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14 luglio 2005

2009/07/14 "L’eolico ad alta quota: arriva l’Abbondanza? Ecco il Proggetto Kitegen. "

Tratto da MEGACHIP
L’eolico ad alta quota: arriva l’Abbondanza? - 13/07/09

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di Ugo Bardi - «The Oil Drum: Europe»

Energia eolica raccolta ad alta quota grazie all'uso di aquiloni: questa è l'idea fondamentale della tecnologia Kitegen. In questa configurazione (detta "a stelo"), l'aquilone raggiunge un'altitudine di circa 1000 metri ed esercita una trazione su di un generatore elettrico posto al suolo. L'energia eolica d'alta quota si prospetta come una tecnologia a basso costo e di facile diffusione, capace, in teoria, di produrre quantità di energia paragonabili, o addirittura superiori, alla produzione odierna, basata sui carburanti fossili. (clicca qui per vedere una rappresentazione animata del funzionamento dello stelo).


Come mai l'energia é un problema? Dopotutto, abbonda ovunque intorno a noi. Il Sole proietta sulla superficie terrestre una dose quotidiana di energia che corrisponde a quasi diecimila volte quella da noi prodotta (principalmente con lo sfruttamento dei carburanti fossili). Inoltre, questa stima non include l'energia geotermica né le prospettive possibili dell'energia nucleare, specialmente se si parla di quella ottenuta grazie alla fusione. E' sufficiente un assaggio a questo banchetto energetico che ci circonda per offrirci più di quanto ci serva.

Ma, ovviamente, le cose non sono così semplici. Per soddisfare le nostre necessità dipendiamo ancora dai carburanti fossili in maniera consistente e la conversione a fonti di energia alternative si sta dimostrando un processo molto lento e difficoltoso. La costruzione degli impianti nucleari tradizionali sta diminuendo (WNA 2009) e l'energia prodotta dalla fusione rimane ancora una frontiera lontana. Le fonti di energia rinnovabile tradizionali, come la combustione del legno e l'idroelettricità, hanno possibilità di espansione molto limitate, mentre le "nuove" rinnovabili (principalmente la fotovoltaica e l'eolica) producono solo una minuscola frazione del fabbisogno energetico del pianeta. Per la prima volta nella storia, l'anno scorso, l'energia fornita da fonti rinnovabili ha superato quella degli impianti tradizionali in Europa e negli Stati Uniti (REN21 2009). Le fonti rinnovabili crescono velocemente, ma possono farlo abbastanza rapidamente da compensare il consumo dei carburanti fossili?

kitegen1_2_128k-frecceE' un problema di costi. Il che può essere inteso come mero costo monetario oppure come redditività energetica dell'energia investita (definito con la sigla EROEI). Come mostrato nei grafici di Charles Hall (2009), l'EROEI delle fonti rinnovabili è, nella maggior parte dei casi, ragionevolmente alto (con l'eccezione dei biocarburanti). Si attesta intorno a 10 per gli impianti fotovoltaici e 20 per quelli eolici: un ritorno simile a quello della tecnologia nucleare. Sono ritorni eccellenti, considerando l'investimento, ma non arrivano al livello che i carburanti fossili raggiunsero nella loro epoca d'oro. Decenni fa, l'EROEI del petrolio raggiungeva la cifra 100, e forse anche di più (Hall 2009). E' stato questo altissimo EROEI a portare i carburanti fossili al predominio che detengono tutt'oggi sul mercato. Incapaci di raggiungere EROEI così elevati, le altre fonti energetiche non avevano alcuna possibilità di competere. Ed, infatti, ancora oggi abbiamo bisogno di energia fossile per costruire impianti che generano energia di tipo non-fossile. Ma, con i carburanti tradizionali in netto declino, sarà molto difficile sostenere la crescita di energie alternative ad un ritmo abbastanza rapido da fornire una transizione dalle fonti convenzionali a quelle nuove senza strappi. Possiamo immaginare un mondo industrializzato che non necessita carburanti fossili, ma pare che non riusciremo ad arrivarci abbastanza in fretta.

Quindi, siamo di fronte alla maledizione di Tantalo: siamo circondati da enormi quantità di energia, ma non riusciamo a sfruttarla. E questo sarà vero finché non svilupperemo una tecnologia che abbia un EROEI molto migliore di quella presente. Con un ritorno energetico molto rapido rispetto agli investimenti, potremmo liberare il sistema energetico mondiale dalla sua dipendenza dai carburanti fossili. E questo, sfortunatamente, è più facile a dirsi che a farsi. Internet è ricca di proclami di presunte rivoluzioni tecnologiche che promettono molto ma spesso risultano essere solo sogni; o, in alcuni casi, addirittura truffe. Però, potrebbe esistere una tecnologia energetica, basata su principi fisici accertati, capace non solo di promettere, ma di fornire un EROEI alto: l'energia eolica d'alta quota.

L'idea fondamentale di questo tipo di energia è che il vento è diventa molto più intenso man mano che ci si sposta verso le fasce alte dell'atmosfera. La velocità media del vento aumenta con l'altezza, in base ad una curva esponenziale (chiamata "esponenziale di Hellman”) pari ad 1/7.

Ma l'energia contenuta in una massa d'aria in movimento aumenta al cubo della sua velocità. Con un semplice calcolo, scopriremo che elevando la turbina ad un'altezza di 800 metri, l'energia fornita aumenta di un fattore di 8 rispetto a quella che otterrebbe a livello del suolo. Sono possibili incrementi maggiori ad altitudini più elevate, in cui i venti hanno anche una maggiore costanza; in questo modo, si evita il problema dell'intermittenza, tipico delle turbine eoliche tradizionali. Ma, ovviamente, è impossibile raggiungere queste altezze con l'attuale tecnologia eolica, che arriva al massimo a 100 metri, a causa del costo e del peso della torre.

Questo concetto è palese da lungo tempo ed ha generato svariate proposte per sfruttare l'energia eolica ad altitudini maggiori. Ci sono due modi possibili per farlo: palloni aerostatici ed ali. Potete seguire un riassunto degli ultimi sviluppi in materia nell'opera di Big Gav (2009) pubblicata da TOD. Come potete vedere, ci sono molte idee in questo campo, molte delle quali si limitano ad essere semplici schemi su un foglio. In molti casi, la fornitura energetica dei sistemi proposti è solo un'ipotesi, mentre in altri casi (come quello dei palloni aerostatici) la necessità di impiegare una risorsa non rinnovabile è un limite considerevole.

Comunque, alcuni sistemi sono stati studiati a fondo ed altri testati con il metodo sperimentale. I sistemi basati sui rotori sono realizzabili ed quelli basati sugli aquiloni, in particolare, sono estremamente promettenti. Saul Griffith della Makani Power ha mostrato alcune immagini di un esperimento in cui ha impiegato un aquilone a tre corde. Anche Wubbo Ockels (della Delft University of Technology) sta svolgendo esperimenti basati sugli aquiloni. In questo campo, il sistema più avanzato pare il Kitegen: un aquilone creato da Massimo Ippolito della Sequoia Automation, un'azienda italiana. I test sui prototipi di questo sistema sono stati conclusi ed il primo impianto energetico di questo tipo è attualmente in costruzione nell'Italia settentrionale.

Il Kitegen è un semplice sistema aerodinamico: usa aquiloni d'ultima generazione che ascendono in modo dinamico, volando a 70-80 metri al secondo, che è anche la massima velocità raggiunta dalle estremità delle pale di una turbina eolica convenzionale. Nella sua configurazione più semplice (chiamata "a stelo"), il sistema impiega un solo aquilone, collegato ad un generatore posto al suolo. L'aquilone si muove come uno yo-yo: quando sale, genera energia che viene trasformata in elettricità dal generatore. Quando raggiunge la sua massima elevazione, viene posto in una configurazione aerodinamica di stabilità, in modo che possa essere tirato giù con un dispendio energetico minimo. Due steli che operano in sinergia potrebbero funzionare come un motore a due cilindri, sebbene la fase in cui si produce energia durerebbe il 90% del tempo, mentre a quella di "ritiro" sarebbe molto più breve. Un solo stelo potrebbe fornire un'energia massima di qualche Megawatt. Impianti più grandi potrebbero essere utilizzati nella configurazione detta "a giostra". In questo caso, gli aquiloni volano ad un'altezza costante, a quota molto più elevata, esercitando una trazione su un generatore che è disposto su un binario circolare. In questo caso, l'energia massima ottenibile raggiunge uno o più Gigawatt.

kitegen1_2_128k-frecceConsiderati gli studi dettagliati sul Kitegen, possiamo usarlo per fare una stima dell'EROEI offerto dai sistemi eolici d'alta quota. Prima di farlo, comunque, è meglio riassumere i dati che conosciamo sull'odierna tecnologia eolica. Nalukowe e i suoi colleghi hanno recentemente condotto una ricerca, per conto della LCA, sulle turbine eoliche convenzionali da 3 Megawatt: secondo le loro stime, l'energia necessaria per costruire e manutenere una turbina per un periodo di 20 anni è di circa 8000 Megawatt orari. Dato che il peso totale della parte della struttura che emerge dal terreno è di 400 tonnellate, possiamo calcolare che abbia un fabbisogno energetico di circa 20 Kilowatt orari per ogni chilo. La turbina produrrà 160,000 Megawatt orari durante la sua esistenza e quindi l'EROEI finale è di circa 20.

Qual'è il risultato di un approccio simile alla tecnologia Kitegen? Secondo Massimo Ippolito (informazioni pubblicate su www.kitegen.com) l'energia necessaria per produrre un Kitegen da 3 Megawatt è di 40 Kilowatt orari per chilo, oppure di 40 Megawatt orari per tonnellata. Questo calcolo prende in considerazione tutti i materiali necessari per la costruzione: l'acciaio che costituisce la struttura, il rame dei cavi elettrici, il neodimio ed il boro necessari per i magneti, il montaggio dei macchinari, il trasporto, la costruzione, et cetera. Questa cifra include anche i costi energetici relativi al lavoro degli operai all'impianto e alla periodica sostituzione dei cavi e degli aquiloni, in un arco temporale di 30 anni.

E' evidente che il Kitegen richiede molta più energia al chilo di una turbina eolica convenzionale; c'era da aspettarselo: dopotutto è una tecnologia molto più complessa. Ma lo stelo è anche più leggero. Un impianto da 3 Megawatt pesa circa 30 tonnellate. Quindi, potremmo stimare che l'investimento energetico totale per la sua costruzione ruota intorno ai 1200 Megawatt (30 tonnellate moltiplicate per 40 Megawatt orari a tonnellata). Se supponiamo che il nuovo impianto funzioni 5mila ore all'anno, a potenza massima, produrrà approssimativamente 15mila Megawatt orari all'anno, o 450mila in 30 anni. Il risultato finale è un'EROEI di 375 (!!). Se supponiamo un'esistenza di soli 20 anni, questa cifra potrebbe ridursi, ma risulterebbe comunque enorme. Impianti Kitegen più grandi, del genere "a giostra", riuscirebbero a raggiungere altitudini maggiori, attingere a venti più forti ed avere un EROEI ancora maggiore. Questo calcolo è valido per il caso specifico del sistema Kitegen, ma anche altri sistemi basati su aquiloni o rotori avrebbero EROEI di questa scala di grandezza.

Ovviamente, questi dati vanno presi con molta cautela, però sono sufficienti per mostrarci l'enorme potenziale dell'energia eolica d'alta quota. Gli EROEI più alti di 100 ci riportano all'epoca d'oro dell'abbondanza e del basso prezzo dei carburanti fossili, senza tutti i problemi e i pericoli annessi a questo tipo di fonte energetica.

Un ulteriore vantaggio degli impianti a energia eolica d'alta quota é l'ubiquità della loro edificabilità; inoltre, possono fornire energia in maniera sostanzialmente continuativa (Archer e Caldeira, 2009). Sebbene l'alto costo dello stoccaggio di energia non possa essere completamente eliminato, ne risulterebbe assai ridotto. Con l'eolico d'alta quota, potremmo sul serio avere quel tipo di energia "troppo economica per tenerne conto" che è stato profetizzato negli ottimistici anni '50. Non solo avremmo energia economica, ma potremmo averla in tempi brevi. Consideriamo una turbina eolica tradizionale, con un EROEI di 20 ed una vita di 20 anni. In questo periodo, l'energia generata potrebbe essere usata per costruire altre 20 turbine; in media, una all'anno. Un Kitegen, con un EROEI maggiore di 200, potrebbe essere il "seme" per centinaia di altri Kitegen, con una media di uno al mese. Con un EROEI di questa dimensione, l'energia eolica d'alta quota non avrebbe bisogno della "stampella" dei carburanti fossili: potrebbe crescere con le sue sole forze, sostituendosi alle fonti fossili molto prima che si consumi l'ultima goccia di petrolio. Potrebbe anche facilitare la lotta al riscaldamento globale, offrendo un rapido taglio ai gas serra prodotti dai carburanti fossili.

Ovviamente, tutto questo è da considerarsi un sogno, finché non sarà testato e verificato. Ma, come minimo, è un sogno dalle solide basi fisiche ed ingegneristiche. Ma, anche se accettiamo in linea teorica il basso costo e l'alto EROEI, dobbiamo tenere a mente che il pianeta Terra è un sistema limitato. Quindi, quali sono i confini ultimi dell'eolico d'alta quota?

Si stima che circa il 2% dell'energia solare che arriva sulla superficie terrestre si trasformi in energia eolica. L'atmosfera non è un motore termico molto efficiente, ma si tratta di una quantità di energia tale che un semplice 2% risulterebbe abbondante rispetto alle nostre necessità. Si stima che il totale dell'energia accumulata in forma eolica corrisponda a circa 2000 Terawatt (Hurley 2009), o forse più, secondo altre stime. Per capire la mole d'energia di cui si sta parlando, potremmo fare in confronto: l'energia primaria totale che l'umanità produce oggigiorno corrisponde ad una media di circa 16 Terawatt. Quindi non c'è dubbio che l'energia eolica sia abbondante: secondo una ricerca del 2005 di Archer e Jacobson, già a 80 metri d'altezza troviamo un livello di energia tale che, con le attuali energie eoliche, sarebbe sufficiente per generare un quantitativo di energia eolica pari al totale della produzione energetica odierna. Ma c'è n'è un quantitativo maggiore ad altitudini più elevate e dovremmo sfruttarne solo una bassa percentuale di esso per riuscire a soddisfare il nostro attuale fabbisogno.
Un problema potrebbe essere costituito dall'effetto dei rotori o degli aquiloni sulla circolazione del vento atmosferico. Questo aspetto è stato esaminato da Archer e Caldeira (2009) grazie all'uso di modelli climatici. I risultati mostrano che attingere a questo tipo di energia potrebbe ridurre le precipitazioni. Tale effetto sarebbe comunque poco significativo (una riduzione delle precipitazioni dello 0,1%) se volessimo raggiungere un quantitativo energetico pari al nostro fabbisogno odierno. Ciononostante, questo effetto collaterale limita la portata della tecnologia eolica d'alta quota. Utilizzarla per produrre un quantitativo di energia pari a dieci volte il nostro fabbisogno odierno potrebbe risultare sconveniente. Si tratta comunque di grandissime quantità di energia gratuita e a bassissimo impatto sugli ecosistemi terrestri. Potrebbe essere anche accresciuta, indirettamente, se impiegassimo l'energia eolica per fabbricare pannelli fotovoltaici o altre tipologie di impianti solari. Non dovremmo essere sorpresi da questo tipo di prospettive. Dopotutto, come abbiamo detto, siamo circondati da alti quantitativi di energia e, se riuscissimo a trovare il modo di sfruttarla, perché non farlo?
Con in mano questi dati eccezionali, potremmo essere tentati dal considerate l'energia eolica d'alta quota una tecnologia energetica quasi senza confini. Ma sarebbe un errore. La produzione dell'energia non è statica: procede congiuntamente all'economia e, se l'economia è alimentata da una fonte di energia economica ed abbondante, tende a crescere esponenzialmente. La crescita esponenziale è pericolosa ed ingannevole: potremmo sbattere la testa sul limite massimo della sfruttabilità dei venti d'alta quota molto prima di quanto ci si aspetterebbe.

Ma esiste un problema ancor più serio: l'energia non è l'unico parametro da cui dipende l'economia. L'abbondanza di un bene non equivale all'abbondanza di tutti gli altri. Un'abbondanza di energia elettrica non si traduce necessariamente in un'abbondanza di alimenti, sebbene è certo che l'elettricità possa essere usata come sostitutivo dei carburanti fossili nei processi agricoli. Che il nostro problema non sia solo relativo all'energia è confermato dai modelli sviluppati per la serie "I limiti della crescita" (Meadows 2004). I modelli in questione possono essere impiegati con scenari che presuppongono alti (o addirittura infiniti) quantitativi di energia disponibile, ma il risultato è che un sistema economico collassa a causa dell'impatto generato da una combinazione di sovrappopolazione ed inquinamento sull'agricoltura e sull'ambiente. Per evitare il collasso, sarebbe necessario bloccare sia l'economia che la popolazione ad un livello stazionario. Ed, anche se ci riuscissimo, il consumo graduale dei minerali ci costringerebbe a produrre quantitativi energetici sempre maggiori per mantenere invariato il flusso attuale dei beni minerali (Diederen 2008, Bardi 2008). Quindi, anche con un livello abbondante di energia, avremmo bisogno di riciclare e riusare i beni prodotti.

Detto questo, anche se il livello di energia è abbondante, è necessario considerare la limitatezza del sistema energetico del pianeta Terra. In ogni caso, l'energia eolica d'alta quota ci offre la speranza di un futuro di relativa abbondanza, e anche di prosperità, se saremo capaci di mantenere stabili l'economia e la popolazione ed evitare di sfruttare in maniera eccessiva le nostre risorse minerali e l'agricoltura.

Riconoscimenti: l’autore ringrazia Massimo Ippolito per i suoi commenti e spunti per questo articolo.

Nota: l’autore non è finanziariamente collegato alla Kitegen Research S.r.l, la società che sta sviluppando il sistema kitegen descritto nel presente articolo. Ha, tuttavia, un piccolo interesse finanziario in "Wind Operations Worldwide" (WOW), formata da un gruppo di piccoli investitori che intendono finanziare lo sviluppo dell’energia eolica ad alta quota, in particolare del sistema kitegen.

References
Archer, C. L., and Jacobson, M.Z., 2005, "Evaluation of global wind power".
Archer, C. L. and Caldeira, K, 2009, ."Global assessment of high altitude wind power".
Bardi, U, 2008, "The universal mining machine".
Big Gav, 2008, "Alternative Wind Power Experiments - SkySails and Airborne Wind Turbines"
Diederen A., 2008 , "Minerals scarcity: A call for managed austerity and the elements of hope"
Hall, C and Lambert, J. G., 2009 (accessed) "The balloon diagram and your future"
Hurley, B. 2009, "How much wind energy is there?" "How much wind energy is there?"
Meadows, D. Randers, J, and Meadows D., 2004 "The Limits to Growth, the 30 years update", # ISBN 1-931498-58-X,
Nalukowe, B. B., Liu J., Damien, W., Lukawski, T., 2006, "Life Cycle Assessment of a Wind Turbine"
REN21, 2009, , "Renewables: global status report"
WNA (World Nuclear Association) 2009, "World Nuclear News 2009".


Fonte: http://europe.theoildrum.com/node/5538

Traduzione a cura di Massimo Spiga per Megachip

13 luglio 2005

2009707/13"Non so se è capitato anche a voi…di RUGGERO RIDOLFI "

Tratto da "Il Ponente"

Non so se è capitato anche a voi…

Inquinamento, Opinioni | Il ponente | luglio 13, 2009

di RUGGERO RIDOLFI - Non so se è capitato anche a voi, ma di fronte ad alcune imponenti costruzioni del passato come il Colosseo, le Piramidi o il Partenone, io mi sono trovato a pensare a quale potesse essere stato il prezzo di vite umane sacrificate per quelle straordinarie opere.
Certo in quelle epoche antiche il sangue ed il sudore di schiavi trattati come bestie non destavano scalpore o meraviglia ed a tutt’oggi probabilmente nessuno storico potrebbe neanche azzardare quale sia stato il “costo delle opere” in vite umane. Nella considerazione della Storia il numero dei morti, in genere, conta poco. A noi resta la “consolazione” di ammirare grandiose opere, testimonianze del potere antico di pochi, che governavano, con la forza e con il potere della ricchezza, moltitudini di persone senza diritti.
Oggi fortunatamente non è più così; oggi, soprattutto nei Paesi Occidentali, dopo le varie rivoluzioni violente o culturali degli ultimi due secoli, è sancito il rispetto della vita umana e del diritto di tutti.

E’ descritto in tutte le Carte Costituzionali il diritto alla Salute, come momento fondamentale della Legge, che ci tutela garantendoci protezione e cura contro ogni malattia.

Sono migliorate drasticamente le condizioni igienico sanitarie e si è allungata notevolmente la vita media che ormai supera, in Italia, gli 80 anni.
Anche nella battaglia contro il cancro, nonostante non si siano trovate soluzioni vincenti per una vera e propria guarigione, la sopravvivenza è notevolmente aumentata, grazie a nuove armi terapeutiche ed alla diagnosi precoce. I dati di incidenza (nuovi casi/anno), tuttavia, indicano che la gran parte dei tumori è in aumento.
Si potrebbe pensare che questo dipenda dall’invecchiamento della popolazione, ma l’aumento dei tumori infantili (in Italia aumento del 20% negli ultimi 10 anni) e quello di tumori propri delle fasce giovanili (linfomi, leucemie, sarcomi, carcinomi mammari) paiono essere molto probabilmente più correlabili a cause ambientali.

Negli ultimi due secoli, mentre le rivoluzioni sociali hanno portato alla liberazione delle popolazioni più indifese dalla fame e dalla miseria, la rivoluzione industriale ha portato insieme al lavoro un inquinamento progressivo del mondo con l’immissione nell’atmosfera, nel suolo nelle acque e nel cibo di centinaia di sostanze pericolose, spesso incontrollate.

In una società in cui è l’Economia che controlla la Politica, e non il contrario, la tutela della salute e dell’ambiente passa in secondo piano, così, ancora una volta, la Storia ci racconta nuove e vecchie “Lezioni” in cui vengono contate a migliaia le morti sacrificate al potere economico.

L’European Environment Agency che ha sede a Copenhagen ha pubblicato nel 2001 un documento “Late Lessons from early warnings” in cui vengono riportate le esperienze di casi “storici” in cui precoci segnali di allarme, spesso colpevolmente sottovalutati e misconosciuti per anni, avrebbero potuto salvare migliaia di vite umane dalla morte e dal cancro (1).

Già nel 1898 L. Deane descriveva la potenziale cancerogenicità dell’asbesto nel Regno Unito, ma è stato necessario il trascorrere di un secolo (1998) perché il Governo Inglese decidesse di metterlo definitivamente al bando: la stima è di aver avuto 3000 morti per anno a causa dell’asbesto nel solo Regno Unito e di prevederne ancora inevitabilmente altri 250.000-400.000 in tutta Europa nei prossimi 35 anni.
Non è finita qui: esistono tuttora Paesi (Russia, Cina, Canada, Brasile…) che continuano a commercializzare amianto e Paesi ricchi “più virtuosi” che continuano ad inviare alla demolizione vagoni e vecchie navi in Paesi poveri, sfruttando vergognosamente le loro permissive o inesistenti legislazioni sul lavoro.

Dalle lezioni del passato emergono altri aspetti inquietanti, come ad esempio la valutazione del concetto di permissività/pericolosità nel tempo e nei differenti Paesi: nel 1946 si giudicava ufficialmente accettabile una concentrazione di benzene di 100 ppm, nel 1978 il valore è stato ridotto a 10 ppm, poi nonostante le conoscenze di base fossero sostanzialmente quelle già note negli anni 40, negli USA il limite massimo accettabile è stato portato a 0,3 ppm.
L’evoluzione dei limiti delle concentrazioni giudicate pericolose sembra, dunque, evolversi solo con la consapevolezza dei cittadini, che pagano sulla loro pelle gli effetti nocivi dei diversi composti. Ma in questa battaglia si devono battere contro i potentati economici che difendono con ogni mezzo i loro profitti, come se l’inquinamento ambientale non li riguardasse affatto.

Le ragioni della salute e quelle del mercato non vanno d’accordo, e quando non “si fa business” anche la Scienza sembra diventare muta cieca e sorda.
Mentre la Prevenzione Primaria delle malattie infettive viene applicata con rigore, almeno nei Paesi Occidentali, e nessuno si sogna di considerare batteri e virus non egualmente patogeni in Paesi diversi, la Prevenzione Primaria del cancro di origine ambientale si è spesso scontrata con ingiustificati o malintenzionati scetticismi. Spesso addirittura si sono sollevate aperte ostilità da parte di chi sentiva i propri profitti ed interessi finanziari minacciati.

Alcune sostanze sono riconosciute cancerogene in alcuni Paesi e non in altri e soprattutto le concentrazioni ammesse variano enormemente come se la capacità di indurre il cancro di diversificasse a seconda dei confini(2).
Si fissano norme ridicole o pressoché inesistenti come per esempio nel controllo dell’emissione di veleni dai camini degli impianti di incenerimento: la legge dice che è sufficiente un controllo 3-4 volte l’anno per 6-8 ore! (3).

Non so se capita anche a voi, ma io non riesco a non indignarmi di fronte al proseguire di un conteggio di morti annunciate e del tutto evitabili, che la Storia continua implacabilmente a registrare, a causa di pochi che con l’arroganza del potere continuano a pensare solo al Business, con la stupidità di chi neppure si accorge di essere un passeggero della stessa barca che sta facendo affondare.

(1) Late lessons from early warnings: the precautionary principle 1896-2000; http://www.eea.eu.int; 2001
(2) L. Tomatis. “Come dovrebbe cambiare la Prevenzione Primaria”; Epidemiol. e Prevenz. 29(5-6); Suppl 8-12; 2005
(3) J Thompson, H Anthony: “The Health Effects of Waste Incinerators” 4th Report of the British Society for Ecological Medicine; 2nd Ed. June 2008; p 47.

Ruggero Ridolfi
Oncologo, Endocrinologo
FORLI’

12 luglio 2005

Grazie "Greenpeace" di aver messo ulteriormente in evidenza il problema della combustione del Carbone sul "nostro territorio e sull' ambiente globale"


Per un giorno e mezzo abbiamo assistito alla spettacolare impresa di Greenpeace: con sorpresa per l'azione ed ammirazione per l'audacia degli "scalatori" che si sono arrampicati sulle ciminiere.


Riteniamo sia un segnale importante non solo per il G8 ma soprattutto per il nostro territorio che vive da decenni con la presenza di un così grande impianto.

Ecco di seguito il comunicato della nostra associazione che è stato inviato a tutti gli organi di informazione:


Quousque tandem…. un serpentone di carbone da Savona a Liverpool

Leggendo alcuni articoli apparsi recentemente sulla stampa locale a proposito di centrale termoelettrica e scelte legate allo sviluppo del territorio ci continuiamo a domandare: fino a quando ?

Fino a quando si vorranno ignorare le deliberazioni dei consigli comunali di Savona e di Quiliano che dichiarano “... la situazione ambientale attuale nella sottozona 2b (Savona-Vado L. – Quiliano) si trova già a livelli di guardia senza considerare l’avvio dei gruppi a metano” ?

Fino a quando si vorranno ignorare le prese di posizione dell’Ordine dei Medici della Provincia di Savona e di illustri clinici?
Fino a quando si vorrà ignorare che molti posti di lavoro in più si possono creare puntando sulle energie rinnovabili?
Fino a quando si vorrà ignorare che già oggi si produce circa il doppio dell’energia necessaria al nostro territorio?
Fino a quando si vorranno ignorare le oltre 7000 firme di cittadini contrari al potenziamento della centrale, raccolte in pochissimo tempo?
Non riteniamo opportuno affidarci a fattori emotivi ma affrontare con serietà, attenzione e raziocinio argomenti tanto fondamentali a partire da una corretta informazione.
Ci permettiamo quindi di sottolineare solo alcuni numeri dichiarati dalla stessa direzione della centrale termoelettrica che, ricordiamo, sorge in un contesto densamente abitato:
nel solo anno 2007 sono state bruciate nella centrale di Vado Quiliano
1.442.000 unmilione quattrocentoquarantaduemila tonnellate di carbone.

Stimando il peso specifico del carbone uguale a 0.8, e ragionando in metri cubi, è come se si fosse bruciato un serpentone composto da una sequenza di metri cubi lunga circa milleottocento chilometri (disteso su strada più della distanza da Savona a Liverpool)
Dalla combustione di tutto questo carbone solo nel corso del 2007 sono state emesse in atmosfera (la nostra) :
3.825.000 tremilioni ottocentoventicinquemila tonnellate di CO2
4.962 quattromilanovecentosessantadue tonnellate di SO2
e molte, molte altre sostanze (rientranti nei limiti di legge secondo quanto dichiarato dai responsabili della centrale), quali ad esempio
arsenico, cadmio, cobalto, cromo, mercurio, palladio, piombo, vanadio, cloruri, diossine e furani ecc.
Pensiamo che ogni considerazione veramente seria non possa evitare il confronto con i numeri sopra indicati, che sottoponiamo, senza commenti, alle valutazioni dei cittadini di tutta la provincia di Savona



"Tante belle facce pulite".

La sosta di Greenpeace presso di noi è stata una vera sorpresa.
Dopo aver assistito alle impressionanti evoluzioni sulle ciminiere della centrale, ieri sera siamo andati a trovare i ragazzi di Greenpeace che seguivano da terra: sei bellissime facce pulite. Abbiamo mangiato qualcosa insieme, abbiamo piacevolmente parlato con Sara, Claudia e gli altri ragazzi scoprendo persone semplici, ma allo stesso tempo formidabili, dotati di grande vivacità ed intelligenza senza alcuna ostentazione.
La serena consapevolezza di questi giovani ci ha aperto il cuore alla speranza.
Oggi, poco prima di mezzogiorno c’era una piccola folla ad attendere gli “scalatori” reduci da una notte passata sulle ciminiere: mamme, papà, nonni, ragazzi, bimbi e persino neonati: un’atmosfera da festa di famiglia. Tutti hanno portato qualcosa come la torta di Linuccia, le pizze di Maria Rosa, la Focaccia di Emilia, il vino di Giuliano, la frutta di Enrica, il cesto di amaretti Besio e molto altro ancora, sui tavolini da pic nic.
Verso mezzogiorno sono arrivati i primi sei “scalatori” accolti da un applauso che sembrava non finire mai e “grazie” e “bravi” urlati o appena sussurrati da voci commosse. Abbiamo visto persone con gli occhi lucidi continuare ad applaudire quei ragazzi con le mani ed il viso anneriti, ma tutti con facce e occhi straordinariamente belli e “puliti”.
Neanche un’ombra o un accenno di trionfalismo, ma sorrisi sereni, di una timidezza quasi ritrosa.

Dopo circa un’ora è arrivato l’altro gruppo e di nuovo applausi, tanti applausi e le stesse facce pulite, gli stessi sguardi che esprimevano modestia ed anche un po’ di stupore per la festosa accoglienza.
A dare il benvenuto agli scalatori, ragazze e ragazzi tedeschi e polacchi, c’era anche Jannina, ottantanovenne insegnante poliglotta di origine polacca, figura minuta ma straordinaria per prontezza e vivacità intellettuale, con tanto di nipote e pronipote:è stata un po’ la reginetta dell’evento abbracciata, quasi coccolata da tutti i ragazzi di Greenpeace.
Facce pulite, si diceva, facce pulite, sguardi limpidi e sinceri: una ventata d’aria pura.

2009/07/11"...........Mail inviataci da Claudia di Greenpeace"...

Pubblichiamo uno stralcio della mail inviataci da Claudia di Greenpeace
..........L'entusiasmo il calore e l'affetto che ci avete dimostrato sono enormi, grazie grazie soprattutto per quello che siete e che fate:

cittadini consapevoli, tenaci e caparbi nel voler difendere le proprie idee e i propri diritti, per la salute e per un futuro migliore.


Noi diciamo cheGreenpeace "agisce per ispirare le persone al cambiamento", a prendere in mano la propria vita e le proprie responsabilità nei confronti degli altri, dell'ambiente, delle future generazioni.
Voi siete già ben oltre tutto ciò.
Grazie ancora e avanti così!!!
Abbracci Claudia

Grazie anche voi ragazzi, per i vostri ideali e la vostra simpatia!!

Vado Ligure: la soddisfazione di Greenpeace

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11 luglio 2005

2009/07/10 "Sicurezza delle acque sotterranee: come cambia la disciplina"


Sicurezza delle acque sotterranee: come cambia la disciplina

Questa notizia è stata tratta da: http://www.puntosicuro.it/

Protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento: in vigore dal 19 aprile scorso, il decreto legislativo 30/2009 che ha modificato significativamente la normativa in questa materia.

Il quadro normativo italiano sulle acque si sta completando: il decreto 30/09 relativo alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, è entrato in vigore il 19 aprile.

Il decreto, che recepisce la Direttiva 2006/118/CE, definisce le “misure specifiche per prevenire e controllare l’inquinamento ed il depauperamento delle acque sotterranee.

Obiettivi principali
· Identificare e caratterizzare i corpi idrici sotterranei;
· valutare il buono stato chimico degli stessi (attraverso gli standard di qualità e i valori soglia);
· individuare e invertire le tendenze significative e durature all’aumento dell’inquinamento;
· classificare lo stato quantitativo.

Quanto sopra è finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale previsti dal d.lgs 152/2006 (articoli 76 e 77). In particolare si ricorda che secondo questi articoli al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici, da garantirsi su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. L’obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell’uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi. Il raggiungimento di tali obiettivi è di competenza delle Regioni secondo le indicazioni dell’articolo 77 di detto dlgs 152/2006.

Ruolo delle regioni e disposizioni tecniche
Sono le Regioni che adottano la procedura di valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, secondo le modalità di cui all’Allegato 4, punto 4.1 (raggruppamento dei corpi idrici), e definiscono anche un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico (art. 4).

Le novità di maggiore rilievo riguardano il ruolo delle Regioni nelle attività da svolgere per la tutela dei corpi idrici sotterranei. In particolare, l’art. 3 del D.Lgs. n. 30/ 2009, relativo ai criteri di valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, stabilisce che le Regioni debbano, innanzitutto, effettuare la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei secondo le indicazioni contenute nell’Allegato 1, Parte B, conducendo l’analisi delle pressioni e degli impatti sui corpi idrici sotterranei e il rilevamento del loro stato di qualità.

Soltanto sulla base delle informazioni concernenti le attività antropiche presenti nel bacino idrografico e dei dati ambientali rilevati è, infatti, possibile compiere una previsione circa l’effettiva possibilità di raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale e, in caso di valutazione negativa (che conduce alla definizione del corpo idrico sotterraneo come “a rischio”), adottare le misure conseguenti.

In virtù dell’art. 3 in esame, nel caso in cui sostanze, gruppi di sostanze o indicatori ambientali determinino alla luce della predetta caratterizzazione il rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, le Regioni devono adottare gli standard di qualità ambientale e i valori soglia individuati nelle tabelle 2 e 3 della Parte A del decreto medesimo e richiedere direttamente al Ministero dell’Ambiente la fissazione di specifici valori soglia per le eventuali ulteriori sostanze presenti nelle acque sotterranee non comprese nell’Allegato 3.

Questi standard e valori devono essere riportati nei Piani di bacino idrografico e nei Piani di tutela delle acque come obiettivi da raggiungere entro il 22 dicembre 2015, unitamente all’elenco delle sostanze rilevate nei corpi idrici sotterranei ricadenti nel territorio di competenza. Per quanto riguarda le acque sotterranee destinate al consumo umano (ossia utilizzate per la produzione di acqua potabile), il comma 4 del medesimo art. 3 compie un rinvio alla disciplina contenuta nell’art. 82, D.Lgs. n. 152/2006 e, dunque, agli obiettivi di qualità definiti dall’art. 76 (in generale) e dall’art. 80 (per la specifica destinazione). A questo proposito, è interessante rilevare come, in presenza di obiettivi diversi, le regioni debbano raggiungere, entro la medesima data del 22 dicembre 2015, quelli più rigorosi e cautelativi (art. 76, comma 5). La procedura di valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee è definita dal successivo art. 4, D.Lgs. n. 30/2009.

Attribuzione dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo
Le Regioni attribuiscono a un corpo idrico sotterraneo lo stato chimico di “buono” quando ricorra una delle seguenti condizioni (alternative fra loro):
· rispetto delle condizioni di cui all’Allegato 3, Parte A, tabella 1
· rispetto degli standard di qualità e dei valori soglia di cui alla tabella 2 e alla tabella 3 dell’Allegato 3, Parte A;
· in caso di superamento degli standard o dei valori medesimi in uno o più siti di monitoraggio, rispetto delle ulteriori condizioni previste dai punti da 1) a 4) della lettera c) del comma 2;
· l’osservanza di queste condizioni da accertarsi mediante la valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei “a rischio” descritta nell’Allegato 5 porta a escludere la presenza di un rischio ambientale significativo e ad accertare la permanente capacità delle acque di sostenere gli usi umani.

La classificazione dei corpi idrici così svolta e, nel caso di superamento degli standard di qualità, la descrizione del metodo seguito nella valutazione finale, dovranno essere inserite dalle autorità competenti nei Piani di gestione di bacino idrografico e nei Piani di tutela delle acque. Sulla base dei risultati dell’attività di monitoraggio della qualità delle acque sotterranee, le Autorità di bacino e le Regioni devono individuare le possibili tendenze significative e durature di aumento delle concentrazioni di inquinanti, determinando i punti di partenza per le inversioni di tendenza e le priorità di intervento. Al fine di ridurre progressivamente l’inquinamento del corpo idrico, prevenirne il deterioramento e favorire inversioni di tendenza in presenza di un rischio significativo di danno per la qualità degli ecosistemi acquatici o terrestri, per la salute umana o per gli usi delle acque, le regioni devono inoltre adottare misure più restrittive di quelle indicate dalla Parte III del D.Lgs. n. 152/2006 (art. 5, D.Lgs. n. 30/2009).

Ancora un volta dovrà essere dato atto nei Piani di gestione di bacino idrografico e nei Piani di tutela delle acque, tanto della metodologia utilizzata, quanto dei criteri applicati per effettuare queste valutazioni. Qualora venga accertato lo stato chimico di “buono”, le Regioni devono, comunque, attuare le misure e i programmi di protezione previsti dalla Parte III del D.Lgs. n. 152/ 2006, nonché quelle derivanti da specifiche normative.

Prevenzione o limitazione di immissioni inquinanti
L’art. 7 del decreto in commento è dedicato alla prevenzione o limitazione delle immissioni di inquinanti nelle acque sotterranee. Alle Regioni è demandato il compito di assicurare l’inserimento, nei Programmi di misure per la tutela delle acque, di tutte le misure idonee a impedire o, comunque, limitare lo scarico e le immissioni indirette di sostanze inquinanti nelle acque sotterranee per evitarne il deterioramento. Restano, in ogni caso, ferme le disposizioni di cui agli artt. 103 e 104, D.Lgs. n. 152/ 2006. L’art. 7, comma 6, modifica, peraltro, l’art. 104 relativamente allo scarico di acque derivanti dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde. In presenza di un efficiente monitoraggio condotto secondo le previsioni dell’Allegato 4 al decreto, le Regioni possono escludere dal predetto programma di misure gli scarichi e le immissioni poco significative, fatti salvi gli eventuali limiti più rigorosi previsti dalla normativa nazionale o regionale di settore. In questi casi, le Regioni devono dare comunicazione al Ministero dell’Ambiente.

Lo stato quantitativo delle acque sotterranee
L’art. 6 detta disposizioni riguardanti lo stato quantitativo delle acque sotterranee. La relativa valutazione deve essere compiuta secondo l’Allegato 3, Parte B, tabella 4. La classe di qualità dello stato quantitativo attribuita a seguito del monitoraggio e le misure individuate per il raggiungimento o il mantenimento dello stato quantitativo di “buono” devono essere riportati nei piani di gestione di bacino idrografico e nei piani di tutela delle acque. Le norme tecniche contenute negli Allegati al nuovo decreto integrano e sostituiscono espressamente, in virtù dell’art. 9, le previsioni precedentemente contenute, relativamente ai medesimi aspetti ed attività, negli Allegati 1 e 3 alla Parte III del D.Lgs. n. 152/2006, che ne risultano conseguentemente modificati

MODIFICHE AL 152/06
Il D.Lgs. n. 30/2009 ha modificato le definizioni di:
· «buono stato chimico»;
· «buono stato quantitativo»;
· «falda acquifera»,
già contenute nell’art. 74 del D.Lgs. n. 152/06.

Il punto 1.2, Allegato 1 del D.Lgs. n. 152/2006 è sostituito dall’ Allegato 1, Parte A del D.Lgs. n. 30/2009;
Il punto 2, lettera b), Allegato 1 del D.Lgs. n. 152/2006 è sostituito dagli Allegati 3 («Buono stato delle acque sotterranee ») e 4 («Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei») al D.Lgs. n. 30/2009;
Il punto 2, Allegato 3, il punto 2.1. e il punto 2.3. del D.Lgs. n. 152/2006 è sostituito dall’Allegato 1, Parte B del D.Lgs. n. 30/2009.

È sostituito il comma 3 dell’art. 104 (art. 7, comma 6);
sostituzione delle lettere i), aa) e dd) del comma 2 dell’art. 74 (art. 9, lett. a);
sostituzione del punto 1.2 dell’Allegato 1 (art. 9, lett. b);
sostituzione della lettera B del punto 2 dell’Allegato 1 (art. 9, lett. c);
sostituzione dei punti 2.1 e 2.3 del punto 2 dell’Allegato 3 (art. 9, lett. d).

NOTA: I valori di soglia e gli standard di qualità (così come definiti dall’art. 2) si applicano limitatamente alle sostanze, ai gruppi di sostanze ed agli indicatori di inquinamento che “…risultino determinare il rischio di non raggiungimento degli obiettivi ambientali di cui agli articoli 76 e 77 del decreto legislativo n. 152 del 2006” (art. 3).

Tabella 3, Allegato 3, Valori soglia.

Tabella 2, Allegato 3, Standard di qualità.

Presidenza della Repubblica - Decreto Legislativo 16 marzo 2009, n. 30 - Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione elle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.

Fonte: Arpat.

Links da qui: http://www.puntosicuro.it/italian/index.php?VM=articolo&IA=9096