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30 agosto 2016

Cambiamenti climatici: il disgelo libera antichi pericolosi batteri dal permafrost

Tratto da Ultimavoce.it

Cambiamenti climatici: il disgelo libera antichi pericoli

Zombie cambiamento climatico
La preoccupante notizia che arriva dalla regione dello Jamalo-Nenec (Siberia nord occidentale) non è purtroppo una sorpresa per gli scienziati che studiano i cambiamenti climatici e le problematiche correlate, sono anni che gli studiosi richiamano l’attenzione su come l’aumentata temperatura della Siberia che si traduce in un piede in più di scioglimento estivo dei ghiacci, possa far riemergere, letteralmente dalle tombe, rischi sanitari importanti.

Cose è successo nello Jamalo-Nenec
Un violento scoppio di antrace ha colpito i locali della tribù di pastori nomadi dei Nenci.  fra i primi ad ammalarsi è stato un bambino di 12 anni, che purtroppo è deceduto, questo accadeva ad inizio agosto nelle settimane successive almeno 90 persone sono state poste sotto osservazione dalle autorità russe, molte di loro bambini, i casi accertati fino a pochi giorni fa erano 24.  Il ministero della sanità russo comprensibilmente ha mandato militari esperti in guerra chimica e questa epidemia per la popolazione Nenci si sta rivelando una catastrofe, i militari hanno dovuto bruciare le carcasse di 2000 renne (base dell’economia di queste popolazioni) e  sono state ricollocate forzatamente (momentaneamente?) migliaia di persone. A onor del vero le ultime notizie di fonte russa assicurano che ora è in corso una massiccia campagna di vaccinazione delle renne e che gli sfollati sono stati ricollocati in un’area libera dal contagio ma sempre tradizionale per quelle popolazioni, in case costruite per loro.

I cambiamenti climatici scatenano vecchi mostri
In Siberia si è avuta un’estate eccezionale (eccezionalità che a causa dei cambiamenti climatici sta diventando la regola), temperature sui 35 gradi e non per un giorno solo, è stato accertato che il maggiore disgelo abbia disseppellito le carcasse di un branco di renne sterminato dall’antrace 75 anni fa. Il batterio bacillius anthracis è un bastardo molto resistente che ha la capacità di racchiudersi in una capsula in cui può resistere anche 100 anni. Probabilmente un branco di renne è inciampato nelle carcasse e l’epidemia è ricominciata. Per fortuna il carbonchio (altro nome della malattia provocata dall’antrace, dovuto al colore delle lesioni cutanee non dolorose) non si trasmette da uomo a uomo, ma uomini che vivono a stretto contatto con gli animali possono contrarla da loro (forma cutanea).....
Rischi sanitari futuri del disgelo nell’artico siberiano......
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Il cambiamento climatico fa emergere batteri zombie dal permafrost che si scioglie

Conferenze dei servizi : Il nuovo art. 14 quater della legge n. 241/1990 e successive modifiche

Tratto Gruppodinterventogiuridicoweb.com

A quando un Mc Donald’s dentro il Colosseo?

Colosseo, interno. Immaginiamo per un solo momento che cosa vorrebbe dire per noi italiani perderlo...
Il livello di civiltà di un Paese si misura anche e soprattutto con l’attenzione con cui cura e difende il proprio ambiente, la propria salute pubblica, i propri beni culturali.    Grandi patrimoni come l’ambiente e la cultura sono anche grandi risorse economiche per la nostra Italia, impossibile da dimenticare.
L’Italia, grazie al Governo Renzi, ha fatto recentemente un imbarazzante passo indietro, dalle conseguenze potenzialmente disastrose.
Infatti, il 28 luglio 2016 è entrato in vigore, nel silenzio generale, il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 “Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124”, che ha radicalmente modificato in negativo le disposizioni inerenti la conferenza di servizi.

Insomma, quando le amministrazioni pubbliche preposte alla difesa di interessi ambientali, sanitari o culturali esprimevano il loro parere contrario, la decisione veniva rimessa all’esame collegiale del Consiglio dei Ministri o della Conferenza Stato-Regioni-Province autonome.
Com’è noto, nelle conferenze di servizi vengono convocate le varie amministrazioni pubbliche competenti per l’esame, l’espressione di pareri e la decisione sulle attività amministrative più disparate (es. opere pubbliche, rilascio di autorizzazioni, ecc.).   In precedenza, in caso di “motivato dissenso … espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la decisione” veniva “rimessa dall’amministrazione procedente, entro dieci giorni: a) al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali; b) alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano …  in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; c) alla Conferenza unificata … in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali”.

Il nuovo art. 14
 quater della legge n. 241/1990 e successive modifiche e integrazioni (s.m.i.) prevede decisioni a maggioranza semplice delle amministrazioni pubbliche partecipanti.  Le “amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini”dissenzienti rispetto alla decisione finale della conferenza di servizi possono solo proporre formale opposizione al Presidente del Consiglio dei Ministri, con atto del Ministro competente, “entro 10 giorni dalla … comunicazione … a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza” (art. 14 quinques della legge n. 241/1990 e s.m.i.).Oggi non è più così.
A quel punto, il Presidente del Consiglio convoca le varie amministrazioni competenti per raggiungere un’intesa: qualora non sia raggiunta, se ne occuperà il Consiglio dei Ministri che decide definitivamente. A maggioranza, ovviamente.
La nuova formulazione del testo normativo apre la strada potenzialmente a infiniti piccoli e grandi scempi ambientali e culturali: basta che entro dieci giorni dalla comunicazione formale della decisione assunta in conferenza di servizi non riesca a intervenire l’atto ministeriale di opposizione e lo “scempio a maggioranza” sarà legittimo ed esecutivo.......
Il sonno della ragione genera mostri.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Il Delta del Niger : dove il petrolio inquina la natura e calpesta i diritti .....

Tratto da Scienze-Naturali.it

Il Delta del Niger : dove il petrolio inquina la natura e calpesta i diritti umani.

Fino al 1956 lungo il Delta del fiume Niger si estendeva un’oasi incontaminata. Le foreste di mangrovie formavano intricati  labirinti nei quali si sviluppava un delicato ecosistema in cui le popolazioni locali vivevano in equilibrio con nigeriala natura, traendo da essa il loro sostentamento quotidiano.  In quell’anno, nel delta vennero scoperti i primi giacimenti petroliferi che hanno trasformato quell’oasi  in un inferno che ancora oggi continua a bruciare. 
Da allora le compagnie petrolifere, in particolare la Shell che controlla circa la metà del greggio complessivo, la Total, la Chevron e l’italiana Eni,  hanno colonizzato il territorio, appoggiate da governi militari deboli e corrotti, che nel corso degli ultimi 50 anni hanno svenduto le risorse naturali del loro paese in cambio di mazzette e profitti illeciti, ed hanno messo a tacere le ingiustizie che le popolazioni locali sono costrette a subire giornalmente. Nel Delta del Niger (una regione di circa 70.000 kmq con 27 milioni di abitanti), si produce la maggior parte del petrolio nigeriano, circa 2,4 milioni di barili al giorno.
L’inquinamento criminale viene causato dalla perdita del greggio che fuoriesce da tubature vecchie ed usurate dal tempo che si estendono nel territorio per centinaia di chilometri, riversando così il petrolio nell’acqua del fiume e lungo le sue sponde. Le persone che vivono in questo luogo respirano aria inquinata, mangiano pesce contaminato e bevono acqua mista a petrolio.   Sono 36 mila i  km² di mangrovie, corsi d’acqua e lagune invasi dalla melma nera; per rifornirsi di acqua potabile, le popolazioni locali sono costrette a scavare nel sottosuolo fino a 50 metri di profondità, causando instabilità del terreno e ponendo la zona a rischio di frane.
 Il recente rapporto del PNUE, cioè il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, denuncia apertamente questa catastrofe ambientale. Sono stati esaminati più di 4mila campioni estratti dai 780 pozzi della zona. Il risultato è sconcertante: le popolazioni bevono, cucinano e si lavano con acqua proveniente da pozzi contaminati dal benzene, in cui i livelli di tossicità sono 900 volte superiori a quanto consentito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS).
Anche l’aria viene contaminata dai gas, sottoprodotti delle estrazioni petrolifere, che vengono bruciati a cielo aperto dal 1985, pratica definita “gas flaring” (gas esplosivo) che fa sprecare ogni anno una quantità di gas pari al 30% del fabbisogno europeo.  Questo gas potrebbe essere reinserito nel sottosuolo oppure utilizzato per i fabbisogni energetici della Nigeria. Invece viene bruciato dalle multinazionali perché  ciò rende l’estrazione del petrolio molto più veloce, abbassando così i costi di gestione e di produzione.
Il solo inquinamento ambientale prodotto dal “gas flaring” nel mondo, diventa pari alle emissioni di 77 milioni di auto o di 125 centrali a carbone.  Le fiammate ardono continuamente di giorno ed illuminano la notte, rendendo irrespirabile l’aria, facendo aumentare considerevolmente la temperatura attorno alle trivellazioni e causando problemi respiratori, malattie della pelle e degli occhi, disturbi gastrointestinali, leucemie e cancro.  La legge nigeriana vieta la pratica del “gas flaring” perché viene ritenuta pericolosa per l’ambiente e per la salute umana, ma i governi non sono mai riusciti ad imporre la soluzione del problema. I vertici dello stato nigeriano dovrebbero rafforzare la regolamentazione circa l’estrazione del petrolio, in modo da obbligare le aziende petrolifere a rispondere dell’inquinamento ambientale, prevenendo così ulteriori abusi.
 Oltre ai problemi di salute e quelli ambientali, la popolazione deve anche subire l’ingiustizia sociale: nonostante l’immenso valore economico dei 606 pozzi petroliferi, dopo circa 50 anni di estrazioni che ogni anno creano l’80% del Pil nazionale, la Nigeria resta uno tra i più poveri paesi africaniL’aspettativa di vita dei 27 milioni di persone che abitano il delta del Niger – delle quali il 60% sopravvive grazie alle attività direttamente collegate all’ecosistema – arriva a poco più di 40 anni. La distribuzione delle risorse non è equa. Il tasso di disoccupazione varia tra il 75 e il 95%, perché a lavorare nei pozzi petroliferi è soprattutto manodopera specializzata proveniente dall’estero. Gli unici ad arricchirsi con il petrolio sono le multinazionali ed i politici locali corrotti. Negli ultimi decenni però queste disuguaglianze hanno esasperato la popolazione che, attraverso proteste e mobilitazioni, subendo repressioni violente da parte dello Stato e dagli agenti della sicurezza privata delle multinazionali,  è arrivata a rivendicare la fine del saccheggio indiscriminato del territorio, chiedendo la bonifica dei corsi d’acqua e dei terreni, una più equa distribuzione dei proventi del petrolio, nonché il risarcimento del debito ecologico.Continua qui

29 agosto 2016

Il Costa Rica da oltre 113 giorni consecutivi va al 100% a rinnovabili

Il Costa Rica da quattro mesi va al 100% a rinnovabili

Tratto da Qualenergia
Il Costa Rica da oltre 113 giorni consecutivi sta alimentando la sua rete elettrica solo con le fonti pulite. Nel 2015 aveva superato il 99% di rinnovabili sulla domanda. Grazie soprattutto ad idroelettrico e geotermia, il Paese si conferma un campione dell'energia rinnovabile sia a livello locale che mondiale.
Dopo aver sfiorato il 99% rinnovabili nel 2015 ed essersi fermato poco sopra il 96% come media nel primo semestre 2016, il Costa Rica da oltre 113 giorni sta alimentando la sua rete elettrica solo con le fonti pulite.
La notizia arriva dal podcast del giornalista australiano Robert Llewellyn, "Fully Charged", che riporta gli ultimi dati sul sistema elettrico del Paese centroamericano, che non abbiamo ancora trovato pubblicati sito ufficiale del Grupo ICE, il gestore pubblico nazionale.
L'anno scorso il Costa Rica aveva lasciato spente le centrali a fonti fossili per 285 giorni (non consecutivi), superando appunto il 99% di rinnovabili sulla domanda per la prima volta dopo anni di crescita (vedi grafico sotto, fonte Cepal).
Sulla media dei primi sei mesi dell'anno in corso (grafico sotto, fonte Grupo ICE) la quota è stata leggermente inferiore, dato che il periodo comprende alcuni dei mesi più secchi e che il Paese conta tantissimo sull'idroelettrico.
Come si vede dal grafico, idroelettrico e geotermia assieme coprono oltre l'83% dei consumi elettrici della nazione, ma anche l'eolico ha una fetta rilevante, di oltre il 12%, mentre c'è ampio margine di crescita per il solare e l'energia da biomasse.
Il Costa Rica è leader nelle rinnovabili tra i Paesi dell'area......

Come si vede il Costa Rica contribuisce per oltre il 31% della produzione da fonti rinnovabili del gruppo di Paesi centroamericani, mentre è allo 0% sui consumi di fonti fossili.

Inceneritori: la propaganda e il sacrosanto diritto alla salute.

Riportiamo nuovamente l' articolo del Medico Isde  Patrizia Gentilini poiche' particolarmente importante la sua diffusione.Leggete ,meditate e passate parola

Tratto da Il Cambiamento

Inceneritori: la propaganda e il vero diritto alla salute

C'è chi fa il tifo per gli inceneritori, affermando che sono innocui e che non provocano danni alla salute. Ma non si tratta dei soliti imprenditori che hanno interessi economici nel fare queste affermazioni. Si tratta di medici. E alcuni medici in particolare... Ecco cosa risponde loro l'oncologa Patrizia Gentilini.

L’antivigilia di ferragosto dall’agenzia adnkronos è stato diffuso un comunicato della SItI(Società Italiana Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica) con 7 “verità”  a supporto della presunta utilità e innocuità degli inceneritori di nuova generazione, posizione che sarebbe condivisa anche dall’Istituto Superiore di Sanità. Purtroppo sul  sito ufficiale della SItI non è reperibile il comunicato originale e quindi ci si deve limitare a quanto diffuso da adnkronos e ampiamente ripreso dai media. C’è da rimanere  profondamente sconcertati davanti alle “7 verità”  perché non solo nessuna di esse è scientificamente supportata, ma addirittura alcune affermazioni sono in netto contrasto con ciò che emerge dalla letteratura scientifica. Non sono mancate pronte repliche sia da parte dell’Isde (l’Associazione dei Medici per l’Ambiente) che di Medicina Democratica, ma alcune considerazioni della SItI meritano di essere prese  in esame.
Quanto poi al Moniter – condotto dopo gli allarmanti risultati per la salute femminile emersi dall’indagine sugli inceneritori di Forlì, e costato ben 3 milioni e 400.000 euro di soldi pubblici – si fa presente che sono solo 2 gli studi usciti da questo immane lavoro che sono stati pubblicati su riviste internazionali. Tali studi segnalano un incremento statisticamente significativo del rischio di nascite pre-termine e di abortività spontanea in relazione alle emissioni degli impianti.
Abortività  spontanea e prematurità  sono quindi per la SItI inquadrabili come  “assenza di rilevanti rischi sanitari”? Ancora si afferma che le discariche inquinano più degli inceneritori, dimenticando che gli inceneritori (anche di terza generazione) necessitano di discariche speciali per le ceneri leggere, quelle che residuano dai filtri e dai processi di lavaggio dei fumi, residui tossici che non ci sarebbero senza la combustione.
Ancora si parla di “un bilancio energetico complessivo positivo, con produzione di energia e sistemi di teleriscaldamento come accade virtuosamente da anni in città come BresciaLecco e BolzanoIn realtà dal punto di vista energetico, anche con le migliori tecnologie disponibili, si raggiunge un rendimento pari al 40% dell’energia associata ai rifiuti in ingresso, risultato che si può ottenere solo attraverso un uso efficiente del teleriscaldamento e di fatto realizzato solo nelle 3 città citate. In realtà secondo i dati della Epa a parità di materiale l’energia risparmiata con il riciclo è da due a sei volte superiore a quella recuperata con l’incenerimento!
E’ davvero deprimente constatare che si ridicolizza il concetto di “rifiuti zero”, non si conosce il concetto di “economia circolare” e si dipinge l’incenerimento come soluzione del problema rifiuti. Sono invece proprio questi impianti che ostacolano la soluzione dell’“emergenza rifiuti” perché – una volta costruiti –   devono essere alimentati per decine di anni con grandissime quantità di rifiuti, impedendo riduzione, riuso e riciclo dei materiali. C’è quindi una “caccia” ai rifiuti per ogni dove – con ovvio aggravio del traffico pesante – o  addirittura si assimilano i rifiuti speciali non pericolosi(prodotti da utenze commerciali e produttive) ai rifiuti urbani (gli unici di cui dovrebbe farsi carico l’amministrazione pubblica) pur di avere quantità adeguate da bruciare.
La pratica della assimilazione è ampiamente diffusa in Emilia Romagna e Toscana e questo anche se la normativa comunitaria prevede che i rifiuti speciali siano gestiti a mercato libero, in quanto per la massima parte facilmente riciclabili. Si dimentica che gli inceneritori sono finanziati ogni anno con 500 milioni di euro pagati da tutti noi con la bolletta elettrica e questo trasforma l’incenerimento in un ottimo investimento per i gestori, ma non certo per la salute e l’occupazione. 
Non è certo da oggi che andiamo ribadendo questi concetti: se fossimo stati ascoltati e le risorse spese a favore degli inceneritori fossero state impiegate per raccolta domiciliare e centri di riciclo, quanti problemi avremmo risolto? Quanti ricoveri ospedalieri, sofferenze e morti avremmo risparmiato?
Davanti  ad argomentazioni così banali e  superficiali della SItI c’è solo da arrossire: come si può pretendere che i cittadini abbiano fiducia nella classe medica se una parte qualificata di essa si dimostra quanto meno così poco informata? Personalmente voglio ancora credere nel ruolo dei medici e della sanità pubblica e non rassegnarmi davanti a quella che vorrei fosse solo superficialità e incompetenza, ma non vorrei nascondesse intrecci con interessi che nulla hanno a che fare con la tutela della salute.

28 agosto 2016

TTIP , negoziati falliti : salta il trattato di libero scambio Usa-Ue !

Tratto da Rainews
TTIP, GERMANIA: "DI FATTO" IL NEGOZIATO TRA STATI UNITI ED UNIONE EUROPEA È FALLITO - 

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28 agosto 2016 Il  negoziato sull'accordo di libero scambio TTIP tra gli Stati uniti e l'Unione europea è "di fatto" fallito: lo ha detto oggi il Vice Cancelliere e ministro dell'Economia tedesco, Sigmar Gabriel. "Ritengo che i negoziati con gli Stati Uniti siano 'de facto' falliti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente", ha detto Gabriel, sottolineando che in 14 round di colloqui le parti non hanno trovato un'intesa su un solo capitolo dei 27 sul tavolo. 
"I negoziati con gli Usa sono falliti de facto perché noi europei non vogliamo assoggettarci alle richieste americane", ha affermato Gabriel. Usa e Ue negoziano sul Ttip da tre anni. 

Europa, 20 mila morti da carbone. In Francia c'e' in studio la Carbon tax

Tratto da Giornalistinell'erba

Europa, 20 mila morti da carbone. In Francia arriva la Carbon tax

carbone1
Parigi sferza il suo attacco al cambiamento climatico. Nella Francia del post Cop21 tra il ventaglio di idee per fronteggiare gli impegni presi al tavolo della Ville Lumière c’è allo studio la “Carbon tax”.
Le centrali a carbone dovranno pagare 20-30 euro a ogni tonnellata di anidride carbonica emessa per arrivare ad una quota di 50 euro nel 2030. Questo è il tributo che tenterà di incentivare le fonti rinnovabili o le centrali a metano (che rispetto al carbone producono meno gas serra). Nel mirino ci sono ben 4 impianti che forniscono energia per 3.000 megawatt complessivi.
Il piano anticarbonio è quanto emerge da un rapporto lungo più di 100 pagine, nato dal dialogo tra il ministro francese,Ségolène Royal, con Pascal Canfin, direttore generale del WWF francese, Alain Grandjean, economista e Gérard Mestrallet, presidente di Engie.
Non c’è più tempo per la compravendita delle “quote di CO2”. Per restare nei 2° C bisogna fare di più, bisogna ridurre le emissioni climalteranti. La soluzione francese punta a questa direzione.
Ad oggi i paesi che hanno adottato una ecotassa simile sono Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Olanda e Irlanda. Dall’altra parte delle Alpi, l’Italia del post Cop21 non sembra, invece, tanto in prima linea nella battaglia al Global warming. “Manca un risveglio civile dell’opinione pubblica” sostengono Ferraris e Bompan, nel loro ebook “Il mondo dopo Parigi”.
Eppure la situazione è gravissima. Sono ben 22.900 le morti premature in tutta Europa, vittime degli effetti transfrontalieri delle polveri delle centrali a carbone. La spesa sanitaria relativa a malattie imputabili a questa fonte fossile ammonta a 62,3 miliardi di euro. Per fare un paragone, le vittime ogni anno della strada sono 26 mila.
Si tratta di numeri allarmanti che sono stati pubblicati nel rapporto “Europe’s Dark Cloud” frutto del lavoro di un gruppo di Ong green, tra le quali spicca il Wwf, Can (Climate Action Network),Heal (Health Environment Alliance) e Sandbag. Lo studio fa riferimento all’inquinamento prodotto dalle 257 delle 280 centrali a carbone attive nell’Ue nel 2013.
La bandiera nera assegnata sulla base degli impianti più nocivi spetta a Polonia, Germania, Romania, Bulgaria e Regno Unito. Mentre tra i paesi vittime, che subiscono di più le conseguenze della “nuvola oscura”, ci sono la stessa Germania (3630 morti premature tra inquinamento interno ed esterno), l’Italia (1610), la Francia (1380), la Grecia (1050) e l’Ungheria (700).

A PARIGI niente AUTO per una SETTIMANA

Tratto da  Il Meteo.it
AMBIENTE: a PARIGI niente AUTO per una SETTIMANA
Bus e metrò saranno gratis, iniziativa senza precedenti
A Parigi viene incentivata la circolazione sui mezzi a disposizione del Comune
A Parigi viene incentivata la circolazione sui mezzi a disposizione del ComuneNuova sfida ecologica a Parigi, lanciata dal sindaco della città. Chi lascerà a casa macchina e moto dal 19 al 25 Settembre potrà circolare gratis con tutti i mezzi pubblici, siano metropolitana, bus, auto o biciclette elettriche in sharing. Obiettivo dichiarato, far capire ai cittadini che si può anche lasciare in garage la propria auto. Questa iniziativa sarà utile per analizzare gli spostamenti dei volontari partecipanti, per poi annoverarlo al momento di organizzare una strategia che riguardi la mobilità sostenibile. Dal sindaco è stato redatto inoltre un piano quinquennale (partito l'anno scorso) per realizzare un prolungamento delle piste ciclabili. 
Una lodevole iniziativa, che si spera venga presa ad esempio da altre città e da altri stati. 

Una definizione di sostenibilita'.

Riportiamo un  datato articolo di Donella Meadows  del Febbraio 1995 riportato  dal blog di  Ugo Bardi

Donella Meadows: una definizione 

                 di sostenibilita' 


.....SOSTENIBILITA'. E' diventato una parola del gergo internazionale, con quasi tanti significati quante sono le persone che la usano. Coloro fra noi che hanno parlato di sostenibilità per molto tempo hanno smesso di definirla. A volte diciamo che è come il jazz, o la qualità, o la democrazia – non la si conosce definendola, la si conosce sperimentandola, entrandoci dentro, vivendola – o forse piangendo la sua assenza. Ma qualsiasi cosa si dica a parole non è Sostenibilità, sono solo Parole. Quelli che Sanno non parlano, quelli che parlano non Sanno.

Questo naturalmente è un modo per non prendersi la responsabilità, ovviamente. C'è una definizione ufficiale perfettamente buona, che proviene dal rapporto del 1987 della Commissione Internazionale per l'Ambiente e lo Sviluppo:

La specie umana ha la capacità di raggiungere uno sviluppo sostenibile – soddisfare le necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le loro.


Questa definizione ha due parti – soddisfare i bisogni e farlo in un modo che preservi le risorse naturali, umane e sociali con le quali vengono soddisfatti i bisogni. E' importante ricordare questo, perché la discussione troppo spesso si divide fra coloro che voglio soddisfare i bisogni e coloro che vogliono proteggere l'ambiente, come se far l'uno sia incompatibile col fare l'altro. La differenza fra gli ambientalisti tradizionali e “quelli della sostenibilità” è la capacità di mantenere il la concentrazione sul benessere sia degli esseri umani sia dell'ambiente allo stesso tempo e di insistere sue entrambi.

Nella mia mente io integro quella definizione ufficiale di sostenibilità con la spiegazione chiara ed innegabile di Herman Daly di cosa significa in termini fisici:

1. Le risorse rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto si possano rigenerare.

2. Inquinamento e rifiuti non devono essere immessi nell'ambiente più rapidamente di quanto l'ambiente possa riciclarli e renderli innocui.

3. Le risorse non rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto i sostituti rinnovabili (usati sostenibilmente) possano essere sviluppati.

In quelle condizioni non c'è una nazione, una società, una città, una fattoria, o una famiglia sulla Terra che sia sostenibile. Virtualmente, tutta la grande pesca del mondo viola la condizione 1. L'economia mondiale nel suo complesso viola la condizione 2 emettendo biossido di carbonio il 60-80% più rapidamente di quanto l'atmosfera possa riciclarlo. Ma a peggiorare le cose, aggiungerei altre due condizioni di sostenibilità che credo siano ovvie.

4. La popolazione umana e l'impianto di capitale fisico devono essere mantenuti a livelli sufficientemente bassi da permettere alle prime 3 condizioni di essere soddisfatte.

5. Le precedenti 4 condizioni devono essere soddisfatte tramite processi che siano sufficientemente democratici ed equi di modo che le persone si attivino per favorirli.

Sostenibilità significa tutto questo per me, significa una visione completa del mondo per cui voglio lavorare e vivere. Contiene componenti di spiritualità, di comunità, di decentralizzazione, di un completo ripensamento dei modi in cui usiamo il nostro tempo, definiamo i nostri lavori e conferiamo potere a governi e multinazionali. “Sostenibilità” è una parola terribilmente inadeguata per ciò che intendo. 

Qualsiasi parola di sei sillabe è troppo lunga per organizzarci intorno un movimento popolare ed allo stesso tempo troppo corta per comprendere una visione completa. E troppe persone la percepiscono come “sostenere” il mondo che abbiamo ora, mentre io in realtà la intendo come fomentare una rivoluzione.

25 agosto 2016

PIANETA, OBBIETTIVI MANCATI NEL 2030.TRAGUARDO LONTANO.

Tratto da Valori. it

PIANETA, OBBIETTIVI MANCATI NEL 2030


Forse l’obiettivo più importante che mai l’umanità abbia messo in conto di raggiungere verrà mancato. Almeno per i prossimi 15 anni.
Né la potenza degli Stati Uniti o della Cina, né i 31 Stati dell’Ocse
o i cosiddetti BRISE (Brasile, Russia, India, Sud Africa e le altre
maggiori economie emergenti) messi insieme, né i Paesi del resto
del mondo sono infatti in predicato di attuare un contrasto efficace ai cambiamenti climatici, da cui dipendono variabili fondamentali del benessere e della sopravvivenza dei popoli. 

A sostenerlo è l’ente di certificazione internazionale DNV GL, che ha messo a punto un modello previsionale per definire i progressi del nostro Pianeta nei prossimi decenni.
 I risultati, pubblicati nel rapporto The Future of spaceship earth (cioè “Il futuro dell’astronave Terra”), dicono che
gran parte dei 17 obiettivi di sostenibilità fissati per il 2030 dalle
Nazioni Unite non saranno conquistati, salvo con interventi
straordinari. E se invece raggiungeremo qualche traguardo nelle
parti di mondo più avanzate, due altre previsioni saltano all’occhio:
innanzitutto che sarà la Cina a centrare il successo dell’energia
pulita e accessibile per prima; e poi che un’altra fondamentale sfida accomunerà tutti nell’insuccesso
, la lotta alle diseguaglianze economiche. Non resta che sperare che la Terra tiri forte la cloche e rialzi il muso prima dell’impatto.

24 agosto 2016

Rifiuti. Esiste una soluzione per avere materia prima europea a basso costo: l'economia circolare

Rifiuti: esiste una soluzione per avere materia prima europea a basso costo

Come avere materia prima europea a basso costo, ridurre le emissioni di CO2 e creare nuovi posti di lavoro, facendo scomparire i rifiuti? La risposta si chiama economia circolare.
Non è un sogno, la Circular Economy, quella in cui ogni scarto è un’opportunità e che si basa sull’eterna reincarnazione della materia, ha tutti i presupposti per affermarsi, alla grande. L’hanno capito le istituzioni, ma anche diverse corporation. Cos’è l’economia circolare di Emanuele Bompan e Ilaria Brambilla, Edizioni Ambiente, spiega con un’analisi sintetica, esauriente e articolata quanto ruota attorno a questo concetto, dove il rispetto della natura e delle persone non preclude lo sviluppo industriale e viceversa.
Quali sono i presupposti fondanti?
Presupposto n. 1: rispetto della Terra e degli uomini. Si parte da una visione olistica. La Terra e tutto ciò che la concerne (uomo compreso) è un unicum dove ogni ciclo biologico va gestito e integrato, senza produrre scarti, né danni ambientali.
Presupposto n. 2: esaurimento delle materie prime e innalzamento dei prezzi. Nel 2010 secondo una ricerca McKinsey 65 miliardi di tonn. di nuovi materiali sono entrati nell’economia, la previsione per il 2020 è di 82 miliardi, uno sfruttamento indiscriminato che riduce la disponibilità degli elementi esistenti in natura (v. tabella) fino al possibile esaurimento.La conseguenza? L’impennata dei costi della materia prima che oggi incide per più del 30% sui costi delle manifatture europee.
Unknown
Presupposto n. 3: disoccupazione. Secondo l’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO), tra la popolazione potenzialmente attiva ci sono 201 milioni di persone senza lavoro, di queste circa 26 milioni nell’Ue.
Presupposto n. 4: rifiuti. Ogni anno nel mondo si producono 1,3 miliardi di tonn. di rifiuti urbani,  circa 1,2 kg di rifiuti urbani pro capite e si immobilizzano miliardi di tonn. di materia ( unused value) con oggetti poco o per nulla usati – secondo l’Università di Stanford un’auto rimane inutilizzata per il 92% del tempo.
Qual è il possibile nuovo modello economico?
I nostri autori prospettano 4 modelli chiave di business a un forte impiego di manodopera:
1. Passaggio dal possesso all’uso. Il prodotto diventa un servizio, si ottimizza l’uso della materia e il produttore è responsabile del prodotto per tutto il suo ciclo di vita, dismissione/rigenerazione compresa. Non si paga lo scambio ma il prezzo d’uso (es. leasing, noleggio, accordo di performance). Un esempio? Michelin Solution in molti casi da’ le gomme in leasing;
2. Rigenerazione e catena di produzione circolare. Il produttore ritira l’usato e lo rigenera. Renault, per esempio, a Chosy Le Roi vicino a Parigi rigenera i pezzi ritirati e li vende al 50-70% del nuovo, con entrate per 250milioni l’anno e 325 addetti. Il design dei volanti rimane di base sempre lo stesso con modifiche migliorative, i pezzi usati possono essere rivenduti all’infinito.
3. Upcycling (termine usato per la prima volta nel 1994): è un nuovo ciclo della materia, che acquista maggior valore con la rigenerazione. Cosa significa? un prodotto che vale 10 mandato in discarica è -10, trasformato in energia vale 3, avviato al riciclo 9, se diventa un materiale più nobile – Aquafil che rigenera le reti da pesca e le trasforma in un filato più da moquette -, quella materia vale più di 10.
4. Life-extension: estensione della vita del prodotto. Il prodotto va progettato per durare: essere rigenerato, ricaricabile, aggiornato (upgrade), riparabile, ma anche reso e/o ritirato a pagamento.......
In sintesi
I vantaggi sono molti, tant’è che anche l’Ue già lo scorso anno (2/12/2015) ha emanato il Pacchetto sull’economia circolare, che attraverso l’ecodesign promuove prodotti durevoli, riparabili, efficienti nell’uso delle risorse, dà la priorità a riuso, riparazione rispetto al riciclo, dichiara lotta all’obsolescenza programmata, mentre la Ellen Mac Arthur Foundation (https://www.ellenmacarthurfoundation.org), fondata dall’omonima ex-velista, forte di partner come Renault, H&M, Nike, Google, Banca Intesa, procede a passi da giganti per promuoverne l’affermazione.
Le condizioni ci sono, quasi tutte (ancora bisogna ragionare sul costo del lavoro per far quadrare il cerchio), sta a noi coglierle.
Per farlo il libro prevede un capitolo per le imprese che vogliono intraprendere questa strada con un link cui far rifermento per entrare nel merito www.toolkitcircirculareconomy.org. Proviamoci.

Esposizione ad inquinanti atmosferici e asma nei bambini (SIMRI)

Tratto da Simri.it

Esposizione ad inquinanti atmosferici e asma nei bambini

La comparsa di sintomi asmatici nei bambini sembra essere associata all’esposizione a particolato, ozono e biossido di azoto

Nonostante il legame tra esposizione ad inquinanti e comparsa di riacutizzazioni asmatiche nei bambini sia ben noto, tale associazione appare meno chiara quando si considerano le concentrazioni degli inquinanti e l’esordio della malattia. Poco chiaro è inoltre l’effetto dell’esposizione nei primi anni di vita sulla comparsa di asma nelle epoche successive dell’età evolutiva. Un studio di coorte recentemente condotto in Canada ha valutato l’associazione tra l’inizio della malattia e l’esposizione ad inquinanti outdoor. Sono stati seguiti 1.183.865 bambini di cui 162.752 sono diventati asmatici.
Lo studio ha dimostrato associazioni significative tra l’esordio della malattia e le concentrazioni di NO2, ma ancor più di PM2.5 e O3, nella zona di residenza. Dunque i più diffusi inquinanti secondari (PM2.5 e O3) si associavano maggiormente all’esordio di asma infantile rispetto ad inquinanti che derivano direttamente dalle emissioni dei veicoli come l’NO2. La natura pervasiva ed involontaria dell’esposizione ad inquinanti outdoor può determinare un importante impatto sulla salute respiratoria dei bambini, senza considerare gli effetti, probabilmente ancora più incisivi, legati all’esposizione ad altri fattori di rischio ambientali, come il fumo. Ciò richiede pertanto la messa in atto di misure di prevenzione tempestive ed efficaci, con l’obiettivo di proteggere i soggetti più vulnerabili dagli effetti nocivi dell’inquinamento ambientale.

23 agosto 2016

Patrizia Gentilini:Diritto alla salute, quali verità dietro gli inceneritori di nuova generazione?

Profilo blogger
Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica

Tratto da Il Fatto Quotidiano

Diritto alla salute, quali verità dietro gli inceneritori di nuova generazione?

L’antivigilia di ferragosto dall’agenzia adnkronos è stato diffuso un comunicato della SItI (Società Italiana Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica) con 7 “verità”  a supporto della presunta utilità e innocuità degli inceneritori di nuova generazione, posizione che sarebbe condivisa anche dall’Istituto Superiore di Sanità. Purtroppo sul  sito ufficiale della SItI non è reperibile il comunicato originale e quindi ci si deve limitare a quanto diffuso da adnkronos e ampiamente ripreso dai media. C’è da rimanere  profondamente sconcertati davanti alle “7 verità”  perché non solo nessuna di esse è scientificamente supportata, ma addirittura alcune affermazioni sono in netto contrasto con ciò che emerge dalla letteratura scientifica. Non sono mancate pronte repliche sia da parte dell’Isde (l’Associazione dei Medici per l’Ambiente) che di Medicina Democratica, ma alcune considerazioni della SItI meritano di essere prese  in esame.
Si afferma ad esempio che  gli inceneritori “non provocano rischi sanitari acuti e cronici per chi vive in prossimità degli impianti” e che dallo studio epidemiologico Moniter “una delle più sofisticate ricerche al mondo sul rischio connesso alle emissioni di inceneritori […] si evidenzia chiaramente la assenza di rilevanti rischi sanitari acuti e cronici per chi vive in prossimità degli impianti”. Come già tante volte ho avuto modo di scrivere  sono viceversa numerosi gli studi scientifici (anche recentissimi) che dimostrano esattamente il contrario e descrivono effetti sia a breve (esiti riproduttivi, malformazioni, esiti cardiovascolari, respiratori) che a lungo termine (soprattutto tumori). E’ vero che per la gran parte (ma non per la totalità) si tratta di studi che riguardano impianti di “vecchia generazione”, ma dove sono studi epidemiologici che valutano gli effetti a lungo termine degli inceneritori di “nuova” generazione?
Quanto poi al Moniter – condotto dopo gli allarmanti risultati per la salute femminile emersi dall’indagine sugli inceneritori di Forlì, e costato ben 3 milioni e 400.000 euro di soldi pubblici – si fa presente che sono solo 2 gli studi usciti da questo immane lavoro che sono stati pubblicati su riviste internazionali. Tali studi segnalano un incremento statisticamente significativo del rischio di nascite pre-termine e di abortività spontanea in relazione alle emissioni degli impianti. Abortività  spontanea e prematurità  sono quindi per la SItI inquadrabili come  “assenza di rilevanti rischi sanitari”? Ancora si afferma che le discariche inquinano più degli inceneritori, dimenticando che gli inceneritori (anche di terza generazione) necessitano di discariche speciali per le ceneri leggere, quelle che residuano dai filtri e dai processi di lavaggio dei fumi,residui tossici che non ci sarebbero senza la combustione.
Ancora si parla di “un bilancio energetico complessivo positivo, con produzione di energia e sistemi di teleriscaldamento come accade virtuosamente da anni in città come BresciaLecco e Bolzano.In realtà dal punto di vista energetico, anche con le migliori tecnologie disponibili, si raggiunge un rendimento pari al 40% dell’energia associata ai rifiuti in ingresso, risultato che si può ottenere solo attraverso un uso efficiente del teleriscaldamento e di fatto realizzato solo nelle 3 città citate. In realtà secondo i dati della Epa a parità di materiale l’energia risparmiata con il riciclo è da due a sei volte superiore a quella recuperata con l’incenerimento!
E’ davvero deprimente constatare che si ridicolizza il concetto di “rifiuti zero”, non si conosce il concetto di “economia circolare” e si dipinge l’incenerimento come soluzione del problema rifiuti. Sono invece proprio questi impianti che ostacolano la soluzione dell’“emergenza rifiuti” perché – una volta costruiti –   devono essere alimentati per decine di anni con grandissime quantità di rifiuti, impedendo riduzione, riuso e riciclo dei materiali. C’è quindi una “caccia” ai rifiuti per ogni dove – con ovvio aggravio del traffico pesante – o  addirittura si assimilano i rifiuti speciali non pericolosi (prodotti da utenze commerciali e produttive) ai rifiuti urbani (gli unici di cui dovrebbe farsi carico l’amministrazione pubblica) pur di avere quantità adeguate da bruciare.
La pratica della assimilazione è ampiamente diffusa in Emilia Romagna e Toscana e questo anche se la normativa comunitaria prevede che i rifiuti speciali siano gestiti a mercato libero, in quanto per la massima parte facilmente riciclabili. Si dimentica che gli inceneritori sono finanziati ogni anno con 500 milioni di euro pagati da tutti noi con la bolletta elettrica e questo trasforma l’incenerimento in un ottimo investimento per i gestori, ma non certo per la salute e l’occupazione. Non è certo da oggi che andiamo ribadendo questi concetti: se fossimo stati ascoltati e le risorse spese a favore degli inceneritori fossero state impiegate per raccolta domiciliare e centri di riciclo, quanti problemi avremmo risolto? Quanti ricoveri ospedalieri, sofferenze e morti avremmo risparmiato?
Davanti  ad argomentazioni così banali e  superficiali della SItI c’è solo da arrossire: come si può pretendere che i cittadini abbiano fiducia nella classe medica se una parte qualificata di essa si dimostra quanto meno così poco informata? Personalmente voglio ancora credere nel ruolo dei medici e della sanità pubblica e non rassegnarmi davanti a quella che vorrei fosse solo superficialità e incompetenza, ma non vorrei nascondesse intrecci con interessi che nulla hanno a che fare con la tutela della salute.