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30 settembre 2016

Salvare le tigri del Bengala e le Sundarbans dalla centrale a carbone.

Tratto da Greenreport

Salvare le ultime tigri del Bengala e le Sundarbans dalla centrale a carbone

In Bangladesh un mega-progetto che fa molto discutere. Unesco contraria
[30 settembre 2016]
Avaaz ha lanciato la petizione “Let’s save the home of the last tigers!” nella quale denuncia che Deutsche Bank e JPMorgan stanno provando a costruire una centrale a carbone a Rampal, in Bangladesh, proprio accanto alla foresta delle Sundarbans dove vivono le ultime tigri del Bengala.  Secondo Avaaz questo è un esempio  del nostro distacco dalla natura e dall’avidità impazzita delle multinazionali.
Nei giorni scorsi  è trapelato un rapporto di 50 pagine dell’Unesco con pesanti obiezioni sulla costruzione della centrale a carbone di Rampal che danno ragione alla crescente opposizione all’impianto di diverse associazioni ambientaliste del Bangladeh e internazionali.
Il rapporto è stato inviato al governo di Dhaka l’11 agosto e l’Unesco sottolinea che le Sundarbans,  patrimonio mondiale dell’umanità, con la più grande foresta di mangrovie e la sua biodiversità saranno pericolosamente influenzate se verrà costruita la centrale a carbone di Rampal. Per questo l’Unesco ha consigliato al governo del Bangladesh di spostare la centrale in un luogo meno delicato, anche perché la Valutazione di impatto ambientale (Via) del progetto è incompleta. Il governo di Dhaka dovrà rispondere entro l1 ottobre al rapporto inviato da Mechtild Rössler, direttrice del Centro del Patrimonio mondiale dell’Unesco.
La centrale di Rampal dovrebbe essere costruita a circa 14 chilometri dalle Sundarbans e sarà uno degli argomenti centrali della 40esima sessione del Comitato del Patrimonio mondiale in programma dal 24 al 26 ottobre in Francia. Il rapporto lascia intendere che l’Unesco potrebbe dichiarare e Sundarbans come sito a rischio del patrimonio mondiale.  Già a luglio  la 39esima sessione del Comitato del Patrimonio mondiale dell’Unesco aveva espresso grande preoccupazione per il fatto che la centrale a carbone di Rampal avrebbe danneggiato le Sundarbans e aveva chiesto al Bangladesh quali iniziative intendeva prendere il governo per ridurre al minimo gli effetti negativi. Prima ancora dell’Unesco, il segretariato della Convenzione di Ramsar, l’organismo Onu che protegge le zone umide del pianeta,  aveva espresso preoccupazione per la centrale Rampa e ad agosto  177 organizzazioni di tutto il mondo avevano inviato lettere alla  Exim Bank of India invitandola a non finanziare la centrale di Rampal. In diversi Paesi del mondo sono state organizzate catene umane per manifestare l’opposizione alla centrale di Rampal e difendere le Sundarbans, le tigri, le mangrovie e la biodiversità. Ma il governo di Dhaka resta fermo nella sua decisione di costruire la centrale e ha già concluso un accordo con la Exim Bank of India per un prestito.
Ma Deutsche Bank e JPMorgan difficilmente potranno ignorare il parere dell’Unesco, anche perché  Avaaz denuncia già «un mega-scandalo globale» che riguarda le due grandi banche occidentali e promette che farà in modo che i loro azionisti chiedano di non finanziare la centrale a carbone. Anche se Avaaz accusa Deutsche Bank e JPMorgan di far parte dell’affare, per ora proprio i timori ambientali hanno tenuto le grandi banche occidentali lontano dalla centrale e alla fine solo la  Indian export import bank ha emesso un prestito da 1,6 miliardi di dollari. Tre banche francesi – Crédit Agricole, BNP Paribas e Société Générale – hanno detto che non investiranno nel progetto di Rampal e prima due fondi pensionistici norvegesi avevano ritirato i loro investimenti a causa di una controversia con la National Thermal Power Corporation (Ntpc) indiana che dovrebbe costruire la centrale.

Alla vigilia della COP22 :Perché l’Ue ha fretta di ratificare l’accordo sul clima?

Tratto da Rinnovabili.it

Alla vigilia della COP22 di Marrakesh

Perché l’Ue ha fretta di ratificare l’accordo sul clima? 


I tanto declamati danni all’immagine e alla credibilità del vecchio continente sono solo la foglia di fico. In realtà Bruxelles rischia l’estromissione dalle decisioni che contano davvero 
Risultati immagini per accordo sul clima di parigi 
(Rinnovabili.it) – Sulla ratifica dell’accordo sul clima di Parigi l’Unione Europea è ancora la grande assente. Ma qual è la reale posta in gioco? È davvero solo una questione di immagine, di credibilità, che sarebbero calpestate se i Ventotto si presentassero a mani vuote alla COP22 di Marrakesh, al via il 7 novembre, dove l’accordo sembra proprio che entrerà in vigore? E per l’Italia sarebbe soltanto un problema di onore offeso, in quanto membro fondatore dell’Unione ma diversi vagoni più indietro della locomotiva franco-tedesca? Come spesso capita quando in ballo ci sono economia e interessi globali, la facciata ridipinta di “spirito di Ventotene” nasconde aspetti decisamente più prosaici. E per comprenderli bisogna fare una veloce incursione negli aspetti tecnici (ma non troppo), tenendo a portata di mano calcolatrice e calendario.

A che punto è la ratifica dell’accordo sul clima

La tabella di marcia per l’entrata in vigore del patto sul clima ha subito un’accelerazione decisiva con la ratifica da parte di Usa e Cina al recente G20 di Hangzhou. Nei giorni scorsi alla conferenza Onu a New York ai due più grandi inquinatori del pianeta si sono poi aggiunti altri Stati. E le loro firme sono state un giro di boa. L’accordo di Parigi infatti ha due clausole: deve avere la firma di almeno 55 Stati, che rappresentino almeno il 55%  delle emissioni globali. Due calcoli e vediamo che i paesi che hanno ratificato sono ormai 60, la prima soglia è superata. Ma “pesano” soltanto per il 47,5% delle emissioni. Ma a breve anche India e Giappone aggiungeranno la loro firma e i requisiti saranno entrambi soddisfatti. L’Unione Europea resta fuori da tutto questo.

La stanza dei bottoni si chiama CMA

accordo sul climaÈ un problema? Sì, di immagine. Ma non solo. Perché con questa tempistica significa che alla COP22 l’accordo di Parigi entrerà davvero in vigore. E con l’entrata in vigore si innescano altri meccanismi, importantissimi. A questo punto la questione di immagine si rivela per quello che è: una questione di potere, potere contrattuale. Infatti a Marrakesh, un secondo dopo l’entrata in vigore dell’accordo, verrà creata la “Conference of the Parties serving as the meeting of the Parties to the Paris Agreement”, nome ridondante abbreviato in CMA.
Chi ne fa parte? Solo gli Stati che hanno ratificato. E quali compiti ha il CMA?Supervisionare l’accordo, decidere come e con quali tempi deve essere implementato. Ma a quel tavolo l’Ue non siederà senza la ratifica dei Ventotto. E non potrà aver voce in capitolo: saranno altri i centri decisionali, i luoghi dell’agenda setting, ben distanti da Bruxelles. Questo non è più soltanto un danno all’immagine del vecchio continente, bensì un pericolo reale perché impedisce di contrattare le condizioni migliori – non necessariamente per il clima, ma per l’industria e l’economia europee certamente sì.

La contromossa dell’UE

La soluzione potrebbe arrivare il 4 ottobre. In programma una seduta del Parlamento che potrebbe procedere alla ratifica a livello comunitario, usando quella firma per accedere al CMA. Infatti in Ue soltanto Francia, Ungheria, Austria e Slovacchia hanno detto sì all’accordo, e la Germania dovrebbe unirsi al gruppo nel volgere di qualche giorno (l’Italia non ha nemmeno calendarizzato una seduta parlamentare dedicata). Per evitare che i membri ritardatari strepitino per la forzatura di Bruxelles, che di fatto scavalca la sovranità dei singoli Stati, secondo fonti di Euractiv sarebbe pronta una dichiarazione di Consiglio e Commissione in cui si assicura che la mossa non costituisce un precedente per altre decisioni future.

29 settembre 2016

Ispezioni a Pechino:Carbone e acciaio inquinano troppo anche per la Cina.

Tratto da Rinnovabili.it

La decisione della Commissione per lo sviluppo nazionale e le riforme

Carbone e acciaio inquinano troppo anche per la Cina

  • Pechino ha condotto migliaia di ispezioni alla filiera delle due industrie pesanti più inquinanti del Paese, bloccando molte compagnie per violazioni delle norme ambientali e di sicurezza

(Rinnovabili.it) – E’ circondata da un alone di mistero la decisione della Cina di imporre uno stop a diverse compagnie del carbone e dell’acciaio. Con un provvedimento privo di dettagli, la Commissione per lo sviluppo nazionale e le riforme (NDRC), un ente governativo, ha punito centinaia di aziende con il blocco o il taglio della produzione. 
Tra le motivazioni addotte figurano violazioni dei regolamenti in materia ambientale e di sicurezza, irregolarità riguardo al consumo energetico e infrazione degli standard di qualità.
Una delle spiegazioni possibili di questo giro di vite su larga scala è la recente ratifica dell’Accordo di Parigi, che impegna la Cina a ridurre le proprie emissioni. Un passo necessario in questa direzione è appunto la chiusura (o lo svecchiamento) di parte delle principali industrie pesanti della nazione, quelle del carbone e dell’acciaio su tutte, dal momento che rappresentano la maggior fonte di inquinamento del Paese.
 Nei prossimi 5 anni la Cina si è impegnata a tagliare la produzione di carbone di 500 mln di t.
Continua a leggere qui 

Salute a rischio. L’inquinamento ci sta uccidendo.“Nel 2012, una persona su nove è morta a causa dell'inquinamento dell'aria”.

Tratto da Dazebaonews
Salute a rischio. L’inquinamento ci sta uccidendo

 
In una ricerca pubblicata ieri l’OMS l’Organizzazione mondiale per la sanità ha dichiarato che il 92 per cento della popolazione mondiale vive in centri urbani dove sono presenti inquinanti atmosferici che superano i livelli limite. 

L’analisi, basata anche sulle rilevazioni effettuate dai satelliti, arriva alla vigilia del summit di Marrakech (COP22). Le aspettative in vista del nuovo incontro sulle emissioni di CO2 erano alte dato che, se da una parte il limite minimo dei paesi che avrebbero dovuto sottoscrivere l’accordo era stato raggiunto (il 55%), non era ancora stata superata la soglia dei paesi responsabili delle emissioni (e questo nonostante l’adesione di Cina e USA nei giorni scorsi anche se con notevole ritardo sulla tabella di marcia).

I dati rilevati dai tecnici dell’OMS in quasi 3.000 siti in tutto il pianeta hanno fornito valori praticamente doppi rispetto all'ultima valutazione. Sono stati analizzati i valori di particolato ma anche di solfati, nitrati, ammoniaca, cloruro di sodio e polveri. Si tratta di valori che già adesso (e non nel 2030 data prevista per la riduzione dell’aumento delle temperature medie del pianeta previste dagli accordi della COP21) stanno avendo effetti devastanti sulla salute: “Nel 2012, una persona su nove è morta a causa dell'inquinamento dell'aria”. Il numero di decessi attribuibili sia l'inquinamento dell'aria interna ed esterna è pari a circa 6,5 ​​milioni.

A pagare il prezzo di tutto questo sono soprattutto le categorie più deboli: “L'inquinamento atmosferico continua ad avere un costo sulla salute delle popolazioni più vulnerabili - donne, bambini e gli anziani” ha detto in un comunicato stampa la dott.ssa Flavia Bustreo, assistente direttore generale presso l'OMS. “Perchè le persone godano di una buona salute, devono respirare aria pulita dal loro primo respiro fino all'ultimo”. ....

Cosa produce così tanto inquinamento? I ricercatori non hanno dubbi: le cause sono da ricercare in “modi inefficienti di trasporto, nel consumo di combustibili fossili per uso domestico e nella combustione dei rifiuti, nelle centrali elettriche a carbone e nelle attività industriali”. Pochi gli effetti dovuti a fonti non riconducibili all'uomo, come le tempeste di sabbia.

Si tratta di dati importanti in quanto si scontrano pesantemente con tutte le scelte a medio lungo periodo adottate dalla maggior parte dei paesi maggiori responsabili dell’inquinamento. ......

Duro il commento di Maria Neria, direttore della salute pubblica dell'OMS e del Dipartimento ambiente: “Ora abbiamo i dati di quanti cittadini sono muoiono di inquinamento atmosferico. Ora non ci sono scuse per non agire”. In Italia i morti per queste cause sono circa 21mila (6.400 per cancro ai polmoni, 5.800 per ictus, 8.300 per malattie cardiovascolari). La zona maggiormente inquinata secondo gli esperti dell’OMS sarebbe proprio quella maggiormente industrializzata che va dalla Lombardia alla pianura Padana.

A leggere questi dati e a vedere il numero di morti causati dall’inquinamento viene da riflettere su uno di quelli che all’inizio del 2000 erano stati inseriti tra i Millenium Goals, gli Obiettivi per il millennio: la “riduzione sostanziale”, entro il 2030 dei morti e delle malattie causate dall’inquinamento dell’aria. Un obiettivo che, come molti altri, sembra ben lontano dall’essere stato raggiunto.

27 settembre 2016

Oms, il 92% della popolazione mondiale respira aria inquinata.In Italia 21mila morti

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Inquinamento, il 92% della popolazione mondiale respira aria sporca: in Italia 21mila morti

Inquinamento, il 92% della popolazione mondiale respira aria sporca: in Italia 21mila morti
Un’aria sporca che miete milioni di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi poveri e più esposti ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti, centrali a carbone e rifiuti inceneriti
Che l’aria della Terra fosse inquinata era un dato ormai assodato, ma stupisce sapere che nel mondo meno di una persona su dieci ha la fortuna di respirare aria buona: il 92% della popolazione mondiale vive in aree in cui l’inquinamento atmosferico supera il limite massimo stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Un’aria sporca che miete milioni di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi poveri e più esposti ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti, centrali a carbone e rifiuti inceneriti. Sono tre milioni le morti associabili ogni anno all’inquinamento atmosferico all’aperto, ma anche l’aria che si respira al chiuso, in casa e nel luogo di lavoro, può essere ugualmente letale. Nel 2012 l’Oms stima che siano 6,5 milioni i decessi legati all’inquinamento indoor e outdoor: ogni nove persone che muoiono nel mondo, una cade anche per via di quello che ha inalato. Circa il 90% delle morti riguardano Paesi a reddito medio-basso, e i due terzi si registrano nel Sudest asiatico e nel Pacifico occidentale. Il 94% dei decessi, prosegue l’Oms, è dovuto a malattie non trasmissibili: malattie cardiovascolari, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni.
Nel mondo – riporta l’Ansa – è la Cina il Paese che paga il prezzo più alto per le polveri sottili in termini di vite, con oltre un milione di decessi in un solo anno. Per l’esattezza nel 2012 sono stati 1,03 milioni i cinesi morti per cause riconducibili alla scarsa qualità dell’aria, in India 621 mila e in Russia 140 mila.
In Italia le morti si attestano intorno alle 21mila, di cui circa 6.400 per cancro ai polmoni, 5.800 per ictus, 8.300 per malattie cardiovascolari. La Penisola conta più vittime rispetto a Francia(11mila), Spagna (6.800) e Regno Unito (16mila). La Germania ne ha 26mila, la Polonia 26.600, l’Ucraina addirittura 54mila, ma non mancano le oasi felici come la Svezia, che arriva appena a 40. Nel resto del globo, in Usa l’aria inquinata fa 38mila vittime, in Giappone 30mila, in Australia solo 93.
A livello demografico, tubi di scappamento, camini e centrali elettriche non danneggiano tutti in egual misura. “L’inquinamento atmosferico continua a colpire le fasce di popolazione più vulnerabili: donne, bambini e anziani”, spiega Flavia Bustreo, vice direttrice generale dell’Oms. “Per essere in buona salute, le persone dovrebbero inalare aria pulita dal primo all’ultimo respiro”. Obiettivo che al momento appare irraggiungibile, ma verso cui la comunità internazionale si sta orientando. Un anno fa tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile è stata inserita la “riduzione sostanziale” entro il 2030 di morti e malattie per inquinamento dell’aria.

Tratto da Ansa

Oms, 92% della popolazione mondiale respira aria inquinata

Sono 6,5 milioni/anno le morti per inquinamento outdoor e indoor

Il 92% della popolazione mondiale vive in aree in cui l'inquinamento atmosferico supera il limite massimo stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). A dirlo è un nuovo studio della stessa Oms, che offre una mappa interattiva sulla qualità dell'aria in tremila città.



Sono tre milioni le morti associabili ogni anno all'inquinamento atmosferico all'aperto, ma anche l'aria che si respira al chiuso, in casa e nel luogo di lavoro, può essere ugualmente letale. Nel 2012 l'Oms stima che siano 6,5 milioni - pari all'11,6% del totale - i decessi associati all'inquinamento indoor e outdoor.

Circa il 90% delle morti riguardano Paesi a reddito medio-basso, e i due terzi si registrano nel Sudest asiatico e nel Pacifico occidentale. Il 94% dei decessi, prosegue l'Oms, è dovuto a malattie non trasmissibili - malattie cardiovascolari, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni. L'inquinamento dell'aria, inoltre, aumenta il rischio di infezioni respiratorie acute.

26 settembre 2016

Ilva, nuovo dossier riaccende l'allarme. Isde: la prevenzione primaria è indispensabile

Tratto da  Doctor33
Ilva, nuovo dossier riaccende l'allarme. Isde: prevenzione primaria è indispensabile

È l'ennesimo dossier su Taranto: prodotto e diffuso pochi giorni fa da PeaceLink, si chiama "Non toccate quelle polveri" e conferma l'emergenza ambientale che persiste nella città pugliese, nonostante la causa, l'acciaieria Ilva, sia ormai nota e denunciata da decenni. 

Ci sono tuttavia alcuni nuovi dati: prima di tutto il fatto che solo una parte delle polveri industriali che ricadono su Taranto viene monitorata, mentre altre si depositano a terra e si possono risollevare, soprattutto quando c'è vento. 
E proprio nelle giornate ventose aumentano infarti e ictus, perché l'impatto dell'inquinamento non è solo a lungo termine, con un aumento dei tumori. Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, intervenendo al congresso dei presidenti degli Ordini dei medici, ha chiesto il loro impegno per "fermare la strage"
Ma secondo Agostino Di Ciaula, referente regionale per la Puglia dell'associazione Isde di medici per l'ambiente, siamo di fronte a un paradosso, perché le responsabilità sono tutte politiche e i medici non si sono mai tirati indietro: «sono anni che lavorano sul problema ambientale e sanitario di Taranto e nel 2013 la Fnomceo ha dedicato a questo un intero convegno». 
Di Ciaula riconosce a Emiliano una sensibilità "che altri non hanno avuto", «ma la questione si gioca a livello nazionale e negli ultimi quattro anni ci sono stai ben dieci decreti legge "salva-Ilva", che sono stati scritti in maniera assolutamente indipendente dalla tutela ambientale e sanitaria, privilegiando di fatto la produzione dell'acciaio su qualunque altro diritto, soprattutto quello alla salute; questi decreti sono ora all'attenzione della Corte per i diritti umani di Strasburgo».

Secondo Di Ciaula, si è creato un modello di salute pubblica in cui ci si limita a quantificare periodicamente i danni prodotti dagli inquinanti ambientali, dimenticando completamente qualunque possibilità di prevenzione primaria: «In questo caso non si tratta di fare diagnosi o terapia, ma di prevenzione; occorre rimuovere le cause note degli eccessi di patologie che colpiscono gli abitanti di Taranto, dall'età intrauterina in poi».

Entro il 2030 l’Olanda chiuderà tutte le sue centrali a carbone?

Tratto da Rinnovbili.it

L’Olanda chiuderà tutte le sue centrali a carbone


  • La legge appena approvata dal parlamento impegna il governo a tagliare le emissioni del 55% entro il 2030: per raggiungere questo obiettivo bisognerà chiudere tutte le centrali a carbone del Paese
L’Olanda chiuderà tutte le sue centrali a carbone

(Rinnovabili.it) – Il parlamento olandese ha appena approvato 
una legge per tagliare le emissioni di CO2del 55% entro il 
2030, e già del 25% entro il 2020. Il passo è importante per 
due motivi. Primo, mette l’Olanda in linea con le misure da
 adottare per rispettare l’accordo di Parigi, e anzi la catapulta 
tra i Paesi più virtuosi d’Europa da questa prospettiva. Secondo,
 per rispettare il contenuto della legge sarà necessario chiudere
 tutte le centrali a carbone, anche quelle appena entrate in
 funzione.
Il voto è arrivato in maniera quasi inaspettata, come lascia
 intuire il risultato: 77 favorevoli contro 72 contrari. Va però
 sottolineato che la misura approvata non è vincolante: resta 
quindi tutto lo spazio di manovra per fare marcia indietro. 
Ma per il momento sembra che la politica sia intenzionata ad
 andare proprio in direzione della rinuncia totale a una 
fonte altamente inquinante come il carbone e rivedere completamente
 il mix energetico del Paese del nord Europa. Sia il partito liberale
 che quello laburista infatti promettono di spingere fin da subito per
 accelerare l’implementazione della legge....

“Chiudere i grandi impianti a carbone anche se aperti di recente
 – ha affermato al Guardian Stientje van Veldhoven, parlamentare
 liberale – è di gran lunga il modo più efficace dal punto dei vista dei
 costi per raggiungere gli obiettivo dell’accordo di Parigi, e ogni Paese
 dovrà prendere misure di questo tipo. Non possiamo 
continuare a considerare il carbone come la fonte di 
energia più economica, quando è la più costosa dal punto 
di vista del clima”.

Clima, Obama rilancia la lotta al carbone: verso -40% per le emissioni

Tratto da  ItaliachiamaItalia

Clima, Obama rilancia lotta a carbone: verso -40% emissioni

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama rilancia la lotta al cambio climatico, dichiarando guerra all’inquinamento atmosferico. L’agenzia federale Usa che si occupa di ambiente, la Environmental Protection Agency (Epa) ha presentato un piano molto ambizioso che prevede per la prima volta limiti molto rigidi alle emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche di nuova costruzione, a gas ma soprattutto a carbone. Secondo le nuove regole che saranno in vigore entro l’anno, i futuri impianti dovranno ridurre le loro emissioni di diossine del 40%. Si tratta di un impegno molto gravoso sotto il punto di vista economico visto che i nuovi standard richiedono l’adozione di tecnologie molto avanzate, ma anche molto care, allo scopo di tutelare l’atmosfera contro l’effetto serra, responsabile di enormi stravolgimenti per la vita del pianeta.

Una mossa dell’amministrazione dal grande significato politico che rimette la questione della difesa dell’ambiente al centro dello scontro tra la Casa Bianca e la destra repubblicana, tradizionalmente vicina alla lobby dei produttori di energia. In tanti non hanno preso per nulla bene che Obama abbia deciso queste misure per decreto, senza il via libera dal Congresso. Tanto che il Washington Post si dice pressoche’ certo che queste nuove regole verranno contestate dagli industriali a colpi di ricorsi in Tribunale. ”Nella lotta per il clima, Obama mette il carbone nel mirino”, sintetizza Politico.com. La responsabile dell’Epa, Gina McCarthy, tenta di calmare le acque: ”Il nostro obiettivo e’ solo quello di trattare le centrali a carbone come tutte le altre industrie, chiedendo loro di rispettare le leggi che difendono la qualita’ dell’aria”. Ma il settore reagisce con rabbia dicendo che i costi aggiuntivi per risanare gli impianti saranno enormi, praticamente insostenibili. Hal Quinn, presidente della National Mining Association, il gruppo delle aziende che estraggono il carbone ha dichiarato cosi’ la sua netta opposizione: ”Con queste nuove regole di fatto si mette al bando il carbone dal mercato energetico americano. L’Epa in modo irresponsabile sta giocando con il futuro economico e energetico della Nazione”. Al momento il carbone fornisce circa il 37% dell’intera produzione elettrica americana. E i critici di Obama temono che le nuove regole possano far esplodere il costo delle bollette. Ma gli ambientalisti assicurano che non c’e’ nessun pericolo in vista: John Thompson, capo della Fossil Transation Project, un’organizzazione che spinge per l’energia verde, sostiene che lo scenario peggiore prodotto dai nuovi standard porterebbe al’aumento del costo dell’energia elettrica del 13% nei prossimi 30 anni. ”Non neghiamo che ci sara’ un costo associato ai nuovi standard. Tuttavia – ha replicato la McCarthy – ogni tecnologia di prima generazione e’ sempre piu’ cara delle precedenti. Ma in gioco c’e’ la salvezza del pianeta”.

25 settembre 2016

Ecologia della vita quotidiana. Inquinamento e salute dei bambini

Tratto da Peacelink
Ecologia della vita quotidiana

Inquinamento e salute dei bambini

Alcune norme per ridurre l'esposizione agli inquinanti, valide in particolare durante allattamento
25 settembre 2016 - Annamaria Moschetti (pediatra)
Ho completato e inviato il capitolo su "Latte materno ed inquinanti " che ho scritto per la seconda edizione del Libro "Inquinamento e salute dei bambini" (Pensiero Scientifico Editore).
Ecodidattica Kids

In anteprima , trascrivo la parte sulle norme per ridurre l'esposizione agli inquinanti.
1. Lavare bene la frutta e la verdura che siano preferibilmente di stagione.
 
2. Evitare l'uso di pesticidi in casa e nel giardino.
 
3. Preferire i cibi che sono in una posizione il più in basso possibile della catena alimentare, come cereali, legumi e ortaggi.
 
4. Limitare il consumo dei latticini soprattutto quelli più grassi e preferire l’olio di oliva al burro.
 
5. Diminuire il consumo di carni rosse, eliminando con cura il grasso in eccesso. Eliminare la pelle e il grasso in eccesso dal pollame.
 
6. Evitare di mangiare pesci o mitili che provengano da acque riconosciute come inquinate. Preferire pesci di piccole dimensioni e poco grassi. Togliere la pelle ai pesci più grassi.
 
7. Evitare in allattamento e gravidanza diete dimagranti che immettano nel sangue all'improvviso maggiori quantità di fattori inquinanti liposolubili, come i POP (inquinanti persistenti organici).
 
8. Evitare di fumare sigarette e di bere alcool poiché i livelli dei fattori inquinanti più elevati sono stati rilevati nelle persone che fumano e bevono alcoolici.
 
9. Mantenere un buon introito di calcio e ferro nella dieta. 
10. Preferire prodotti provenienti da agricoltura biologica.

Queste indicazioni, che divengono rigorose durante l’allattamento e la gravidanza, rappresentano buone norme per ridurre l’esposizione agli inquinanti in ogni periodo della vita

Il 27 Settembre Paul Connett a Livorno- No inceneritori

Tratto dall' Evento Facebook 

 Il 27 Settembre Paul Connett a Livorno- No inceneritori

Il Coordinamento provinciale Rifiuti Zero Livorno ed il presidente di Zero Waste Italy, Rossano Ercolini, ospiteranno il prossimo 27 settembre (ore 21, Circoscrizione 1 via Gobetti) a Livorno il prof. Paul Connett, lo scienziato che ha sconfitto la lobby degli inceneritori in USA, per un incontro con la cittadinanza, dopo la presentazione del piano Aamps che prevede un aumento di rifiuti importati da incenerire a Livorno.

Il sindaco di Livorno è invitato.

"Paul Connett è uno scienziato statunitense.
Professore di chimica e tossicologia (St. Lawrence University) ed attivista ambientale tra i fondatori della strategia Rifiuti Zero.
Laureato alla Cambridge University, ha conseguito un Ph.D. presso il Dartmouth College, professore alla St. Lawrence University dal 1983 al 2006 ed oggi professore Emerito. Si è impegnato sulle indagini scientifiche contro la pratica della fluorizzazione dell'acqua.
Connett si è opposto all'incenerimento come metodo di gestione dei rifiuti solidi urbani, basandosi sull'analisi chimica dei sottoprodotti del processo:
la sua attività di attivista lo ha condotto a fare oltre 1700 presentazioni pubbliche in 49 Stati degli Stati Uniti, cinque province canadesi e in 44 altri paesi del mondo.
Sul tema ha scritto molti articoli sulla diossina. 
In Italia è presidente del comitato scientifico della commissione Rifiuti Zero di Capannori, primo comune in Italia ad adottare tale strategia di gestione del servizio. Direttore esecutivo della Fluoride Action Network e del progetto American Environmental Health Studies, è autore con James Beck e H. Spedding Micklem del libro "The case against fluoride".
È stato ospitato da Beppe Grillo per il terzo Vday svolto a Genova il 1º dicembre 2013 per parlare ed informare di sostenibilità e Rifiuti Zero".
https://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Connett)

http://rifiutizerolivorno.blogspot.it/p/eventi.html


23 settembre 2016

Greenpeace diffonde i testi segreti del Tisa: “accordo pericoloso”

Tratto da Il Velino.it

Greenpeace Olanda diffonde i testi segreti del Tisa: “accordo pericoloso”

“Ostacola democrazia e lotta a cambiamenti climatici”. Il negoziato segreto sul Tisa procede dal 2013 tra Unione europea, Stati Uniti e altri 21 Paesi e potrebbe essere concluso entro la fine di questo anno

Greenpeace Tisa
Greenpeace Olanda ha pubblicato oggi sul sito www.tisa-leaks.org alcuni testi finora segreti e un’analisi del capitolo sull’energia relativi al negoziato a porte chiuse del TiSA (Trade in Service Agreement – Accordo sugli scambi di servizi). Inoltre a Ginevra, in concomitanza con il ventesimo round di negoziati su questo accordo, attivisti dell’associazione hanno aperto uno striscione che recita "Don’t trade away our planet” (Non svendete il nostro Pianeta). Il negoziato segreto sul TiSA procede dal 2013 tra Unione europea, Stati Uniti e altri 21 Paesi e potrebbe essere concluso entro la fine di questo anno. Addirittura alcuni dei capitoli del trattato saranno soggetti a vincolo di riservatezza per un periodo di cinque anni anche dopo la definizione e la firma dei Paesi interessati. La nuova serie di documenti sui negoziati del TiSA, tra cui l'allegato sui servizi energetici, è per Greenpeace fonte di grossa preoccupazione. Secondo l’analisi di questi testi, l’entrata in vigore del TiSA, oltre che essere un pericolo per la democrazia, andrebbe in senso contrario rispetto a quanto stabilito nel dicembre scorso dai negoziati di Parigi sul clima.
“Questi testi mostrano che il TiSA, al pari di altri accordi commerciali, contiene misure che legano le mani di quegli stessi politici che dovrebbero applicare l'accordo sul clima di Parigi”, dichiara Federica Ferrario, della campagna Agricoltura e progetti speciali di Greenpeace Italia. Dall’analisi effettuata da Greenpeace emerge che: negli anni a venire la transizione energetica avrà necessariamente bisogno di una regolamentazione del settore privato, ma con la clausola di “standstill” (stasi delle liberalizzazioni) prevista dal TiSA questa operazione risulterà difficile se non praticamente impossibile. La cosiddetta clausola "ratchet" (una sorta di divieto a reintrodurre barriere commerciali) implicherebbe che servizi vitali come l'energia, l'acqua potabile e l'istruzione, se liberalizzati, non potrebbero più essere rinazionalizzati. Indipendentemente dalla volontà degli elettori, questi servizi fondamentali sarebbero sempre orientati in linea prioritaria verso la produzione di profitti.
Le aziende private avrebbero voce nella stesura di nuovi regolamenti che andrebbero a influenzare i loro interessi. La capacità dei governi di garantire una efficace supervisione democratica dei processi di regolamentare sarebbe per lo meno limitata, se non azzerata. Nessuna distinzione potrà essere fatta tra fonti energetiche meno impattanti e combustibili fossili più nocivi, rendendo nella pratica impossibile una graduale eliminazione di quelle più dannose come il carbone, il petrolio estratto da sabbie bituminose e lo shale gas. Accordi commerciali come il TiSA porteranno ad un aumento del commercio di combustibili fossili mentre il loro uso e commercio dovrebbero essere ridotti per rispettare gli accordi sul clima di Parigi e la tutela del Pianeta.
“Google e Facebook non dovrebbero stabilire le regole sulla privacy e le banche non dovrebbero autoregolamentarsi. Sapere che l’industria dei combustibili fossili potrebbe essere tra i protagonisti della redazione di policy ambientali è una contraddizione. Sarebbe come chiedere all’industria del tabacco di scrivere le norme sulla salute. Queste decisioni devono essere prese dai cittadini tramite i governi che hanno democraticamente eletto, non dalle aziende”, conclude Ferrario. Greenpeace chiede che le negoziazioni su TiSA e TTIP vengano immediatamente sospese e che non venga ratificato il CETA (controverso accordo tra Ue e Canada). Anziché minare le politiche a salvaguardia del clima, gli accordi commerciali dovrebbero essere progettati per migliorare le azioni in sua difesa. È inaccettabile che accordi commerciali come TiSA, TTIP o CETA vengano negoziati in segreto, e vadano a scapito di cittadini e ambiente. Invece di sacrificare la tutela dell'ambiente a beneficio delle grandi aziende, tutti i nuovi accordi commerciali devono focalizzarsi su trasparenza e lotta ai cambiamenti climatici. Il TTIP e il CETA saranno argomento di discussione il 23 settembre a Bratislava, durante la riunione dei ministri Ue del commercio.

Wwf: "L'Italia predisponga una corsia preferenziale in Parlamento per ratificare l'accordo di Parigi"

Tratto da Ecodallecitta'
Immagine: Clima, Wwf:
Clima, Wwf: "L'Italia predisponga una corsia preferenziale in Parlamento per ratificare l'accordo di Parigi"
A parte gli annunci, l'Italia non ha ancora calendarizzato la ratifica dell'accordo. L'associazione chiede l’immediata presentazione del Disegno di legge di ratifica e una corsia preferenziale in Parlamento perché venga approvato a inizio ottobre
22 settembre, 2016

"Manca poco, la ratifica di Paesi che rappresentano un ulteriore 7% delle emissioni di gas serra, perché l’accordo di Parigi possa entrare in vigore, un mese dopo che le condizioni per l’entrata in vigore si siano determinate. Questo vuol dire che con tutta probabilità, in occasione della Conferenza ONU sul Clima di Marrakech, in programma dal 7 al 18 novembre, si potrà anche festeggiare l’operatività del trattato e soprattutto mettersi a lavorare alacremente per la sua attuazione". A dirlo è il Wwf, in una nota scritta in occasione delle ultime ratifiche all'accordo stipulato alla Cop21. Il Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon ha annunciato che con i 31 strumenti di ratifica che gli sono stati consegnati, sono saliti a 60 i firmatari dell'intesa, produttori complessivamente del 47,5% delle emissioni di CO2. "Abbiamo superato la prima delle due soglie", ha detto Ban. 

Ma il Wwf fa notare che "nella lista dei Paesi che hanno ratificato spicca l’assenza dell’Unione Europea: in realtà alcuni Paesi l’hanno già fatto, come Francia, Ungheria, Austria, Slovacchia, altri hanno dei tempi parlamentari già fissati. La Germania ad esempio la prossima settimana. Ma accanto alla ratifica comunitaria già decisa dai leader nel vertice di Bratislava, occorre che anche gli altri Paesi si affrettino a farlo. Tra questi, l’Italia, per peso e come paese fondatore dell’Unione, deve essere tra i primi e non tra gli ultimi. Dopo l’annuncio del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Ambiente, dunque, il WWF chiede l’immediata presentazione del Disegno di legge di ratifica e una corsia preferenziale in Parlamento perché venga approvato a inizio ottobre. Ben prima del referendum costituzionale e dell’inevitabile rallentamento dei lavori parlamentari, dunque, ma soprattutto in tempo per consentire che l’accordo possa entrare in vigore al più presto".