamo l’aria francese. L’aria inquinata dei nostri vicini d’oltralpe è responsabile di 48.000 decessi ogni anno. Una nuova “valutazione quantitativa dell’impatto sulla salute”, pubblicato oggi dall’Istituto francese per la salute pubblica, sottolinea che l’inquinamento atmosferico è un grave problema di salute. Oggi è diventato la terza causa di morte in Francia, dopo il tabacco e l’alcol. La causa del 9% dei decessi annuali in Francia sono le particelle fini con un diametro inferiore a 2,5 micrometri, le famose PM2.5, che penetrano in profondità nel sistema respiratorio e causano molte malattie, togliendo un paio di anni di vita nelle città inquiniate. E tuttavia, “l’impatto delle polveri sottili sulla salute è probabilmente sottostimata”, secondo la dottoressa Sylvia Medina, coordinatrice del programma “Aria e salute”. “Noi utilizziamo nel nostro studio le PM2.5 come tracciante, perché è l’indicatore di inquinamento più studiato in termini di effetti sulla salute, ma l’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di migliaia di sostanze inquinanti che interagiscono”, ricorda la Medina. Realizzato durante il periodo 2007-2008, questa valutazione conferma i dati dell’ultima stima pubblicata nel 2005 dal CAFE (Clean Air For Europe, “Aria pulita per l’Europa”), condotta nel 2000 dalla Commissione europea. Quello studio aveva stimato in 42.000 morti premature l’impatto dell’inquinamento atmosferico in Francia. 
Gli effetti dell’inquinamento sono, ovviamente, più importante nelle aree urbane con oltre 100.000 abitanti. 
E noi? L’Italia segna il record europeo per le morti premature a causa dell’inquinamento da polveri sottili. Secondo il rapporto della AEA (Agenzia europea per l’ambiente) nel 2012 in Italia ci sono state ben 84.000 morti premature (7.000 al mese) causate da polveri sottili, biossido di azoto e ozono. 
Che aria che tira…

21 giugno 2016

Energie rinnovabili, crescono nel mondo: perché non in Italia?

Tratto da Il Fatto Quotidiano

a cura di Mario Agostinelli e Roberto Meregalli

Energie rinnovabili, crescono nel mondo: perché non in Italia?

Nell’indice Recai relativo al 2015 (Renewable Energy Country Attractiveness Index) la produzione delle rinnovabili nel mondo risulta in netta crescita, con una sorprendente eccezione dell’Europa. Nella classifica mondiale solo la “testarda” Germania difende il quinto posto, mentre scivolano in basso Francia (ottava), Regno Unito (tredicesimo), Olanda (diciassettesima), Belgio (ventesimo). L’Italia non scivola perché sprofonda al ventiseiesimo posto (eravamo al quinto nel 2012!).
Nel resto del mondo, invece, il 2015 è stato un nuovo anno record per gli investimenti green329 miliardi di dollari sono stati spesi per rinnovabili ed efficienza energetica. La quota delle rinnovabili, in euro, è stata di 298 miliardi, +26% rispetto al 2014, ed è stata appannaggio soprattutto del fotovoltaico e dell’eolico: 116 i miliardi investiti nel sole, 92 nel vento. È giusto sottolineare che “ciò che è veramente straordinario di questi risultati è che sono stati raggiunti nel momento in cui i prezzi dei combustibili fossili erano ai minimi storici e che le fonti rinnovabili sono rimaste in svantaggio significativo, in termini di sussidi governativi alle fossili” (Citazione di Christine Lins, Segretario esecutivo di REN21).
Concentrandoci sugli investimenti in nuovi impianti, ci sono tre elementi da sottolineare:
– L’Asia risulta il leader indiscusso col 55% degli investimenti;
– L’Africa, quasi irrilevante nel 2008, sta iniziando a muoversi e nel 2015 ha moltiplicato per 10 gli investimenti (salendo al 4% del totale);
- L’Europa, come premesso, conferma di aver perso lo storico ruolo di guida, la sua quota è stata quasi la metà rispetto al 2008.
Gli investimenti europei sono calati da 90 a 64 miliardi di euro; solo Regno Unito, Germania e Francia, con rispettivamente 13, 11 e 5 miliardi di investimenti (oltre il 45% del totale europeo), continuano ad avere piani di sviluppo delle rinnovabili di qualche rilevanza. L’Italia è tornata purtroppo a giocare un ruolomarginale”, dopo aver recitato un ruolo di primo piano nel periodo 2010-2012.
Interessante notare come la crescita delle Fer (Fonti energetiche rinnovabili) vada di pari passo con la creazione di nuovi posti di lavoro; secondo l’agenzia Onu Irena (International Renewable Energy Agency), ci sono 8,1 milioni di persone che lavorano nel settore delle energie rinnovabili, un dato in costante crescita al di fuori dell’Europa, dove invece, negli ultimi due anni, gli occupati sono in calo. Purtroppo l’Europa non sta mostrando lungimiranza nella sua strategia energetica, prigioniera delle grandi lobby energetiche. .......
Più in dettaglio, per l’Italia abbiamo 50,3 gigawatt di potenza installata per fare elettricità; un terzo è costituito da centrali idroelettriche (il 90% c’era già prima del 2008), un terzo di solareun terzo suddiviso fra eolico, biomasse e geotermia. Sono valori di eccellenza a livello mondiale, ma sono il risultato del passato perché, rispetto al 2014, lo scorso anno registriamo un calo produttivo del 9,6%L’andamento è preoccupante ed è confermato dai dati dei primi quattro mesi del 2016 che indicano un ulteriore calo del 6,5% della produzione di energia da fonti rinnovabili...