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31 marzo 2014

Oggi la sentenza : Enel, condannati Scaroni e Tatò per il disastro ambientale di Porto Tolle

Tratto da Legambiente 

PORTO TOLLE AMBIENTALISTI APPREZZANO SENTENZA, ORA BASTA PARLARE DI CARBONE.

CONDANNATI I VERTICI ENEL PER PORTO TOLLE  
Oggi il tribunale di Rovigo ha condannato in primo grado di giudizio i vertici ENEL per il ‘grave inquinamento’ derivato dal funzionamento della centrale termoelettrica di Porto Tolle.
La condanna prevede una pena di 3 anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni per gli ex ad Scaroni e Tatò. E' stato assolto, invece, "per mancanza di elemento soggettivo", l’attuale amministratore e direttore generale Fulvio Conti.

Greenpeace, Legambiente e WWF esprimono soddisfazione per la sentenza che ha riconosciuto ciò che le tre associazioni hanno denunciato per anni, ossia che la centrale di Porto Tolle ha continuato a funzionare in mancanza delle autorizzazioni ambientali, causando gravi danni alla salute della popolazione residente e all’ambiente.
Ora il nesso tra le emissioni di quella centrale e l'aumento di patologie nella popolazione locale appare provato, come pure l'impatto sul fragile ecosistema del Delta del Po che ospita l'impianto; ed Enel sarà chiamata a rifondere danni per 3,6 miliardi di euro.

Le associazioni ambientaliste auspicano che la sentenza odierna rappresenti anche l'archiviazione definitiva per i progetti di riconversione a carbone della Centrale di Porto Tolle. L'impianto, che sorge nel bel mezzo del Parco del Delta del Po, era già costato ad Enel la condanna in due processi precedenti. La volontà di trasformarlo per poterlo alimentare con la fonte energetica più inquinante e dannosa per il clima, il carbone appunto, è sbagliata: non risponde ad alcuna necessità energetica del Paese, non ha fondamento in termini di strategia industriale e consegnerebbe il Polesine a un modello di sviluppo già dimostratosi perdente e dannoso.

Greenpeace, Legambiente e WWF chiedono ad Enel di fare chiarezza e di dire cosa intende fare. Poche settimane addietro la Commissione VIA del Ministero per l’Ambiente ha nuovamente bocciato la proposta di conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. Enel è pronta a rinunciare al progetto o tornerà a presentarlo e promuoverlo, dimostrando di non saper apprendere dai propri errori e neppure dalle sentenze?

Roma, 31 marzo 2014
Ufficio stampa Greenpeace – 348-3988615
Ufficio stampa Legambiente – 06-86268376, 349-0597187
Ufficio stampa WWF Italia – 06-84497213, 02-83133233, 329-8315725


Leggi anche 

Nuovo rapporto IPCC, Greenpeace: i cambiamenti climatici sono una minaccia per l’umanità

Greenpeace chiede ai capi di Stato e di governo di accelerare il passaggio a fonti energetiche pulite e sicure. Il nuovo rapporto dell’ IPCC, l’organismo dell’Onu sui cambiamenti climatici, sottolinea come gli impatti del riscaldamento globale siano già evidenti in tutti i continenti e negli oceani e la tendenza sia di un rapido peggioramento. L’entità di questo peggioramento dipenderà dalle scelte a breve termine che compiremo.
IPCC-Logo
“Stiamo camminando sul filo, ma se agiamo con fermezza e tagliamo le emissioni di CO2 immediatamente possiamo ancora evitare le peggiori conseguenze e conservare ecosistemi marini e terrestri, fondamentali per l’esistenza dell’uomo sulla Terra” afferma Luca Iacoboni, responsabile Campagna Clima e Energia di Greenpeace Italia.
Il rapporto IPCC mostra come i cambiamenti climatici siano una minaccia crescente per la sicurezza dell’umanità, dal momento che portano a una crescente scarsità di cibo e acqua ed aumentano così il rischio di migrazioni e conflitti.
Dovremmo ‘disarmare’ le centrali a carbone.......(Leggi l'articolo integrale  QUI)


Enel, condannati Scaroni e Tatò per il disastro ambientale di Porto Tolle.
Immagine tratta da facebook del Medico Isde G.Ghrga.



Il Tribunale di Rovigo ha accolto le tesi dell'accusa secondo cui gli ex vertici di Enel non avrebbero installato adeguati dispositivi per monitorare l'inquinamento provocato dalla centrale. Chiesta l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Danni per 3,6 miliardi di euro


Enel, condannati Scaroni e Tatò per il disastro ambientale di Porto Tolle
MILANO - Una sentenza che farà sicuramente discutere. E che sarà letta con attenzione anche in altre parti d'Italia, dove negli ultimi anni si stanno combattendo battaglie simili nelle aule dei tribunali  
Il Tribunale di Rovigo ha condannato a tre anni di reclusione per disastro ambientale gli ex vertici dell'Enel, al termine del processo di primo grado per quanto avvenuto alla centrale di Porto .
 La sentenza è stata emessa nei confronti di Franco Tatò e Paolo Scaroni, i due manager che ricoprivano la carica di amministratori delegati all'epoca dei fatti sotto accusa. Per entrambi è scattata anche la pena accessoria di cinque  anni di interdizione dai pubblici uffici. Assolto Fulvio Conti, attuale ad, per mancanza di elemento soggettivo. 

In sostanza, la corte del capoluogo veneto ha recepito la tesi avanzata dal pubblico ministero Manuela Fasolato: il magistrato ha sostenuto un rapporto tra le emissioni in eccesso della centrale e i danni alla salute e all’ambiente. 
In particolare, il pm nel corso delle sue indagini ha rilevato come sia stata omessa l'installazione di apparecchiature che avrebbero potuto misurare l'impatto dele emissioni della vecchia centrale Enel alimentata a olio combustibile, causa dell'aumento delle malattie respiratori dei bambini così come evidenziato dalle analisi successive dell'Istituto dei Tumori del Veneto. Secondo una stima dell'istituto Ispra, i danni stimati sono di 3,6 miliardi di euro, documento che è servito al ministero per l'Ambiente di costituirsi parte civile contro gli imputati.

Nonostante l'accoglimento della tesi accusatoria, il Tribunale ha dato ragione solo in parte alle richieste dell'accusa.........

In attesa dei ricorsi in Appello, Porto Tolle non esce comunque dalla cronaca giudiziaria. L'impianto è coinvolto in un processo di trasformazione dei vecchi gruppi a olio combustibile in modo che l'energia venga prodotta bruciando carbone. Anche con le nuove tecnologie del cosiddetto "carbone pulito", la quota di emissioni è comunque superiore a una centrale a gas. Ambientalisti e associazioni locali avevano ottenuto lo stop davanti al Tar e al Consiglio di Stato, ma la regione Veneto ha modificato le regole che governano il parco del delta del Po con l'intento di eliminare gli ostacoli alla riconversione del progetto: l'impianto (uno dei più grandi d'Europa). Ora Enel potrebbe procedere con l'investimento, ma la sentenza contro gli ex vertici potrebbe riaprire la battaglia.

La Bolla del carbonio : Exxon renderà pubblico il suo rischio di 'stranded asset'.


                                     Notizia dl 2013
                      

La "bolla del carbonio" potrebbe causare una nuova crisi finanziaria

Di Giovanni Tortoriello | 23.04.2013

Trovarsi di fronte a un burrone e guardare il vuoto con l'arroganza di chi è sempre convinto di riuscire a salvarsi anche quando è sull'orlo del precipizio. Arroganza, forse temerarietà, ma anche e soprattutto quella miopia che induce a ricercare la maggior quantità possibile di profitti a breve termine senza curarsi delle conseguenze nel medio- lungo periodo è ciò che emerge nel rapporto "Unburnable carbon 2013: Wasted caital and stranded  assets" realizzato da Carbon Tracker e dal Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment della London School of University nel quale si denuncia la possibilità che la famigerata "bolla del carbonio" scoppi da un momento all'altro.

Leggi tutto qui
Notizia del 2014

Incalzata da azionisti, la multinazionale texana acconsente a rendere pubblica la stima dei danni che avrebbe in seguito alle politiche per il clima. I grandi delle fossili non possono più evitare di confrontarsi pubblicamente sul rischio della carbon bubble, che, se non disinvestiamo subito dalle fonti sporche, potrebbe minare l'economia mondiale
                               
Exxon nelle prossime settimane renderà pubblico con un report l'impatto potenziale che le politiche di riduzione delle emissioni potrebbero avere sui suoi asset. La notizia è storica, perché mostra che le grandi compagnie delle fossili non possono più evitare di confrontarsi, con i propri azionisti e pubblicamente, sul rischio della cosiddetta carbon bubble, ossia il danno economico che avranno per la quantità di petrolio, gas e carbone che dovranno lasciare sotto terra a seguito delle politiche necessarie a combattere il global warming: i cosiddetti stranded asset.
A rendere nota la prossima pubblicazione del report non è la compagnia stessa ma Arjuna Capital, fondo di investimento attento alla sostenibilità che, in qualità di azionista della multinazionale texana, ne ha fatto richiesta formale (vedi comunicato allegato in basso). 
Exxon renderà pubbliche una serie di informazioni, a partire dalle emissioni di CO2 legate alle sue attività, fino all'impatto che la normativa ambientale e quella per ridurre le emissioni di gas serra potranno avere sui suoi bilanci.
Stime che Exxon ha ovviamente già fatto ma che fino ad ora si è guardata bene dal pubblicare. La multinazionale – riporta il Wall Street Journal – si prepara ad un futuro in cui al 2040 una tonnellata di CO2, nei paesi sviluppati come Usa ed Europa, costerà circa 80 dollari, cioè oltre 10 volte il prezzo attuale. E come sappiamo un prezzo della CO2 più alto renderebbe molto più costoso valorizzare gran parte delle riserve di Exxon, specie quelle più carbon-intensive e che già necessitano di processi di estrazione molto dispendiosi,  come sabbie bituminose e riserve in acque profonde.
La speranza è che il fatto che la multinazionale sia costretta a confrontarsi pubblicamente con gli azionisti su questi rischi si rifletta in un tempestivo riposizionamento strategico: “Se le compagnie continuano a investire tantissimo sulle riserve di idrocarburi non convenzionali non resterà molto spazio di manovra”, commenta Natasha Lamb di Arjuna.....
L'azione di Arjuna Capital, si colloca nell'ambito dell'iniziativa promossa da Ceres, un gruppo di 70 investitori, responsabili collettivamente di oltre 3.000 miliardi di asset, che sta chiedendo formalmente conto del rischio di stranded asset ai colossi dell'industria energetica mondiale, 45 compagnie tra le quali la nostra partecipata pubblica Eni (vedi QualEnergia.it).
Il problema per i lettori di QualEnrgia.it è noto: se vogliamo evitare gli effetti peggiori del global warming gran parte delle riserve fossili in possesso delle compagnie dovranno rimanere nel sottosuolo, con conseguenze economiche potenzialmente disastrose per i loro bilanci. Ma allo stesso tempo se questi idrocarburi venissero bruciati, gli impatti sul cambiamento climatico colpirebbero duramente, oltre a noi tutti, anche la stessa industria delle fossili: basti pensare ai milioni di barili al giorno di capacità estrattiva che gli uragani Rita e Kathrina hanno messo fuori gioco per mesi. .....
Fino ad ora il mondo delle fossili ha apparentemente continuato come nulla fosse, forse contando di riuscire a boicottare le politiche sul clima: nel 2012, mostra un report dell'ong Carbon Tracker Initiative le 200 aziende più grandi hanno investito 674 miliardi di dollari in nuove riserve. Gas, petrolio e carbone che potrebbero essere destinati a rimanere sotto terra, con un conseguente buco nell'acqua a livello economico.
La carbon bubble o bolla della CO2, ricordiamo, oltre ai bilanci delle compagnie, potrebbe minare l'economia mondiale: la capitalizzazione legata alle risorse fossili al momento ha un ruolo molto importante su diverse Borse: 20-30% in Borse come quella australiana, Londra, Mosca, Toronto e San Paolo. Inoltre nelle fonti fossili hanno investito e continuano ad investire moltissimo Stati, enti locali e grandi fondi pensione.

Nonostante questo la questione sembra essere tuttora pericolosamente sottovalutata dall'opinione pubblica: speriamo che il fatto che grandi multinazionali come Exxon inizino ad essere più trasparenti sui rischi cambi la situazione e che si acceleri la prevenzione: bisogna disinvestire dalle fossili il più in fretta possibile.
Su QualEnergia l'articolo integrale

REUTERS:Tirreno Power, atteso business plan per soci e banche.

Tratto da Reuters Italia

Tirreno Power, atteso business plan per soci e banche

lunedì 31 marzo 2014 12:50

MILANO, 31 marzo
 (Reuters) - Gdf-Suez attende la presentazione del business plan della controllata Tirreno Power, alla prese con una difficile crisi di liquidità a seguito del calo dei consumi di energia in Italia.

Lo ha detto Aldo Chiarini, Ceo di Gdf-Suez Italia, a margine di un convegno.
"Per quanto riguarda Tirreno Power attediamo il business plan che sarà esaminato dai soci e dalle banche", si è limitato a dire il manager.
L'altro azionista forte di Tirreno Power è Sorgenia (gruppo Cir ) che ha chiesto alle banche una moratoria sull'indebitanmento.

30 marzo 2014

TEMPI: Immaginiamo per un attimo che Tirreno Power......


Pubblichiamo uno stralcio di un articolo 

un po' particolare.......

Tratto da Tempi.it 

Immaginiamo per un attimo che Tirreno Power......

Marzo 30, 2014 Rachele Schirle

Facciamo che c’era un procuratore della Repubblica che dopo quattro anni di lunghe indagini e perizie scopre che una centrale a carbone avrebbe (condizionale giudiziario) provocato in sette anni (tra il 2000 e il 2007) i seguenti disastri: 335 morti per patologie cardiovascolari; 103 morti per malattie cardiorespiratorie; 2.097 adulti ricoverati per analoghe patologie; 457 bambini con malattie analoghe e 129 ricoverati per asma. Malattie, dicevano le perizie della procura, esclusivamente attribuibili alla centrale. Molte altre malattie, in particolare i tumori ai polmoni, erano dubbie, ma non sono state prese in considerazione perché in questi casi i sospetti non fanno una prova.

Facciamo poi che dopo anni di indagini e polemiche, soprattutto da parte dei comitati di cittadini che non ne potevano più di quei comignoli che sporcavano polmoni e biancheria, il procuratore metteva sotto accusa i dirigenti della centrale, perché non avevano, a suo giudizio, predisposto tutte le precauzioni necessarie a ridurre le emissioni nocive, e qui l’elenco di emissioni e omissioni si farebbe davvero lungo.

Ma non finisce qui: facciamo che, sempre secondo l’accusa, decessi e ricoveri sarebbero continuati anche negli anni successivi a quelli rilevati dalle perizie e a questi si sarebbe aggiunto un danno ambientale tale da assumere le dimensioni del disastro. E facciamo poi che un giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro dei due impianti a carbone della centrale termoelettrica, anche perché, si leggeva nell’ordinanza, «la condotta delle società che si sono succedute nella gestione della centrale è stata costantemente e sistematicamente caratterizzata da reiterate inottemperanze alle prescrizioni» e aggiungeva «appare dimostrato che il gestore ha sempre fatto quello che gli tornava più vantaggioso, il tutto nella neghittosità degli organi pubblici chiamati a svolgere attività di controllo, e che, lungi dal sanzionare le dette inottemperanze, hanno ritardato in modo abnorme l’emissione dei dovuti provvedimenti ed emesso alla fine un’autorizzazione ambientale integrata (Aia) estremamente vantaggiosa e frutto di un sostanziale compromesso in vista della costruzione di un nuovo gruppo a carbone che si presenta come meramente ipotetica».


Insomma, l’accusa della procura e il provvedimento del gip dicevano in sostanza che i proprietari della centrale, per il proprio tornaconto economico, non avevano speso quel che dovevano spendere e non avevano fatto quel che dovevano fare o che dicevano di aver fatto e questo aveva provocato un disastro ambientale con oltre 400 morti e duemila ricoveri. 

Per non parlare dei settecento lavoratori, tra dipendenti diretti e indotto, rimasti a casa a causa della chiusura degli impianti.

La «neghittosità» di chi vigilava
Andiamo avanti con il nostro a questo punto un po’ macabro gioco: perché i magistrati dicevano anche che chi doveva vigilare non lo aveva fatto, fino a tollerare che il rilevatore dei fumi fosse posto non in cima ai camini, come prescritto dall’Aia, ma alla base. Che non è proprio la stessa cosa: ma l’azienda era di parere diverso, e aveva chiesto ugualmente l’ok al ministero dell’Ambiente.
 Che lo aveva accordato e trasmesso alla centrale, guarda caso l’ultimo giorno prima del giuramento del nuovo governo, quando il ministro uscente aveva già fatto gli scatoloni e quello entrante non si era ancora insediato......

Meno si dice del fatto che non sia stato rispettato, secondo le indagini, il cronoprogramma previsto dall’Aia per la sicurezza ambientale, che sia stato usato olio combustibile denso con valori superiori alla norma, e altre simili inadempienze, in tutto dieci, compresi gli scarichi a mare.
                                        
I sindacati sono furibondi: devono difendere il posto di lavoro ma anche confrontarsi con i cittadini che reclamano il diritto prevalente sancito dalla Costituzione, che è la salute;  la procura sente sul collo il fiato di un’opinione pubblica che questa volta, a parlare con la gente, forse avrebbe preferito non sapere ma che ora non può chiudere gli occhi o nascondere la testa sotto una sabbia inquinata e la Tirreno Power si limita a un comunicato in cui afferma che «avrà modo di fare le sue osservazioni nella giusta fase processuale» e che «gli elementi che hanno portato al sequestro sono già stati superati dai fatti e che una volta fornita al giudice la documentazione a integrazione delle informazioni in suo possesso potrà rivalutare la decisione sul blocco degli impianti».

L’attenzione dei media ora è tutta puntata sulla possibilità di riaprire, se possibile definitivamente, la centrale, per salvare il lavoro che dà il pane a settecento famiglie diritto sacrosanto – ma anche non nuocere ulteriormente alla salute di migliaia di persone – diritto più sacrosanto ancora.

E i morti e gli ammalati? Su questi il rumore delle rotative si fa più flebile, la stampa macchia di meno. I nomi degli indagati, i dirigenti della Tirreno Power, si fanno più stinti sui giornali.

Come si fanno più stinti gli accenni alle responsabilità di chi stava più in alto e non ha stretto le maglie dei controlli, pur sapendo che erano in corso indagini da ben quattro anni. Possibile che le colpe del disastro colposo siano tutte di un gruppo di cinque dirigenti? A Vado Ligure e nei comuni vicini i cittadini e i comitati spontanei ripetono che «nell’acqua torbida non si vedono i pesci». 

E l’acqua che circola in una centrale a carbone non è proprio delle più chiare. Dall’imperfetto questa storia passa al presente. Non è più il tempo delle fiabe.
Qui l'articolo integrale


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29 marzo 2014

Tirreno Power rinuncia al Riesame contro il sequestro, scelta la via del “dialogo”?

Leggiamo su Ansa

Tirreno Power, no a Riesame su sequestro

Segnale di apertura al dialogo con la magistratura.



Tratto da Ivg
Tirreno Power rinuncia al Riesame contro il sequestro, scelta la via del “dialogo”: si lavora per soddisfare richieste gip
Savona. Lunedì mattina non ci sarà nessuna udienza davanti al Tribunale del Riesame contro il sequestro dei gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure. I legali dell’azienda questa mattina hanno infatti deciso di rinunciare a portare avanti il ricorso presentato a nome del capocentrale di Tirreno Power Pasquale D’Elia.
Una notizia che stupisce, ma nemmeno troppo soprattutto alla luce del discorso intrapreso tra l’avvocato Paola Severino, al quale l’azienda ha affidato il coordinamento della difesa nel procedimento giudiziario, e la Procura. La scelta di rinunciare al Riesame (che sarà comunicata ufficialmente lunedì mattina) segna la decisione di Tirreno Power di seguire la strada del “dialogo” con i magistrati. Dall’azienda, sull’argomento, si sono limitati a precisare che la rinuncia è stata fatta per “trovare un’intesa che possa creare un clima construttivo”.
Allora c’è da aspettarsi che, a breve, i legali di Tirreno Power presentino un’istanza di dissequestro alla Procura ed al gip Fiorenza Giorgi. Una richiesta che dovrà rispettare le prescrizioni imposte dal giudice nel suo dispositvo: installazione di una centralina di monitoraggio controllata da tecnici nominati dal tribunale e valori di emissione entro i limiti delle “migliori tecnologie disponibili”. Se le rigide condizioni imposte dal gip saranno soddisfatte dall’azienda, la centrale potrebbe ripartire immediatamente.

1) Peacelink: ecco come l’ozono ha fatto crollare il benzo(a)pirene a Taranto 2) EDIPOWER-A2A PRONTA A BRUCIARE RIFIUTI A BRINDISI...

Interessante news dagli amici di  Taranto.

Tratto da Inchiostro Verde

Peacelink: ecco come l’ozono ha fatto crollare il benzo(a)pirene


Dal 2010 al 2013 il benzo(a)pirene nel quartiere Tamburi di Taranto è “crollato” da 1,8 a 0,18 nanogrammi a metro cubo. E’ stato un crollo clamoroso che nessuno si aspettava, anche perché la letteratura scientifica non aveva rilevato nel mondo casi di cokerie che, pur dotate di BAT, consentissero nel raggio di 1200 – 1700 metri una diminuzione della concentrazione di benzo(a)pirene sotto la soglia di 1 nanogrammo a metro cubo.
Il dato del quartiere Tamburi (0,18 ng/m3) è risultato paradossalmente il migliore in città per il benzo(a)pirene e l’ARPA ha evidenziato questo risultato come un importante punto di arrivo dell’attenzione nella gestione dell’Ilva. I nuovi dati sul benzo(a)pirene annullerebbero le differenze fra i quartieri di Taranto, facendoli convergere tutti su un unico valore medio oscillante attorno a 0,2-0,3 ng/m3.
E’ un valore decisamente basso se confrontato con quello di altre città. Praticamente a Taranto non vi sarebbe più una fonte emissiva tale da determinare pericolo. L’Arpa certifica che non vi è più un aumento del benzo(a)pirene se ci si avvicina all’ILVA.
Questo è un risultato stupefacente se si considera che l’ARPA – scatenando una girandola di telefonate intercettate dalla Procura – aveva valutato nel 2010 che il 98% del benzo(a)pirene del quartiere Tamburi proveniva dalla cokeria ILVA. Ma come è stato possibile ottenere questo azzeramento completo del problema, risultato che ha dell’eccezionale se si considera il punto di partenza disastroso?
Come mai assistiamo a questo miracoloso calo del benzo(a)pirene? Da tempo PeaceLink ha individuato contraddizioni e paradossi in questo miracoloso calo. Lo ha evidenziato anche conducendo proprie analisi che evidenziavano la persistenza di alte concentrazioni di IPA, all’interno dei quali si annida il benzo(a)pireneMa la posizione di Arpa è stata sempre quella di considerare assolutamente attendibile  il vertiginoso calo del benzo(a)pirene. Mai un dubbio è stato sollevato sull’attendibilità di quei dati che servivano a certificare la fine del “pericolo” e a rendere inattuale ogni richiesta della magistratura di fermare impianti altamente inquinanti come la cokeria.
........... Siamo proprio sicuri che nel far crollare le misurazioni non vi sia stato anche un importante fattore interferente che potrebbe aver determinato una riduzione significativa del benzo(a)pirene? Abbiamo allora svolto un controllo accurato su quello che può essere un fattore interferente sulle misurazioni di benzo(a)pirene: l’ozono. E abbiamo scoperto, con grande stupore, che dal 2011 in poi l’ozono ha avuto dei picchi sorprendenti con il conseguente effetto di una degradazione del benzo(a)pirene.
Gli esperti sanno che l’ozono determina una riduzione significativa del benzo(a)pirene: gli cambia la carta d’identità e non è più rintracciabile. Gli esperti sanno che i dati del benzo(a)pirene possono essere pertanto abbattuti proprio in presenza di picchi di ozono, esattamente come si è verificato a Taranto. Questo non lo dice PeaceLink ma la norma europea che fissa le regole del metodo ufficiale di analisi del benzo(a)pirene.
 E’ la norma UNI EN 15549 (il metodo ufficiale di analisi del benzo(a)pirene nel PM10, appunto) che avverte che “in presenza di ossidanti come l’ozono, il benzo(a)pirene può essere degradato” e raccomanda in questi casi “un denuder di ozono nel sistema di campionamento”.
Si badi bene che il benzo(a)pirene ossidato dall’ozono non diventa miracolosamente una sostanza balsamica ma si trasforma in un’altra sostanza altamente cancerogena: il benzo(a)pirene-4,5-ossido. Questo e’ accaduto a Taranto dopo il 2010. ....
Che effetto produce pertanto l’ozono nelle centraline Arpa? L’ozono può modificare significativamente i dati del benzo(a)pirene, abbassando le concentrazioni misurate. Il dato dell’inquinamento che ne risulta è quindi “abbattuto” dall’ozono.
Le misurazioni effettuate sarebbero a nostro avviso inattendibili per le ragioni fin qui esposte......
L’ozono è presente in elevate concentrazioni d’estate e questo può spiegare in particolare il crollo delle concentrazioni di benzo(a)pirene d’estate. Vorremmo fare tre domande all’ARPA.
1) Come mai questi picchi di ozono non sono riportati nella recente relazione ARPA sulla qualità dell’aria di Taranto del 2013?
2) Come mai la centralina di via Machiavelli non ha un sistema di monitoraggio dell’ozono per verificare gli effetti interferenti sulle misurazioni del benzo(a)pirene?
3) Sono stati usati sistemi di protezione delle centraline (del tipo “denuder”) per evitare che fornissero dati falsati sul benzo(a)pirene?
Questi dati li porteremo al Parlamento Europeo il 2 aprile e alla Commissione Europea il 10 aprile. Occorre che si sappia che a Taranto il crollo del benzo(a)pirene non è stato frutto dell’Aia Ilva (mai attuata in maniera completa ed efficace) ma è stato fortemente influenzato da una banale reazione chimica provocata dai picchi di ozono, di cui non si è mai parlato.
Per l’Associazione PeaceLink
Antonia Battaglia
Luciano Manna
Alessandro Marescotti
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BRUTTA NEWS DA BRINDISI 

Tratto da noalcarbone Brindisi

EDIPOWER-A2A PRONTA A BRUCIARE RIFIUTI

Eccoci quà, a meno di due settimane dal vergognoso Consiglio comunale monotematico sull'energia che ha consegnato il futuro  di Brindisi alle lobby del carbone e dei rifiuti, arriva il piano di revamping per la centrale Edipower. 

Sembra tutto conseguenziale, sembra un copione già scritto da tempo. Il sindaco in Consiglio aveva chiesto tempo per riflettere e approfondire, adesso il tempo è scaduto.
A2A intende chiudere a Brindisi il ciclo dei rifiuti di tutta la Puglia: 95 mila tonnellate di Css (Combustibile solido secondario), prodotto in Regione, trasformati, in Ecoergite® (!!!), interamente destinate al funzionamento della centrale Edipower.

28 marzo 2014

Tirreno Power, la Procura di Savona indaga sui consumi di olio e carbone

Tratto da La Stampa

Tirreno Power, la Procura indaga sui consumi di olio e carbone

L’Arpal: i valori sulle immissioni in atmosfera tra ’95 e 2005 non sono effettivi, ma modelli matematici

Una centralina di monitoraggio dell’aria

SAVONA
Olio combustibile e carbone. Centinaia di migliaia di tonnellate consumate nel corso degli anni dalla centrale. Sono gli indicatori che secondo i magistrati della Procura di Savona protrebbero diventare utili se non addirittura strategici per valutare l’impatto delle emissioni di Tirreno Power in atmosfera e nel mare. I registri di carico e le fatture di approvigionamento delle materie prime sono oggetto di indagini da parte della Procura: una sorta di studio di settore per verificare, dai quantitativi di combustibile utilizzato, la corrispondenza tra le emissioni dichiarate nel corso degli anni e quelle realmente uscite dalle ciminiere e dai condotti di raffreddamento a mare della centrale. 

Il tema delle emissioni è come non mai all’ordine del giorno specie dopo che, sulla base della banca dati «immissioni in atmosfera» presente sul sito della Regione Liguria, fonti vicine all’azienda hanno rilevato come dal 1995 al 2005 tutti i valori inquinanti, dalle polveri sottili agli ossidi di zolfo e di azoto, siano drasticamente diminuiti, addirittura del 93 per cento per le polveri 10 micron. 
Peccato però, come hanno fatto presente gli ambientalisti di «Uniti per la salute», i dati per gli anni 1995, ’91, ’99 e 2005 presenti sul sito non possano provenire dalle centraline sul territorio visto che ancora nel 2006, come risulta dal «Piano di risanamento e tutela della qualità dell’aria» pubblicato dalla Regione, in tutta la Liguria erano attive soltanto tre centraline in grado di rilevare le polveri 10 micron, e tutte a Genova (Brignole, Quarto e piazza Masnata). Non solo: nel 2006 nessuna centralina era in grado di rilevare le polveri 2,5 per le quali però il sito della Regione riporta fior di tabelle divise per anni e persino per Comuni. Come è possibile? E soprattutto, quale attendibilità hanno quei dati?  

Una prima risposta, che quanto prima dovrebbe essere inserita sullo stesso sito della Regione, è arrivata ieri dall’Arpal. «L’inventario delle emissioni è basato su modelli matematici su base statistica che, per ogni sorgente, collegano indicatori di attività a fattori di emissione: per una centrale elettrica sono considerati, fra gli altri elementi, quantità di energia prodotta, tipo di combustibile (carbone, metano, etc), tecnologia utilizzata; per il traffico la tipologia del parco veicolare (auto, moto, camion, euro 1, 2, etc), la percorrenza, la pendenza, etc. Per alcune sorgenti puntuali, come nel caso di Tirreno Power, l’inventario confronta i valori teorici con quelli dichiarati dai gestori dell’impianto e, in caso di compatibilità, utilizza questi ultimi». 

Affermazione che sorprenderà più d’uno visto che proprio sull’attendibilità dei dati dichiarati dal gestore sia i magistrati della Procura di Savona che il giudice che ha sequestrato l’impianto hanno sollevato molti dubbi. Basati anche sulle dichiarazioni al pm del dirigente del settore ambiente della Regione, Gabriella Minervini (maggio 2012, pagina 29 del decreto di sequestro): «La rete delle centraline di rilevamento viene gestita da Tirreno Power e non viene calibrata secondo gli standard previsti dalla recente normativa». 
Il giudice concludeva: «Anche gli accertamenti compiuti di recente inducono a propendere per l’inattendibilità dei dati registrati dal gestore attraverso lo Sme, sistema di monitoraggio delle emissioni, installato presso la centrale».  

Sequestro Tirreno Power, lunedì il ricorso davanti ai giudici del Riesame
... ricorso presentato dagli avvocati del capo centrale di Tirreno Power Pasquale D'Elia contro il sequestro dei gruppi a carbone dell'impianto di Vado.

Leggi su Ansa

Tirreno Power,rotta trattativa sindacati

Azienda conferma cassa integrazione ordinaria

Sierra Club : Se ci impegniamo ad esso, la rete elettrica americana sarà libera dai combustibili fossili entro il 2030. Sono come zombie-non sanno che sono già morti......

Tratto dal Sierra Club

Se ci impegniamo ad esso, la rete elettrica americana sarà libera dai combustibili fossili entro il 2030. Tra soli  16 anni ...., ed è una soluzione che durerà per sempre. Ma prima dobbiamo uccidere alcuni zombie.

Da Michael Brune

Michael Brune
Nota del redattore: In un recente discorso a migliaia di giovani attivisti, il nostro capo ha dichiarato guerra al pessimismo e altre forze della eco-apocalisse. Ci è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di metterlo nella rivista.

Ultimamente sto chiedendo alla gente, "Pensi che saremo in grado di tagliare le emissioni di carbonio a sufficienza nel corso dei prossimi due decenni per fermare il cambiamento climatico galoppante?" Molti di loro dicono di no. Non sono d'accordo con loro, ma capisco perché si sentono in questo modo. Quando si parla di clima, c'è un sacco di ragioni per essere consumato dal dubbio e dalla paura e dalla rassegnazione. Più che aprire gli occhi su ciò che sta succedendo, più difficile è avere fiducia nella capacità dell'umanità di rispondere a questa crisi. Quasi ogni giorno, sentiamo più notizie da più scienziati sulla realtà oscura e deprimente del cambiamento climatico. E il futuro sarà ancora più deprimente: ci dovremo   confrontare con sempre più prove che il clima sta destabilizzando ad una scala e ad un ritmo a cui  non siamo preparati.....

Allo stesso tempo, stiamo creando un diverso tipo di punto del non ritorno dove la speranza per il cambiamento climatico non è più solo basata sulla fede. Perché ovunque mi giro, vedo anche che vi sono legittime ragioni per un ottimismo prudente, informato, un ottimismo circa la nostra capacità di affrontare questa sfida.


Tra il 1980 e il 2000, il prezzo dell'energia eolica è sceso di dieci volte. Ma è  dal 2008 che il settore ha cominciato a decollare, grazie a turbine più grandi, economie di scala nella produzione e ad una maggiore efficienza nell' ubicazione delle turbine . Negli ultimi sei anni, la capacità di generazione di energia elettrica dell'industria eolica americana ha triplicato, è ora uguale a quella di 60 grandi reattori nucleari. | Fonte: US Department of Energy

I segni  ci sono in tutto il mondo. Se guardi all'estero  vedi che la Danimarca oggi ottiene più del 25 per cento della sua elettricità dal vento, entro la fine di questo decennio, si prevede che sia al 50 per cento. Il Portogallo è già oltre il 50 per cento.....La California sta spingendo per ottenere almeno un terzo della sua elettricità da fonti rinnovabili entro il 2020, e la maggior parte della gente pensa che sarà più vicino al 40 per cento.... Questi sono i grandi paesi e grandi Stati  che stanno ottenendo enormi percentuali del loro potere da fonti di energia pulita.

E qui è dove il punto di svolta avviene: Come il mercato dell'energia pulita si espande, i prezzi continuano a precipitare. Quando si parla di costo dell'energia, le fonti energetiche rinnovabili stanno andando testa a testa con i combustibili fossili. Il costo dell'energia eolica è sceso di dieci volte tra il 1980 e il 2000, e il prezzo di un pannello solare è sceso di oltre il 80 per cento in cinque anni. In luoghi soleggiati come la California e New Mexico, il costo dell'energia solare è già competitivo con quello dei combustibili fossili, e ci si aspetta che sia  più economico a livello nazionale entro il 2020. 

In Colorado, i dirigenti di Xcel Energy, che eroga una potenza di circa due terzi della popolazione, prevede di triplicare la quantità di energia solare che sta arrivando sulla linea. E quando si parla di perchè, le loro quotazioni sono notevoli. Loro non stanno dicendo, "Stiamo facendo questo a causa di motivi ambientali o litigiosi." Stanno dicendo, " Lo stiamo facendo perché è conveniente ed economico."

Dal 2008, la capacità produttiva di pannelli solari sui tetti negli Stati Uniti è salito da circa 735 megawatt a oltre 7.200 megawatt. ......

Quindi siamo nel bel mezzo di una collisione tra notizie buone e cattive. La crescita di energia pulita è inconfutabile. Purtroppo, così è la realtà ,vi sono condizioni meteorologiche estreme causata da un clima destabilizzante...... Questo, a sua volta, crea un pessimismo che è contagioso e debilitante. Sopprime il nostro entusiasmo, soffoca la nostra immaginazione, e limita la nostra capacità come individui, istituzioni, come società, di pensare a grandi idee-per essere sicuri, di essere ambiziosi, di essere appassionati  ricercatori di soluzioni. Dobbiamo porre fine a questo tipo di pessimismo.

E dobbiamo essere molto chiari su che cosa è che stiamo combattendo:  per un 100 per cento verso  un'economia di energia pulita. Oggi, il Sierra Club ha bisogno di trovare  soluzioni energetiche pulite........Dobbiamo portare la nostra passione e il nostro cuore e il nostro intelletto a supportare e accelerare la rivoluzione energetica pulita.....  e fissare un settore energetico senza emissioni di carbonio entro il 2030.

Nell'arco di 16 anni , ogni volta che si accende una luce o si accende il computer, ogni bit di tale elettricità dovrebbe provenire da fonti senza emissioni di carbonio.....

Quindi cerchiamo  come elettori, come cittadini, come consumatori,  come vicini di casa, di  spingere per un mondo alimentato da energia pulita. Cerchiamo di integrare questa ambizione in tutti gli aspetti della nostra vita......

Facciamo in modo che, come consumatori  investitori, sosteniamo quelle aziende che si stanno muovendo verso una visione di energia pulita al 100 per cento e puniamo  quelle aziende che ci stanno trattenendo. 

Altre generazioni hanno assunto grandi sfide. Hanno sconfitto il fascismo in Europa. Hanno messo un uomo sulla luna. Ma abbiamo l'opportunità di realizzare qualcosa di ancora più grande.Potremmo essere la generazione che trova un modo per la società per alimentare se stesso in modo sostenibile e pulito, per sempre. Lasciatemelo ripetere: per sempre .
 Abbiamo l'opportunità di creare una società prospera che ottiene per sempre tutta la sua potenza da fonti che sono sicure e sostenibile. Cosa incredibile  ma una realizzazione che in realtà è alla nostra portata.

Possiamo farlo entro la prossima generazione.
E tutto questo può accadere con la tecnologia che abbiamo in questo momento, nella nostra vita, mentre siamo qui.

David Brower, una volta ha detto che in ambientalismo non ci sono vittorie permanenti; ci sono solo sconfitte permanenti. 
Brower è uno dei miei eroi, ma la sua idea della sconfitta permanente non si applica all'energia pulita. Perché quando  con la crescita di energia solare a buon mercato si spegne una centrale elettrica a carbone, è la vittoria che è permanente. Una volta che abbiamo messo i combustibili fossili nel nostro specchietto retrovisore, non  torneremo indietro .

Ma prima dobbiamo superare la paura  di non essere  all'altezza della sfida. A volte noi ambientalisti  abbiamo abbracciato  troppo  il  ruolo  di perdenti ...... La gente parla delle società di carbone e le società del gas come se fossero invincibili, ma non lo sono. Sono pericolosi, sono sconsiderati, e spesso sono criminali, ma la loro influenza è eccessiva. Sono come zombie-non sanno che sono già morti.

Per ogni fratello Koch, abbiamo un Tom Steyer o Jeremy Grantham o un Michael Bloomberg-miliardari che stanno accanto a noi.....Siamo più potenti di quanto pensiamo, siamo più numerosi di quanto pensiamo, ed abbiamo  più successo di quanto pensiamo. Stiamo già vincendo.
Non c'è dubbio che l'economia del 21 ° secolo sarà dominato dall' energia pulita. Ogni giorno, prendiamo un altra parte  della quota di mercato sia del carbone e delle industrie del gas. Li abbiamo sulla difensiva. Essi non hanno alcun posto in una società che ha abbracciato l'energia pulita. E 'inevitabile. .....

MICHAEL BRUNE è il direttore esecutivo del Sierra Club. Questo articolo è stato adattato da un discorso che ha dato nel mese di ottobre presso il Power Shift conferenza a Pittsburgh.


Inquinamento Di Carbonio: Una Minaccia Urgente Da Carbone

E 'tempo di agire ora per fermare l'inquinamento di carbonio. L'inquinamento da anidride carbonica è il principale contributore alle perturbazioni climatiche,  e peggiora le condizioni meteorologiche estreme - tra cui più gravi inondazioni, incendi diffusi e siccità record. Essa è legata anche all'inquinamento atmosferico pericoloso per la vita - come lo smog che può  scatenare attacchi di asma.