COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

30 settembre 2008

2008/09/30Posizione ufficiale della European Respiratory Society


RICEVIAMO DAL DOTTOR PAOLO FRANCESCHI ,medico ISDE, e pubblichiamo

Posizione ufficiale della European Respiratory Society
(sito: http://dev.ersnet.org/333-air-quality.htm)
nella discussione in corso nel parlamento Europeo sulla nuova direttiva sulla qualità dell'aria
La Societa’ Europea di Medicina Respiratoria (European Respiratory Society=ERS) e’ in
disaccordo con le posizioni piu’ recenti prese dalla Commissione del Parlamento Europeo e del Consiglio dei Ministri della Unione Europea (UE).
Queste posizioni spostano verso un futuro lontano la protezione della salute pubblica rispetto dall’inquinamento dell’aria da particolato per cui molti paesi pagheranno un grosso contributo in termini di salute pubblica.
Le regole per il particolato in Europa devono riflettere lo stato attuale delle evidenze scientifiche.
Il Valore Limite proposto come media annuale per le polveri fini (PM2.5) e’ inadeguato per proteggere la salute della nostra popolazione e in particolare dei piu’ suscettibili, compresi i neonati, i bambini e coloro che gia’ soffrono di malattie respiratorie. La regolamentazione dei livelli di particolato deve essere vincolata senza nessuna esclusione di polveri “naturale” o di polveri grosse.
Questo scritto riassume il razionale della posizione della ERS e include le piu’ recenti evidenze scientifiche pubblicate negli ultimi mesi o almeno da quando il Parlamento Europeo ha preso in considerazione la sua prima stesura.
La ERS desidera reiterare la propria posizione:
1) I valori limite annuali e giornalieri per il PM10 e per il PM2.5 devono offrire un livello di protezione per tutti, inclusi coloro che sono piu’ vulnerabili, in base alle Linee Guida sulla qualita’ dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (WHO Air Quality Guidelines -WHO 2006)
2) I valori limite e la percentuale di “riduzione dell’esposizione” pianificata per il PM2.5 devono essere legalmente vincolanti
3) Gli standards attuali per il PM10 non devono essere ridotti.
In particolare, occorre sottolineare che ne’ il valore limite di 25 μg/m3 proposto per la media annuale del PM2.5 e ne’ quello proposto come valore limite dal Parlamento Europeo (di 20 μg/m3) sono sufficienti a proteggere la salute pubblica, come indicato dall’OMS. Questo livello e’ stato associato ad effetti dannosi
per la salute molto significativi, come documentato dagli studi condotti in Europa ed altrove.
Questa direttiva avra’ come effetto netto che la maggior parte degli stati membri non saranno piu’ indotti a prendere misure per la riduzione dell’esposizione, perche’ loro attualmente sono gia’ ai valori limiti uguali o inferiori di 20-25 μg/m3 in base ai rilevamenti tecnici guidati della Unione Europea piuttosto che alle azioni locali e regionali che sono invece essenziali per raggiungere i valori limite. Gli standards annuali legalmente vincolanti della media annuale in USA e California sono attualmente di 15 e 12 μg/m3 rispettivamente. Infatti, raggiungere 15 μg/m3 ridurrebbe il rischio di mortalita’ dovuta alla esposizione a lungo termine del 6% rispetto al valore di 25 μg/m3 (OMS-2006).
Le nuove evidenze scientifiche sugli effetti dannosi per la salute della esposizione alle polveri sostengono e rafforzano questa posizione.

Introduzione
E’ conoscenza comune che respirare aria contaminata da sostanze tossiche comporta rischi per la salute degli individui ed produce conseguenze per la salute pubblica. Gli effetti dell’inquinamento dell’aria sono stati osservati anche a concentrazioni molto basse degli inquinanti tossici. Quindi, le recenti Linee Guida dell’ Organizzazione Mondiale della Sanita’ (Air Quality Guidelines WHO-2006) hanno indicato valori che dovrebbero rendere minimi gli effetti sulla salute.
La Societa’ Europea di Medicina Respiratoria crede che l’accesso all’aria pulita sia una necessita’ fondamentale ed un diritto per tutti i cittadini nella Unione Europea. I governi locali, nazionali ed europei hanno la responsabilita’ di assicurare che questo fondamentale diritto dell’individuo sia rispettato e di agire in modo che i valori indicati dall’OMS siano osservati.
Una distribuzione iniqua dei rischi per la salute, associata ad una esposizione differenziata ad aria di bassa qualita’ tra paesi e comunita’, ed tra gruppi di popolazione nella stessa comunita’, e’ una violazione dei principi di base della equita’ ambientale.....omissis

Le nuove evidenze scientifiche
Molti rapporti e studi scientifici sugli effetti sulla salute del particolato sono stati pubblicati nel 2006 e 2007. Questi risultati devono necessariamente essere considerati nella seconda lettura poiche’ rafforzanole affermazioni della ERS sulla relazione causale tra la esposizione a particolato in tutte le aree dell’Europa ad esclusione di quelle piu’ pulite. Un breve riassunto delle evidenze e’ riportato qui di seguito.
Il libro sull’aggiornamento delle Linee Guida dell’OMS, e che fornisce una piena documentazione scientifica di supporto, fu pubblicato nel 2006. Fornisce un pieno supporto scientifico per una politica ed un quadro generale per promulgare gli standards di inquinamento dell’aria sia nel mondo sviluppato che in quello in via di sviluppo. La linee guida sulla qualita’ dell’aria sul lungo periodo per il PM2.5 (valore annuale) e’ stato posto a 10 μg/m3. La linea guida sul lungo periodo per il PM10 e’ stata posta a 20 μg/m3, con la esplicita indicazione che la linea guida per il PM2.5 abbia la precedenza ovunque il PM2.5 costituisca piu’ di meta’ della massa di PM10. L’Organizzazione Mondiale della Sanita’ riconosce che ci
sono anche importanti effetti sul breve periodo dell’inquinamento dell’aria da particolato ed ha raccomandato che in un periodo di 24 ore i limiti superiori di 25 μg/m3 per il PM2.5 e di 50 μg/m3 per il PM10 non vengano superati piu’ di 3 giorni per anno.
La protezione dei bambini, specialmente per la loro salute respiratoria, deve essere considerata una priorita’ nella legislazione dell’Unione Europea. Molti rapporti recenti indicano effetti deleteri attuali dovuti all’inquinamento da traffico tra i neonati ed i bambini nella Unione Europea ed altrove.
Uno studio longitudinale condotto in Olanda, in cui hanno seguito attivamente piu’ di 4000 bambini piccoli mostra che i bambini che vivono in vicinanza a strade ad alto traffico sono a maggior rischio di sviluppare malattie respiratorie come asma, sibili, e infezioni delle orecchie, naso e gola (Brauer et al ,2007). In aggiunta, la vicinanza al traffico e all’aumento di esposizione a PM2.5 e’ stato messo in
relazione alla sensibilizzazione allergica e all’asma in uno studio nazionale di oltre 500 bambini in Francia ( Annesi-Montesano et al 2007). Studi nell’ America Centrale e del Nord hanno trovato effetti deleteri sulla salute dei bambini associati al particolato da traffico . Nello studio sulla salute dei bambini condotto in California, la esposizione ad inquinamento dell’aria facilita l’insorgere di asma (Islam et al,2007) e limita lo sviluppo dei polmoni. In questo studio, i bambini che vivevano entro 500 metri da una autostrada dall’eta’ di 10 anni hanno poi, all’eta’ di 18 anni, un sostanziale deficit nella funzionalita’ dei polmoni se confrontata con i bambini che vivono ad almeno 1500 metri di distanza (Gaudermann et al 2007). Una riduzione della crescita della funzione polmonare correlata ad esposizione a traffico e’ stata anche trovata tra gli scolari a Citta’ del Messico (Rojas-Martinez et al, 2007).
Uno studio condotto in Gran Bretagna ha fornito una importante dimostrazione del ruolo della inalazione di particolato carbonaceo sulla funzione dei polmoni nei bambini. Gli autori usano il contenuto del carbone nei macrofagi delle vie respiratorie come marcatori di esposizione individuale a particolato derivato da combustibile fossile. L’esposizione a PM10 primario era associato ad un aumento di contenuto dei macrofagi respiratori e ogni aumento nel contenuto di carbone nei macrofagi respiratori era associato con una considerevole riduzione nei parametri della funzione del polmone (Kulkarni et al,
2006).
Gli effetti nel breve periodo della esposizione a livelli elevati di PM10 o PM2.5 sono stati di recente osservati su diversi esiti: mortalita’ infantile (Hajat et al 2007), mortalita’ adulta (Ostro et al ,2007), incidenza di ictus (Kettunen et al, 2007) e ammissioni ospedaliere per malattie cardiovascolari,
specialmente nei sottogruppi sensibili di popolazione come i pazienti con diabete e bronchiti polmonari cronico-ostruttive (BPCO) (Peel et al,2007). Uno studio sull’effetto di uno sciopero di 8 mesi dei lavoratori del rame negli USA ha prodotto approssimativamente una diminuzione del 60% nella concentrazione delle particelle di solfato sospeso, e si e’ osservato una rilevante diminuzione di mortalita’
in relazione allo sciopero, indicando che il miglioramento della qualita’ dell’aria produce immediati effetti benefici (Pope et al 2007)
Infine, nuove importanti evidenze si sono cumulate sugli effetti della esposizione a lungo termine al particolato. Un rapporto sulla citta’ di Oslo ha associato la mortalita’ specifica per causa alla esposizione a lungo termine agli inquinanti da traffico (Naess et al ,2007). Un effetto consistente su tutte le cause di
morte e’ stato trovato per entrambi i sessi e gruppi di eta; l’effetto era particolarmente forte per le BPCO.
Lo studio mostra come le persone vulnerabili con BPCO e gli anziani siano piu’ suscettibili all’inquinamento dell’aria a livelli bassi di quanto accada per la popolazione generale. Importanti risultati sono disponibili per l’infarto del miocardio e la sua frequenza (Tponne et al,2007) e la sopravvivenza (
Zanobetti et al,2007) strettamente legata all’esposizione al particolato.
Lo studio piu’ completo ed importante sugli effetti a lungo termine del PM2.5 sul sistema cardiovascolare e’ stato condotto negli USA (Miller ET al,2007). Sono state seguite attivamente dal 1994 al 1998 piu’ di 65.000 donne in menopausa (Women Health Iniziative: Iniziativa sulla Salute delle Donne) e senza una
precedente malattia cardiovascolare, in 36 aree metropolitane degli USA . L’esposizione a PM2.5 e’ stata determinata tramite la stazione di monitoraggio piu’ vicina alla residenza della donna. I livelli di esposizione a PM2.5 variavano tra 3.4 e 28.3 μg/m3, con media di 13.5 μg/m3 . Ogni aumento di 10 μg/m3 di PM2.5 risulta associato ad un aumento del 24% del rischio di un evento cardiovascolare e un aumento
del 76% nel rischio di morire per una malattia cardiovascolare. I risultati suggeriscono in modo forte che la esposizione a lungo termine a particolato fine puo’ accelerare lo sviluppo e la progressione dell’ateroslerosi, come di recente indica uno studio condotto in Germania che misura la calcificazione delle arterie in piu’ di 400 soggetti (Hoffmann et al 2007).
Conclusioni
La direttiva proposta offre una protezione della salute pubblica notevolmente inferiore a standards similari negli Stati Uniti e in altre parti del mondo sviluppato. Anche questi standards sono ancora sopra le linee guida raccomandate dall’OMS. Qualora venissero adottate, gli sforzi necessari per ridurre ulteriormente le esposizioni a inquinamento dell’aria in Europa sarebbero seriamente indeboliti e di conseguenza ne soffrirebbe la salute pubblica. All’interno dell’Europa persisterebbe una grande iniquita’ ambientale tra i paesi del Sud e dell’Est Europeo che subiscono un carico piu’ grande dovuto all’inquinamento dell’aria.
La ERS e’ molto preoccupata che le attuali proposte contribuiranno ad una erosione della credibilita’ dell’EU nella decisa applicazione della legislazione ambientale. La adozione delle attuali proposte fa anche correre il rischio di ridurre fortemente la credibilità della Unione Europea in tutto il mondo su un altro argomento ambientale quale il cambiamento del clima,
Commissione per l’Ambiente e la Salute
European Respiratory Society

29 settembre 2008

2008/09/29 "AMBIENTE: L'INQUINAMENTO FA IL GIRO DEL MONDO IN 3 SETTIMANE"


AMBIENTE: L'INQUINAMENTO FA IL GIRO DEL MONDO IN 3 SETTIMANE

(ANSA) - ROMA, 29 SET - I paesi che inquinano sono tanti, ma l'atmosfera e' una sola. L'inquinamento di una nazione, quindi, viaggia per migliaia di chilometri, arrivando a fare il giro del mondo in sole tre settimane, secondo un rapporto della National academies of sciences apparso sul 'Journal of geographical research'. Gli esperti stimano che una nube di mercurio e ozono, del peso di dieci miliardi di libbre, raggiunge ogni anno l' America partendo dalla Cina. Gli 'aerosol' di sostanze inquinanti 'made in China' hanno un impatto ambientale su scala mondiale, perche', attraverso l'Atlantico, 'sbarcano' anche in Europa. ''L'inquinamento mondiale e' studiato da anni, ma il nuovo interesse degli scienziati e' sempre piu' concentrato a indagare la natura dello smog che viaggia per il pianeta e la sua rapidita' di diffusione'', ha dichiarato Dan Jaffe, professore di scienze ambientali dell'universita' di Washington. Le sostanze inquinanti, infatti, non sono tutte uguali. ''In un certo senso - ha spiegato il professore - l'inquinamento ha le sue 'impronte digitali'. Se con la sabbia, vengono trasportati virus, batteri e funghi, e' dimostrato che il paese di provenienza del particolato e' l'Africa. Se, invece, c'e' del mercurio nella nube di smog, e' l'Asia il responsabile dell'eco-delitto''. Le immagini dai satelliti hanno confermato le teorie degli esperti sulla circolazione dell'inquinamento, mostrando le nubi tossiche che circumnavigano il globo. ''Le conseguenze di questo 'traffico aereo' altamente tossico - ha spiegato Jaffe - e' la riduzione della luce solare, che e' diminuita di addirittura il 10% in alcune zone come Israele, per colpa della riflessione dei raggi solari da parte delle nubi dense di polveri inquinanti''. (ANSA). I80-GU
29/09/2008

2008/09/29 "Loiero: nessuna centrale a carbone a Saline Joniche"


TRATTO DA RINNOVABILI.IT
Catanzaro, 29 agosto 08

Ancora avversioni alle centrali a carbone


Loiero: nessuna centrale a carbone a Saline Joniche

Deciso rifiuto del governatore della progettata centrale a carbone, in questo ben supportato dagli enti locali che vedono l’impianto come un ostacolo allo sviluppo e alla vivibilità della zona.

Il governatore della Calabria, insomma, è stato estremamente netto e deciso, Non ha espresso nemmeno critiche sugli aspetti tecnici e gestionali del progetto della centrale termoelettrica a carbone della potenza a di 2 × 660 MW. “Eventualmente, ha avvertito, “saranno presentate nelle forme e nelle modalità previste dalla normativa vigente”.
Ma per ora il governo sa che il progetto non è coerente con i programmi della Regione e degli enti locali che hanno effettuato una scelta inequivocabile: adottare modelli di sviluppo sostenibili basati sulla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali locali per migliorare la qualità della vita dei residenti e attrarre nuovi flussi di visitatori e turisti nell’area.
“In questo contesto – chiarisce Loiero – la realizzazione di una centrale a carbone nell’area ex Liquichimica costituirebbe di fatto la fine di tali politiche con tutto ciò che ne consegue. Infatti l’impatto negativo degli effetti della centrale a carbone sulla qualità della vita e sull’attrattiva dell’area grecanica sarebbe disastroso, annullando di fatto tutti gli investimenti pubblici e privati realizzati negli ultimi anni in coerenza con le strategie di sviluppo adottate dalle istituzioni e dai soggetti locali”.

27 settembre 2008

2008/09/27 "Sostanze nocive nel latte. A rischio soprattutto i bambini"

TRATTO DA IL TEMPO:IT

Sostanze nocive nel latte. A rischio soprattutto i bambini


Il latte sta diventando un incubo. Anche questo alimento essenziale può essere pericoloso, come dimostrato dal caso della melanina trovata nel latte in polvere cinese. Questa sostanza «arricchisce» il liquido di composti azotati, provocando gravissimi e qualche volta mortali problemi renali nei bambini.

Latte Un «trucco» assai lucroso per le aziende che, aumentando i composti azotati, falsificano le analisi, dalle quali risulta invece la presenza di proteine. L'allarme lanciato in tutto il mondo quindi, non garantisce che il nostro latte sia immune da altri pericoli. L'alimento principe per bambini e anziani, infatti, è stato recentemente oggetto di numerosi tentativi di contraffazione e d'inquinamento, aumentanto i sospetti sulle metodologie di trattamento. Nel 2005 si scoprì che il latte artificiale era contaminato dall'isopropyl thioxanthone, sostanza chimica usata per la grafica nelle confezioni di cartone. Ma sono tanti gli esempi.

E la cosa peggiore è che non si sa quali effetti questi prodotti chimici, possono avere sulla salute umana. Ma l'alterazione può arrivare, oltre che da prodotti chimici, anche da contaminanti di origine ambientale, come i metalli pesanti, o di origine mista (ambientale e umana), come i pesticidi e i policlorobifenili, o ancora derivanti da problemi di conservazione dei foraggi e delle materie prime dei mangimi e potrebbero interessare anche aziende europe.

Per questo esiste una normativa sempre più attenta alla salute dei piccoli che deve essere scrupolosamente rispettata. Recentemente sono stati anche modificati i metodi di misurazione dei policlorobifenili (Pcb) per cui molte aziende sono state messe in mora. Il problema è che esistono duecento sottotipi di pcb e diossine e le analisi attuali ne indagano solo una dozzina. Si tratta comunque di casi limite. Possiamo tranquillamente affermare, almeno per adesso, che grazie a una serie di provvedimenti allo studio o in corso, persino sui contenitori, il rischio di gravissime patologie derivato dal consumo di latte alimentare è irrilevante.

Questo non significa sicurezza al 100% nè che bisogna abbassare la guardia. Secondo un'indagine sperimentale degli ambientalisti sarebbe allarmante la crescita di presenza di diossine e di piombo nel latte vaccino raccolto in prossimità di impianti di incenerimento.
Negli Stati Uniti recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato il rischio derivato dal perclorato, che si trova saltuariamente in alcune zone ed in alcuni tipi di terreno. Il perclorato è un anione (un atomo o una molecola che ha acquistato una carica elettrica negativa, diventando quindi uno ione negativo) naturale ed artificiale connesso comunemente con i sali solidi di ammonio, di potassio e del perclorato del sodio.

Questi sali sono altamente solubili in acqua e possono essere molto mobili in superficie e nelle falde acquifere. Si tratta di una tossina potente che può interessare la tiroide, bloccando la sua capacità di acquisire lo ioduro, nutriente essenziale per la creazione di ormoni tiroidei. Ma sui problemi del latte c'è ancora molto da dire. Basterebbe ricordare che una recente indagine chimica su 42 diversi campioni di latte ha rinvenuto solo nel 12% dei prodotti testati un contenuto di vitamina D nella norma.

Questa vitamina regola il bilancio di calcio dell'organismo, aumentandone il livello nel sangue, attraverso un aumento dell'assorbimento intestinale. La maggior quantità di calcio disponibile viene immagazzinata nel tessuto osseo. Un dato come questo ci deve far riflettere molto sulle qualità ma anche sui rischi di questo alimento essenziale.

24 settembre 2008

2008/09/24Il sonno della ragione


Il sonno della ragione
di Renato Cecchi

FIRENZE. Indicatori, centri di ricerca accreditati, stampa specializzata, le cose che si vedono tutti giorni, se si vogliono vedere - a meno di non ridurre la realtà ad una onirica illusione dove tutto va bene e quel “poco che non va” è colpa dei “comunisti” - ci dicono che gli effetti dei cambiamenti climatici sono ambientalmente catastrofici, socialmente ed economicamente minacciosi.
Più si va avanti, facendo finta di niente, e più il tonfo del risveglio (crisi climatiche già in corso, crisi energetiche che si preparano, finanza globale in crisi verticale, recessione economica già in atto, minacce all’occupazione) sarà traumatico, ma poi verrà una ripresina e tutto verrà dimenticato fino al disastro prossimo venturo.

Per un paese a democrazia debole come l’Italia, i rischi saranno ancora peggiori, e mentre negli Usa si sta tornando sotto nuove forme a un interventismo di stato sempre più ampio e costoso a scapito dei contribuenti, che pagano salato il conto della “illusione” neoliberista (non i pochi nababbi arricchitisi con cifre da capogiro) che imperversava dagli anni ’90 del secolo scorso, in Italia assistiamo al tatcherismo di ritorno della maggioranza (con 30 anni di ritardo) che, come l’analfabetismo, è indice di degrado civile.

Di fronte al cambio radicale delle ragioni di scambio mondiali, della distribuzione internazionale dei capitali, della ricchezza, della ricerca e del lavoro, sarebbe necessario e urgente riattivare una volontà/capacità “pubblica” di trasformare il sistema economico secondo principi che tengano conto del cambiamento climatico dovuto all’economia del carbonio, dei costi ad essa associati, delle enormi disparità sociali, dei costi della finanza “canaglia”.


Ciò significherebbe, prima di tutto, saggiamente (ma chi e dove?), e con minor rischio, ridurre i tassi di crescita in termini di consumi energetici ed emissioni di gas serra attraverso una serie di misure progressive, come standard più rigorosi per i combustibili, un migliore impiego della tecnica, consentire a nuove tecnologie di sostenere un livello più contenuto di domanda energetica. Ridurre le emissioni significa, come propone in termini di azione pubblica consapevole il Libro verde Ue, stabilire obiettivi, prevedere scadenze, fissare limiti per ogni paese, regolare meccanismi del mercato quali le contrattazioni sul carbonio, rendere obbligatorie le riduzioni delle emissioni ed eventualmente penalizzare i paesi inadempienti come si fa in ambito finanziario e di bilancio con il Patto di stabilità.

Per quanto attiene al mercato delle emission trading, occorre colpire comportamenti che tendano ad acquisire diritti di emissione investendo capziosamente risorse in carbon sinks nel III e IV mondo. Questa logica perversa non fa che vanificare lo spirito autentico del Protocollo di Kyoto anche se va detto che il protocollo stesso, nella sua lacunosità, consente distorsioni gravi.

Ciò è tanto più necessario perché il passaggio da una economia energetica ad un’altra, come da legno a carbone e da carbone a petrolio, non può essere assicurata dal solo mercato; il mercato è una istituzione irresponsabile socialmente mentre il tempo di una riconversione che assicuri il cambio di economia senza gravi ripercussioni sociali e politiche e l’abbattimento delle emissioni di carbonio al fine di stabilizzarle, almeno, a oggi entro il 2020, scarseggia. A differenza delle volte precedenti manca una risorsa naturale che sia sfruttabile con livelli tecnologici relativamente “limitati” (come la combustione del petrolio). Al contrario occorrono elevati livelli di ricerca, tecnologie raffinate e ingenti investimenti per la riconversione.

2008/09/24 "Troppe discussioni sull´eolico fanno il gioco di carbone e nucleare"


Tratto da greenreport
Troppe discussioni sull´eolico fanno il gioco di carbone e nucleare
di Claudio Nencini e Maurizio Giacobbe *

PISA. Mentre la crisi finanziaria sta esplodendo, con gravi rischi di esposizione per gli stati, il governo italiano torna a proporre il ritorno ad un nucleare che oltre che vecchio e insicuro è estremamente costoso (per Moody’s il costo del nucleare è di 7.000 $/KW contro i circa 1.200 €/KW dell’eolico) e potrebbe quindi solo aggravare la situazione finanziaria italiana e quella dei contribuenti. Rimandiamo quindi l’ipotesi del nucleare a quando sarà diventato accettabile economicamente e finalmente libero dall’uranio e da altri materiali pericolosi per la salute, l’ambiente e la pace e in via di esaurimento. Intanto la crisi energetica si aggrava, col greggio sopra i 100 $ al barile e ritardano le scelte di innovazione che potrebbero portare vantaggi per la salute, l’economia, l’ambiente e il paesaggio che, sotto la spinta dei cambiamenti climatici, sta mutando in modo preoccupante.

Da parte sua la UE impone agli stati membri di ridurre le emissioni, aumentare l’efficienza e incrementare l’uso delle energie rinnovabili fino al 20% entro il 2020, pena forti multe. Responsabilità e convenienza richiedono decisioni rapide e coerenti per realizzare uno sviluppo sostenibile e una “conservazione attiva” dell’ambiente, con la crescita di efficienza e risparmio energetico, insieme alle rinnovabili.

Ma quanto possono contribuire le rinnovabili in Toscana ? La Regione dice per il 50% del totale elettrico nel 2020, portando la quota dell’eolico a soli 300 MW, molto al di sotto delle sue reali potenzialità.(omissis) Col solo eolico la Toscana potrebbe coprire oltre il 40% dei consumi elettrici previsti nel 2020, con tutte le rinnovabili il 100%. Se per raggiungere questi obbiettivi i grandi impianti eolici sono indispensabili, per aumentare gli utili ai comuni esistono anche altre strade possibili: impianti di proprietà pubblica finanziati da banche fino al 100%, magari di taglia piccola o media, consorzi tra comuni, imprese, cittadini per realizzare impianti eolici (o solari) che possono mantenere il 100% degli utili al territorio e promuoverne la sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Esiste un vero rischio per tutti, quello di attardarsi in discussioni fuorvianti o poco ambientaliste e fare anche involontariamente il gioco di chi vuole nucleare e carbone e perdere ancora una volta l´opportunità di costruire uno sviluppo locale veramente sostenibile, che protegga e utilizzi a pieno le risorse del territorio e affronti le emergenze climatiche, con vantaggi economici e sociali per le comunità.

23 settembre 2008

2008/09/23 Legambiente manifesta contro nuova centrale a carbone a Saline Joniche



Regione : Calabria
Tratto da Adnkronos
Sit-in a Roma, davanti al ministero dello Sviluppo Economico
Legambiente manifesta contro nuova centrale a carbone a Saline Joniche

'"L'impianto non farà altro che aumentare di altri 7,5 milioni di tonnellate le emissioni di Co2 del nostro Paese. E' ora d'investire su tecnologie che siano davvero in grado di rendere sostenibile il sistema energetico dell'Italia''

Roma, 17 set. - (Adnkronos) - Legambiente manifesta a Roma contro il progetto della nuova centrale a carbone di Saline Joniche (Reggio Calabria). Lo fa con un sit-in davanti al ministero dello Sviluppo economico, sede oggi della prima Conferenza dei Servizi per l'autorizzazione e la costruzione dell'impianto. L'associazione rilancia la "sfida" alla societa' Sei per un confronto pubblico sul piano tecnico-scientifico, "finora sempre eluso da parte della societa'", sull'opportunita' ambientale, economica e occupazionale del progetto della centrale. Legambiente, inoltre, invita a rinunciare al carbone per raggiungere gli obiettivi europei contro il riscaldamento globale (il piano europeo '20-20-20').

"Basta con le falsita' - ammonisce l'associazione - Non esiste oggi una tecnologia in grado di abbattere l'anidride carbonica e questa nuova centrale a carbone non fara' altro che aumentare di altri 7,5 milioni di tonnellate le emissioni di Co2 del nostro Paese. E' ora d'investire su tecnologie che siano davvero in grado di rendere sostenibile il sistema energetico dell'Italia''.

''Il progetto presentato dalla Sei - ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani - viene spacciato come eco-compatibile solo perche' prevede potenzialmente un impianto tecnicamente idoneo alla cattura della Co2 per il successivo deposito geologico al largo delle coste ioniche, ma attualmente non esistono garanzie sull'effettiva realizzazione dello stoccaggio che abbasserebbe l'efficienza dell'impianto e aumenterebbe i costi, rendendo il carbone meno competitivo. La strada che l'Italia deve fare per raggiungere gli obiettivi europei del 20-20-20 - ha aggiunto Ciafani - e' lunga e non possiamo piu' permetterci di ricorrere ulteriormente all'utilizzo del carbone''.

Legambiente ricorda infatti che nel 2007 le 12 centrali a carbone attive nel nostro Paese hanno riversato nell'atmosfera 42,5 milioni di tonnellate di Co2 contribuendo al 34% delle emissioni climalteranti del settore elettrico, nonostante sia servito a produrre solo il 16% dell'elettricita'. L'associazione ambientalista e' contraria anche alla localizzazione della centrale, che tra l'altro aggraverebbe l'inquinamento atmosferico locale. ''Per oltre 30 anni in Calabria - ha aggiunto il presidente di Legambiente Calabria, Antonino Morabito - si e' continuato ad investire in opere di grande impatto sull'ambiente e fallimentari sotto il profilo economico invece di valorizzare la naturale vocazione turistica della regione''.

Oltre ai progetti di sviluppo in ambito portuale gia' previsti dagli Enti Locali e, in parte, gia' finanziati, Legambiente ripropone come alternativa al progetto una serie di "precise proposte". Nello stesso settore energetico, secondo gli ambientalisti, si potrebbe puntare efficacemente sull'utilizzo di alcune delle strutture industriali per realizzare una centrale solare termodinamica a concentrazione e un parco tecnologico per le energie rinnovabili che serva come luogo di produzione ma soprattutto di sperimentazione. ''Un'iniziativa simile - conclude Nuccio Barilla' del Direttivo nazionale di Legambiente - darebbe l'opportunita' di un coinvolgimento dei centri di ricerca, delle imprese, Sei inclusa, e delle Universita' con risposte importanti sul terreno dell'eccellenze, della qualita' e dello sviluppo, accompagnate da positive e non effimere ricadute anche in termini occupazionali''........

2008/09/23 "Esiste un diritto all’ambiente?"



Tratto da www.zenit
Esiste un diritto all’ambiente?


ROMA, giovedì, 18 settembre 2008 - Pubblichiamo di seguito l'intervento del professor Ercole Amato, esperto di Economia e docente al Master di Scienze Ambientali dell’Università Europea di Roma.

Uomo e ambiente, un binomio indissolubile.


Finchè esisteranno gli esseri umani su questo pianeta, non è concepibile interessarsi dell’uno tralasciando l’altro, e viceversa.
Ciò è tanto più evidente quanto più si concentra la propria attenzione sulla situazione ambientale delle zone del mondo dove la tutela della condizione umana non si è potuta sviluppare in modo adeguato a quelli che devono essere considerati i livelli minimi di vivibilità umana, dal punto di vista sanitario e sociale, e di salvaguardia delle doti che differenziano l’uomo dagli altri esseri viventi, quali l’attitudine al linguaggio, al pensiero, alla socializzazione evoluta, all’arte, alla cultura.

Lo sviluppo della difesa dell’ambiente non può, pertanto, che passare attraverso lo sviluppo delle condizioni di vita dell’uomo, sia curando i suoi bisogni primari sia garantendo a quest’ultimo le migliori condizioni per poter dare espressione a quella inesauribile fonte di ricchezza e di energia che da sempre è alla base di ogni sviluppo: l’intelligenza umana.
Se, quindi, il livello di attenzione nei confronti dell’ambiente è maggiormente elevato laddove si è maggiormente evoluta la qualità della vita, questo è stato possibile esclusivamente attraverso un lungo ma costante processo durante il quale si è avuto cura innanzitutto di intervenire a risolvere i problemi legati ai fabbisogni primari dell’uomo, a cominciare dall’approvvigionamento alimentare, per procedere, successivamente, a considerare quelle esigenze connesse non più alle necessità della sopravvivenza ma allo sviluppo della sfera sociale, condizione indispensabile per poter riconoscere in un essere vivente lo spirito umano. E’ stata curata la difesa del diritto alla vita, del diritto alla famiglia, del diritto al lavoro, del diritto alla libertà di espressione, del diritto all’uguaglianza, del diritto alla libertà religiosa, ecc.

L’ultimo livello da considerare nella scala dei valori tesa alla realizzazione del benessere dell’uomo è, alla fine, proprio quello al quale la stessa umanità nel corso dei secoli ha attribuito il valore più basso, il significato più strumentale ad ogni sua necessità, ma che con il passare degli anni, con il miglioramento delle condizioni di vita, appare oggi sempre più indispensabile per consentire uno sviluppo equilibrato e duraturo della condizione umana, economica, spirituale e sociale: la difesa del diritto all’ambiente.
Ma che cosa esattamente deve intendersi con tale espressione? Forse il diritto per ogni uomo di sfruttare le risorse naturali per il proprio benessere? Che l’ambiente sia una risorsa economica è fuori di dubbio. Ma di chi è l’ambiente? Chi può arrogarsi il diritto di poter utilizzare tale risorsa, ognuno di noi o pochi tra tutti? Innanzitutto, deve precisarsi che per diritto all’ambiente bisogna intendere il diritto riconoscibile ad ogni uomo di poter vivere in un ambiente idoneo alla propria esistenza. E’ certo che l’ambiente debba rientrare tra quei beni di proprietà comune che, in quanto tali, sono disponibili da tutti ma da nessuno in via esclusiva. Un po’ come le parti comuni di un condominio. Il proprio diritto su una parte del bene diviene esso stesso limite al diritto dell’altro. Ogni essere umano ha diritto all’ambiente in quanto spazio indispensabile alla propria esistenza e, quindi, come tale, sottoposto agli stessi principi di cautela che gli ordinamenti moderni riconoscono alla tutela della proprietà privata. Tuttavia, l’ambiente non può essere trattato come un bene privato individuale proprio per il fatto che di esso ha diritto l’umanità intera per la propria sopravvivenza. Si può considerare, pertanto, un bene di proprietà collettiva, relativamente al quale tutti hanno un diritto di utilizzo ma, al contempo, ognuno può rivendicare la pretesa che esso non venga depauperato, impoverendone il valore economico.

Quale può essere allora il modo per far sì che tale bene possa essere sfruttato senza ledere il diritto altrui? La metodologia di cui trattasi è quella che poggia su principi di cui solo negli ultimi anni si è avuta una compiuta e approfondita valutazione e che ha avuto ampia diffusione a livello sociale con la terminologia di “sostenibilità ambientale”. Rendere sostenibile lo sviluppo significa assicurare la conservazione delle condizioni che hanno reso possibile in un dato momento l’attivazione dei processi evolutivi economici, rendendo quantomeno possibile garantire a ciascuno di giovare delle medesime condizioni ambientali nel momento in cui analoghe attività saranno successivamente poste in essere. Per usare una espressione tecnica, lo sviluppo è sostenibile quando la crescita complessiva del reddito, del patrimonio infrastrutturale e tecnologico, del capitale umano e sociale, mantiene gli input-output di materia ed energia da e verso l’ambiente entro i limiti della capacità portante del pianeta, senza erodere il capitale naturale e deteriorare quelli che chiamiamo servizi ambientali. Fra le iniziative da assumere per il raggiungimento di tale obiettivo, il ruolo principale deve essere assegnato alla lotta all’inquinamento. E’ certo che l’inquinamento dell’ambiente provocato dallo svolgimento di attività umane pregiudica il mantenimento delle condizioni che hanno reso possibile la realizzazione delle stesse attività.

In tale ottica appare inaccettabile che in taluni casi possa essere consentito il depauperamento del valore economico del bene ambiente a seguito di iniziative individuali autorizzate a fronte dell’assolvimento di un corrispettivo versato (ad es. dalle aziende particolarmente inquinanti sotto forma di tasse sulle emissioni). In questi casi ci si pone di fronte a due ipotesi: i comportamenti umani sono oggettivamente rischiosi per l’ambiente e quindi per la salute dell’uomo oppure tale dimostrazione non sussiste. Nella prima eventualità, è impensabile il proseguimento delle attività a rischio anche in presenza di tasse, sanzioni o altri oneri di varia natura, i cui proventi finanziari non sono, oltretutto, quasi mai destinati a compensare i danni prodotti. Esiste in tali casi una vera e propria contraddizione non solo dal punto di vista sanitario o economico, ma, soprattutto, sotto il profilo etico.

Al pari di come viene garantita la proprietà, l’ambiente dovrebbe essere oggetto di una tutela basata esclusivamente su divieti o autorizzazioni a seconda dell’incidenza che una determinazione azione può avere sull’interesse del soggetto titolare del diritto ad usufruire del bene tutelato, in questo caso l’ambiente stesso. In tale contesto, non si può prescindere dall’attuare nel settore una disciplina chiara e rigorosa, in cui siano ben definiti i limiti oltre i quali un certo comportamento è vietato e, quindi, sanzionato, avendo cura di garantire a spese del contravventore il ripristino dello status quo. Viceversa, la stessa disciplina deve assicurare condizioni di operatività certe e ben definite alle attività con impatto ambientale nel caso in cui le stesse possano garantire il rispetto dei limiti fissati dalla legge. Solo in questo modo l’ambiente potrà diventare autentica risorsa per l’uomo, in quanto tale sistema oltre a garantire la crescita economica e la competitività è in grado di assicurare l’accrescimento del capitale umano e sociale garantendo la conservazione di quello naturale.

A questo proposito, il Pontefice Giovanni Paolo II sosteneva che l’ambiente è “casa e risorsa” dell’umanità,
e il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa nei punti 466, 467, 468, ha scritto che “La tutela dell’ambiente costituisce una sfida per l’umanità intera; si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo”. Il Compendio precisa che la responsabilità verso l’ambiente inteso come patrimonio del genere umano è una responsabilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future, e per questo la responsabilità verso l’ambiente deve “trovare una traduzione adeguata a livello giuridico”.

16 settembre 2008

2009/09/17 " La politica con la P Maiuscola si fa ricercando e tutelando la salute e gli interessi dei cittadini"



Tratto da Greenreport.it
16/09/2008 Energia
Il governo vuole centralizzare la competenza sull´energia.


LIVORNO. «Bisogna riportare la competenza esclusiva sull´energia allo Stato centrale». Così il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola nel corso del suo intervento alla tavola rotonda - Energia e prezzi - organizzata dalla Conferenza nazionale di organizzazione della Uil.
«Abbiamo bisogno di tornare indietro - ha detto Scajola - su un errore madornale che il nostro Paese ha fatto. Una riforma costituzionale che ha introdotto la legislazione concorrente tra Regioni e Governo centrale sul tema dell´energia».

Secondo il ministro un problema come quello energetico «non può essere in mano a una Regione» e bisogna «riportare la competenza esclusiva dell´energia allo Stato centrale». Per Scajola questa è la via per superare il problema dei veti che spesso si solleva quando bisogna costruire nuove infrastrutture energetiche.


«La politica con la P maiuscola - ha detto - non si deve occupare del consenso immediato, deve dettare le strategie».


L’esternazione di Scajola arriva proprio quando la Regione Toscana ha annunciato, dopo la prima riunione del tavolo di confronto in materia di energia tra Regione e Province tenutosi a Firenze sabato, che tra i principali compiti che si è dato ci sono quelli di assegnare alle province gli obiettivi per la produzione di energia utilizzando fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica di aziende, edifici pubblici e abitazioni private, semplificare le procedure per cittadini ed imprese, favorendo così la realizzazione di piccoli e medi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, creare un vero e proprio sistema informativo energetico regionale condividendo i dati raccolti e gli obiettivi fissati dalla Regione e dalle dieci province toscane, realizzare il piano regolatore dell´eolico ed armonizzare tra loro gli strumenti di governo del settore energia, cioè i Piani energetici provinciali e quello regionale.

Mentre la Regione è al lavoro per decentralizzare i piani energetici alle province, il governo annuncia di voler centralizzare e l’assessore Anna Rita Bramerini , interpellata nel merito da greenreport, non ci sta: «Trovo assolutamente non in linea con le scelte europee le dichiarazioni del ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola, che prima afferma di voler centralizzare le competenze in materia di energia e poi svela le ragioni della sua uscita: l´obiettivo del Governo è infatti quello di arrivare, entro il 2020 a produrre il 25% dell´energia elettrica attraverso il nucleare, potendo decidere dall´alto e senza ostacoli dove collocare le centrali. Si tratta invece di scelte che non si possono compiere senza coinvolgere gli amministratori locali e i cittadini. Eppure - prosegue - non è delle Regioni la responsabilità di bloccare la realizzazione delle grandi infrastrutture, come in Toscana è dimostrato dalle vicende del rigassificatore e del gasdotto algerino, due casi in cui la Toscana ha raccolto la sfida della diversificazione delle fonti energetiche e di garantire maggiore sicurezza energetica al nostro Paese. L´Unione europea pone agli Stati membri ben altri obiettivi, che non vengono affatto citati dal Ministro ma sono recepiti pienamente in Spagna e Germania, Paesi a cui l´Italia dovrebbe guardare: incrementare del 20% la quantità di energia prodotta attraverso le fonti rinnovabili, riducendo della stessa percentuale sia le emissioni in atmosfera che i consumi».

2008/09/16Vado, piattaforma Maersk: considerazioni di “Uniti per la salute”



Da igv del 17 Gennaio 2008
Vado, piattaforma Maersk: considerazioni di “Uniti per la salute”

Vado Ligure. La realizzazione della piattaforma portuale di Vado Ligure comporterà un traffico giornaliero di circa 700 autocarri per il trasporto container. La previsione preoccupa l’associazione quilianese “Uniti per la salute”, che formula alcune considerazioni: “Qualcuno è in grado di valutare preventivamente l’aumento dell’inquinamento derivante da 700 motori diesel in più che ogni giorno sarebbero in moto sul nostro territorio, già pesantemente gravato da insediamenti industriali? Abbiamo appreso che l’amministrazione comunale di Vado intenderebbe proporre un monitoraggio sulla qualità dell’aria: molto bene, a patto che venga realizzato prima dell’eventuale inizio dei lavori per la piattaforma e che sia condizionante sulla scelta definitiva. Ci pare che il monitoraggio dopo la costruzione della piattaforma sarebbe quanto meno intempestivo: se i risultati fossero, come temiamo, negativi per la qualità dell’aria, cosa si farebbe allora? Si demolirebbe la piattaforma? Si chiuderebbe qualche azienda che già ora scarica in atmosfera, o si direbbe che ormai quello che è fatto è fatto?”
“Noi non siamo per dire dei no a prescindere, ma per dire dei sì a seri programmi che valutino preventivamente gli impatti sul territorio e sulla salute” osservano i responsabili di “Uniti per la salute”, aggiungendo: “Richiediamo quindi prudenza e precauzione alle Ns istituzioni e a tutti coloro che hanno precise responsabilità nella valutazione del futuro impatto ambientale affinché la tutela della salute sia sempre al di sopra del mero interesse economico. Riteniamo che il problema non riguardi solo Vado ma tutto il comprensorio”.

Mentre in altre regioni (vedasi accordo dell'Emilia Romagna sottoriportato ) partono i provvedimenti per ridurre i problemi dell'inquinamento veicolare il nostro territorio verrà invece ulteriomente gravato dalla realizzazione della piattaforma portuale di Vado Ligure che comporterà un sostanziale incremento del traffico giornaliero di autocarri per il trasporto container.

Qualità dell'aria: accordo 2008-2009 Regione-enti locali
Dal 1 ottobre ripartono i provvedimenti contro smog e polveri.
Tratto da ParmaDaily.it
15/09/2008


Stop dal lunedì al venerdì alla circolazione dei veicoli più inquinanti e, da gennaio, blocco totale il giovedì. Ma anche misure a sostegno del trasporto pubblico, dei percorsi ciclabili, dell’intermodalità e del trasporto merci, del rendimento energetico degli edifici.
Ripartono dall’1 ottobre 2008 e fino a tutto il mese di marzo 2009 i provvedimenti per combattere smog e polveri sottili nelle città dell’Emilia-Romagna, previsti dal settimo Accordo per la qualità dell’aria, firmato oggi a Bologna tra Regione, Province e Comuni con più di 50 mila abitanti.
Tra le novità: 5 milioni di euro per finanziare, oltre alla conversione a metano delle auto più inquinanti, anche l’installazione di filtri antiparticolato nei veicoli a motore diesel. A regime inoltre la misura, prevista dal Piano energetico regionale, che introduce la certificazione energetica per gli edifici residenziali.
"L’obiettivo dell’accordo, che risponde a direttive dell’Unione europea sempre più stringenti, è quello di assicurare l’impegno delle amministrazioni locali e l’omogeneità degli interventi per la qualità urbana e la salute dei cittadini",
ha sottolineato l’assessore regionale all’ambiente Lino Zanichelli, che ha ricordato che ora sono una settantina i Comuni emiliano-romagnoli aderenti alle misure anti-smog.
"Grazie agli incentivi per le riconversioni e per i filtri, che da quest’anno estenderemo anche ai diesel e ai veicoli commerciali, agli interventi strutturali realizzati e alle limitazioni del traffico, stiamo portando a casa risultati tangibili. Il solo blocco del giovedì lo scorso anno - ha aggiunto Zanichelli - ci ha permesso di ottenere un calo del 35% dell’inquinamento in Emilia-Romagna e un risparmio di 44,5 tonnellate di pm10".
"Gli accordi per la qualità dell’aria sono uno strumento che è parte integrante della programmazione della Regione e degli enti locali", ha detto l’assessore regionale a mobilità e trasporti Alfredo Peri. "Tra il 2001 e il 2010 abbiamo investito nel settore poco meno di un miliardo di euro, la metà dei quali di risorse regionali, mentre solo nel triennio 2007-2010 le risorse regionali ammontano a 291 milioni di euro: 137 milioni di euro tutti stanziati dalla Regione serviranno per il rinnovo del materiale rotabile e l’acquisto di nuovi treni; per la mobilità sostenibile nei centri urbani e le piste ciclabili si prevedono risorse pari a 110 milioni di euro, di cui 37 regionali; 58 milioni di euro andranno, invece a rinnovare il parco autobus regionale".
Peri ha poi ricordato che entro il 2010 i servizi ferroviari aumenteranno del 10% e entro il 2015 del 50%, mentre il trasporto pubblico locale crescerà del 5% entro il 2010. "E’ chiaro e dimostrato - ha concluso - che, di comune accordo con gli enti locali, siamo riusciti a dare un’impronta significativa sul lato infrastrutturale, i cui risultati si vedranno anche nel medio periodo".
L’accordo 2008-2009 ribadisce sul fronte del traffico le misure dell’anno precedente. ........(OMISSIS)

14 settembre 2008

2008/09/14 L'asma non guarda più l'età si ammalano i cinquantenni.


Risponde il Dottor Paolo Franceschi, Pneumologo

A proposito degli articoli pubblicati su Secolo e La Stampa del 13.9.08 sul recente Congresso Nazionale di Pneumologia di Genova, è doveroso fare alcune puntualizzazioni:
La Parietaria, l’ ulivo, gli animali domestici sono sempre esistiti nel mondo occidentale, anzi, quando la popolazione era prevalentemente rurale l’ esposizione era anche maggiore rispetto ad oggi.

Eppure è negli ultimi decenni che le allergie, specie respiratorie (rinite allergica e asma) sono in continuo e progressivo aumento.
Oggi l’ allergia ai pollini è più frequente nelle città che nelle zone rurali, pur essendo le piante allergeniche più diffuse al di fuori delle città.


In passato l’ allergia colpiva una piccola percentuale di popolazione, prevalentemente infantile, che spesso con il passare degli anni tendeva a guarire dai sintomi in maniera definitiva.

Attualmente invece si assiste ad un aumento dei casi di allergia ed asma a tutte le età.

Non è infrequente visitare nei nostri ambulatori nipote, figlia e nonna che presentano l’ insorgenza dei sintomi asmatici ad età molto diversa: il bimbo intorno ai 6-8 anni, la mamma fra i 35 e 45 anni, la nonna fra i 60 e 70 anni. E’ verosimile che se la nonna avesse vissuto la sua infanzia in condizioni simili a quelle del nipotini, sarebbe diventata asmatica molto prima.

Questa profonda trasformazione epidemiologica dell’ asma trova una spiegazione, accreditata da molteplici recenti ricerche scientifiche, nei mutamenti ambientali che si sono verificati a causa dell’ inquinamento atmosferico. L’ inquinamento non solo accresce la frequenza e la gravità delle manifestazioni allergiche, ma ne aumenta anche l’ incidenza.

Fra i principali responsabili di questo aumento dell’ incidenza di nuovi casi di asma sono : l’ Ozono, gli ossidi di azoto e di zolfo, le polveri sottili, principalmente quelle derivate dalla combustione del carbone e il particolato incombusto dei motori diesel.

In Liguria, a parte Genova con i suoi oltre 600000 abitanti, la principale fonte di questi inquinanti è dato dalle centrali termoelettriche a carbone.

Fare prevenzione dell’ asma e delle malattie allergiche non significa quindi soltanto individuare precocemente gli individui malati e curarli adeguatamente..

Si afferma sull’ articolo del Secolo “Poi è fondamentale la visita in centri specializzati, dove si può confermare la diagnosi e sapere a cosa si è allergici”: in questo modo avremo creato legioni di persone che conducono una vita normale o quasi solo grazie ad un continuo uso di farmaci, taluni anche assai costosi e molto remunerativi per le aziende farmaceutiche che poi finanziano anche i congressi e buona parte della ricerca.

Il primo messaggio che un’ associazione come la World Allergy Organisation, data la sua rilevanza anche politica, è quella di cosa si può fare per evitare questa epidemia di asma, non solo come curarla al meglio presso i propri “centri specializzati”, in un evidente gioco di enfatizzazione di un problema per ottenere più potere al momento della spartizione della torta delle risorse destinate dal Piano Sanitario Nazionale.

Fare prevenzione significa in primo luogo che le società scientifiche facciano pressione sui Governi affinchè predispongano tutti gli accorgimenti per impedire che le persone si ammalino, e quindi, nel caso dell’ asma, e delle altre malattie allegiche, agire sulle cause dell’ inquinamento atmosferico.


Dottor Paolo Franceschi, Pneumologo,
Referente dell’ Associazione Medici per l’ Ambiente (ISDE) di Savona

13 settembre 2008

2008/09/15 Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre


DOCUMENTO CHE SARA’ SOTTOSCRITTO DAI MEDICI
PRESSO GLI ORDINI PROVINCIALI
FNOM CeO – ISDE Italia
Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre
Inquinamento atmosferico urbano, stili di vita e salute
“Per l’ambiente gli uomini sono responsabili, i medici due volte”

Dal momento che i rischi per la salute sono largamente legati al degrado ambientale e ai modelli di vita, i medici devono orientare il loro ruolo professionale e civile per promuovere la salute anche attraverso scelte di tutela ambientale.

La dimostrazione che molti processi patologici trovano una loro eziopatogenesi in cause ambientali, quali l'accumulo di inquinanti nell'aria, nell'acqua, nel suolo e nel cibo, e l'esistenza su scala mondiale di gravi e irreversibili dissesti ambientali, hanno sollecitato una crescente attenzione verso questi temi.

Ambiente degradato, esposizioni occupazionali a sostanze nocive e modelli di vita scorretti sono responsabili del 75% delle patologie e delle cause di morte. Da decenni nei convegni medici si discute di salute, rischi da lavoro, ambiente e inquinamento e i ricercatori si impegnano per evidenziarne le correlazioni.

Queste attività che non vanno certamente sottovalutate, non ci sono comunque sembrate espressione della intera potenzialità dei medici e degli altri professionisti della salute nei confronti della popolazione e dei politici.

Agli specialisti che tutti i giorni verificano, per le loro specifiche competenze, i danni che l'ambiente inquinato determina nella popolazione devono affiancarsi i medici del territorio che possono rappresentare la reale congiunzione tra sistema sanitario, popolazione e mondo scientifico.

Per far ciò è necessario superare le barriere corporative all'interno della categoria, collaborare con le altre figure di tecnici della salute e dell’ambiente, raccordarsi con quei settori professionali che più possono influenzare gli amministratori e la popolazione - in particolare i media, la scuola, il mondo giuridico e quello economico. E’ opportuno sostenere e consigliare le altre categorie professionali e le amministrazioni affinché promuovano politiche di prevenzione e quindi di salvaguardia ambientale, creando consenso intorno a scelte talvolta scomode e impopolari. E’ altresì necessario intervenire nei confronti di soggetti che perseguono iniziative non rispettose della salute e dell'ambiente di vita e di lavoro.

La nozione di responsabilità personale su cui la nostra cultura si è basata per millenni sembra ormai inadeguata. Sorge la necessità di elaborare concezioni nuove che ampliano tale nozione ad una dimensione collettiva.

Questo allargamento di prospettiva coinvolge il medico nella sua funzione sociale: il medico nella attuale società non ha più soltanto una veste nel rapporto individualizzato con il paziente ma un più ampio mandato nei confronti della collettività e della organizzazione sanitaria per gli aspetti di assistenza e di tutela della salute umana inserita nell’ecosistema.


Danno ambientale, ricadute sulla salute ed evidenze


L’inquinamento atmosferico rappresenta un grave problema di sanità pubblica dal momento che l’aria dei nostri centri urbani è resa sempre più irrespirabile dalla presenza di molteplici inquinanti.

Anche le emissioni di gas serra, di origine antropica, sono cresciute e l’effetto serra è certamente una delle cause del cambiamento climatico che ha portato anche nel nostro Paese ad un aumento della temperatura media e a eventi climatici estremi, con la prospettiva di un profondo dissesto dell’ecosistema terrestre e di un avvenire incerto per le future generazioni.

Per la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera – responsabili dei cambiamenti climatici – l’Italia si è impegnata (insieme ad altri 158 paesi nel mondo) a ridurre entro il 2010 l’anidride carbonica in atmosfera del 6.5% mentre in realtà dal 1990 al 2004 si è registrato un aumento dell’11,6%.

Nell’ultimo secolo la temperatura media mondiale è salita di 0,6° e l’aumento previsto entro la fine di questo secolo potrebbe essere fra 1,4° e 5,8°. In Italia l’aumento di temperatura negli ultimi decenni e’ stato leggermente superiore alla media mondiale. Nell’estate 2003, caratterizzata da una forte afa, nel nostro Paese si è osservato rispetto al 2002 un aumento di 2.222 decessi (da 17.493 a 19.715) e nel periodo compreso tra il 16 luglio e il 15 agosto l’incremento è stato del 36% nella popolazione in generale e del 40% tra le persone di 65 anni e oltre (ISS, 2005).

Complessivamente l’inquinamento ambientale urbano è responsabile di effetti nocivi sull’apparato respiratorio e cardiovascolare, di effetti oncogeni e dell’aumento della mortalità generale. I principali studi condotti in Europa ed U.S.A. sulla correlazione fra inquinamento atmosferico e cancro al polmone sono concordi nel valutare che per ogni 10 µg/m3 di PM 2.5 si registra un incremento tra l'8% ed il 14% di neoplasie polmonari. Si ricorda che l'OMS ha stimato la quota di decessi attribuibili a valori di PM10 oltre 20µg/m3 in 13 città italiane con oltre 200.000 abitanti sulla base dei valori di PM10 registrati negli anni 2002-2004.

La stima è di 8220 morti/anno di cui 742 morti/anno per cancro del polmone

Da studi recenti emerge, altresì, che i decessi che si misurano o si stimano come effetto dell’inquinamento atmosferico non sono una semplice anticipazione di eventi che sarebbero comunque accaduti ma rappresentano un effetto netto di una mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli di inquinamento fossero stati inferiori.

E’ noto che i principali determinanti della qualità dell’aria sono la mobilità motorizzata, i sistemi di riscaldamento e le immissioni in atmosfera di sostanze chimiche da insediamenti produttivi e dagli inceneritori. E’ dunque su tutti questi elementi che si deve agire se si vuole migliorare la qualità dell’aria.

Pertanto è solo una scelta contingente quella che come medici abbiamo fatto di richiamare l’attenzione del mondo scientifico in generale e di quello politico su uno di questi determinanti: il traffico veicolare.

Il trasporto motorizzato, come sostiene autorevolmente anche l’OMS, è indubbiamente una delle fonti più importanti di agenti inquinanti pericolosi quali gli ossidi di azoto, il benzene, l’ozono e soprattutto il particolato fine (PM10 e PM 2,5 ) e ultrafine, ossia di dimensioni submicroniche, che producono situazioni di rischio per la salute umana e in particolare per quella dei bambini.(omissis)
Nelle nostre città si stanno già attuando strategie quali il rinnovo del parco veicolare, l’introduzione di filtri per i motori più inquinanti ect., tutti provvedimenti utili ma che non vanno nella direzione di una progressiva riduzione del numero di autoveicoli e dei Km percorsi, perpetuando comunque il fenomeno del traffico.

Proposte operative


Il nuovo codice di deontologia medica ha dedicato un articolo, il numero 5, alla “Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente” che recita “Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva.”
Noi medici siamo i primi osservatori di questi fenomeni in tutte le nostre professionalità:

Come operatori delle Aziende Sanitarie dei Dipartimenti di prevenzione contribuiamo a rilevare la frequenza e distribuzione delle malattie ed osserviamo il progressivo consolidamento dei dati che indicano un aumento delle patologie e della mortalità da inquinamento atmosferico.


Come medici di medicina generale constatiamo direttamente nei nostri ambulatori la diffusione sempre maggiore di patologie tumorali e soprattutto l’abbassamento dell’età di incidenza (K mammari, Linfomi ecc.)

Come pediatri vediamo aggravarsi nei bambini residenti in zone più inquinate o più trafficate patologie come l’asma, il raffreddore primaverile, le bronchiti, le broncopolmoniti e soprattutto i tumori
(in Europa negli ultimi 30 anni si è registrato un incremento dell'1,2 % annuo dei tumori fra 0 e 14 anni e dell'1,4% tra i 14-19 anni)

Come medici specialisti in tutte le branche vediamo il costante aumento delle patologie cronico-degenerative tra cui quelle cardiocircolatorie e respiratorie che rappresentano le cause principali di mortalità e di ricovero o di disturbi nello sviluppo del sistema nervoso centrale legati all’esposizione a un vasto spettro di inquinanti chimici ambientali


Come dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale vediamo le risorse indirizzarsi prevalentemente verso la cura, la riabilitazione e la diagnosi precoce piuttosto che verso la prevenzione primari
Come medici universitari e ricercatori studiamo le correlazioni tra patologie ed ambiente insalubre e le portiamo a conoscenza degli studenti.
.............

2008/09/14 La battaglia contro il carbone negli States


TRATTO DA QUALE ENERGIA.IT


La battaglia contro il carbone negli States


Negli Usa dei 150 progetti di centrali a carbone di cui si parlava 4 anni fa solo 14 stanno procedendo. Il quotidiano The Guadian racconta i risultati degli sforzi di un ampio fronte ambientalista americano, che ora spera nella sconfitta dell'energia prodotta dal carbone anche nel vecchio continente.
Quattro anni fa erano 150 le nuove centrali a carbone che si volevano costruire negli Stati Uniti. Dei 150 impianti progettati ce n’erano alcuni che da soli avevano più emissioni di certi paesi africani. Tutte assieme le centrali avrebbero rilasciato circa un miliardo di tonnellate di CO2 all’anno, più di quanta ne devono ridurre i paesi che hanno firmato il protocollo di Kyoto.
Oggi di quei 150 progetti solo 14 sono in fase di avvio, anche se rimangono al centro di aspre dispute legali. Degli altri 136, metà sono stati abbandonati per strada, sconfitti nei tribunali dagli avvocati ambientalisti o accantonati per motivazioni economiche; gli altri sono ancora bloccati da una vasta opposizione.

Il progetto di una riscossa del carbone negli Stati Uniti, fortemente voluto dal governo Bush e in particolare dal vicepresidente Dick Cheney, che nel 2001 tolse ad hoc le restrizioni chiave in materia di inquinamento - scrive Julienne Jovitt sul Guardian - si è rivelato un boomerang, suscitando come reazione una delle più grandi campagne ambientaliste mai viste negli Usa.
A opporsi al carbone i gruppi ambientalisti storici come il Sierra Club e parte della comunità scientifica come la Union of Concerned Scientists, ma all’interno di un fronte molto vasto che va da una schiera di politici locali alla lobby di cacciatori e pescatori, fino ai leader religiosi degli Stati attraversati dai monti Appalachi, dove la pratica di estrarre il carbone abbattendo parti di montagne (mountaintop removal mining) provoca enormi danni all’ambiente e alle comunità locali.

Alla fine le centrali a carbone sono state sconfitte in almeno 30 dei 50 Stati. Diverse le strategie usate: forti pressioni affinché in certi Stati venissero promulgate leggi contro le emissioni, come in California; l’attacco politico agli ingenti fondi pubblici seminascosti stanziati per il carbone; e, infine, le battaglie in tribunale.
In Florida e Minnesota, ad esempio, si è dimostrato che produrre elettricità da carbone andava contro le leggi statali perché non era il modo più economico per farlo; nel 2007, poi, la Corte Suprema ha incluso anche i gas serra tra le sostanze segnalate nel Clean Air Act, la principale legge Usa contro l’inquinamento atmosferico: una modifica che un tribunale della Georgia ha usato per bloccare una centrale a carbone.
Nel frattempo il lievitare dei costi di acciaio e cemento, l'incremento degli richiesti dalle banche, convinte, anche dalla vasta opposizione della rischiosità, dovuta alle possibili leggi contro le emissioni, di investire nel carbone, hanno fatto la loro parte nel far accantonare molti progetti soprattutto per motivi economici.

A sensibilizzare l’opinione pubblica americana nei confronti del problema del riscaldamento globale e delle emissioni di questa fonte sporca, spiega al Guardian Bruce Nilles, coordinatore nazionale della campagna per il Sierra Club, l’inusuale intensificarsi di eventi meteorologici estremi di questi ultimi anni:
dalle alluvioni nel mid-west, agli incendi in California, fino all’aumento di forza e frequenza dei tornado. Per merito dell’opinione pubblica ora almeno 6 Stati, California, Washington, Oregon, Florida, Idaho e Kansas, hanno indetto una moratoria sulle centrali a carbone.

La campagna ora si concentrerà sugli impianti esistenti e sulle industrie dell'estrazione,per far sì che gli Stati Uniti abbandonino definitivamente il carbone, spiega Nilles e sottolinea l'importanza di una vittoria della battaglia in Europa contro questo combustibile sporco: se si blocca il carbone nel vecchio continente è più probabile che gli organi legislativi Usa diano il loro appoggio ai piani dei candidati presidenziali di ridurre le emissioni e aderire agli accordi internazionali in materia. Se invece l’Europa continua sulla strada del carbone le conseguenze negli Usa e sugli accordi internazionali, dichiara , “saranno disastrose”.

GM

4 settembre 2008

2008/09/14 Le emissioni di una centrale a carbone o di un inceneritore aumentano il rischio di ammalarsi di autismo


RICEVIAMO DAL Dottor GHIRGA MEDICO I.S.D.E di CIVITAVECCHIA E PUBBLICHIAMO

Vivere intorno ad una fonte di emissione di mercurio quale una centrale a carbone o un inceneritore aumenta il rischio di ammalarsi di autismo.

Uno studio recente effettuato dalla University of Texas Health Science Center (San Antonio, Texas, USA) e pubblicato sulla nota rivista Journal Health & Place, ha messo in evidenza la presenza di un rischio statisticamente significativo tra la quantità di mercurio emesso da una fonte industriale d’inquinamento e l’incremento d’incidenza dell’autismo nei bambini che vivono nel territorio circostante.

La parola "autismo" deriva dal greco "autús" che significa "se stesso” e, come malattia o modello particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l’isolamento, l’anestesia affettiva, la scomparsa dell’iniziativa, le difficoltà psico-motorie, il mancato sviluppo del linguaggio.

Accanto a queste espressioni, di per se già disturbanti e fortemente disabilitanti, gli autistici dimostrano un’importante incontinenza emotiva che si espleta con urla, corse afinalistiche, ipercinesie, a volte aggressività, angoscia e terrore.

Avere un figlio affetto da autismo richiede un enorme impegno da parte dei famigliari ed è causa di una grande, costante preoccupazione.

I risultati di questa ricerca coincidono con quelli di numerosi altri studi che confermano l’elevata quantità di mercurio presente nelle piante, negli animali e negli esseri umani che vivono vicino a una fonte di emissione di questo elemento.

Il prezzo che i bambini pagano è sicuramente il più alto. Infatti, l’esposizione anche a dosi estremamente basse di numerosi inquinanti quali il mercurio, quando avviene durante quel periodo critico di formazione e sviluppo del sistema nervoso, in soggetti geneticamente predisposti, può aumentare il rischio di gravi patologie quali l’autismo.


La combustione del carbone è una delle cause più importanti di emissione nell’ambiente di mercurio; il carbone può contenere fino a 150 volte la quantità di mercurio presente nell’olio combustibile (Ambient Air Pollution by Mercury (HG). Position Paper. European Communities, 2001).

Gli autori dello studio hanno esaminato i dati di emissione di 39 centrali a carbone e di altre 56 sorgenti industriali presenti in Texas e li hanno messi a confronto con l’incidenza dell’autismo nei bambini che frequentavano 1.040 distretti scolastici.

I risultati sono stati molto chiari. Vivere intorno ad una fonte di emissione di mercurio quale una centrale a carbone o un inceneritore, aumenta in modo statisticamente significativo il rischio di ammalarsi di autismo. L’aumento d’incidenza della malattia ha mostrato una riduzione dell’1-2 % per ogni 16 chilometri di distanza dalla fonte stessa.

Parte del mercurio emesso nell’ambiente si deposita al suolo e, in seguito all’azione di alcuni batteri, viene trasformato in metilmercurio, una forma estremamente tossica. La contaminazione degli ecosistemi acquatici ne comporta il suo accumulo nel tessuto dei pesci e il suo ingresso nella catena alimentare.


In Inghilterra, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada e Australia, a causa di livelli elevati di metilmercurio nel pesce, allo scopo di proteggere la popolazione più a rischio (bambini e donne durante la gravidanza), viene consigliato di non mangiare o limitare l’assunzione di quei tipi di pesce nei cui tessuti è stata trovata una dose pericolosa di mercurio (Chief Medical Officier Urgent Comunication: Food Standard Agency: 14 May 2002).

Mentre l’esposizione al mercurio attraverso il consumo di pesce è ben documentata, si conosce molto poco su altre forme di esposizione quali l’aria e l’acqua potabile.

L’agenzia degli Stati Uniti per la Protezione dell’Ambiente (EPA) stima che di 158 milioni di tonnellate annue di mercurio emesse, il 33 % proviene dalla combustione del carbone e il 29 % dalla combustione dei rifiuti.

A conferma, inoltre, delle giuste preoccupazioni dei cittadini che lottano contro l’uso del carbone nella centrale di Civitavecchia, nel decreto del governo di Valutazione dell’Impatto Ambientale (V.I.A.) della centrale stessa si legge:

“Si esprime perplessità riguardo al fatto che le emissioni di mercurio possano essere effettivamente contenute nel valore dichiarato di 0.8 microgr/Nm3”
(pag. 18, riga 16)

“Con la centrale a carbone ci sarà un aumento del 50 % delle emissioni di mercurio”
(pag. 39, riga 26 - relazione istruttoria)

L’aumento delle emissioni di mercurio contrasta con l’EU Legislation and Policy Relating to Mercury and its compounds, Working document, March 2004, 1.1. Regulatory area: Main rilevant Provision. In questo documento si afferma, infatti, la forte volontà della Commissione Europea di ridurre l’inquinamento da mercurio presente nell’aria, nell’acqua e nel terreno, al fine di ottenere un alto livello di protezione per la popolazione.

Non è possibile valutare la quantità di mercurio che verrà emessa nell’aria in forma ossidata e in forma elementare. La prima porrà un rischio d’inquinamento da mercurio per le popolazioni che risiedono in un raggio di centinaia di km dalla centrale a carbone; le emissioni di mercurio in forma elementare causeranno invece un danno su scala mondiale
(U.S. Department of Energy National Energy Technology Laboratory – Five Year Research Plan on Fine Particulate Matter in the Atmosphere. FY2001-FY2005.8, pag. 27).

Dr. Giovanni Ghirga
Portavoce per il Lazio del
Coordinamento Nazionale dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute

12 settembre 2008

2008/09/14 Parlare oggi di energia Uomo informato = uomo partecipe



TRATTO DA EDILIZIA 2000.it
12/09/2008
Parlare oggi di energia
Uomo informato = uomo partecipe


Storicamente, è risaputo, come già nell'architettura greca non fosse sconosciuta l'arte di progettare ed orientare le case in modo da usufruire del calore naturale riveniente dal sole.
Scavi archeologici eseguiti presso le originarie città di Olinto e Priene hanno evidenziato questa peculiarità delle antiche abitazioni.

Ma nell'epoca moderna si è dovuto attendere la crisi energetica del 1973, ed il relativo embargo petrolifero, per far sì che ci si interessasse al contenimento dei consumi energetici e quindi anche al possibile utilizzo dell'energia solare.

Oggi la inevitabile riduzione dei combustibili fossili fa guardare con accresciuto interese all'utilizzo di fonti energetiche alternative.

I paesi industrializzati si rendono conto di dover modificare le proprie politiche energetiche e si indirizzano prevalentemente verso una sensibilizzazione al risparmio energetico e verso l'energia solare, perché inesauribile e a garanzia di una minore dipendenza da nazioni estere.

Già dal 30 aprile 1976 la legge italiana n.373 recava norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici, e nel 1978 la nostra legislazione prevedeva già la installazione di impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda alimentati da fonti energetiche non tradizionali (vedasi l'art. 56 della Legge n. 457/78).

Tra gli altri provvedimenti legislativi vanno ricordati:
- Decreto legge 31 gennaio 1981 n.12, convertito in legge il 1° aprile 1981 col n.105;
- Disp. 22 ottobre 1981, Approvazione Ministeriale del Piano Energetico Nazionale;
- Legge 29 maggio 1982 n. 308;
- Legge 18 novembre 1983 n.645, recante disposizioni per l’esercizio degli impianti di riscaldamento;
- Rifinanziamento della Legge 308/82 con il D.L. 31 agosto 1987 n.364, recante misure urgenti per il finanziamento delle iniziative di risparmio energetico.

Ma negli anni '80 si assiste in Italia anche alla nascita di una marcata sensibilità verso una emergenza ecologica, che culmina con il gravissimo incidente della Centrale nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 e con il drammatico abbandono della ricerca scientifica sul nucleare a seguito del risultato del referendum popolare del novembre 1987.

Cosicché si torna a parlare oggi di utilizzo di energia solare, ma anche di energia eolica e geotermica, in quanto energie pulite a carattere ecologico
(omissis)

E' ovvio ricordare che ciò avviene anche in considerazione di un'accresciuta consapevolezza dell'emergenza ambientale, che porta a ridimensionare notevolmente l'utilizzo di impianti di produzione di energia a combustibili fossili, quali ad es. il carbone, che immettono nell'ambiente una pluralità di sostanze inquinanti (anidride solforosa, ossidi di azoto, particolati,ecc.).

Oggi l'obiettivo diventa quello di favorire la più ampia diffusione delle energie pulite e rinnovabili.


E parlando di tipologie energetiche derivanti dal sole si distinguono varie possibilità che vanno dalla cosiddetta Architettura solare passiva alla semplice conversione della luce per la produzione di energia termica (prevalentemente con produzione di acqua calda), dalle centrali solari con specchi di riflessione all'utilizzo di celle al silicio per la produzione di energia fotovoltaica.

Ci si è accorti però, negli ultimi anni trascorsi, che risulta vantaggioso favorire una produzione di energia in forma non centralizzata e quanto più diffusa sul territorio, facendo coincidere luogo di produzione con luogo di fruizione dell'energia stessa.

In tal modo si ridistribuisce il carico economico sui cittadini ma li si rende soggetti attivi sensibili ed autosufficienti delle scelte e della produzione di energia da utilizzare.

E questo spiega come le politiche governative ormai vadano a sostegno del contenimento dei consumi energetici e a favore dell'uso di fonti alternative mediante la concessione di incentivi finanziari quali sgravi fiscali, contributi a tasso zero o mutui agevolati.

Oggi viviamo in una società dell'informazione, pur tuttavia, senza illuderci che ciò sia sintomo di conoscenza, è certo che i cittadini siano abbondantemente informati per poter prendere le dovute decisioni in merito al proprio vivere futuro: non basta più pensare all'oggi, è indispensabile avere una visione proiettata verso le generazioni che ci seguiranno, per poter lasciar loro un ambiente ancora sano e vivibile.

Arch. Lorenzo Margiotta

2008/09/14 Dissenti?Allora ti denuncio!



RICEVIAMO Da Nocoketarquinia e pubblichiamo

Dissenti?Allora ti denuncio!
nuovo video su www.nocoketarquinia.splinder.com


Una realtà nascosta purtroppo come tante verità della nostra Italia.Ci vogliono etichettare come ambientalisti ottusi,facinorosi,falangi estremiste ma la verità che siamo cittadini responsabili che vogliamo bene al Mondo....nulla di più!

Gli abitanti di Tarquinia denunciati dall'amministrazione comunale dopo una civile protesta attuata durante il consiglio comunale
del 13 agosto per tutelare la salute e le imprese locali, per non morire di tumore a causa delle centrali a carbone.
In quell’occasione, la maggioranza di centro-sinistra che guida il Comune, deliberò la piena delega al Sindaco ad accettare le “compensazioni” economiche dell’Enel, a risarcimento del gravissimo inquinamento che provocherà la centrale di Civitavecchia alimentata a carbone.

Nel frattempo altri cinque cittadini sono stati denunciati dall''amministrazione di Tarquinia per aver contestatato verbalmente e pacificamente l'ambigua scelta del Comune di scendere a patti con l'ente energetico (omissis).Ricordiamo ancora una volta che siamo cittadini responsabili che per più di 50 anni abbiamo dato un grosso contributo energetico alla Nazione e stiamo continuando a farlo producendo attualmente 5000 mw.Per questo non vogliamo assolutamente che ci si dica di non voler nulla nel nostro giardino.

Il nostro giardino è stracolmo ed è stanco!



"Il sindaco non tutela le aziende agricole e turistiche e sceglie il carbone, questo emerge dai tanti comunicati del comune di Tarquinia che sceglie la polemica piuttosto che rispondere ai temi concreti che riguardano la riconversione a carbone di Civitavecchia, come quello legato all’economia. Per onorare la verità, bisogna però fare chiarezza su un tema che il nostro sindaco usa fin troppo spesso, su cui vorrebbe ricadesse una sorta di ruolo rassicurante: il “monitoraggio” . Il sindaco di una città ha il potere ed il dovere di fermare la centrale di TVN. Ma scegliendo di prendere i soldi sporchi del carbone, è evidente che Il sindaco del comune di Tarquinia non ha scelto la tutela del territorio:rimane da una parte a guardare il monitoraggio ambientale,che per legge compete agli istituti regionali e nazionali.Un sindaco dovrebbe tutelare i cittadini e la loro economia, piuttosto spieghi meglio la relazione che c’è tra il ruolo tecnico del monitoraggio e i soldi che intende incassare dall’accordo con Enel. Spieghi poi per quale motivo prende i soldi da Enel per un ruolo istituzionale che non gli compete, il monitoraggio, magari con le centraline acquistate proprio dall’ente elettrico che si fa controllare dallo stesso sindaco che accetta i suoi soldi. Per favore! Non siamo stupidi come lei vorrebbe.Infatti nella delibera del 13 Agosto il sindaco non è stato delegato dal consiglio comunale per fare il monitoraggio, ma per prendere i soldi da Enel, non si può mistificare la realtà fino a questo punto. Il sindaco di Tarquinia poteva scegliere di stare dalla parte dei cittadini e dell’economia del nostro territorio, ha scelto di stare dalla parte di Enel, dalla parte di chi prende i soldi e non gli resta altro che “monitorare”!.
Le aziende che insistono sul territorio coinvolto dalle ricadute dell’utilizzo del carbone non staranno a guardare il proprio tracollo economico e si organizzano senza il proprio sindaco.
Quindi il comune invece di polemizzare su due parole gridate in consiglio comunale ed arrivare addirittura a denunciare i suoi stessi elettori dovrebbe dire come salvare l'economia, l’agricoltura fiorente, la storia millenaria di questa meravigliosa cittadina che ha radici profonde nella storia ricca di tesori archeologici di valore inestimabile.
Le due imprenditrici denunciate hanno ricevuto fiumi di messaggi di solidarietà, questo per tutti noi è lo stimolo giusto per continuare a lottare contro il carbone e contro tutti coloro che lo sostengono, sindaco compreso." Comitato Tarquinia No Coke

2008/09/12 Quanto costa all´Italia sottovalutare la questione energetica e climatica


TRATTO DA GREENREPORT.IT
11/09/2008 Energia


Quanto costa all´Italia sottovalutare la questione energetica e climatica
font-weight: di Lucia Venturi

LIVORNO. Onorare gli impegni assunti dal vertice dei capi e di governo dell’Unione europea a 25, nel marzo 2007, ovvero ridurre entro il 2020 il 20% dei consumi elettrici, aumentare del 20% l’efficienza energetica e il ricorso alle energie rinnovabili, costerebbe al nostro paese 23 miliardi di euro l’anno tra il 2013 e il 2020. Un totale di 161 miliardi.

I conti li ha fatti il centro studi dell’energia di Bologna, il Rie e sembrano in linea con quelli fatti dal ministero dello Sviluppo. Queste cifre saranno alla base della posizione italiana al Consiglio europeo dei ministri programmato a metà ottobre, per decidere come portare avanti la direttiva.

L’applicazione dello schema 20-20-20, porterebbe secondo le stime dell’Ue ad incidere per lo 0,6% del pil europeo e ad un contributo all’abbassamento delle emissioni globali di anidride carbonica dello 0,3 %, ma permetterebbe all’Europa di avere un ruolo più inciso nella trattativa delle misure previste per gli accordi di Kyoto 2012 che si apriranno a Copenaghen nel dicembre 2009.
Cifre che hanno fatto assumere un atteggiamento cautelativo all’attuale governo che prima di aderire in maniera incondizionata agli impegni vuole verificare quanto costerebbe al nostro paese.

Le valutazioni aggiornate fatte dal ministero dell’Ambiente e riportate oggi da un articolo sul Sole 24 ore, stimano un costo complessivo «di 50 miliardi di euro per lo sviluppo delle risorse rinnovabili e per la riduzione dell’intensità energetica non inferiore a 120 miliardi di euro. Ovvero un costo annuale non inferiore a 15 miliardi di euro l’anno di oneri addizionali per l’Italia nel periodo 2013-2020». Somme cui vanno aggiunti i costi necessari per l’acquisto dei crediti e dei permessi di emissione per rispettare gli obiettivi di riduzione di Co2.

Vale la pena ricordare che l´Italia si è impegnata, nell’aderire al protocollo di Kyoto, per una riduzione delle emissioni di Co2 (tra il 2008 e il 2012) del 6,5% e che, rispetto ai calcoli più recenti, riferiti al marzo 2006, registra emissioni del 9,9% superiori al 1990, ovvero anziché ridurre le proprie emissioni le ha aumentate.
E vale anche la pena sottolineare che il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto costa ogni giorno al nostro paese, dal 1° gennaio 2008, 4.111.000 € (47,6 € al secondo).

Uno sguardo al contatore che gira nel sito internet del Kyoto Club e che visualizza in tempo reale la crescita di questo debito, porta oggi la cifra a oltre 1 miliardo e 46 milioni, che diventeranno 1,5 miliardi alla fine dell’anno.
Costi che andranno aggiunti anche questi, agli oneri da sostenere per mantenere gli impegni futuri.

Un’emergenza pesante in termini economici, di immagine e di mancate opportunità.
Paghiamo dieci anni di sottovalutazione del problema climatico e di una notevole superficialità rispetto all´entrata in vigore degli accordi previsti con il protocollo di Kyoto.
Ma quanto avrebbe giovato al nostro paese in termini economici ed occupazionali avere avviato invece politiche tese all’efficienza e al risparmio energetico e allo sviluppo di fonti rinnovabili, non solo come produzione energetica ma come avvio di una filiera tecnologico- industriale innovativa? Difficile dirlo in maniera complessiva, ma già il fatto che una azienda come la Stmicroelettronic abbia ridotto a parità di produzione del 5% annuo i consumi energetici in un decennio (1994-2006), risparmiando per questo una cifra pari a 200 milioni di dollari, come ricorda l’ex manager della St Pasquale Pistorio, la dice lunga su quale sia la strada più conveniente.

Certo è che a parte alcuni casi virtuosi, il nostro paese ha avuto una bassa crescita dell’efficienza energetica nell’ultimo decennio, a fronte invece di un costante miglioramento su scala europea, come si evidenzia nel rapporto Ambiente Italia 2008. Mentre è cresciuto di oltre il 15% il consumo interno lordo di energia con una quota di utilizzo dei combustibili fossili ferma attorno al 93-95% . Con il dato della crescita delle fonti rinnovabili, che seppur positivo, rimane ancora marginale.

Settori dove quindi esistono ampi margini di miglioramento e che potrebbero aiutare anche a far uscire il nostro paese dalla crisi economica