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22 febbraio 2005

2009/02/22 "LEGAMBIENTE "STOP AL CARBONE IN LIGURIA"…


Riceviamo dal" M.O.D.A. Associazione Ambientalista di Savona" e pubblichiamo

LEGAMBIENTE "STOP AL CARBONE IN LIGURIA"…MA NON A VADO

CON TIRRENO POWER…SARA’ CONFLITTO DI INTERESSI?

Dichiara Stefano Sarti presidente di Legambiente in Liguria in occasione del dossier dell’associazione ambientalista "Stop al carbone 2009": ""Continuare ad investire sul carbone è una follia, chiediamo la dismissione per la centrale genovese dell'Enel, la metanizzazione per la centrale spezzina, in parte ancora funzionante a carbone. Ed infine diciamo no, insieme alle amministrazioni locali coinvolte, all'ampliamento della centrale Tirreno Power di Vado Ligure" (Il Secolo XIX del 20 Febbraio 2009)

Ci chiediamo naturalmente il perché di questo comportamento apparentemente schizoide di Legambiente per cui da una parte a Genova e a La Spezia il carbone "nuoce gravemente alla salute" tanto da abolirne la combustione mentre a Savona a Vado e in val Bormida il carbone risulterebbe addirittura ben tollerato!

Intanto segnaliamo l’errore clamoroso sulle emissioni di CO2 che sono l’unico inquinante che Legambiente ligure si degna di considerare: infatti la centrale di Vado con il nuovo gruppo a gas oltre ai 2 gruppi a carbone emette ben 5,2 milioni ti tonnellate/anno contro le 3,8 dichiarate da Legambiente con superi clamorosi del limite imposto dalla Ue di 3,3. Rimane però clamorosa e tragicamente non segnalata da Legambiente l’enorme quantità delle polveri sottili cancerogene e cardiotossiche emesse dalla centrale di Vado che nel complesso emette attualmente ogni anno un quantitativo stimato secondo i paramentri della Ue di ben circa 6.500 tonnellate di Pm10 contro le "sole" 153 tonnellate di polveri dichiarate erroneamente in modo tendenzioso da Tirreno Power (vedi allegato).

Ma il comportamento di Legambiente, che si schiera in modo totalmente acritico condividendo la posizione di alcuni Enti locali quali i Comuni di Vado e di Quiliano, Provincia e Regione che non vogliono l’abolizione del carbone nella centrale di Vado disinteressandosi completamente degli enormi danni alla salute e all’ambiente e relativi costi indotti sul territorio savonese (vedi allegato), non stupisce quando apprendiamo che Legambiente è socio azionario di Sorgenia la finanziaria del gruppo De Benedetti che controlla a sua volta Tirreno Power proprietaria della centrale di Vado (vedi allegato). E’ ben noto che "non si sputa nel piatto in cui si mangia" ma allora per un minimo di coerenza Legambiente dovrebbe dimettersi da associazione ambientalista e firmarsi direttamente come Tirreno Power di cui è in parte proprietaria oppure, se preferisce, diventare dipendente stipendiata di quegli Enti pubblici di cui condivide in modo acritico le posizioni e da cui d’altra parte è già finanziata con lauti contributi! D’altra parte aveva già dichiarato l’ex vicesindaco di Vado a proposito della ristruttutazione ancora a carbone della centrale di Vado "…si è fatto qualcosa ma dietro Tirreno Power c’è de Benedetti che finanzia alcune correnti politiche." ( "Il Secolo XIX" del 28/05/2004).

Chiediamo quindi urgentemente depotenziamento e metanizzazione di questa "centrale in città" chiudendo immediatamente gli inquinanti e obsoleti gruppi 1 e 2 a carbone e mantenendo il gruppo a metano da 760 Mwe, che già da solo produce il doppio dell’energia consumata in provincia di Savona, come già era stato richiesto nel 1988 dalla Commissione Scientifica di Spotorno dai Proff. Gianni Mattioli e Massimo Scalia e dal Prof. Cortelessa dell’Istituto Superiore di Sanità e come votato poi all’unanimità ma poi mai realizzato dagli Enti locali sopra citati.

Savona, 20/02/2009

Dr. Virginio Fadda, Biologo

Dott. Agostino Torcello Medico Pneumologo

M.O.D.A. Associazione Ambientalista di Savona

Dott. Paolo Franceschi , Medico Pneumologo

CNCMAS Liguria: Coordinamento dei Comitati dei Medici per l’Ambiente e la Salute, sezione Liguria.

Dott. Marco Caviglione Medico

ISDE : Medici per l’Ambiente sez. di Savona

17 febbraio 2005

LATTE MATERNO DIOSSINA E PCB


Latte Materno diossina e PCB

Nel ringraziare come sempre l’impareggiabile Dott.ssa Patrizia Gentilini (autrice del sottostante articolo a carattere scientifico) chiediamo a tutti di far si che questo scritto abbia la massima diffusione.

“A dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i nostri bambini e della grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali”

(Bruce P. Lanphear Children’s Environmental Health Center - U.S.A. – Oct. 2006)

Introduzione

Parlare della contaminazione del latte materno da parte di sostanze inquinanti, tossiche e pericolose vuol dire affrontare un argomento che fa venire i brividi al solo pensiero, tanto è lo sgomento che suscita in qualunque persona dotata di un minimo di sensibilità e buon senso. Prendere coscienza del fatto che l’alimento più prezioso al mondo – che non esito a definire “sacro” – contenga ormai quantità elevate di sostanze pericolose e cancerogene, specie se proveniente da mamme residenti in territori industrializzati, è un argomento tabù e che credo non possa lasciare indifferente nessuno. Forse, proprio per questo, tale argomento è fino ad ora rimasto confinato nell’interesse di pochi specialisti del settore e non è mai emerso, con l’attenzione che merita, al grande pubblico. Il fatto di non parlare di questo problema e soprattutto l’averlo affrontato, almeno nel nostro paese, in modo sporadico, volontaristico e non sistematico e su larga scala, non contribuisce tuttavia a risolverlo, anzi, come tutte le cose lasciate nel dimenticatoio, quando un problema di una tal portata emerge rischia di “esplodere”, lasciando spiazzati per i dubbi e gli interrogativi che pone innanzi tutti medici e pediatri, ma, ancor più, ovviamente le mamme che si chiedono quali possono essere le conseguenze di tutto ciò per i loro bambini. Ma perché proprio ora se ne parla?

Antefatto: l’inceneritore di Montale

Il problema è emerso grazie al fatto che due mamme, residenti in area di ricaduta dell’inceneritore di Montale (Pt), si sono volontariamente sottoposte all’analisi del proprio latte grazie a fondi raccolti dal locale comitato contro l’inceneritore. La questione è complessa e per una analisi più dettagliata della travagliatissima storia di questo impianto, si rimanda al documento, a firma del Dott. M. Bolognini, Medico Igienista, scaricabile sul sito dell’Ordine dei Medici di Pistoia. (1) Qui si vuol solo dare una breve descrizione della situazione, in modo da capire bene il contesto in cui si è arrivati all’esame del latte materno per iniziativa dei cittadini. L’inceneritore di Montale tratta 120 ton/giorno (pari a circa 36.000 ton/anno), recentemente autorizzato a 150 ton/giorno (45.000 ton/anno), destinato a bruciare rifiuti urbani ma anche ospedalieri e speciali ed è situato nella piana fiorentina, al confine fra 4 comuni: Agliana, Prato, Montale, Montemurlo. L’impianto ha sempre presentato criticità ed anche in passato erano stati riscontrati superamenti nelle emissioni di diossine, ma, grazie a deroghe, aveva sempre continuato a lavorare. Nel maggio 2007 furono effettuati routinari controlli i cui risultati analitici, comunicati solo in luglio, evidenziarono un importante sforamento per diossine, che fu confermato nella successiva indagine eseguita a distanza di pochi giorni per cui, a distanza di oltre due mesi dalla prima indagine si giunse, il 19 luglio 2007, alla sua temporanea chiusura. Nei mesi di funzionamento, da maggio a luglio, facendo una media delle emissioni, si può stimare che siano stati emessi 50.000.000 ng di diossine ovvero quanto l’impianto avrebbe potuto emettere in quasi un anno e mezzo di attività. Dal 2007 al 2009, anche in seguito alle vivaci polemiche che tutta la vicenda aveva sollevato, da parte di ARPAT ed ASL furono fatte analisi sia di tipo ambientale (suoli, vegetali, ecc.) che su matrici biologiche (uova, carne di manzo, polli, anatre e pesce gatto del locale parco pubblico) secondo la mappa di ricaduta riportata in Fig.1. La media delle diossine nel suolo, secondo il modello di ricaduta fornito da ARPA, ed escludendo un dato del tutto anomalo riscontrato in prossimità dello svincolo autostradale di Pistoia, in via Ciliegiole (sito oggetto di pregresso grave incidente ambientale per incendio di un grande deposito di prodotti per l’agricoltura) è riportato nella Fig. 2.

Fig. 1. Mappa di ricaduta dell’inceneritore di Montale e campionamenti per diossine sul suolo e su carne di pollo.

Figura 2: Distribuzione delle diossine nei suoli (valori medi nelle zone di ricaduta in ng/kg s.s. escludendo il dato di via Ciliegiole).

Come ben si evince dalla Tab. 1, la cosa più eclatante fu il riscontro in 5 su 8 casi di polli esaminati di livelli di diossine superiori a quelli consentiti per la commercializzazione: ciò malgrado, a tutt’oggi, nessun divieto in tal senso è stato comunque emanato.

Analisi su latte materno

Trattandosi di sostanze persistenti e bioaccumulabili, che finiscono per accumularsi nel nostro stesso organismo, passano dalla madre al feto ed anche attraverso il latte, due mamme residenti in area di ricaduta, hanno volontariamente accettato di sottoporre ad analisi il proprio latte, a circa due settimane dal parto. L’indagine è stata eseguita presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica per l’Ambiente, Via delle Industrie 21/8 di Marghera (Ve) ed il costo è stato sostenuto grazie ai fondi raccolti dal comitato contro l’inceneritore. Il campione A proviene da mamma di 30 anni, alla prima gravidanza, il campione B da mamma di 32 anni, con due pregressi aborti spontanei e due gravidanze a termine con relativi allattamenti. Nessuna delle due presenta patologie di rilievo all’anamnesi, abitudini di vita regolari, alimentazione variata.

Campione A

Totale WHO-PCDD/F –TEQ pg/g di grasso = 3,984 (limite sup 3,986)

Totale WHO – PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 10,621

Campione B

Totale WHO-PCDD/F –TEQ pg/g di grasso = 5, 507 (limite sup 5,507)

Totale WHO – PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 9,485

Di particolare interesse nel caso in oggetto è il profilo di 12 molecole diossino-simili appartenenti ai Policlorobifenili (PCB dioxin-like) riscontati nei campioni di latte materno che, come si vede dalla Fig. 3, è del tutto sovrapponibile al profilo dei PCB emessi dall’impianto (analisi a camino di ARPA e del gestore) ed al profilo dei PCB riscontrati nella carne di pollo.

Figura 3: Profilo di 12 PCB dioxin-like in: emissioni dell’inceneritore di Montale, polli, latte umano.

Possiamo quindi affermare che i PCB rilasciati dall’impianto di incenerimento attraverso i fumi, ricadono nell’ambiente circostante e lo contaminano gravemente; pertanto il sospetto che proprio l’inceneritore sia il maggiore responsabile della contaminazione riscontrata negli alimenti (polli) e nel latte materno acquista una ragionevole certezza. Ma cosa sono queste sostanze e che effetti possono dare?

Diossine e PCB: cosa sappiamo?

Con il termine di “diossine” si indica un gruppo di 210 composti chimici appartenenti agli idrocarburi policiclici aromatici e formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro. Capostipite di queste molecole è la TCDD (2,3,7,8–tetraclorodibenzo-p-diossina), nota anche come “diossina di Seveso” tristemente famosa in seguito all’incidente occorso ad un reattore di una multinazionale svizzera, la Roche, a Seveso, il 6 maggio del 1976. L’incidente determinò la fuoriuscita di una nube tossica di tale sostanza con contaminazione del territorio e danni alla salute per le persone esposte sia di tipo acuto che a lungo termine. Tali danni si protraggono nel tempo e a tutt’oggi vengono riscontrati e studiati: è di recente pubblicazione, ad esempio, il fatto che i bambini nati da madri coinvolte nell’infanzia nell’incidente di Seveso presentano alla nascita alterazioni della funzione tiroidea in modo statisticamente significativo: ciò significa che anche se questi neonati non sono stati direttamente esposti all’incidente di Seveso le conseguenze dell’esposizione materna si riscontrano a distanza di oltre 30 anni dall’incidente. (2)ùQueste molecole sono divise in due famiglie: policloro-dibenzo–p-diossine (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF o furani); le singole molecole appartenenti a tali famiglie vengono indicate col termine di “congeneri” e, nello specifico, si contano 75 congeneri di PCDD e 135 congeneri di PCDF. Si tratta di molecole particolarmente stabili e persistenti nell’ambiente; i loro tempi di dimezzamento (ovvero il tempo necessario perché la dose si dimezzi) variano a seconda delle molecole e della matrice esaminata: ad esempio per la TCDD i tempi di dimezzamento sono da 7 a 10 anni nel corpo umano e fino a 100 anni nel sottosuolo. Si tratta di sostanze insolubili in acqua e che hanno viceversa una elevata affinità per i grassi. Sono soggette a bioaccumulo, cioè si concentrano negli organismi viventi in misura nettamente maggiore rispetto all’ambiente circostante; nell’uomo la loro assunzione avviene per oltre il 90% per via alimentare, specie attraverso latte, carne, uova, formaggi ecc.. (3) Sia PCDD che PCDF rientrano fra i 12 Inquinanti Organici Persistenti riconosciuti a livello internazionale e messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma sottoscritta da 120 paesi, fra cui l’Italia. Le diossine sono sottoprodotti involontari dei processi di combustione e si formano in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di Cloro. Secondo l’ultima edizione dell’inventario europeo delle diossine (4) le principali fonti per l’Italia di produzione di tali inquinanti sono rappresentate dalle combustioni industriali (64.4%), di cui oltre la metà (37% del totale) da incenerimento di rifiuti urbani, il traffico stradale contribuisce solo per l’1.1%. A differenza delle diossine i Policlorobifenili (PCB) sono stati invece prodotti deliberatamente dall’uomo tramite processi industriali. La loro produzione è iniziata negli anni 30 ed è perdurata per oltre 50 anni, fino al 1985, quando sono stati ufficialmente banditi stante la loro pericolosità. Dei PCB si conoscono 209 cogeneri, 12 di questi sono molto affini alle diossine e vengono denominati “dioxinlike”. Anche questi sono composti molto stabili, anche ad alte temperature, decomponendosi solo oltre i 1000-1200 gradi. Sono stati utilizzati sia in sistemi chiusi (trasformatori) che come additivi per ritardanti di fiamma, antiparassitari ecc..

Tossicità

La TCDD (o diossina di Seveso) è stata riconosciuta nel 1997, a 20 anni dal disastro di Seveso ed anche in seguito agli studi fatti sulla popolazione esposta, come cancerogeno certo per l’uomo ad azione multiorgano ed è conosciuta come la sostanza più tossica mai conosciuta; la sua tossicità per l’uomo si misura infatti in picogrammi, ovvero miliardesimo di milligrammo ed è legata alla straordinaria affinità che la diossina ha per il recettore AhR (Aryl Hydrocarbon Receptor), un recettore presente ampiamente nelle cellule umane, ma non solo: esso è infatti presente in vertebrati marini, terrestri e aviari e si è ampiamente conservato nel corso dell’evoluzione.

Patrizia Gentilini, Associazione Medici per l’ Ambiente, 13 Febbraio 2010

Bibliografia

1. http://omceopt.splinder.com/archive/2010-01

2. A. Baccarelli Neonatal Thyroid function in Seveso 25 years after maternal exposure to dioxin PLos Medicine (2008) www.plosmedicine.org 1133-1142

3. A. Schecter et al. Dioxin : an Overview Enivironmental Research 101 (2006) 419-428

4. http://ec.europa.eu/environment/dioxin/pdf/stage2/volume_3.pdf

5. E.Stevenson et al. The aryl hydrocarbon receptor: a perspective on potential roles in the immune system Immunology, (2009), 127, 299–311 299

6. S. Jenkins Prenatal TCDD exposure predisposes for mammary cancer in rats Reprod. Toxicol. (2007); 23(3) 391-396

7. Furst.P et al. PCDD,PCDFs, PCDFs and dioxin-like PCBs in human milk and blood from Germany. Organohalogen Compounds (2002) 55, 251-254

8. Norèn K.et al. Certain organochlorine and organobromine contaminants in Swedish human milk in perspective of past 20-30 years. Chemosphere (2000) 40, 1111-1123

9. Wang S.L. et al. Infant exposure ti polychlorinated dibenzo-p-dioxin, dibenzofurans and biphenyls (PCDD/Fs, PCBs)- correlation between prenatal and postnatal exposure. Chemosphere (2004) 54, 1459- 1473

10. Kuisue T. et al. et a Persistent organochlorines in human breast milk collected from primiparae in Dalian and Shenyang China. Environmental Pollution (2004) 131, 381-392

11. Wittsiepe J. et al. PCDD/F and dioxin-like PCB in human blood and milk from German mothers. al.,Chemosphere, (2007) 67(9): 286-94

12. Tajimi M. et al., PCDDs, PCdfs and Co-PCBs in human breast milk samples collected in Tokio, Japan. Acta Paediatr. (2004) 93(8):1098-102

13. Li J, Zhang L et al. A national survey of polychlorinated dioxins, furans (PCDD/Fs) and dioxin-like polychlorinated biphenyls (dl-PCBs) in human milk in China . Chemosphere. (2009) 75(9):1236-42.

14. http://www.hcmagazine.it/autoimg/35.jpg

15. L. T. Baldassarri PCDD/F and PCB in human serum of differently exposed population of an italian city Chemosphere 73 (2008) 5228-34

16 febbraio 2005

2010/02/16Latte Materno ,diossine e PCB

Tratto da Differenzia-ti Latte materno, diossine e PCB
Nel ringraziare come sempre l’impareggiabile Dott.ssa Patrizia Gentilini (autrice del sottostante articolo a carattere scientifico) chiediamo a tutti di far si che questo scritto abbia la massima diffusione.

A dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i nostri bambini e della grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali”

(Bruce P. Lanphear Children’s Environmental Health Center - U.S.A. – Oct. 2006)

Introduzione

Parlare della contaminazione del latte materno da parte di sostanze inquinanti, tossiche e pericolose vuol dire affrontare un argomento che fa venire i brividi al solo pensiero, tanto è lo sgomento che suscita in qualunque persona dotata di un minimo di sensibilità e buon senso. Prendere coscienza del fatto che l’alimento più prezioso al mondo – che non esito a definire “sacro” – contenga ormai quantità elevate di sostanze pericolose e cancerogene, specie se proveniente da mamme residenti in territori industrializzati, è un argomento tabù e che credo non possa lasciare indifferente nessuno. Forse, proprio per questo, tale argomento è fino ad ora rimasto confinato nell’interesse di pochi specialisti del settore e non è mai emerso, con l’attenzione che merita, al grande pubblico. Il fatto di non parlare di questo problema e soprattutto l’averlo affrontato, almeno nel nostro paese, in modo sporadico, volontaristico e non sistematico e su larga scala, non contribuisce tuttavia a risolverlo, anzi, come tutte le cose lasciate nel dimenticatoio, quando un problema di una tal portata emerge rischia di “esplodere”, lasciando spiazzati per i dubbi e gli interrogativi che pone innanzi tutti medici e pediatri, ma, ancor più, ovviamente le mamme che si chiedono quali possono essere le conseguenze di tutto ciò per i loro bambini. Ma perché proprio ora se ne parla?

Antefatto: l’inceneritore di Montale

Il problema è emerso grazie al fatto che due mamme, residenti in area di ricaduta dell’inceneritore di Montale (Pt), si sono volontariamente sottoposte all’analisi del proprio latte grazie a fondi raccolti dal locale comitato contro l’inceneritore. La questione è complessa e per una analisi più dettagliata della travagliatissima storia di questo impianto, si rimanda al documento, a firma del Dott. M. Bolognini, Medico Igienista, scaricabile sul sito dell’Ordine dei Medici di Pistoia. (1) Qui si vuol solo dare una breve descrizione della situazione, in modo da capire bene il contesto in cui si è arrivati all’esame del latte materno per iniziativa dei cittadini. L’inceneritore di Montale tratta 120 ton/giorno (pari a circa 36.000 ton/anno), recentemente autorizzato a 150 ton/giorno (45.000 ton/anno), destinato a bruciare rifiuti urbani ma anche ospedalieri e speciali ed è situato nella piana fiorentina, al confine fra 4 comuni: Agliana, Prato, Montale, Montemurlo. L’impianto ha sempre presentato criticità ed anche in passato erano stati riscontrati superamenti nelle emissioni di diossine, ma, grazie a deroghe, aveva sempre continuato a lavorare. Nel maggio 2007 furono effettuati routinari controlli i cui risultati analitici, comunicati solo in luglio, evidenziarono un importante sforamento per diossine, che fu confermato nella successiva indagine eseguita a distanza di pochi giorni per cui, a distanza di oltre due mesi dalla prima indagine si giunse, il 19 luglio 2007, alla sua temporanea chiusura. Nei mesi di funzionamento, da maggio a luglio, facendo una media delle emissioni, si può stimare che siano stati emessi 50.000.000 ng di diossine ovvero quanto l’impianto avrebbe potuto emettere in quasi un anno e mezzo di attività. Dal 2007 al 2009, anche in seguito alle vivaci polemiche che tutta la vicenda aveva sollevato, da parte di ARPAT ed ASL furono fatte analisi sia di tipo ambientale (suoli, vegetali, ecc.) che su matrici biologiche (uova, carne di manzo, polli, anatre e pesce gatto del locale parco pubblico) secondo la mappa di ricaduta riportata in Fig.1. La media delle diossine nel suolo, secondo il modello di ricaduta fornito da ARPA, ed escludendo un dato del tutto anomalo riscontrato in prossimità dello svincolo autostradale di Pistoia, in via Ciliegiole (sito oggetto di pregresso grave incidente ambientale per incendio di un grande deposito di prodotti per l’agricoltura) è riportato nella Fig. 2.

Fig. 1. Mappa di ricaduta dell’inceneritore di Montale e campionamenti per diossine sul suolo e su carne di pollo.

Figura 2: Distribuzione delle diossine nei suoli (valori medi nelle zone di ricaduta in ng/kg s.s. escludendo il dato di via Ciliegiole).

Come ben si evince dalla Tab. 1, la cosa più eclatante fu il riscontro in 5 su 8 casi di polli esaminati di livelli di diossine superiori a quelli consentiti per la commercializzazione: ciò malgrado, a tutt’oggi, nessun divieto in tal senso è stato comunque emanato.

Analisi su latte materno

Trattandosi di sostanze persistenti e bioaccumulabili, che finiscono per accumularsi nel nostro stesso organismo, passano dalla madre al feto ed anche attraverso il latte, due mamme residenti in area di ricaduta, hanno volontariamente accettato di sottoporre ad analisi il proprio latte, a circa due settimane dal parto. L’indagine è stata eseguita presso il Consorzio Interuniversitario Nazionale la Chimica per l’Ambiente, Via delle Industrie 21/8 di Marghera (Ve) ed il costo è stato sostenuto grazie ai fondi raccolti dal comitato contro l’inceneritore. Il campione A proviene da mamma di 30 anni, alla prima gravidanza, il campione B da mamma di 32 anni, con due pregressi aborti spontanei e due gravidanze a termine con relativi allattamenti. Nessuna delle due presenta patologie di rilievo all’anamnesi, abitudini di vita regolari, alimentazione variata.

Campione A

Totale WHO-PCDD/F –TEQ pg/g di grasso = 3,984 (limite sup 3,986)

Totale WHO – PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 10,621

Campione B

Totale WHO-PCDD/F –TEQ pg/g di grasso = 5, 507 (limite sup 5,507)

Totale WHO – PCDD/F-PCB-TEQ pg/g di grasso = 9,485

Di particolare interesse nel caso in oggetto è il profilo di 12 molecole diossino-simili appartenenti ai Policlorobifenili (PCB dioxin-like) riscontati nei campioni di latte materno che, come si vede dalla Fig. 3, è del tutto sovrapponibile al profilo dei PCB emessi dall’impianto (analisi a camino di ARPA e del gestore) ed al profilo dei PCB riscontrati nella carne di pollo.

Figura 3: Profilo di 12 PCB dioxin-like in: emissioni dell’inceneritore di Montale, polli, latte umano.

Possiamo quindi affermare che i PCB rilasciati dall’impianto di incenerimento attraverso i fumi, ricadono nell’ambiente circostante e lo contaminano gravemente; pertanto il sospetto che proprio l’inceneritore sia il maggiore responsabile della contaminazione riscontrata negli alimenti (polli) e nel latte materno acquista una ragionevole certezza. Ma cosa sono queste sostanze e che effetti possono dare?

Diossine e PCB: cosa sappiamo?

Con il termine di “diossine” si indica un gruppo di 210 composti chimici appartenenti agli idrocarburi policiclici aromatici e formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro. Capostipite di queste molecole è la TCDD (2,3,7,8–tetraclorodibenzo-p-diossina), nota anche come “diossina di Seveso” tristemente famosa in seguito all’incidente occorso ad un reattore di una multinazionale svizzera, la Roche, a Seveso, il 6 maggio del 1976. L’incidente determinò la fuoriuscita di una nube tossica di tale sostanza con contaminazione del territorio e danni alla salute per le persone esposte sia di tipo acuto che a lungo termine. Tali danni si protraggono nel tempo e a tutt’oggi vengono riscontrati e studiati: è di recente pubblicazione, ad esempio, il fatto che i bambini nati da madri coinvolte nell’infanzia nell’incidente di Seveso presentano alla nascita alterazioni della funzione tiroidea in modo statisticamente significativo: ciò significa che anche se questi neonati non sono stati direttamente esposti all’incidente di Seveso le conseguenze dell’esposizione materna si riscontrano a distanza di oltre 30 anni dall’incidente. (2)ùQueste molecole sono divise in due famiglie: policloro-dibenzo–p-diossine (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF o furani); le singole molecole appartenenti a tali famiglie vengono indicate col termine di “congeneri” e, nello specifico, si contano 75 congeneri di PCDD e 135 congeneri di PCDF. Si tratta di molecole particolarmente stabili e persistenti nell’ambiente; i loro tempi di dimezzamento (ovvero il tempo necessario perché la dose si dimezzi) variano a seconda delle molecole e della matrice esaminata: ad esempio per la TCDD i tempi di dimezzamento sono da 7 a 10 anni nel corpo umano e fino a 100 anni nel sottosuolo. Si tratta di sostanze insolubili in acqua e che hanno viceversa una elevata affinità per i grassi. Sono soggette a bioaccumulo, cioè si concentrano negli organismi viventi in misura nettamente maggiore rispetto all’ambiente circostante; nell’uomo la loro assunzione avviene per oltre il 90% per via alimentare, specie attraverso latte, carne, uova, formaggi ecc.. (3) Sia PCDD che PCDF rientrano fra i 12 Inquinanti Organici Persistenti riconosciuti a livello internazionale e messi al bando dalla Convenzione di Stoccolma sottoscritta da 120 paesi, fra cui l’Italia. Le diossine sono sottoprodotti involontari dei processi di combustione e si formano in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di Cloro. Secondo l’ultima edizione dell’inventario europeo delle diossine (4) le principali fonti per l’Italia di produzione di tali inquinanti sono rappresentate dalle combustioni industriali (64.4%), di cui oltre la metà (37% del totale) da incenerimento di rifiuti urbani, il traffico stradale contribuisce solo per l’1.1%. A differenza delle diossine i Policlorobifenili (PCB) sono stati invece prodotti deliberatamente dall’uomo tramite processi industriali. La loro produzione è iniziata negli anni 30 ed è perdurata per oltre 50 anni, fino al 1985, quando sono stati ufficialmente banditi stante la loro pericolosità. Dei PCB si conoscono 209 cogeneri, 12 di questi sono molto affini alle diossine e vengono denominati “dioxinlike”. Anche questi sono composti molto stabili, anche ad alte temperature, decomponendosi solo oltre i 1000-1200 gradi. Sono stati utilizzati sia in sistemi chiusi (trasformatori) che come additivi per ritardanti di fiamma, antiparassitari ecc..

Tossicità

La TCDD (o diossina di Seveso) è stata riconosciuta nel 1997, a 20 anni dal disastro di Seveso ed anche in seguito agli studi fatti sulla popolazione esposta, come cancerogeno certo per l’uomo ad azione multiorgano ed è conosciuta come la sostanza più tossica mai conosciuta; la sua tossicità per l’uomo si misura infatti in picogrammi, ovvero miliardesimo di milligrammo ed è legata alla straordinaria affinità che la diossina ha per il recettore AhR (Aryl Hydrocarbon Receptor), un recettore presente ampiamente nelle cellule umane, ma non solo: esso è infatti presente in vertebrati marini, terrestri e aviari e si è ampiamente conservato nel corso dell’evoluzione.

Patrizia Gentilini, Associazione Medici per l’ Ambiente, 13 Febbraio 2010

Bibliografia

1. http://omceopt.splinder.com/archive/2010-01

2. A. Baccarelli Neonatal Thyroid function in Seveso 25 years after maternal exposure to dioxin PLos Medicine (2008) www.plosmedicine.org 1133-1142

3. A. Schecter et al. Dioxin : an Overview Enivironmental Research 101 (2006) 419-428

4. http://ec.europa.eu/environment/dioxin/pdf/stage2/volume_3.pdf

5. E.Stevenson et al. The aryl hydrocarbon receptor: a perspective on potential roles in the immune system Immunology, (2009), 127, 299–311 299

6. S. Jenkins Prenatal TCDD exposure predisposes for mammary cancer in rats Reprod. Toxicol. (2007); 23(3) 391-396

7. Furst.P et al. PCDD,PCDFs, PCDFs and dioxin-like PCBs in human milk and blood from Germany. Organohalogen Compounds (2002) 55, 251-254

8. Norèn K.et al. Certain organochlorine and organobromine contaminants in Swedish human milk in perspective of past 20-30 years. Chemosphere (2000) 40, 1111-1123

9. Wang S.L. et al. Infant exposure ti polychlorinated dibenzo-p-dioxin, dibenzofurans and biphenyls (PCDD/Fs, PCBs)- correlation between prenatal and postnatal exposure. Chemosphere (2004) 54, 1459- 1473

10. Kuisue T. et al. et a Persistent organochlorines in human breast milk collected from primiparae in Dalian and Shenyang China. Environmental Pollution (2004) 131, 381-392

11. Wittsiepe J. et al. PCDD/F and dioxin-like PCB in human blood and milk from German mothers. al.,Chemosphere, (2007) 67(9): 286-94

12. Tajimi M. et al., PCDDs, PCdfs and Co-PCBs in human breast milk samples collected in Tokio, Japan. Acta Paediatr. (2004) 93(8):1098-102

13. Li J, Zhang L et al. A national survey of polychlorinated dioxins, furans (PCDD/Fs) and dioxin-like polychlorinated biphenyls (dl-PCBs) in human milk in China . Chemosphere. (2009) 75(9):1236-42.

14. http://www.hcmagazine.it/autoimg/35.jpg

15. L. T. Baldassarri PCDD/F and PCB in human serum of differently exposed population of an italian city Chemosphere 73 (2008) 5228-34

14 febbraio 2005

2009/02/142Continua l’offensiva della censura contro i medici ambientalisti"

Tratto da" Il Ponente"

Continua l’offensiva della censura contro i medici ambientalisti

sabato, febbraio 14, 2009
Lettera firmata
NOTA DELLA REDAZIONE: avevamo messo online da soli 5 minuti l’articolo sulla violazione del codice deontologico, quando abbiamo ricevuto questa lettera che ribadisce, in parte, gli stessi punti, ma che approfondisce ulteriormente il discorso e che quindi pubblichiamo per fornire un’informazione ancora più completa su quelli che dovrebbero essere i diritti e i doveri dei medici.

A un elenco già lungo di prevaricazioni va aggiunta l’ ultima provocazione che riguarda la mancata autorizzazione al dottor Paolo Franceschi, Referente dell’ Ordine dei Medici di Savona per l’ Ambiente, a partecipare ad una lezione sui temi dell’ ambiente e la salute, richiesta con lettera formale dal Preside dell’ Istituto Tecnico Commerciale P. Boselli, nell’ ambito di un programma formativo organico che aveva previsto anche una visita guidata alla centrale elettrica Tirreno Power.
In definitiva i ragazzi sono stati “esposti” alle blandizie dei tecnici di Tirreno Power, che avranno rassicurato i ragazzi sull’ assoluta innocuità per la salute della centrale a carbone, ma non hanno poi potuto usufruire, come era negli intenti del corpo docente e del Preside, di una spiegazione fatta da un medico scelto dagli insegnanti stessi per la sua specifica preparazione sulle tematiche ambientali, con la garanzia di una scelta corretta certificata dall’ Ordine dei Medici di savona.
Le giustificazioni addotte dalla ASL, come abbiamo letto sul Secolo XIX , nella persona della Dottoressa Agosti, Direttore Sanitario della ASL stessa, fanno acqua da tutte le parti.
Secondo la dirigente Asl, infatti, la Asl non si occupa di ambiente, di cui si occupa l’ Arpal, per cui se ne deduce che a parlare degli effetti dell’ inquinamento ambientale sulla salute dovrebbe essere qualcuno dell’ Arpal.
Peccato che la dottoressa Agosti non sappia: 1) che di malattie devono parlare i medici
2) che il codice deontologico dei medici, che lei dovrebbe conoscere come ogni altro medico, prevede, all’ articolo 5: “Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente - Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva”.
Pertanto il dottor Franceschi avrebbe dovuto, in base al codice deontologico, non solo partecipare su richiesta, ma anche “promuovere” le iniziative di prevenzione e di promozione della salute individuale e collettiva.
Sempre stando al codice deontologico, il Dottor Franceschi, come si evince al capitolo 1 (Potestà e sanzioni disciplinari): “Il medico deve denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente ad imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga.”
Corre inoltre l’ obbligo ricordare alla smemorata dottoressa che…
“Libertà e indipendenza della professione L’esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione che costituiscono diritto inalienabile del medico.”

Si invita pertanto l’ Ordine dei Medici di Savona a prendere le necessarie misure, anche a livello nazionale, affinché vengano rispettati i diritti - doveri di un medico che si occupa di problemi ambientali, nonostante l’ evidente ostruzionismo che gli viene imposto da ogni parte.

Riceviamo dal Dottor Paolo Franceschi

Cari amici,
mentre Tirreno Power organizza gite formative per le scuole per visitare la centrale di Vado, la ASL mi vieta di parlare ai ragazzi di salute e ambiente.
Di seguito la lettera di una Prof. del Liceo che mi aveva chiesto di parteciapare ad un incontro con gli studenti sulla situazione ambientale.
Ci stanno imbavagliando: prima le circoscrizioni, adesso la ASL.
Paolo Franceschi

Caro Paolo,
ho letto con rabbia la risposta che il direttore generale ha mandato al mio preside.
dice che non autorizza il tuo intervento perche l'educazione ambientale non è di competenza dell'ASL e perche i vostri operatori intervengono per sviluppare tematiche contenute all'interno di progetti e "non per singoli eventi non inseriti in alcuna cornice progettuale". ma si è informato sulla nostra "cornice progettuale"? porca miseria se ce l'abbiamo, e io avevo scritto che chiedevamo l'intervento nell'ambito di un nostro progetto di educazione ambientale! certo avevo preparato una richiesta (firmata dal preside) senza troppi fronzoli, non pensavo ci volesse un faldone di progetto! di solito bastano due righe di richiesta, meglio brevi cosi fanno prima a leggerle... di solito è abbastanza chiaro che cosa fa la scuola quando si occupa di educazione ambientale o alla salute...e la nostra esperienza è che di solito gli enti collaborano volentieri, a meno di situazioni particolarmente critiche di lavoro!
il preside se l'aspettava, e dice che non vale la pena prendersela.
a questo punto ti ringrazio e basta. a meno che tu non sia disponibile a fare una scappata in qualche "buco" del tuo lavoro, ma sinceramente non me la sento di insistere con te. se mi autorizzi, mi faccio portavoce leggendo e commentando qualcuno dei tuoi articoli.

speriamo di riuscire a incrociarci una volta con marco, gli farebbe piacere (anche a me!)

un caro saluto Grazia

03 febbraio 2005

Il punto di Mario Molinari:Maledetti Pennacchi

Tratto da Il punto di Mario Molinari
Maledetti pennacchi

Che cosa esce dalle ciminiere della centrale termoelettrica a carbone di Vado Ligure?

La domanda iniziano a porsela in tanti dopo che le basse temperature di questo periodo hanno reso visibile il poco rassicurante pennacchio di fumo.
Le amministrazioni pubbliche che si sono succedute da queste parti da sempre hanno dato prova di grande lungimiranza in merito, fiammante in questa banale comparazione:

TOSCANA: Superficie 22.990 Km quadrati, 3.718.210 abitanti, 194 per Kmq
Centrali a carbone: ZERO

EMILIA ROMAGNA: Superficie 22.451Km quadrati, 4.360.148 abitanti. 161 per Kmq
Centrali a carbone: ZERO

LIGURIA: Superficie 5.421 Km quadrati, 1.615.441 abitanti, 298 per Kmq
Centrali a carbone: TRE
(La Spezia, Genova - Lanterna, Vado Ligure)

I più furbi.
I risultati si vedono, ma soprattutto si respirano.

Se date un'occhiata tra le immagini riportate in fondo a questo servizio, (sulla destra )ne troverete una che rappresenta la mappa di una Liguria particolarmente variopinta. Purtroppo però, il carnevale non c'entra. I colori si riferiscono ad una misurazione assai complessa della "biodiversità lichenica". Se spiegati, i risultati sono semplici: il rosso raffigura le zone più inquinate. Osservate a Savona e dintorni... L'immagine parla da sé, e non è frutto della mente malata di qualche ambientalista borderline, ma di uno studio della Regione Liguria. Dove meno mutano i licheni, maggiore è l'inquinamento da polveri sottili. Quelle che secondo lo studio pubblicato dai Verdi l'altroieri, farebbero 7200 morti all'anno. A pubblicarlo, persino il TGCom! (vedi foto) I soliti invasati, no?
Tutt'altro.

In Liguria le principali fonti di inquinamento ormai conclamate sono le CENTRALI A CARBONE.


In provincia, studi come questo, non hanno grande fortuna mediatica e vengono illustrati e spiegati in una serie di incontri pubblici che, a parte quello del teatro Chiabrera a Savona, normalmente vengono passati sotto silenzio.

Eppure riguardano la salute di tutti. Strano...

Capiamo che sede della lobby del carbone è Genova, dove Assocarboni arruola una delle più importanti agenzie di comunicazione del Paese, la Barabino & Partners, che sui giornali lavora e soprattutto pesa.

Capiamo anche che Ansaldo è in prima linea nella costruzione di impianti e turbine termoelettriche, con tutto quel che ne consegue.

Capiamo (ma qui non ci vuole molto) che Tirreno Power ha fatto man bassa di spazi pubblicitari sui principali quotidiani e non solo. Ma...

Con l'editoriale "La Mancia", pubblicato su queste pagine all'inizio del dicembre scorso ci eravamo augurati che questa vorace campagna acquisti non avesse il temuto effetto di imbavagliare i mezzi di informazione ( 'che se non altro così respirerebbero aria più pulita). Tutto sommato, ci eravamo sbagliati.

Non solo su questa incredibile vicenda - salvo poche eccezioni - è calato un silenzio tombale, ma viceversa scintillano titoli che inneggiano alla qualità dell'aria nel Savonese. (!!) Poco importa se a sostenere e timbrare questi "dati" sia un associazione "ambientalista" come Legambiente, che ora si scopre essere in società di fatto con una controllata di Sorgenia, cui fa capo Tirreno Power. Ma questo è meglio non scriverlo.

Più utile affrettarsi a tacitare le proteste dei cittadini che scrivono preoccupati, dopo che nelle ultime settimane, grazie alle basse temperature come detto, i fumi di scarico della centrale di Vado Ligure si vedono a occhio nudo. "SOLO VAPORE", rispondono rassicuranti i responsabili. I giornali fanno copia / incolla, pubblicano, e tanti saluti.

Ma se riempi una pentola a pressione di ammoniaca, mettendola sul gas o sul carbone, anche in quel caso ne uscirebbe "solo vapore", ma se lo respiri vai per terra, lungo ma poco disteso.

L'elettore d'altronde è animale visivo. Il problema dunque non è eliminare o ridurre il più possibile le emissioni di polveri sottili invisibili e cancerogene o le loro cause, ma evitare che i fumi si VEDANO, 'che almeno i cittadini stanno buoni e tranquilli.

Questo aspetto emerge anche tra le pieghe dell'Istruttoria di V.I.A. Ministeriale (parere 141 del 13/11/2008) A pag 10 leggiamo testualmente:

"La combustione di gas naturale tra l'altro è tale DA COMPORTARE NEI FUMI L'ASSENZA DI PARTICOLATO E DI INCOMBUSTI (affermazione assai discutibile, n.d.r.) che attualmente, a causa dell'utilizzo di olio combustibile, possono determinare formazione di PENNACCHI VISIBILI".

Maledetti pennacchi.

Occorreva dunque metanizzare almeno l'avviamento dei gruppi a carbone. Un gioco da ragazzi. Il metanodotto SNAM di soli 30 km (30) costruito all'uopo da Cosseria - Case Lidora fino alla centrale termoelettrica di Vado Ligure è un operetta così irrilevante che per vederla per intero dal satellite con Google Earth, occorre alzarsi oltre i 16.000 metri di quota (sic) Una cicatrice visibile nonostante il tentativo di camuffamento a salve con apposita ri-piantumazione (vedi foto)

Capire chi ha pagato cotanto tubo non è cosa per tutti, ma una buona maggioranza scommette su Enel (denaro pubblico illo tempore). Speriamo abbiano torto.

Il metano, chiamato dolcemente "gas naturale" ti fa fare bella figura, e se l'allacciamento miliardario te lo paga l'utente, tanto meglio. Consumarlo, però, costa. Molto più che il carbone: e perchè rimetterci?

Nei fatti una fonte anonima ma attendibile ci confessa che dentro la centrale di Vado Ligure su 16 bruciatori solo UNO funziona a metano. Mica male.

Nelle giornate più fredde possiamo osservare il "vapore" mentre fuoriesce copioso dai gruppi a carbone attraverso la maxiciminiera purpurea lato ponente. Dai due caminetti educati del gruppo a metano, nulla. Mah... vuoi dire che sia spento? (vedi foto)

Maledetti pennacchi...

Il gruppo a metano, quello bello pulito e con i caminetti azzurri, verrebbe attivato SOLO in caso di avarie o di maggiori richieste di potenza. Oltre ai costi la ragione sarebbe anche un'altra, molto semplice: mentre i gruppi a carbone impiegano 8 ore per portarsi a regime, quello a metano ne impiega solo un paio.

Ma l'essenziale non sempre è visibile agli occhi.
Cosa sia contenuto in quei "vapori", e cosa essi producano in termini di ricaduta di polveri sottili, resta un mero dettaglio non degno di cronaca o di analisi troppo approfondite. D'altronde, se l'ARPAL & Tirreno Power dicono che è tutto a posto, si andrà MICA a sindacare?

Invece si, per un motivo molto semplice: qui la gente muore di cancro, prima e più che altrove.

Chi ha lavorato in centrale ne ha viste di belle, e oggi racconta di due / tre morti l'anno solo tra gli ex - lavoratori. Carlo (al contrario del racconto, il nome è di fantasia) nella centrale a carbone di Vado Ligure ci ha lavorato per 30 anni:

"Qualcuno di noi è andato in pensione con anni di anticipo secondo quanto stabilito per gli esposti all'amianto... c'era pure quello. Fino al 2006 le visite mediche sui dipendenti erano scrupolose e frequenti, più che oggi... Quindici anni fa in Centrale eravamo in 600, oggi sono rimasti in 230, ma la proprietà sta cercando di ridurre ancora di più il personale, specie i cosiddetti "normalisti", gli elettricisti e i carpentieri interni, mantenendo i turnisti specializzati: una decina di persone a turno in tutto. Ricordo poi le visite degli ispettori, per la certificazione degli impianti... contava la burocrazia e il colpo d'occhio sulla pulizia apparente, ma dove lavoravamo, nei gruppi, si accumulavano quattro dita di cenere, altro che pulizia nei luoghi di lavoro: neppure spazzando h24 avremmo potuto rientrare in quei paramentri. Sulla sicurezza dei lavoratori, lì si, non si badava a spese: non potevano permettersi il clamore di un incidente grave o mortale." Un contatore geiger per misurare la radioattività? "Non si è mai visto. Neppure quando per produrre 320 MW di energia bruciavamo 480 tonnellate di carbone in 24 ore (quattrocentottanta tonnelate). Tra i miei ex colleghi, sono già morte 25 / 30 persone, speriamo bene..."

Succede dentro e fuori la centrale, certificatissima, per carità.

Chi lo racconta, però, nel migliore dei casi viene timbrato come agitatore da passare per le armi del silenzio e/o del demansionamento a seconda delle categorie professionali.

Ne sanno qualcosa gli organizzatori di una serie di incontri pubblici che hanno come scopo quello di informare la popolazione sulla situazione purtroppo in atto, e sulle sue ricadute dirette sulla salute pubblica. Lo vedremo bene dopo.

Spotorno, giovedì 17 dicembre 2009: sala gremita. A parte la collega de "il Ponente" (e noi) nessun giornalista. Gli interventi del Biologo Virginio Fadda ed i medici pneumologi Agostino Torcello e Paolo Franceschi, dati alla mano, sono pugni nello stomaco, che - con tutta la freddezza scientifica e giornalistica - ti mandano a casa gobbo. Li chiamano i tre moschettieri, ma al posto della spada hanno armi più moderne: lauree, specializzazioni, ricerche scientifiche, comparazioni statistiche. E soprattutto la voglia di capire e di tutelare la salute pubblica, che per un medico è un dovere deontologico.

Difficile sintetizzare in poche parole ma ci proviamo:

- La ricaduta delle polveri emesse dalla Centrale a Carbone di Vado si estende per UN RAGGIO DI 50 KM (vedi foto)
- Le conseguenze sulla salute, pesantissime.

Un esempio? "Dal 1999 al 2002 in Liguria i tassi standardizzati di mortalità generale, tumori totali e tumori ai polmoni risultano sempre superiori ai valori medi nazionali e si assestano fra i valori più alti in Italia. Precisamente per i tumori totali la Liguria si colloca al 5° posto rispetto alle 20 regioni italiane e per i tumori al polmone dal 5° all’ 8° posto. MORTALITA’ PER CAUSA NELLA ASL 2 DEL SAVONESE. Anche per l’ASL 2 del savonese abbiamo a disposizione i tassi standardizzati dell’anno 1999 pubblicati dall’IST (Istituto per la ricerca sul cancro) di Genova e suddivisi per sesso: Nei maschi il TST riferito a 100.000 abitanti per i tumori ai polmoni raggiunge il valore più alto delle 4 ASL liguri e paragonabile a quello della Regione Lombardia (massimo delle 20 regioni italiane). Così anche risultano alti i TST, massimi in Liguria e con trend in aumento, per tumori totali , leucemie e linfomi non Hodgkin. Nelle femmine il TST riferito a 100.000 abitanti per tumori totali è il più alto delle 4 ASL liguri con un trend in aumento, così come massimo in Liguria risulta quello per il tumore alla mammella ." (Fadda, Torcello in una lettera/dossier indirizzata a tutti gli organi istituzionali competenti)

Ti dici: mah... con una situazione del genere nei prossimi giorni i quotidiani non parleranno d'altro. Invece niente. Silenzio.

Ad organizzare altri incontri di questo tipo insieme ad esperti e comitati, con posizioni nette e soprattutto comprensibili ai più, praticamente solo l'IDV, per la cronaca.

Giovanni Baglietto e Marco Caviglione (entrambi medici, tra l'altro) hanno già avuto parecchi grattacapi con gli alleati del PD, che tentennano accusandoli in sostanza di non capire il "nuovo carbone pulito"...

(nota a margine: da due mesi e mezzo attendiamo un'intervista / posizione in merito dal presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. Aspettiamo.)

Giovanni Baglietto (IDV) ha viceversa una posizione chiarissima: "La piattaforma Maersk? E' una porcata senza senso, e basta" E la centrale a carbone di Vado Ligure? "Una porcata bis, all'ennesima potenza. Per prima cosa no al potenziamento, e poi, nel medio termine, l'obiettivo è la sua conversione con altri sistemi di produzione dell'energia. Siamo nel semplice buon senso."

Il buon senso su cose come questa, viene contrabbandato per oltranzismo da chi queste "porcate" le vuole.

Gli incontri proseguono, la gente partecipa e ascolta, attonita. Dopo i dibattiti, pongono domande e preoccupazioni a cascata. Il 26 novembre a Celle Ligure, il 15 gennaio ad Albissola Marina, il 22 gennaio a Savona, l'ultimo in ordine di tempo quattro giorni fa a Vado Ligure. Qualcuno l'ha letto?

Al termine del dibattito si alza in piedi un signore e chiede, deciso: "Perchè Tirreno Power non ha la certificazione IPPC?" Urca. Silenzio. Assenso.

La domanda è buona infatti: Esiste ed è in vigore il Decreto Legislativo del 4 agosto 1999 n°372 in attuazione della direttiva 96/61CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) In provincia di Savona il termine ultimo per la presentazione delle domande di autorizzazione venne fissato con Atto Dirigenziale n° 5034 del 02/07/2004 per il 15 novembre 2004.

A non aver ottemperato sembrerebbero essere:
- Italiana Coke - Cairo Montenotte
(Il 30/11/2009, cinque anni dopo, la Provincia di Savona si è rassegnata a dar incarico ad un avvocato esterno per € 5000 per capire come uscirne)
- Ecosavona (discarica)
- Ecoter - Magliolo (discarica)
- Ramognina - Varazze (discarica)
- Tirreno Power - Vado Ligure

Un bel quadretto.

Attendiamo speranzosi smentite e, curiosi, eventuali salvacondotti.

Digitando su Google "Tirreno Power IPPC" incappiamo poi in una pagina che fu dell'omonimo sito (http://www.tirrenopower.com/News.aspx) oggi rimossa. resta traccia nella cache di un comunicato stampa del 05/04/2007 nel quale Tirreno Power prometteva una serie di cose tra le quali:

"Miglioramento ambientale
Le misure di miglioramento riguardano:
• il quadro delle emissioni relativo al territorio circostante la centrale (ossidi di zolfo, ossidi di azoto e polveri)
• il quadro delle emissioni nazionale (anidride carbonica)
• lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili
• la razionalizzazione dell’uso delle materie prime
• l’inserimento visuale unitario ed armonioso dell’intero complesso

Per quanto riguarda gli ossidi di zolfo la riduzione attesa è del 7,3 %, gli ossidi di azoto del 1,1 % e per le polveri il 3,2%.

Energie rinnovabili

Nel campo delle energie rinnovabili sono numerose le iniziative previste per aumentare le produzione, in particolare:

• rinnovamento del parco idroelettrico
• realizzazione di nuove unità idroelettriche nell’Appennino ligure-piemontese
• realizzazione di impianti fotovoltaici distribuiti
• realizzazione di impianti di cogenerazione termoelettrica alimentati a biomassa
• realizzazione di sistemi di teleriscaldamento a servizio dei Comuni di Savona, Vado Ligure e Quiliano
• realizzazione di parchi eolici distribuiti"

Parola di Tirreno Power. Tanto ci tenevano che da allora non si è visto niente. Prima il fruttuoso ampliamento a carbone, POI il resto.
Di nuovo, attendiamo speranzosi smentite.
Restiamo fisicamente sul carbone, prima che vada a fuoco nelle caldaie della centrale di Vado. Mentre a Cairo Montenotte procede il progetto di copertura dei depositi, sotto la centrale di Tirreno Power a Vado di coperture (fisiche) non se ne vede neppure l'ombra, nonostante gli ingenti fatturati in energia "sensibile". Con Google earth è abbastanza semplice calcolare le superfici: Oltre 41.000 metri quadri di colline di carbone troneggiano e vengono movimentate all' aperto dietro la centrale di Vado Ligure. Per arrivarci il carbone scorre dalle banchine della rada lungo un'ottocentesca rete di nastri trasportatori in abito da sera, che vista da vicino ricorda l'inferno. La polvere di carbone è ovunque, specie negli "snodi" dove il minerale passa da un nastro all'altro. Vedere per credere qui: http://www.youtube.com/watch?v=W5Vjbvpi3j8

Questo il carbone PRIMA che venga bruciato. E dopo? La storia è ancora lunga e per oggi ci fermiamo qui. Nel frattempo, se avete coraggio e volete sapere di più, consigliamo a tutti di partecipare ad uno di questi incontri, e di farci avere un vostro parere. O di aspettare che qualcuno ne scriva.

Finendo l'inverno, il bello deve venire.
Mario Molinari

Martedì 02 Febbraio 2010