COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

28 giugno 2018

Inquinamento: ecco a quanto ammonta il costo economico per l’Italia

Inquinamento: ecco a quanto ammonta il costo economico per l’Italia

Secondo l'Organizzazione Mondiale per la Sanità, il costo economico in riferimento all'inquinamento atmosferico è pari a 97 miliardi di dollari.


L’associazione Cittadini per l’Aria Onlus ha trasmesso di recente i dati allarmanti dei valori di biossido di azoto presenti nell’aria che si respira a Milano, Brescia e Roma, dove sono stati installati circa 750 campionatori passivi da parte di semplici cittadini coinvolti dalle varie associazioni locali coinvolte nel progetto della Onlus citata a inizio paragrafo. Secondo quanto riferito in un interessante approfondimento dall’autorevole Business Insider, la misurazione è durata un mese, al termine del quale i campionatori sono stati spediti a Londra per un’analisi approfondita in laboratorio. Quanto si è scoperto non è stato entusiasmante, anzi. Infatti, dai dati analizzati si è appreso che i livelli di biossido di azoto superano i valori massimi consentiti dalla legge, con conseguenze per la salute in particolare di bambini e anziani, due delle categorie più a rischio in fatto di salute. Il Parlamento Europeo, in una direttiva che risale al 2008, ha prescritto un limite pari a 40 microgrammi per metro cubo d’aria, mentre l’OMS fissa il limite annuale a 2

L’inquinamento ha un costo

Secondo quanto riferito dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità, il costo economico in riferimento all’inquinamento atmosferico è pari a 97 miliardi di dollari ogni anno per il nostro Paese, qualcosa come il 4 per cento del PIL. Ma non è questo l’unico dato economico che deve far riflettere. Infatti, se si allarga l’indagine a livello internazionale, su scala internazionale, l’importo arriva a 2,6 mila miliardi di dollari come perdita economica dovuta all’inquinamento. Con perdita economica si indicano principalmente i giorni di malattia, una minore produzione agricola e le spese sanitarie. Questi ultimi dati provengono da una ricerca condotto dall’OECD, acronimo che indica l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo. Se al primo posto viene sempre la salute, non bisogna comunque trascurare il danno pesantissimo in termini economici che l’inquinamento causa ogni anno alle nazioni.

26 giugno 2018

Siamo quello che respiriamo.......

Tratto da La Stampa del 

Siamo quello che respiriamo: così l’inquinamento ambientale aumenta il rischio di tumore



«Noi non siamo solo quello che mangiamo, ma anche l’aria che respiriamo. E, di questi tempi, la nostra aria non gode di ottima salute!- spiega il dottor Diego Serraino Direttore della SOC Epidemiologia Oncologica e del Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, IRCCS Centro di Riferimento Oncologico di Aviano - L’inquinamento ambientale e le possibili ricadute sullo stato di salute della popolazione continuano a destare una crescente preoccupazione nei cittadini e nelle persone responsabili della salute pubblica e sanitaria. Tuttavia, sebbene prioritarie, le azioni tese a salvaguardia della salute devono forzatamente trovare un difficile equilibrio con altri aspetti cruciali della nostra organizzazione sociale, in primis le dinamiche occupazionali (la questione sociale), il rispetto dell’ambiente (la sostenibilità ambientale) e lo sviluppo tecnologico.

La ricerca di questo equilibrio si inserisce in un complesso scenario caratterizzato da un aumento della sensibilità dell’opinione pubblica con frequenti segnalazioni di presunte aggregazioni di malattie in aree caratterizzate dalla presenza di sorgenti inquinanti, in particolare tra le persone che risiedono in prossimità di insediamenti industriali, inceneritori, strade statali e autostrade, porti e aeroporti».

Gli inquinanti ambientali sono cancerogeni?


A questa domanda, nel corso degli anni, hanno cercato di rispondere moltissimi studi scientifici: le evidenze fin qui raccolte permettono di affermare l’esistenza certa di un nesso di causalità fra esposizione a vari inquinanti atmosferici (innanzitutto le polveri sottili, il famoso PM10 ) e insorgenza del carcinoma polmonare e l’esistenza di un’associazione fra inquinamento atmosferico e aumentato rischio di carcinoma della vescica. A tal proposito il dottor Serraino commenta: «Quasi 8 italiani su 10 ritengono che l’inquinamento atmosferico occupi il primo posto tra le minacce per l’ambiente; molti di essi collocano l’inquinamento atmosferico tra le principali cause di malattia e morte, soprattutto tra i bambini e gli anziani.

I numeri in tal senso, purtroppo, parlano chiaro - prosegue il dottor Serraino- l’aria inquinata è in qualche modo coinvolta, direttamente o indirettamente, come concausa per la presenza di altri importanti fattori di rischio quali il fumo di sigarette o malattie già presenti,in circa 80-90.000 delle 550.000 morti che si registrano ogni anno nella popolazione italiana. Sono molte le malattie, soprattutto a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, che possono insorgere o in vicinanza a episodi di picchi di inquinamento (la cosiddetta “emergenza smog”) o anche dopo decenni, come conseguenza di esposizione prolungata all’inquinamento atmosferico. È per questo motivo che a pagarne più pesantemente le conseguenze sono i cittadini delle aree urbane o metropolitane, dove si concentrano più fonti di inquinamento atmosferico, dal traffico autoveicolare alle emissioni industriali, al riscaldamento domestico o alla contemporanea presenza di porti e aeroporti. Malattie respiratorie acute quali asma e bronchiti ricorrenti sono le più frequenti complicanze a breve termine dell’inquinamento atmosferico ma non rappresentano un pericolo immediato per la vita. Al contrario, invece, dell’infarto del miocardio che è una delle più frequenti morti causate dall’aria inquinata».


Tumori e inquinanti ambientali: qual è la situazione in Italia?



Quando si parla di genesi tumorale e inquinanti ambientali nel nostro Paese, non possono non venire alla mente i casi di cronaca relativi alla Terra dei fuochi o all’Ilva a Taranto: nello specifico, attualmente in Italia, esistono più di 40 siti di interesse nazionale per le bonifiche denominate SIN, ovvero aree in cui è stata registrata una contaminazione ambientale di tale rilevanza da indurre allarme sociale per chi vi abita.

Non a caso, per definizione l’OMS definisce i SIN come aree che ospitano, o hanno ospitato, attività antropiche che abbiano prodotto, o possano produrre, contaminazione del suolo, delle acque superficiali o di falda, dell’aria e della catena alimentare, la quale dia luogo, o possa dare luogo, a impatti sulla salute umana. Continua  la lettura qui 

24 giugno 2018

Rifiuti, 40 milioni di tonnellate in giro per l’Italia. E i costi di smaltimento .... li pagano i cittadini

Il Fatto Quotidiano

Rifiuti, 40 milioni di tonnellate in giro per l’Italia. E i costi di smaltimento (e trasferimento) li pagano i cittadini

Rifiuti, 40 milioni di tonnellate in giro per l’Italia. E i costi di smaltimento (e trasferimento) li pagano i cittadini
Secondo dati di Unioncamere, assemblati dal deputato M5s Alberto Zolezzi e fino ad oggi mai resi noti, nel 2016 sono entrati nelle regioni italiane da fuori confine o dall’estero oltre 38 milioni di tonnellate di monnezza e sono uscite più di 36 milioni. Una stima molto prudente, ma che tradotta in tir dà un risultato impressionante: significa che le strade sono state percorse da 1,7 milioni di autoarticolati. La Lombardia è la regione più "stressata": produce più spazzatura urbana di tutti (quasi 5 milioni di tonnellate) e ne accoglie 11,8 milioni da fuori

Lo chiamano il turismo dei rifiuti. Almeno 40 milioni di tonnellate di scarti nel 2016 hanno attraversato l’Italia da una regione all’altra a bordo di oltre un milione e mezzo di tir. Roma spenderà qualcosa come 188 milioni per portare fuori dalla capitale 1,2 milioni di tonnellate di scarti nei prossimi due anni, ed è in buona compagnia. I rifiuti si muovono ovunque in Italia, alla ricerca di impianti adeguati o meno costosi, e quando si tratta di spazzatura urbana il costo di questo girovagare lo pagano i cittadini in bolletta. Altri cittadini, nelle aree piene di impianti che accolgono i rifiuti da fuori regione, pagano con la salute il prezzo del trattamento e smaltimento di quantità sproporzionate di monnezza. Che è anche il prezzo della carenza impiantistica degli altri. Un esempio eclatante è il Bresciano, una delle aree più inquinate d’Italia, dove ci sono 880 impianti che trattano e smaltiscon o rifiuti e 120 discariche, comprese quelle chiuse.Continua su Il Fatto Quotidiano 

ISDE : Possibili conseguenze dell’applicazione del Decreto Martina – la comunicazione di ISDE Italia ai Ministri dell’Ambiente, della Salute ....


Tratto da ISDE 

Possibili conseguenze dell’applicazione del Decreto Martina – la comunicazione di ISDE Italia ai Ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole


Il “Decreto Martina” impone l’utilizzo di pesticidi di riconosciuta dannosità in assenza di certezze sulla reale efficacia di queste sostanze tossiche nel controllo della diffusione della xylella fastidiosa. Per tali motivi ISDE Italia ha scritto ai Ministri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole chiedendo di valutare l’abrogazione del Decreto e, nel medio-lungo termine, una revisione della normativa vigente sull’uso dei pesticidi e misure finalizzate a garantire un’agricoltura che sia strumento di progresso economico, di tutela dell’ambiente, della salubrità degli alimenti e della biodiversità e non veicolo per la sottrazione di diritti e per l’incremento del rischio sanitario.

22 giugno 2018

Meteo web :trent’anni passati inutilmente, risultati ancora lontani”

Tratto da  Meteo web

Cambiamenti climatici: “Trent’anni passati inutilmente, risultati ancora lontani”

La vera lotta contro i cambiamenti climatici ha origine trent'anni fa, ma "tutto questo tempo è passato inutilmente, e il problema è ben lontano dall'essere risolto"

 
cambiamenti climatici climate change
La vera lotta contro i cambiamenti climatici ha origine trent’anni fa, ma “tutto questo tempo è passato inutilmente, e il problema è ben lontano dall’essere risolto.” Lo spiega James Hansen, l’ex scienziato della Nasa che in un famoso discorso al Congresso americano il 23 giugno del 1988 per la prima volta sostenne in un contesto ‘ufficiale’ che c’era la certezza “al 99%” che l’innalzamento delle temperature fosse dovuto alle attività dell’uomo.
Il discorso di Hansen influenzò moltissimo i media negli Usa e nel resto del mondo, portando per la prima volta alla ribalta il concetto stesso di ‘climate change’ che fino ad allora era rimasto confinato nel mondo scientifico.
“Da allora però tutto quello che abbiamo fatto è dichiarare che c’è un problema – afferma Hansen, che ora ha 77 anni, al Guardian -. Siamo stati d’accordo nel dichiararlo nel 1992 a Rio, e lo abbiamo ribadito a Parigi nel 2015. Ma non abbiamo accettato di fare ciò che è necessario per risolverlo. Promesse come quelle fatte a Parigi non vogliono dire nulla, sono una pia illusione, una bufala che i governi ci hanno propinato fin dagli anni ’90”.
Secondo Hansen nessun leader degli ultimi decenni ha fatto abbastanza per il problema, compresi Angela Merkel o Barack Obama, che a detta dello scienziato non hanno stabilito per i propri paesi obiettivi sufficientemente ambiziosi. Dai tempi del suo discorso, nota nell’intervista, le emissioni di CO2 sono passate da 20 miliardi di tonnellate l’anno ai 32 miliardi attuali, e i tagli promessi non sono sufficienti a mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i due gradi entro fine secolo....Continua qui

20 giugno 2018

ISDE:L’ILVA è incompatibile con il diritto alla salute, ad un lavoro dignitoso ed all’assenza di discriminazioni

Tratto da ISDE

COMUNICATO STAMPA – L’ILVA è incompatibile con il diritto alla salute, ad un lavoro dignitoso ed all’assenza di discriminazioni

La posizione di ISDE Italia
Già nel 1987 l’Organizzazione Mondiale della Sanità definiva l’area di Taranto “ad elevato rischio ambientale”. Negli anni successivi una lunga serie di contributi scientifici ha dimostrato le responsabilità dell’ILVA nella presenza, parallelamente alla compromissione ambientale, di danni sanitari a carico di lavoratori e residenti di qualunque età (soprattutto bambini).
La situazione di rischio per la salute persiste tuttora.
Le evidenze disponibili dimostrano anche l’improponibilità dei progetti di
“ambientalizzazione”. Qualunque sarà il combustibile utilizzato per alimentare il
siderurgico e nonostante tutti i possibili accorgimenti tecnici, livelli produttivi tali da creare
profitti per il gestore saranno inevitabilmente associati all’emissione di quantità intollerabili di inquinanti ed a conseguenze ambientali e sanitarie prevedibili e misurabili, che andranno a perpetrare la discriminazione e le disuguaglianze in una popolazione che ha già pagato un prezzo altissimo in termini di mortalità e morbosità.
Tutto questo, inoltre, avverrebbe nella regione italiana con la maggiore produzione di gas
climalteranti da sorgenti industriali (con ILVA ancora una volta in primo piano),
complicando enormemente il raggiungimento degli obblighi internazionali sottoscritti dal
nostro Paese per il contenimento dei cambiamenti climatici.
Ai richiami dell’Istituto Superiore di Sanità sulla “urgenza di interventi finalizzati a
ripristinare la qualità dell’ambiente” e motivati dagli eccessi di mortalità e morbosità
ripetutamente riscontrati soprattutto in età pediatrica, si sono sino ad ora ricevute risposte
unicamente finalizzate a confermare la tirannia del diritto dei privati a produrre acciaio
su qualunque altro diritto, compreso quello alla salute.
Le evidenze disponibili sono state sino ad ora sistematicamente ignorate, con il risultato di un’esposizione indebita e di un’amplificazione del divario tra la salute possibile e la salute reale della popolazione, che ha raggiunto livelli inaccettabili per un Paese civile.
La mancata interruzione dell’attività inquinante dell’ILVA genera enormi danni economici
per l’incremento esponenziale dei costi sanitari (almeno 400 milioni di euro/anno secondo
la European Environmental Agency), per i danni spesso irreversibili subiti da intere
categorie imprenditoriali (ad es. allevatori, mitilicoltori, agricoltori) e per le conseguenze dei
cambiamenti climatici, grandi amplificatori di criticità preesistenti.
Tali pesanti costi, tuttavia, non sono sino ad ora mai stati seriamente considerati nel
bilancio decisionale sulla prosecuzione o sull’interruzione dell’operatività dell’ILVA.
In caso di prosecuzione dell’attività, ancora una volta, a profitti per pochi
corrisponderebbero costi distribuiti sull’intera comunità tarantina e inammissibili
sofferenze.
Appare anche insostenibile il voler considerare la prosecuzione dell’attività ILVA
come strumento di difesa del lavoro. Circa un terzo delle denunce di malattie
professionali in Puglia vengono dalla provincia di Taranto e molte di queste riguardano
tumori professionali. Appare ininterrotta la serie delle morti bianche all’interno del
siderurgico, si continua a parlare di esuberi e la presenza dell’ILVA non migliora le
prospettive di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, considerato che proprio in
provincia di Taranto c’è il tasso di disoccupazione giovanile più alto a livello regionale e tra
i più alti a livello nazionale.
Non è questo il modello di lavoro da difendere.
I lavoratori di Taranto hanno bisogno di uno Stato che crei finalmente per loro una via di
fuga, impegnandosi a costruire proposte di lavoro rispettose della dignità umana e
alternative rispetto alla subordinazione ad uno dei più spietati ricatti occupazionali, quello dello scambio tra lavoro e salute.
Il voler perseverare sullo “scenario ILVA” come unico possibile, obiettivo perseguito sino
ad ora dallo Stato con l’imposizione di numerosi decreti legge, ha evidentemente fallito a
Taranto il suo principale proposito, quello di salvaguardare insieme ambiente, salute e
lavoro, generando senza soluzioni di continuità ulteriori rischi e danni sanitari per tutti e
forme di impiego non rispettose della dignità dei lavoratori.
Le possibilità alternative di lavoro, di sviluppo imprenditoriale e di riconversione
economica sono fattori negoziabili. La salute e la dignità umana non lo sono e non
dovranno mai più esserlo.

Roma, 19 giugno 2018

Per Informazioni:
Associazione Medici  per l’Ambiente – ISDE Italia
Via XXV Aprile, 34 – 52100 Arezzo
Tel: 0575-23612  – E-mail: isde@isde.it
Scarica la posizione di ISDE Italia in PDF

18 giugno 2018

Focus: Il costo in vite umane delle politiche ambientali di Trump

Tratto da Focus

Il costo in vite umane delle politiche ambientali di Trump

L'annullamento di una sessantina di precedenti riforme sull'uso di combustibili fossili e sulla tutela di aria e acqua rischia di provocare 80 mila morti in più per decennio. E le stime sono conservative.

tonellateco2
Il volume occupato dalle tonnellate di CO2 immesse ogni giorno in atmosfera negli USA: l'illustrazione è stata realizzata a partire dai dati 2014. In quell'anno, le tonnellate di CO2 immesse quotidianamente in atmosfera negli USA sono state 18,8 milioni. Una tonnellata di CO2 riempirebbe il volume di una sfera di poco più di 10 m di diametro.

Le decisioni in tema ambientale sostenute dall'attuale amministrazione americana potrebbero portare alla perdita di 80 mila vite umane in più per ogni decennio, per le conseguenze sulla salute dell'inquinamento dell'aria e dell'acqua. Lo sostengono due scienziati dell'Università di Harvard, che precisano che le stime sono conservative, e che le politiche di Trump sulle emissioni dannose potrebbero causare problemi respiratori a circa un milione di persone a decennio, soprattutto bambini.
Le analisi dei ricercatori sono state pubblicate in un saggio scientifico sul Journal of the American Medical Association.Non si tratta di un articolo pubblicato in peer review, cioè frutto di una revisione tra pari, ma di uno studio che si basa, comunque, esclusivamente su dati pubblicati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente americana (EPA): dati istituzionali, quindi, che andrebbero considerati attendibili - se non altro, dall'EPA stessa.
CONTI A PERDERE. Le ricadute più gravi si avrebbero per il peggioramento della qualità dell'aria. L'intenzione della Casa Bianca di revocare il Clean Power Plan, il Piano dell'era Obama che prevedeva di raggiungere, entro il 2030, un taglio del 32% (rispetto al 2005) delle emissioni degli impianti a carbone, potrebbe portare a 36 mila morti in più ogni decennio, e a 630 mila casi extra di infezioni respiratori e nello stesso arco di tempo.Continua  su Focus 

Washington: miniera di carbone trasformata in centrale al sole

Tratto da http://dorsogna.blogspot.com

Washington: miniera di carbone trasformata in centrale al sole



Un tempo era la centrale a carbone piu' grande dello stato di Washington, vicino ad una miniera di carbone che la alimentava.

La miniera era a terrazza, a cielo aperto, poco distante dalla citta' di Centralia, a meta' fra Seattle e Portland, nello stato dell'Oregon. Fu chiusa nel 2006, perche' non remunerativa e adesso una leggera patina di verde la copre. Dal 2007 sono stati anche piantati degli alberi in parte del sito, secondo un progetto di riforestazione.

La centrale elettrica ha tre ciminiere. Dapprima era alimentata dalla miniera di Centralia. Poi ha resistito alla sua chiusura per un altro decennio, alimentata dal carbone che arrivava dallo stato del Wyoming.
Ma anche la centrale elettrica ha i giorni contati: parte dell'impianto sara' chiuso nel 2020 ed entro il 2025 sara' tutto fermo definitivamente. Questo grazie a nuova legislazione approvata nel 2011 per la riconversione a rinnovabili del sistema energetico dello stato di Washington.

E dunque, a partire dal 2025 in questo stato non ci sara' piu' lavorazione attiva di carbone. Lo scopo? Far diminuire le emissioni di CO2: basti pensare che la centrale elettrica in questione genera da sola il 10% dei gas serra di tutto lo stato di Washington.

Perfetto allora, chiudiamola ed emettiamo meno CO2.
Ma.. e l'elettricita'?
La centrale a carbone di Centralia genera non solo CO2 ma anche circa 1.3 Gigawatt di energia di cui circa 380 finiscono nelle case dei residenti locali.

Che devono fare quelli di TransAlta, la ditta che gestice le operazioni a Centralia, adesso che devono chiudere?

Semplice: prendiamo 300 ettari di miniera e trasformiamoli in un campo solare.

Se tutto va come da calendario, le operazioni inizieranno nel 2020.

TransAlta e' una ditta di carbone. All'attivo, adesso, il 57% delle lore operazioni sono carbonifere, ma hanno deciso di eseguire la transizione verso le rinnovabili, annunciando che entro il 2030 non avranno piu' progetti fossili.

Per amore della natura? No, perche' e' il business che li spinge verso questa direzione, e perche' ci sono sempre piu' enti governativi che non ne vogliono piu' sentire di fonti fossili.

E dunque, per leggi o per business o per amore, si trovano nella posizione di dover passare alle rinnovabili......

L'apertura di Tono Solar sara' comunque accompagnata da due nuovi campi eolici da 180 e 140 megawatt a pochi chilometri di distanza, secondo il Skookumchuck Wind Energy Project.

Dal canto suo uno dei rappresentanti dello stato di Washintgton, Ed Orcutt, dice di essere in trattativa per far si che le ditte del vetro locali producano componenti per i pannelli solari e altri manufatti utili alla riconversione della miniera, in modo da portare lavoro nell'area. Altri parlano di un parco industriale per la creazione di batterie da integrare ai progetti rinnovabili.

Ecco, e' tutto ideale? No, certo. Ma e' un altro passo, fatto per amore o per denaro o perche' obbligati, non importa, e' comunque il segno tangibile di dove spira il vento, e tutte le ditte fossili farebbero bene a studiare il caso, come pure i politici che dovrebbero seguire l'esempio dello stato di Washington e decidere *oggi* che fra 10, 20 anni tutte le centrali fossili devono essere in qualche modo riconvertite.

In Italia invece, prendiamo le vecchie raffinerie e le rivendiamo agli algerini....Leggi 

Sicilia: la raffineria di Augusta verra' venduta all'Algeria per raffinare petrolio algerino


15 giugno 2018

Patrizia Gentilini :Tumori, l’Italia è tutto un Sin?

Tratto da Il Fatto Quotidiano 

Tumori, l’Italia è tutto un Sin?

Risultati immagini per tumori
L’aggiornamento al 2013 di recente diffuso dall’ Istituto superiore di Sanità sullo studio Sentieri, ovvero l’indagine sullo stato di salute delle popolazioni residenti in territori fortemente inquinati, conferma quanto già in precedenza emerso: vivere in prossimità di industrie inquinanti, petrolchimici, inceneritori, discariche etc è un importante fattore di rischio per la salute. Sono circa sei milioni (il 10% della popolazione italiana) coloro che vivono in aree di questo tipo, ma addirittura ciò accade per uno su tre sardi, come metteva in evidenza già nel 2015 l’ indimenticabile amico, il dottor Vincenzo Migaleddu, che abbiamo ricordato pochi giorni fa nel convegno “Sardigna Terra Bia”.
Nell’aggiornamento dello studio Sentieri colpiscono in particolare i dati sulla salute di bambini e giovani: tra 0 e 24 anni, complessivamente nelle aree inquinate aumenta del 9% l’incidenza di cancro ed addirittura si registra, rispetto alle medie regionali, un +66% di leucemie, un + 50% di linfomi, un + 36% di tumori testicolo e un +62% di sarcomi, patologie di particolare interesse in quanto potenziali patologie “sentinella” di esposizione a diossine, come già si è evidenziato per gli adulti.
A parte i tumori, anche per l’ospedalizzazione registra un eccesso del 6-8% per bimbi e ragazzi ricoverati per qualsiasi tipo di malattia rispetto ai loro coetanei residenti in zone non contaminate. Nel primo anno di vita poi vi è un eccesso di ricoveri del 3% per patologie di origine perinatale rispetto al resto dei coetanei ed un eccesso tra l’8 e il 16% per le malattie respiratorie acute ed asma tra i bambini e i giovani.
Tornando all’argomento tumori nell’infanzia e nell’adolescenza – per molti di noi da sempre prioritario – segnalo sull’ultimo numero del Bollettino dell’Ordine dei medici di Arezzo, a pagina 34, è pubblicato un articolo in cui si puntualizza come i tumori pediatrici abbiano un’ incidenza crescente e siano una delle principali cause di morte in questa età e motivo di grande preoccupazione. E’ ben vero che la sopravvivenza per i tumori pediatrici è molto aumenta­ta negli ultimi 40 anni, che la malattia può essere vissuta anche come opportunità , in grado di suscitare energie positive e capacità di resilienza – opportunità di straordinario valore quando ci si imbatte nel problema – ma è altrettanto vero che nessuno vorrebbe mai una esperienza del genere per i propri bambini, non scevra in 2/3 dei casi di sequele a lungo termine.
Come ribadito già in tante altre occasioni i tumori nell’infanzia e nell’adolescenza sono in aumento in tutto il mondo: dal 1980 al 2010 si è passati fra 0 e 14 anni da una incidenza globale di 124 nuovi casi/anno ad una di 140 casi, la ricerca delle cause è argomento di grande interesse e passi importanti sono stati fatti nell’ottica della Prevenzione primaria.
Del triste primato che in tema di tumori infantile il nostro paese detiene mi sono occupata a più riprese: fra i 15 registri italiani che hanno partecipato all’indagine su Lancet ( di cui non è chiaro quanti coprano siti inquinati) tutti sono nettamente al di sopra di della media globale: il valore più vi si avvicina è quello di Siracusa con una incidenza di 149 casi, poi Trento con 155, ma in ben otto Registri l’incidenza è superiore ai 190 casi e in 4 addirittura oltre i 200.
Tornando allo studio Sentieri e volendo fare un paragone con la media internazionale direi che tutta l’Italia mi sembra un Sin! ....
Molto c’è da fare, mi auguro che il problema sollevi l’attenzione dei nuovi ministri dell’Ambiente e della Salute e che questi si attivino affinché il prossimo aggiornamento dello studio Sentieri registri un’inversione di tendenza. Questo sarebbe il più bel regalo ai bambini italiani!

Attilio Boner :Aumentano i bambini malati di asma: inquinamento e sedentarietà tra le cause

Tratto da  Superabile.it

"Il 12% dei bambini soffre di asma, e il 50% della popolazione è affetto da allergie come dermatiti atopiche, riniti allergiche e asma". I dati sono stati riportati da Attilio Boner ordinario di Pediatria all'Università degli Studi di Verona,.....

Risultati immagini per inquinamentoRisultati immagini per bambini asmatici


ROMA - L'asma si presenta come una malattia respiratoria cronica delle vie aeree, e compare soprattutto in età pediatrica: l'80% dei casi asmatici sorgono entro i 4 anni, e solo il 20% negli adulti, soprattutto se obesi o fumatori. Sono questi i dati riportati da Attilio Boner, ordinario di Pediatria all'Università degli Studi di Verona, che ha partecipato al 74esimo Congresso della Sip a Roma con il tema 'Asma e non asma. Guida Pratica alla diagnosi’.

In Italia i numeri sono allarmanti: "Il 12% dei bambini soffre di asma, e il 50% della popolazione è affetto da allergie come dermatiti atopiche, riniti allergiche e asma", spiega Boner. L'asma è aumentata negli ultimi anni, e tra i principali imputati, secondo l'esperto, vi è l'inquinamento atmosferico: "Le piante attuali, per difendersi dall'inquinamento, producono proteine di difesa fortemente allergeniche che vanno a finire nei pollini". Per questa ragione, i pollini attuali sono molto più potenti rispetto a quelli di alcuni anni fa nel provocare reazioni allergiche. Un altro motivo per cui aumentano gli episodi di asma nei bambini è legato alla sedentarietà: "I bambini e i ragazzi di oggi sono assorbiti da pc e tv, e giocano meno per strada- continua Boner- Il movimento, al contrario, distende le vie aeree e provoca atti respiratori profondi, che proteggono dall'asma". Nei prossimi 30 anni, infatti, è previsto un aumento consistente di patologie da inattività fisica.Continua su  Superabile.it

Allarme malformazione nella Valle del Mela, pubblicato un nuovo studio della Regione Sicilia


Tratto da oggimilazzo
Allarme malformazione nella Valle del Mela, pubblicato un nuovo studio della Regione
 


È allarme malformazioni congenite a Milazzo e nella Valle del Mela. Almeno secondo quanto riportato nello studio dell’Assessorato Regionale della Salute “Stato di salute nelle della popolazione residente nelle aree a rischio ambientale e nei siti di interesse nazionale per le bonifiche della Sicilia (Rapporto 2017)” (LEGGI QUI).
I dati sono veramente allarmanti. Le malformazioni congenite rappresentano uno dei principali indicatori dello stato di salute di una popolazione, soprattutto in situazioni di rischio sanitario per esposizioni a determinanti ambientali.

L’incidenza di malformazioni congenite risulta particolarmente elevata, e superiore alla media regionale, nel sito di Gela ed in quello di Milazzo.
Con riferimento alle malformazioni dell’apparato genitourinario, si evidenziano dei tassi più elevati rispetto alla media regionale a Gela e Milazzo. Limitatamente al sito di Milazzo si osservano valori più elevati per malformazioni dell’apparato Cardiovascolare.
L’osservazione di un incremento del numero di nati con malformazioni congenite è ritenuto un segnale di allarme sanitario per le comunità prossime ad aree industriali a elevato rischio di crisi ambientale. La plausibilità dell’esistenza di associazioni tra inquinanti presenti nell’ambiente e malformazioni congenite, totali e specifiche, è sostenibile sulla base della copiosa letteratura scientifica esistente.

«Questa è l’ennesima dimostrazione di ciò che affermiamo da anni – spiegano i rappresentanti dell’Adasc e del Comitato cittadini contro l’inceneritore del Mela – Il nostro territorio è malato a causa di un pressante inquinamento ambientale. Viviamo in un territorio nel quale è presente una grave crisi sanitaria. Ci aspettiamo un intervento urgente da parte dei sindaci quali massima autorità sanitaria locale».
Le associazioni chiedono con urgenza il riesame delle Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) al fine di inserire le prescrizioni sanitarie che sono volte alla tutela del territorio e alla difesa della salute dei lavoratori e di tutta la cittadinanza.
«Prescrizioni sanitarie che ci piace ribadire prevedono limiti più restrittivi grazie all’applicazione delle migliori tecnologie disponibili – aggiunge Davide Fidone, presidente del comitato cittadini contro l’inceneritore del Mela – Questa è la conferma di quanto sia stato abusivo togliere le prescrizioni sanitarie redatte dai sindaci dal provvedimento finale del riesame dell’AIA della Raffineria di Milazzo

«Sulla salute dei bambini e dei cittadini non si può scherzare e bisogna intervenire con estrema urgenza. Chiederemo l’intervento di tutte le istituzioni che hanno il ruolo di tutela dell’ambiente e della salute pubblica – conclude Peppe Maimone dell’Adasc.

14 giugno 2018

Gruppo di intervento giuridico onlus :Volete continuare con le industrie inquinanti? Prendetevene la responsabilità. E’ un disastro annunciato, un bombardamento di metalli pesanti quotidiano e pluridecennale.......

Tratto da  Gruppo di intervento giuridico onlus


Portoscuso, polo industriale di Portovesme
Portoscuso, polo industriale di Portovesme
E’ stato recentemente pubblicato l’aggiornamento del Rapporto SENTIERI­ – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, progetto finanziato dal Ministero della salute e coordinato dall’Istituto superiore di sanità (I.S.S.), avente quale obiettivo lo studio del rischio per la salute nei 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (S.I.N.).
I dati emersi sono semplicemente drammatici, peggiori dei precedenti, e dovrebbero spingere qualsiasi persona di buon senso – in qualsiasi ruolo sia – a una rapida inversione di tendenza.
Chi vive nei siti S.I.N. ha un aumento del rischio di contrarre tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni, così l’eccesso di incidenza di patologie oncologiche rispetto alle attese riguarda anche i giovani tra 20 e 29 anni residenti nei cosiddetti Siti di Interesse Nazionale, tra i quali si riscontra un eccesso del 50% di linfomi Non-Hodgkin e del 36% di tumori del testicolo“.
Non solo.
Taranto, acciaieria Ilva
Taranto, acciaieria Ilva
Chi vive nei siti contaminati da amianto, raffinerie o industrie chimiche e metallurgiche ha un rischio di morte più alto del 4-5% rispetto alla popolazione generale. Nel periodo di osservazione (2006-2013) ha significato un eccesso di mortalità pari a 11.992 persone, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie dell’apparato cardiocircolatorio:nella popolazione residente nei siti contaminati studiati è stato stimato un eccesso di mortalità per tutte le cause pari al 4% negli uomini e al 5% per le donne”.
Eppure, finora, da Taranto a Gela, a Portoscuso, nessuna seria modifica delle condizioni produttive e ambientali....
Portovesme,  bacino "fanghi rossi" bauxite (foto Raniero Massoli Novelli, 1980)
Portovesme, bacino “fanghi rossi” bauxite (foto Raniero Massoli Novelli, 1980)
Per esempio, a Portoscuso ci si vende l’anima pur di far ripartire – a spese pubbliche – il ciclo dell’alluminio primario (Alcoa, Eurallumina) pur paventandosi un disastro sotto il profilo ambientale e sanitario,[1] pur avendo prospettive negative sul piano economico.   Nemmeno la disponibilità all’esame di proposte alternative, come quella della trasformazione in polo dell’alluminio riciclato, meno inquinante, meno energivoro, con gli stessi posti di lavoro.
E’ un disastro annunciato, un bombardamento di metalli pesanti quotidiano e pluridecennale.......
Amministratori pubblici di ogni livello, uomini di Chiesa, sindacalisti, imprenditori, operai, cittadini, volete continuare così?
Bene, allora ognuno si prenda la sua parte di responsabilità.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus