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31 ottobre 2016

MAMME.IT :"1 BAMBINO SU 7 RISCHIA DANNI CEREBRALI A CAUSA DELL'INQUINAMENTO AMBIENTALE"

1 BAMBINO SU 7 RISCHIA DANNI CEREBRALI A CAUSA DELL'INQUINAMENTO AMBIENTALE

Tratto da mamme.it
L’allarme che lancia l’Unicef è un dato spaventoso: un bambino su 7 vive in un luogo in cui l’aria inquinata supera di sei volte gli standard internazionali.

I dati preoccupanti dell’Unicef

In attesa della Cop22, la conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, che quest’anno si terrà dal 7 al 18 novembre in Marocco, scopriamo che circa trecentomilioni di bambini in tutto il mondo vivono in condizioni di pericolo ambientale.

I danni dell'inquinamento per i bambini

Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef, spiega il pericolo che corre il nostro pianeta e i nostri bambini.
L’inquinamento atmosferico contribuisce in modo significativo alla mortalità di circa 600 mila bambini sotto i 5 anni ogni anno – spiega Lake -  e minaccia la vita e il futuro di milioni di altri.”
“L’inquinamento non danneggia solo i polmoni dei bambini – prosegue - ma può anche attraversare la barriera protettiva del cervello e danneggiare in modo permanente lo sviluppo cerebrale e il loro futuro. Nessuna società si può permettere di ignorare l’inquinamento atmosferico.”
Leggi anche su Il Fatto Quotidiano
In 'Clear the Air for Children' l'associazione ha stimato che sono oltre 300 milioni i piccoli che vivono in aree con i più alti livelli di inquinamento esterno, 6 o 7 volte maggiori rispetto alle linee guida internazionali dettate dall’Organizzazione mondiale della Sanità .Leggi tutto 

.....Centrali elettriche sotto accusa dell’EEA

Tratto da AmbienteBio

Effetto serra: centrali elettriche sotto accusa dell’EEA

By  on 31 ottobre 2016

Per quanto tempo ancora useremo centrali elettriche a carbone?

E'ora di dire addio alle centrali elettriche. Producono un terzo dell’attuale inquinamento atmosferico. Secondo l’EEA è tempo di scegliere energia sostenibile per un’aria più pulita.

Le centrali elettriche producono il 30% dei gas serra emessi dall’uomoPer l’EEA, l’Agenzia Europe per l’ambiente, non ci sono alternative. Gli stati europei devono aumentare il proprio impegno e investire in tecnologie pulite. Altrimenti non si riuscirà a raggiungere l’obiettivo posto nel 2009 di ridurre le emissioni di gas serra dell’80-95% entro il 2050.

Il settore energetico europeo dipende da carbon fossile e centrali elettriche

Siamo ancora troppo dipendenti dal carbon fossile. Infatti circa il 50% dell’energia è prodotta proprio grazie ai combustibili fossili. Se si vuole davvero impattare sull’inquinamento atmosferico e dare una sferzata all’effetto serra, è necessario un cambiamento immediato nella composizione del settore energetico. Secondo l’EEA bisogna «cogliere l’opportunità di “decarbonizzare” il settore della produzione di energia, sostituendo, ove possibile, le centrali a carbone invecchiate e alla fine del ciclo di vita con fonti di energia rinnovabili, tra oggi e il 2030».
Passi in avanti sono stati fatti, ma l’EEA sottolinea la necessità di una maggiore coerenza delle scelte politiche dei singoli stati e gli obiettivi di lungo periodo posti in ambito di sostenibilità ambientale. Infatti, secondo il rapporto, «questi obiettivi posso essere realizzati solo se la capacità del combustibile fossile diminuisce progressivamente entro questo decennio». Basta rimandare dunque. Bisogna cambiare ora le scelte in ambito energetico. Il rapporto sottolinea la tendenza a ristrutturare le esistenti centrali elettriche, quando piuttosto bisognerebbe sostituirle progressivamente con altre fonti di energia sostenibile. Infatti per soddisfare gli obiettivi di riduzione dei gas serra, dovranno necessariamente ridurre la loro attività.

L’Europa deve velocizzare il passo verso le energie pulite

Il direttore dell’Eea, Hans Bruyninckx si esprime fiducioso per i progressi fatti finora, ma molto ancora è necessario fare. «L’Europa sta ora producendo quattro volte più energia eolica e 70 volte più energia solare che nel 2005. Questa è una buona notizia, ma è necessaria anche una chiara e lungimirante strategia di investimento in tutto il settore dell’energia da combustibili fossili per vincere la nostra sfida a lungo termine e per tagliare le emissioni di CO2. L’Europa si impegna a decarbonizzare la sua economia in modo che non possiamo permetterci di legare i nostri investimenti alle tecnologie ad alta intensità di emissioni. Investire nelle fonti rinnovabili e nell’efficienza energetica offre il miglior ritorno per i nostri soldi».

La risposta della Commissione europea sul futuro climatico

Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione europea e responsabile dell’energia, si è espresso in modo favorevole sul rapporto realizzato dall’EEA, perché offre degli spunti di riflessione e discussione importanti circa il nostro futuro climatico. «È infatti indispensabile che i nuovi investimenti che saranno fatti nei prossimi anni vadano piuttosto verso le energie pulite come le rinnovabili, e non si traducano in un carbon lock dei combustibili fossili che non possiamo avere nel nostro sistema energetico futuro. L’accordo della COP21, negoziato lo scorso anno, è stato ratificato da un numero sufficiente di Paesi per poter entrare in vigore e dare all’Europa una possibilità per dare l’esempio e diventare il leader globale per l’efficienza energetica».

30 ottobre 2016

30 ottobre, Bruxelles: va in scena la firma del CETA.Ma non è ancora detta l’ultima parola.


Tratto da Stop-ttip

30 ottobre, Bruxelles: va in scena la firma del CETA

In netto ritardo sulla tabella di marcia per un guasto all’aereo che lo stava portando in Europa, il Primo ministro canadese Trudeau è atterrato a Bruxelles per porre la sua firma sotto il testo del CETA (qui la pagina dello streaming per seguire la cerimonia della firma).
Il colpo di coda, tanto temuto, è arrivato nonostante la coraggiosa opposizione della Vallonia, che è riuscita comunque a ottenere qualcosa malgrado l’assordante silenzio degli altri Paesi membri (Italia in primis).
Ma non è ancora detta l’ultima parola.
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Grazie alla forte pressione dei movimenti sociali e delle Campagne Stop TTIP/CETA, alcuni Governi europei e la Commissione Europea sono stati indotti a definire il CETA “accordo misto”, quindi con necessaria ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Un grande risultato per la società civile europea e canadese, che rischiava di vedersi approvato un trattato così controverso e con competenze anche nazionali con la sola ratifica del Parlamento Europeo.
La firma di oggi è un dato di realtà, ma per l’approvazione definitiva ci vorrà il voto favorevole delle assemblee elettive di tutti i Paesi europei, Italia in primis.
Per questo il 5 novembre ci mobiliteremo in diverse città italiane: per chiedere un dibattito pubblico e parlamentare sul CETA, per chiedere che non venga approvata l’applicazione provvisoria che consentirebbe all’accordo di entrare in vigore anche prima delle ratifiche. Per chiedere, come campagna Stop TTIP, che il nostro Parlamento NON ratifichi l’accordo.
C’è bisogno di un’ulteriore spinta dal basso, per evitare che scelte come quella che ha portato alla firma di oggi possa concludersi con conseguenze ancor più pesanti per i lavoratori e le nostre lavoratrici, i mercati locali, i piccoli produttori e le piccole e medie imprese
Oggi, come il prossimo 5 novembre, diremo #StopTTIP e #StopCETA. Per una politica economica e commerciale diversa.
#5nov #StopCETAday: il video da diffondere

Oggi nuova forte scossa di Terremoto nel Centro Italia: magnitudo 6.5

Tratto da Tgcom24

Nuova forte scossa di Terremoto nel Centro Italia: magnitudo 6.5

Il sisma, registrato a una profondità di 10 km, ha avuto epicentro tra Norcia, Preci, Castelsantangelo sul Nera e Visso.

Nuova forte scossa di terremoto nel Centro Italia: magnitudo 6.5
Ancora una violenta scossa di terremoto ha colpito il Centro Italia. Il sisma, di magnitudo 6.5, ha avuto epicentro tra Norcia, Preci, Castelsantangelo sul Nera e Visso. Il terremoto è stato registrato dall'Ingv a 10 chilometri di profondità. La scossa è stata molto lunga, ci sono stati numerosi crolli. Gente in strada. In corso le verifiche dei vigili del fuoco.Leggi tutto qui

28 ottobre 2016

Ilva: danni a salute, in 207 ricorrono a Corte europea diritti uomo.E' il terzo ricorso .....









Ilva: danni a salute, in 207 ricorrono a Corte europea diritti uomo

È il terzo ricorso presentato da cittadini residenti a Taranto

Ilva: danni a salute, in 207 ricorrono a Corte europea diritti uomo
“Gravi pregiudizi causati alla vita e alla salute degli stessi dal persistente inquinamento prodotto dal complesso dell'Ilva". Per questo 207 cittadini residenti a Taranto hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (Cedu). A renderlo noto è stato l’avvocato Anton Giulio Lana, presidente dell'Unione forense per la tutela dei diritti umani e legale dei ricorrenti.
È il terzo ricorso alla Cedu presentato da cittadini residenti a Taranto. Lana precisa che i ricorrenti "hanno tutti contratto patologie a causa delle emissioni nocive provenienti dall'impianto siderurgico. In particolare, il gruppo di cittadini residenti di Taranto lamenta la violazione, da parte del governo italiano, degli obblighi di protezione della vita e della salute in relazione all'inquinamento prodotto dallo stabilimento dell'Ilva".
Sul punto, il governo italiano è chiamato a dare conto, entro febbraio prossimo, della sua condotta, ritenuta dai ricorrenti gravemente lesiva del diritto alla salute e ad un ambiente salubre. Altri due ricorsi all'attenzione della Corte di Strasburgo sono stati presentati nel 2013 da 52 cittadini tramite il Comitato Legamjonici, e nel 2015 da altri 130 tarantini.
Leggi anche 

Ilva: Peacelink, “Inquinamento terribile di suolo e falda”

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Ilva: sms a Emiliano, “Mio figlio di 13 anni ha tumore, chiudila”

Parole shock di un genitore inviate al governatore pugliese

Greenpeace :Il CETA e il TTIP VANNO FERMATI SUBITO!

Greenpeace
Riceviamo da greenpeace e pubblichiamo 

Mentre i cittadini di tutta Europa stanno protestando, la voce dell’opinione pubblica continua ad essere soffocata. ABBIAMO BISOGNO DI FAR SAPERE A TUTTI COSA STA SUCCEDENDO!
Stiamo parlando del CETA e del TTIP, due trattati pericolosi per gli standard europei in materia di sicurezza alimentare, democrazia e protezione del clima.
Mentre milioni di persone, firmavano il nostro appello, in Belgio il parlamento della Vallonia si era opposto alla ratifica del CETA, causando una battuta d’arresto per il suo iter di approvazione.
È di queste ore però la notizia di un accordo tra Belgio e Vallonia per la ratifica del CETA: UN SEGNALE PREOCCUPANTE perché, in caso di ratifica, l’opinione di milioni di persone che chiedono di non rinunciare a diritti e standard ambientali, sarà sacrificata sull’altare del libero commercio.

NON TUTTO È PERDUTO! Il testo concordato in Belgio deve essere approvato dagli altri Paesi, dalla Commissione Ue e dal governo canadese. Non abbassiamo la guardia, non fermiamoci ora!
Forze oscure stanno soffocando la volontà dei cittadini europei!
Il CETA e il TTIP VANNO FERMATI SUBITO!
CHIEDI DI FIRMARE L'APPELLO!
Questo è il momento di coinvolgere più persone possibile e chiedere di firmare la nostra petizione per fermare CETA e TTIP!
FAI SAPERE A TUTTI COSA STA SUCCEDENDO!
CHIEDI DI FIRMARE IL NOSTRO APPELLO su stop-ttip.greenpeace.it
Grazie per quello che farai!

27 ottobre 2016

Per i cittadini ‘gli atti ambientali sono pubblici’:un importantissimo strumento di lotta a disposizione del popolo inquinato.

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Inquinamento, abusivismo, costi delle opere: per i cittadini ‘gli atti ambientali sono pubblici’

Risultati immagini per cittadini
Tutte le informazioni ambientali in possesso della pubblica amministrazione sono pubbliche e non ci possono essere limitazioni all’accesso dei cittadini.
Questo principio di enorme importanza, pur essendo sancito da leggi comunitarie ed italiane, spesso viene disatteso nel nostro paese in nome di una presunta “segretezza” degli atti pubblici che, in realtà, nasconde a volte la volontà di coprire errori, omissioni o, peggio, crimini commessi da pubblici funzionari; oppure, più semplicemente, non sopporta che vi siano “intrusioni” di cittadini sull’operato della pubblica amministrazione.
La migliore risposta viene da una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V n. 3856 del 13 settembre 2016) relativa ad una controversia su una richiesta presentata da un cittadino al Comune di Portovenere al fine di ottenere l’accesso agli atti inerenti la costruzione di un parcheggio di un complesso turistico. In questa sentenza, riformando un contrario pronunciamento del Tar Liguria, il Consiglio di Stato, ha affermato con chiarezza che la pubblica amministrazione deve fornire al cittadino tutte le informazioni di cui è in possesso e tutti gli atti dei procedimenti amministrativi; non solo cioè i provvedimenti conclusivi e finali (come pretendeva il Comune).
Ha ricordato, infatti, che, secondo la legge, sin dal 1990 per ‘documento amministrativo’ si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. E che, se si tratta di materia ambientale, l’ambito è ancora più ampio in quanto il decreto legislativo n. 195 del 2005, delinea una “amplissima nozione di ‘informazione ambientale’”. Essa, infatti, comprende qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente lo stato dell’ambiente ed i suoi elementi (acqua, aria, atmosfera, suolo, territorio ecc.); le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti; le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente; le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale; le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche; lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d’interesse culturale…
Cosa ancora più importante, ai sensi dell’art. 3 della legge citata, “l’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”; aprendo così giustamente le porte all’accesso di tutti i cittadini senza che debbano dimostrare di avere qualche interesse particolare. E stabilisce anche che questo deve avvenire “quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni”.
Più in generale, occorre “garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.
E si può derogare a questo principio solo in casi estremi e tassativi: quando, ad esempio la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio alle relazioni internazionali, all’ordine pubblico o alla difesa nazionale, alle indagini ed ai procedimenti giudiziari, alla riservatezza dei dati personali ecc.
Conclusione: l’accesso alle informazioni pubbliche che riguardano il nostro ambiente e la nostra salute è ampiamente garantito dalle leggi e dalla giurisprudenza. Sta a noi farne saggio uso denunciando qualsiasi prassi restrittiva o impeditiva. Nella piena consapevolezza che stiamo parlando di un importantissimo strumento di lotta a disposizione del popolo inquinato.

Qualenergia : In Europa il carbone uccide, ma la normativa lo permette

Tratto da Qualenergia

In Europa il carbone uccide, ma la normativa lo permette

È notizia di poche ore fa che c'è stata una condanna a 9 mesi per i manager di Enel responsabili, insieme a Enel Produzione, della centrale a carbone di Cerano, vicino Brindisi. Dovranno anche risarcire gli agricoltori dell'area per il danno subito sulle colture a causa del deposito di polvere di carbone a cielo aperto.
Che il carbone è dannoso per l'agricoltura e le persone lo dice anche un dato europeo: nel 2013 le centrali a carbone europee erano responsabili del 52% di tutte le emissioni di SO2, del 40% per NOx, del 37% di particolato e contribuivano a quelle di mercurio per il 43%.
Un cocktail mortale per 22.900 europei l’anno, causa di 11.800 nuovi casi di patologie polmonari, che ha portato alla perdita complessiva di 6.575.800 giorni di lavoro e una spesa pubblica complessivamente quantificabile di 63 miliardi di euro all’anno.
Gli Stati membri maggiori inquinatori sono Polonia, Germania, Romania, Bulgaria, Inghilterra e Spagna.
La base normativa che definisce gli standard di prestazione ambientale per gli impianti industriali di combustione è la Direttiva 2010/75/EU  (pdf) sulle emissioni industriali (IED).
Sul territorio europeo di questi impianti ve ne sono sono circa 55.000, presenti in tutti gli Stati membri, fra i quali si annoverano anche i grandi termoelettrici a carbone. Nel testo della Direttiva si precisa che i valori limite di inquinanti, imposti a partire dal gennaio 2016, devono tenere in considerazione l’adozione delle migliori tecnologie disponibili per l’abbattimento delle emissioni industriali (Best Available Techniques –BAT).
Un elenco di queste migliori tecnologie viene aggiornato di volta in volta dal Bureau of the Institute for Prospective Technology (IPPC) che, in collaborazione con differenti esperti del settore, redige un documento riassuntivo di riferimento, il BAT Reference Documents (BREF).
Il prossimo BREF aggiornato verrà pubblicato entro il primo quadrimestre del 2017. Significa che, tenuto conto del lento iter normativo, verrà adottato dalla Commissione Europea non prima del 2021!
Tuttavia il rapporto “Lifting Europe’s Dark Cloud” (vedi allegato sotto) - redatto dall’European Environmental Bureau (EEB), in collaborazione con Health and Environment Alliance (HEAL), il Climate Action Network (CAN) Europe, il WWF e Sandbag - chiarisce come la vigente legislazione europea in materia di limiti delle emissioni inquinanti sia caratterizzata da profonde lacune, rivelandosi sul campo inefficace nel raggiungimento di rilevanti obiettivi di riduzione degli inquinanti.
Nel 2015 era stata Greenpeace a svelare come il processo di definizione delle cosiddette BAT venisse viziato dall’ingerenza dei più grandi inquinatori europei(vedi QualEnergia.it).
Ad oggi, infatti, oltre la metà delle centrali elettriche a carbone presenti in Europa godono di veri e propri permessi d’inquinare; possono quindi con diritto superare i limiti stabili senza dovere adottare alcuna tecnologia d’abbattimento.
E ancora, il “Lifting Europe’s Dark Cloud” ci ricorda che in Europa le lobby del carbone partecipano attivamente alle elaborazioni di quelli che sono gli standard che dovrebbero venire rispettati.
È importante anche sottolineare che comunque la normativa non impone particolari limiti di emissione durante le fasi d'avvio o spegnimento, ed è proprio durante la procedura di accensione che le centrali elettriche a carbone emettono i livelli maggiori di particolato. 
Il documento chiarisce inoltre come la IED preveda sette meccanismi per concedere agevolmente deroghe ai limiti di emissione. Di questi diritti di inquinamento ne beneficia il 56% di tutte le centrali a carbone europee: a questi stessi impianti è imputabile ben il 60% delle 22.900 morti premature causate dalla combustione del carbone.
I Paesi che hanno adottato un piano nazionale transitorio, che secondo l’art. 32 della IED permette ad alcuni impianti una deroga ad inquinare, sono addirittura 15. Viene in questo modo posticipata al 2020 l’applicazione dei limiti imposti dalla Direttiva per un totale di 99 centrali che si stima siano responsabili di oltre 9.000 morti annue. Ed è allarmante annotare che la totalità degli impianti termoelettrici di sei Paesi membri godano delle concessioni stabilite dalla normativa.
Nel nostro Paese attualmente solo la Centrale di Bastardo, in Umbria, si avvale del meccanismo delle concessioni in deroga. Il proprietario dell’impianto, Enel SpA, ha infatti dichiarato che non sarà operativo per più di 17.500 ore a partire dal 1° gennaio 2016 e non oltre il 31 dicembre 2023, in piena conformità con quanto espresso all’art. 33 della IED, cioè per altri 7 anni le 2 unità da 75 MW che lavorano nella centrale potranno continuare a inquinare senza conseguenze per l’utility.
Eppure, continua il report, se tutti in Europa adottassero i meccanismi di abbattimento delle immissioni conformi con quelle che sono le BAT, il numero totale di morti premature scenderebbe a circa 2.600 all’anno.
Tuttavia, sebbene una riduzione dell’inquinamento si traduca in un minor numero di decessi, non esistono a oggi tecniche di cattura degli inquinanti, per quanto raffinate tecnologicamente, che riescano a eliminare completamente le emissioni.
Bisogna infine considerare che, oltre al danno causato alla salute umana, le centrali elettriche a carbone producono il 18% di tutti i gas ad effetto serra in Europa.

Brindisi, Enel condannata a risarcire 59 contadini: polvere di carbone sui loro raccolti.

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Brindisi, Enel condannata a risarcire 59 contadini: polvere di carbone sui loro raccolti. Nove mesi a due manager

Brindisi, Enel condannata a risarcire 59 contadini: polvere di carbone sui loro raccolti. Nove mesi a due manager
A Cerano uva, carciofi, angurie insudiciate a tal punto da diventare invendibili. Dopo una lunga battaglia legale, il tribunale ha condannato due manager dell'azienda elettrica, altri due prescritti.
Ora c’è una condanna a confermare quello che per anni hanno sostenuto gli abitanti della zona: le tonnellate di carbone stoccate a cielo aperto nella centrale Enel di Brindisi si disperdevano sui raccolti di decine di contadini e sulle loro case. Uva, carciofi, angurie insudiciate a tal punto da diventare invendibili. E anche quando non c’era il nero sui frutti e sulle foglie, si sono lamentati a lungo gli agricoltori, bastava dire ‘Cerano’, contrada a sud del capoluogo pugliese, perché quei raccolti non venissero considerati appetibili nei mercati. Tanto da chiamare in causa il colosso dell’energia, che per anni non ha posto rimedio.
Nove mesi a due dirigenti – Ci ha pensato il tribunale, dopo una lunga battaglia in aula iniziata nel 2012 al termine di due anni di indagine condotta dal pm della procura brindisina Giuseppe De Nozza. I contadini, ha stabilito il giudice monocratico Francesco Cacucci, avevano ragione: ha così condannato a 9 mesi i manager Calogero Sanfilippo e Antonino Ascione, che ora con Enel Produzione, in veste di responsabile civile, dovranno risarcire 59 contadini danneggiati.Continua a leggere su Il Fatto Quotidiano

25 ottobre 2016

International Energy Agency: Energia, le rinnovabili battono il carbone


Energia, le rinnovabili battono il carbone: comincia il declino dei fossili

Tratto da La Repubblica 

Energia, le rinnovabili battono il carbone: comincia il declino dei fossili.Secondo l’ultimo rapporto dell’International Energy Agency nel 2015 a livello globale il totale della potenza elettrica installata da fonti rinnovabili ha superato quello delle centrali a carbone. Nel prossimo decennio il sorpasso avverrà anche dal punto di vista della produzione elettrica

ROMA - Rinnovabili battono carbone. Dieci anni fa sembrava impossibile, oggi è realtà. L'ultimo rapporto dell'International Energy Agency (Iea) documenta l'inizio del sorpasso. Nel 2015 a livello globale il totale della potenza elettrica installata da fonti rinnovabili ha superato quello delle centrali a carbone.

Visto che il numero di ore di funzionamento di un impianto solare o eolico è inferiore a quello dell'omologo a carbone, resta una differenza nella produzione di elettricità: le rinnovabili stanno ancora al 40% in meno (garantiscono il 23% della domanda elettrica contro il 39% del carbone) , ma nel 2021 il differenziale si dimezzerà e nel corso del prossimo decennio il dominio delle fonti pulite sarà completo.

Il Medium-Term Renewable Market Report documenta una corsa delle rinnovabili sostenuta principalmente dal vento (66 nuovi gigawatt) e dal sole (49 nuovi gigawatt) con una crescita complessiva annuale del 15%. Stati Uniti, Cina (che da sola ha sostenuto il 40% dell'incremento), India e Messico spingono il mercato e si prevede che nei prossimi 5 anni l'aumento sarà maggiore. Già oggi mezzo milione di pannelli solari vengono installati nel mondo.

In Cina due turbine eoliche vengono installate ogni ora.

Sono numeri che fanno riflettere: non è più questione di incentivi per premiare scelte ecologiche. Ci sono Paesi che hanno la capacità di sostenere il loro sistema produttivo e di penetrare nei nuovi mercati guadagnando fatturato e occupazione, e Paesi che ondeggiano tra premi e tagli retroattivi finendo per perdere quote di mercato. L'Italia, dopo aver guidato a lungo la volata delle rinnovabili ha compiuto una brusca frenata che ha destabilizzato il settore: ora ha ancora una possibilità per riagganciare il treno in corsa.

Nel 2021, secondo il rapporto, si avrà una produzione elettrica da rinnovabili pari all'attuale consumo di Stati Uniti e Unione europea sommati. "E' una crescita destinata ad accelerare perché la spinta è potente", spiega Paolo Frankl, responsabile del settore per la Iea. "Da una parte la necessità di rispettare l'accordo di Parigi per evitare il disastro climatico, dall'altra la pressione dell'inquinamento urbano molto forte soprattutto in alcune aree dei paesi di nuova industrializzazione. Entrambi i problemi richiedono una riduzione dell'uso dei combustibili fossili"

In Africa l’inquinamento atmosferico è responsabile di 712mila morti premature ogni anno,

Tratto da  http://www.vasroma.it

In Africa l’inquinamento atmosferico uccide il 250% in più rispetto alla fame

inquinamento-in-africa
La priorità per un reale sviluppo sostenibile del mondo è combattere la povertà, specialmente nella sua forma più nera – quella che uccide per fame –, non preoccuparsi dell’inquinamento ambientale.
È più o meno questa la tesi comune a ogni ecoscettico che si rispetti, anche se l’evidenza dei dati mostra tutta un’altra storia.
A riportarne la versione aggiornata è stata l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), che nei giorni scorsi ha pubblicato lo studio The cost of air pollution in Africa.
Secondo le rilevazioni della Banca mondiale, sono circa 750 milioni i cittadini del mondo che vivono oggi in povertà estrema, la metà dei quali si trova nell’Africa sub-sahariana.
Nonostante ciò, osservando il Continente nero nel suo complesso, l’inquinamento atmosferico è responsabile di 712mila morti premature ogni anno, rispetto alle 275mila provocate dalla malnutrizione, dei 391mila causati dalla mancanza di efficienti servizi igienico-sanitari o dei 542mila dovuti all’acqua inquinata.
Dunque, limitando l’osservazione al solo inquinamento atmosferico, si nota come il suo impatto in termini di vite stroncate sia oltre il 250% in più rispetto a quello provocato dalla pur tremenda malnutrizione.
Numeri che continuano a crescere.
Come ha documentato per l’Ocse l’autrice dello studio Rana Roy, dal 1990 a oggi il numero dei decessi legati all’inquinamento è andato di pari passo con la crescita della popolazione urbana.
In particolare, dal 1990 al 2013 il numero delle morti correlato all’inquinamento atmosferico è cresciuto del 36% – da 180mila a 250mila morti l’anno -, mentre all’inquinamento dell’aria indoor si devono 450mila decessi (+18% rispetto ai 400mila del 1990).
Tradotti brutalmente in termini economici, questa enorme perdita di vite umane è stata complessivamente valutata in 447 miliardi di dollari l’anno (dati 2013). Lavorare per lo sviluppo sostenibile significa dunque muoversi in parallelo per promuovere la crescita economica – certamente indispensabile a queste latitudini – riducendone al contempo gli impatti ambientali.
Al contrario, continuare a contrapporre l’economia all’ecosistema non potrà che continuare a alimentare paradossi, oltre a mietere vittime: povertà e inquinamento sono le due facce della stessa medaglia.

24 ottobre 2016

Wwf: “Per salvare gli esseri umani rispondere con l’età del sole”

Tratto da Meteoweb
Nuova era per il clima, Wwf: “Per salvare gli esseri umani rispondere con l’età del sole”

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha confermato che siamo entrati in una “nuova era per il clima”

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha confermato che siamo entrati in una “nuova era per il clima”, con dati allarmanti sia sulla concentrazione di CO2 che sulle temperature. “La ‘nuova era per il clima’ avrà sicuramente impatti molto importanti e potrebbe cambiare profondamente la geopolitica e la vita sul Pianeta –ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia-  Siamo ancora in tempo per ‘decidere’ se questi cambiamenti potranno essere metabolizzabili dagli ecosistemi e dalla civilizzazione umana o no. I record non si contano più, 3 anni di seguito (incluso quello in corso) saranno i più caldi mai registrati, la concentrazione di CO2 in atmosfera è stabilmente sulle 400 parti per milione, una concentrazione molto più alta di quella registrata da milioni di anni. Mese per mese i record si susseguono, destando enorme preoccupazione nella comunità scientifica. La politica non può fingere di occuparsene: se ne deve occupare davvero. Il 4 novembre entrerà in vigore l’Accordo di Parigi, vorremmo che per quel giorno tutti fossero pronti non solo a mantenere le proprie, inadeguate promesse,  ma a incrementare esponenzialmente gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Questo vuol dire dare l’avvio a un vero e proprio new deal, perché cominci l’Età del Sole eliminando i combustibili fossili e puntando tutto sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Rispondere alla grande minaccia del cambiamento climatico creando, insieme, nuove opportunità è l’unica strada percorribile: ci auguriamo che questa sfida venga colta da tutti, comunità, Paesi, Governi e mondo dell’economia”.
Il 3 novembre, alla vigilia dell’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi e della COP22 di Marrakech, il WWF renderà noto un report sulle politiche nazionali necessarie per uscire dal primo combustibile fossili di cui possiamo fare a meno, il carbone: un Paese che non ha bisogno di questa fonte fossile, come il nostro, può diventare leader della transizione, tanto più  oggi che persino la Cina ha deciso di rinunciare ad alcune delle centrali a carbone già in costruzione.
Per approfondire 

Per l' Agenzia europea dell´ambiente occorre investire più decisamente sulle rinnovabili.

Tratto da arpae.it
Secondo un rapporto dell´Agenzia europea dell´ambiente occorre investire più decisamente sulle rinnovabili.
(21/10/16) 
Il rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) “Transforming the EU power sector: avoiding a carbon lock-in” evidenzia la necessità per l’Europa di saper guardare avanti con politiche a lungo termine che puntino agli investimenti in fonti di energia più pulite. 
L’Unione europea deve saper cogliere l’opportunità di “decarbonizzare” il settore della produzione energetica, sostituendo dove possibile le centrali a carbone vecchie e a fine vita con impianti a fonti rinnovabili da oggi al 2030, per raggiungere i propri obiettivi.
Il rapporto offre un’analisi dettagliata del settore di produzione energetica in Europa, evidenziando in particolare l’aspettativa di vita degli esistenti impianti a fonti fossili. Inoltre fornisce un confronto che mostra come per raggiungere gli obiettivi dell’Unione rispetto al cambiamento climatico la produzione da fonti fossili debba necessariamente diminuire progressivamente entro il prossimo decennio. 
Il settore della produzione elettrica europea è al centro della strategia per la decarbonizzazione dell’Unione. La produzione di energia rimane il settore con le più elevate emissioni di gas serra, che da solo è responsabile di circa un terzo di tutte le emissioni climalteranti legate all’energia e di più della metà delle emissioni registrate dal Sistema europeo di scambio di quote di emissione (Eu Ets). Il settore ha pertanto un ruolo molto importante da svolgere per gli impegni di riduzione delle emissioni e di miglioramento della qualità dell’aria. 
“Ringrazio l’Eea per questo rapporto - ha affermato il vice presidente della Commissione europea e commissario per l’unione energetica Maros Sefcovic - È assolutamente necessario che i nuovi investimenti che saranno fatti nei prossimi anni vadano verso energie pulite come le rinnovabili e non ci leghino invece alle emissioni di carbonio derivanti dalle fonti fossili anche nel nostro sistema energetico futuro. L’accordo della Cop21, raggiunto lo scorso anno, è stato ratificato da abbastanza paesi da entrare in vigore e dà all’Europa l’opportunità di dare l’esempio e diventare il leader mondiale dell’efficienza energetica". 
“L’Europa - aggiunge il direttore esecutivo Eea Hans Bruyninckx - oggi produce 4 volte l’energia eolica e 70 volte l’energia solare che produceva nel 2005. Questa è una buona notizia, ma è necessario anche un chiaro orientamento di investimento che sappia guaradare in avanti, per superare la produzione da fonti fossili e rispettare gli obiettivi a lungo termine di riduzione delle emissioni di CO2. L’Europa è impegnata nella decarbonizzazione della propria economia e non possiamo permetterci di legare i nostri investimenti a tecnologie ad alta intensità di emissioni. Investire nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica ci fornirà il migliore ritorno per i fondi utilizzati”. 
 Il rapporto mostra che la tendenza passata di estendere la vita di grandi impianti di produzione di energia da fonti fossili (con una potenza di almeno 200 MWe) o costruirne di nuove si scontrerebbe con i migliori scenari di decarbonizzazione illustrati nella Energy Roadmap 2050 dell’Unione europea e causerebbe una eccessiva potenza installata da fonti fossili. 
Questa situazione ipotetica è basata su un’analisi dettagliata, impianto per impianto, della capacità produttiva europea e della sua possibile evoluzione fino al 2030, basata sulle condizioni attuali e sulle ipotesi tecniche di vita degli impianti. ............Leggi tutto su arpae.it

23 ottobre 2016

LA QUALITÀ DELL’ARIA CHE RESPIRIAMO DETERMINERÀ IN MODO DECISIVO IL LIVELLO DI VIVIBILITÀ DELLE NOSTRE CITTÀ, NEGLI ANNI A VENIRE.

Tratto da NOVAilSole24ore 
Aria nuova per le città
La qualità dell'aria che respiriamo determinerà in modo decisivo il livello di vivibilità delle nostre città. La lotta all’inquinamento deve diventare driver di innovazione

QUasi ogni giorno, riceviamo notizie su casi di alti tassi di inquinamento dell’aria delle nostre città: è successo per Milano e Roma alla fine del 2015, per Stuttgart nel gennaio del 2016, ma anche in molte altre città sparse in tutto il mondo. Questi episodi fanno aumentare la preoccupazione delle popolazioni, causano proteste sulle minacce per la nostra salute e in alcuni casi l’inquinamento dell’aria visibile a occhio nudo. E ci ricordano di volta in volta che l’inquinamento dell’aria è un problema urgente.

Con più della metà della popolazione mondiale che oggi vive in aree urbane e con le previsioni di crescita a livello globale su popolazione e livelli di urbanizzazione, sempre più persone che vivono in città risultano esposte ad alti livelli di inquinamento dell’aria. L’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla qualità dell’aria delle aree urbane mostra che, nel mondo, più dell’80% delle persone che vivono in aree urbane che tengono monitorato l’inquinamento dell’aria sono esposte a livelli di inquinamento superiori ai limiti raccomandati dalla stessa Oms. Una quota impressionante. Le conseguenze sono serie: le malattie respiratorie e cardiovascolari attribuibili all’inquinamento dell’aria stanno diventando un problema imponente per la salute umana e sono considerate la causa di circa 7 milioni di morti all’anno: l’equivalente dell’intera popolazione della Bulgaria!
Le conseguenze economiche dell’inquinamento dell’aria sono state ampiamente documentate. Recentemente, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha calcolato che a livello globale i costi per la sanità causati dall’inquinamento dell’aria sono destinati a crescere: dai 21 miliardi di dollari del 2015, si arriverà a 176 miliardi di dollari nel 2060. Non solo: nello stesso periodo, il numero annuale di giornate di lavoro perse a livello mondiale (oggi circa 1,2 miliardi di giorni) crescerà fino a 3,7 miliardi di giorni.
Mentre gli effetti a breve termine dell’inquinamento dell’aria delle nostre città catturano la nostra attenzione, è l’esposizione prolungata a elevati livelli di inquinamento – spesso originato in paesi lontani dal nostro – che contribuisce in misura maggiore a farci ammalare. Proprio perché le cause dell’inquinamento dell’aria delle zone in cui viviamo spesso vanno cercate al di là dei nostri confini, la maggior parte delle città non potranno essere in grado di rispettare le indicazioni dell’Oms sui livelli di inquinamento dell’aria semplicemente con piani di azione locali. Infatti, in alcuni casi perfino azioni condotte a livello nazionale e continentale potrebbero non essere sufficienti, come è emerso dal recente “Scientiic assessment Report” pubblicato in seguito ai lavori della “C0nvention on long-range transboundary air pollution” organizzata dall’United Nations Economic Commission for Europe (Unece).
Questo è il motivo per cui azioni congiunte condotte a livello internazionale sono di vitale importanza. ....... Questo però non deve diventare una scusa per rimanere seduti sugli allori. Perché dobbiamo fare di più. Questo è quello che ci sta chiedendo la gente. Dobbiamo collaborare tra città, stati e regioni – all’interno e oltre l’area Unece – per combattere l’inquinamento dell’aria!
Le città sono piattaforme d’innovazione, e i movimenti nascenti nelle città contro l’inquinamento possono indicare la via per le politiche di innovazione sui temi della sostenibilità. Le iniziative locali stanno chiedendo più azioni e i cittadini vogliono che il loro diritto umano fondamentale di respirare aria pulita sia garantito. Questo ha spinto recentemente i sindaci di Parigi e Londra a chiedere formalmente all’Unione Europea di fissare obiettivi stringenti e giuridicamente vincolanti per tutti. Ma i cittadini non sono interessati solo alla loro salute. Sono preoccupati anche per i danni all’ambiente naturale e culturale che li circonda. Perché, non dimentichiamolo: l’inquinamento dell’aria può anche distruggere gli ecosistemi e danneggiare seriamente il nostro patrimonio culturale. Può devastare tutto ciò che rende una città abitabile.

Ecco perché, in occasione della terza “United nations habitat conference”, dove i Governi discuteranno il futuro delle nostre città e definiranno la “New urban agenda”, chiedo a tutti gli attori coinvolti di lavorare insieme per migliorare la qualità dell’aria. La qualità dell’aria che respiriamo determinerà in modo decisivo il livello di vivibilità delle nostre città, negli anni a venire. Lo dobbiamo alle future generazioni che in quelle città stanno crescendo, ma anche a noi stessi.


CHRISTIAN FRIIS BACH

Già consigliere speciale per la Commissione Europea per il Global Sustainability Panel delle Nazioni Unite e ministro per la cooperazione per lo sviluppo della Danimarca, è segretario esecutivo della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite (Unece)tare driver di innovazione