

UNITI PER LA SALUTE E' UNA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO ODV APARTITICA, PERSEGUE FINI DI SOLIDARIETA' SOCIALE, CIVILE E CULTURALE: PROMUOVE E SOSTIENE INIZIATIVE,INTERVENTI, INFORMAZIONI FINALIZZATI AL MIGLIORAMENTO DI VITA E DI SALUTE DEI CITTADINI DEL TERRITORIO DELLA PROVINCIA DI SAVONA. "UNITI PER LA SALUTE ODV" Via De Litta 3/1 VALLEGGIA (Savona) C.F:92084220091 Tel 3713993698
Tratto da "La voce dell'Emergenza"Eco-News
Un marchio tutto ligure per il nuovo pirogassificatore di biomasse che entrerà in funzione a Caluso, nel Torinese. L’impianto, che rappresenta l’evoluzione tecnologica del classico termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti, sarà più economico, meno impattante e più facile sia da realizzare che da gestire. Realizzato interamente in Italia, il suo sviluppo impiantistico è stato curato dal gruppo imprenditoriale che fa capo al presidente degli industriali liguri, Umberto Risso, e dalla società piemontese Cip. Ai lavori hanno contribuito il progettista Luigi Bellomo, l’ingegnere varazzino Ferruccio Pittaluga, docente dell‘Università di Genova al Campus di Savona, e la società savonese Combustion Laboratory. Nell’impianto torinese, per il quale sono stati investiti circa 3 milioni di euro, saranno sottoposti a pirogassificazione residui di produzioni agricole, biomasse forestali, foglie, scarti dell’industria alimentare. Il pirogassificatore avrà una potenza elettrica di 400 kilowatt ed una termica di 600 kw. L’energia elettrica prodotta sarà venduta all’Enel mentre il calore sarà ceduto per riscaldare una piscina pubblica. (Primocanale.it)
Frutta e verdura, che si trovi sui banchi dei mercati, o già lavata e imbustata sugli scaffali dei supermercati, non sfugge allo smog. Lo ha rilevato uno studio condotto da MDC (Movimento Difesa del Cittadino), Legambiente Palermo e l'Ordine dei chimici di Palermo che, per sei mesi, hanno effettuato indagini e analisi su campioni di frutta e verdura acquistati nei mercati o nei supermercati. In tutti i campioni presi in esame è stata rilevata la presenza di benzene, ma anche di toulene e xilene.
Questo risultato è stato inaspettato perché il benzene di solito è associato all'abitudine del fumo o a particolari categorie di lavoratori, e dunque si pensa che venga inalato e non possa essere mangiato. Invece, con questo studio si è dimostrato che oltre a respirarla tutti i giorni, questa sostanza nociva alla salute è presente anche nei cibi che arrivano sulle nostre tavole. La presenza del benzene in alimenti crudi e privi di conservanti, che potrebbero fungere da precursori, aumenta la trasferibilità concreta nel sangue del benzene o delle sue forme metaboliche.
Ancora più sorprendente è il fatto che tra i campioni di verdura acquistati per strada e quelli comprati in busta chiusa nei supermercati non è stata riscontrata alcuna differenza rispetto ai valori di benzene. Anzi nel caso di alcuni campioni prelevati al mercato storico del Capo, si sono riscontrati valori inferiori di benzene rispetto agli altri campioni meno esposti al traffico locale. Dunque non è il traffico la fonte principale della contaminazione, ma tutto quello che succede durante le varie fasi delle filiera produttiva, dalla produzione alla commercializzazione finale.
Il valore di benzene pari 0,1 microgrammi/Kg o 01, nanogrammi/g di verdura costantemente riscontrato in molti dei campioni analizzati siano essi di verdura confezionate, o di verdura acquistata all'interno della grande distribuzione, sia di verdura esposta in stretto contatto con assi viari, sembrerebbe essere oramai un valore della contaminazione di fondo ambientale. Tale valore, che apparentemente sembra molto basso, trasferito in unità chimiche corrisponde a circa 70.000 miliardi di molecole ingeribili per Kg di verdura.
Sono stati, inoltre, trovati campioni con un livello di concentrazione 10 volte maggiori della media. In un particolare campione tale contaminazione era dovuta alla presenza di un attività di verniciatura nelle vicinanze. Si può, quindi, dedurre che gli ortaggi e le verdure siano facilmente contaminabili da composti organici volatili.
Ma le sostanze nocive presenti su frutta e verdura vanno via con il lavaggio? L'ultima fase della ricerca ha voluto verificare questo. Il risultato? Il lavaggio con acqua e bicarbonato, quello che di solito un normale cittadino fa a casa, non elimina minimamente le sostanze nocive.
Poiché al momento non esiste un limite di legge relativo alla presenza di benzene legata agli alimenti, Mdc, Legambiente Palermo e Ordine dei chimici lanciano un appello e chiedono un protocollo di vigilanza per monitorare e controllare i livelli di benzene presenti nella catena alimentare.
A tal proposito le associazioni ricordano la Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 che osserva che "L'inquinamento ambientale costituisce una grave minaccia per la salute e una grande fonte di preoccupazione per i cittadini europei. È opportuno incentrare azioni specifiche sui bambini e altri gruppi particolarmente vulnerabili ai fattori di rischio ambientali."
LINK: La tabella con i dati
Movimento no coke Alto Lazio: grazie alla determinazione dei cittadini, il Ministero dell'Ambiente impone all'ENEL il rinnovo dell'AIA della centrale a carbone di TVN che stà funzionando a pieno regime in assenza di autorizzazione. Si ripristini la legalità, la centrale va fermata!
A seguito della diffida circa la non validità della registrazione EMAS da noi presentata nell'ultima Conferenza dei Servizi svoltasi presso il Ministero dell'ambiente ed all'intervento della Procura della Repubblica che ha riconosciuto valide le argomentazioni da noi addotte, avviando un' inchiesta, il Comitato Ecolabel Ecoaudit ha sospeso la certificazione EMAS della centrale di Torrevaldaliga Nord e, conseguentemente, il Ministero dell'Ambiente è stato costretto a sancire la necessità del rinnovo dell'autorizzazione.
Un fatto che rende giustizia alle nostre reiterate denunce di carenze e lacunosità nell'iter autorizzativo e che è stato reso possibile da cittadini e consiglieri comunali (molto pochi in verità) che si sono trasformati in tecnici per tutelare la salute e l'ambiente della propria terra e colmare la latitanza dei Sindaci del comprensorio, primo fra tutti Moscherini, che, proni davanti ai milioni di euro elargiti da ENEL, hanno abdicato al loro ruolo di garanti della salute dei cittadini.
La richiesta di rinnovo dell'autorizzazione, peraltro, evidenzia come l'accordo quadro stipulato tra la Regione Lazio, la provincia di Roma e i Comuni del comprensorio, propedeutico alla concessione dei contributi economici aveva la sua ragione di essere nella sola volontà di imbavagliare gli amministratori locali sulle gravi carenze della Valutazione d'impatto ambientale e dell'iter amministrativo della centrale, sulle grave situazione di sofferenza sanitaria delle popolazioni, sulle indecenti condizioni di mancanza di sicurezza sul cantiere e sulla non rispondenza delle modalità di carico e scarico dei materiali pulvirulenti rispetto a quanto previsto nell'atto autorizzativo.
Ma la sospensione della certificazione EMAS, e la conseguente presa d'atto della necessità di rinnovo dell'Autorizzazione Integrata Ambientale sancisce anche, e soprattutto, quanto da noi più volte denunciato: dal 25 dicembre u.s la centrale sta funzionando, peraltro dal 7 giugno u.s. a pieno regime, in assenza di autorizzazione.
Ora la legalità deve essere ripristinata e il Ministero dell'Ambiente, autorità competente in materia, deve agire di conseguenza e,anche in virtù delle tante anomalie che emergono dai relativi carteggi, sospendere l'attività della centrale fino all'avvenuto rinnovo dell'Autorizzazione all'esercizio della centrale.
Le popolazioni dell'Alto Lazio continueranno a vigilare attentamente, pronte a denunciare ogni irregolarità e/o omissione sarà posta in essere sia da ENEL che da quanti sono istituzionalmente deputati al controllo.
L'arroganza della società elettrica che ha definito il provvedimento del Ministero "illegittimo e gravemente lesivo degli interessi di ENEL produzione" non ci fermerà.
Ad oggi i fatti parlano chiaro: di illegittimo ci sono solo i tanti tentativi dell'ente di aggirare norme, prescrizioni e limiti autorizzativi; gli unici interessi lesi sono quelli della popolazione privata del diritto di vivere in un ambiente che non venga ulteriormente avvelenato dalla combustione del carbone.
Quella centrale non deve entrare in funzione: sappia ENEL che su questo, in nome del futuro dei propri figli, le popolazioni dell'Alto Lazio non daranno tregua.
Movimento No Coke Alto Lazio
www.nocoketarquinia.splinder.com
Nel dibattito sul piano provinciale dei rifiuti scoppia la moda del CDR-Q, ovvero il Combustibile Derivato dai Rifiuti di Qualità elevata.
Pare il toccasana che risolve tutti i problemi: non inquina, non grava sulla spesa per lo smaltimento, produce energia che viene addirittura definita "rinnovabile".
Per sfatare questo mito basta informarsi velocemente ed in 3 minuti si viene a scoprire che:
- Non è vero che non inquina ma semplicemente inquina meno dal momento che è più selezionato. E' ovvio! Però inquina anche quello! sia in termini di emissioni sia in termini di smaltimento delle ceneri (ricordiamo che i rifiuti non scompaiono negli inceneritori ma diventano ceneri ovvero rifiuti speciali altamente inquinanti da smaltire nelle care vecchie e nuove discariche di cui è pieno il tarantino)
- Come combustibile ha un rendimento superiore al CDR ma notevolmente inferiore ai combustibili fossili per cui viene usato in co-combustione e la sua convenienza è derivata dall'assimilazione "illegale" a fonte rinnovabile che apre le porte (in Italia) ai finanziamenti da cip6 e altri aiuti di stato agli speculatori
- Dal momento che il 50% del CDR-Q viene da biomasse ed il resto da rifiuti misti, si tratta in ogni caso di un materiale che, se assimilato ad un combustibile industriale e sovvenzionato, sarà richiesto dalle aziende e avvallerà l'apertura di nuovi inceneritori con la scusa del minore impatto. Oltre agli effetti sulla salute, ciò comporterà un ostacolo fortissimo verso lo sviluppo di un sistema di raccolta differenziata efficace. In questo modo si brucia ricchezza che altrimenti ricadrebbe sulle classi meno abbienti a favore di industriali e speculatori.
- Visti i precendenti storici e l'attualità di quotidiane denunce di cittadini e aperture di inchieste, non è possibile, in un Paese dove i controlli sono semplicemente ridicoli e le sanzioni inesistenti, fidarsi dell'effettiva qualità e della composizione di questa miscela.
- l'uso del CDR-Q nei cementifici (che non sono soggetti ai limiti di emissioni e ai controlli degli inceneritori) apre la porta ad una pista d'oro per il riciclaggio di rifiuti tossici e l'incenerimento con grave danno per l'ambiente e la salute
- certo, bisogna fare attenzione perchè la monnezza e gli escrementi sono sicuramente "rinnovabili", dal momento che se ne producono continuamente, ma questo non centra niente con il concetto di fonte rinnovabile per la produzione energetica. La sentenza della corte di Giustizia Europea emessa il 22 dicembre 2008 a proposito della causa C‑283/07 (riportata sotto) e resa nota qualche giorno fa, chiarisce appunto che l’Italia non deve adeguare i rifiuti e il ferro a materie prime e che nel caso dei primi questi non sono da bruciare nei termovalorizzarori come fossero metano o carbone.
I rifiuti sono e restano tali e non vale “trasformarli” per legge in qualcosa che non sono, solo per destinarli ad un termovalorizzatore e la Corte ribadisce che:
Ebbene, il CDR‑Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903‑1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Peraltro, le misure di controllo e di precauzione relative al trasporto e alla ricezione del CDR‑Q negli impianti di combustione, nonché le modalità della sua combustione previste dal decreto ministeriale 2 maggio 2006, dimostrano che il CDR‑Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili.
Ancora una volta i cosiddetti termovalorizzatori non servono a produrre energia ma a bruciare rifiuti essendo nient'altro che pericolosissimi inceneritori. Comunque si voglia chiamarle, le balle che ci andranno a finire dentro sono solo un ammasso di rifiuti (e come tali andrebbero trattati) e non carburante!
Corte Europea_causa C 283 07
Considerazioni di Uniti per la Salute
Ci sorge spontanea una domanda:
E' possibile sapere se e in quali centrali assieme al carbone è bruciato CDR-Q ?
Visto che nell'articolo tratto dal blog del comitato per Taranto leggiamo " Peraltro, le misure di controllo e di precauzione relative al trasporto e alla ricezione del CDR‑Q negli impianti di combustione, nonché le modalità della sua combustione previste dal decreto ministeriale 2 maggio 2006, dimostrano che il CDR‑Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente"
ci sembra che la nostra domanda sia assolutamente legittima ed una risposta da parte dei pubblici amministratori assolutamente doverosa.
L'OSSERVATORIO AMBIENTALE CHE CI VEDRA' MORIRE, SENZA FARE NIENTE CONTRO CHI INQUINA.
Gli onorati Sindaci del comprensorio inquinato anche stavolta l'hanno fatta grossa a sostegno della centrale a carbone di Civitavecchia con la nomina del Dott. Manrico Coleine a capo dell'Osservatorio Ambientale previsto dalla Valutazione d'Impatto Ambientale di TVN. Per chi non fosse informato Coleine è un medico di Civitavecchia ed è uno dei padri della centrale a carbone di TVN. Mettendo in atto un comportamento fotocopia di quello di De Sio "no, no, no e poi sì" Coleine da consigliere comunale di Civitavecchia condannò la sua città e l'Alto Lazio, deliberando la riconversione a carbone di TVN. Dopo la sua nomina possiamo dormire sonni tranquilli. Abbiamo avuto le rassicuranti parole di Marrazzo su centraline e monitoraggi e adesso c'è Coleine all'Osservatorio Ambientale. Il Dott. Coleine prima versione, quello che diceva no al carbone, da medico aveva stilato un "decalogo in 10 punti contro la riconversione a carbone" Folgorato dal fascino di ENEL ha cambiato parere. È un comportamento ricorrente tra quanti sono stati eletti a tutela della nostra salute: prima contrari, oggi amici di TVN, al punto di nominare a capo dell'Osservatorio uno che ha sostenuto il carbone.
La volpe a guardia delle galline.
L'Osservatorio Ambientale è stato per cinque anni una farsa, continuerà con il nuovo presidente.
È difficile trovare parole per censurare gli autori di questa vigliaccata senza ricorrere ad un linguaggio greve. Ci guarderemo bene. Si tratta di nefandezze che devono apparire nella loro cruda drammaticità, senza dare appigli ad alcuno per distogliere l'attenzione dal fatto: l'Osservatorio Ambientale, che da sempre contestiamo, e gli eventi degli ultimi 5 anni ci hanno dato ragione, non serve a fermare né l'inquinamento né tantomeno i tumori.
L'Osservatorio Ambientale serve ai sindaci e a Marrazzo per dire che è tutto sotto controllo; mentre uno si ammala loro un alibi ce l'hanno: controllano.
Ma il cielo è di nuovo giallo e ci ricorda che una multinazionale dell'energia, ,ha deciso che per fare cassa dobbiamo morire, i loro soldi servono solo ad acquistare nuove centrali inquinanti in giro per il mondo.
Perché nessuno gli impone, data la grandiosità degli investimenti, di fare scelte pulite per la salute e l'ambiente.
Guadagnano anche su quello, risparmiano sulle teste dei nostri figli. Così come è accaduto negli ultimi decenni qui si morirà molto di tumore e leucemia.
Se a Brindisi, la colpa dell'inquinamento, ridicolo ma pur vero, è stata data agricoltori che bruciano le potature di olivo vuoi vedere che qui da noi sarà colpa degli agricoltori che bruciano le stoppie?
Amministratori accecati dal potere e dai soldi! Noi ci saremo sempre, a ricordarvi colpe immense che neppure i vostri figli potranno perdonare, a voi, alle vostre maggioranze, ai vostri assessori spendaccioni e alle opposizioni imbelli; al Governo del Sig. Berlusconi e del fido Scajola. Torneremo a Bruxelles e a Roma. A Tarquinia vogliono chiudere il reparto oncologico, perché troppo affollato dai malati di cancro che provengono da tutto il comprensorio inquinato.
Lotteremo senza tregua perché ENEL tolga le grinfie dalla nostra salute, dal nostro ospedale, dal nostro futuro, dalla nostra terra, dai nostri gioielli ambientali, dal nostro patrimonio archeologico: già, anche dal nostro patrimonio archeologico, perché sappiamo che anche la neo nata fondazione "Etruria Mater", servirà a dare lustro a chi ci inquina che comunque vede tra i fondatori quello stesso Sig. Fontecedro, da poco pensionato di lusso Enel, che ai cittadini in sciopero della fame scriveva parole "rassicuranti"guardacaso a tutela degli interessi dell'azienda elettrica.
Quante volpi a guardia delle galline!!!!!!!
MOVIMENTO NOCOKE ALTO LAZIO
Al Mit piace il carbone pulito, ai tedeschi no | |||
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Rischio Amianto esteso alla popolazione e obblighi del datore di lavoro
Solo con il passare del tempo le più approfondite conoscenze scientifiche hanno permesso di inquadrare nella sua gravità il rischio dell'amianto, quale fattore scatenante di gravi malattie che si manifesteranno in questi anni a causa del lungo tempo di latenza prima dell’insorgere della malattia (anche più di 40 anni) e che costituisce uno dei più grossi problemi sociali a cui si tenterà di dare delle risposte, con più pubblicazioni, sotto il profilo dei criteri di individuazione della responsabilità, della decorrenza del termine di prescrizione,del nesso causale e dei criteri risarcitori.
Occorrerà, in vista della peculiarità della situazione, forse individuare delle regole nuove che consentano di pervenire ad un sistema di riparazioni e sanzioni, sia sotto il profilo civile che penale, rispettoso dei principi di tutela dei lavoratori e dei soggetti danneggiati in genere, che dei diritti degli imprenditori, nella consapevolezza della dimensione di tragedia sociale che caratterizza tale fenomeno.
Rischio Amianto esteso alla popolazione e obblighi del datore di lavoro
di Domenico Chindemi
(in attesa di pubblicazione su “Responsabilità civile e previdenza”)
1) Rischio amianto: pericolo esteso alla popolazione
L’amianto rischia di diventare un concreto pericolo per la “salute” di intere popolazioni del pianeta (a causa delle fibre che possono essere inalate) e, in particolare, della nostra nazione, non più relegato ai lavoratori del settore, che iniziano negli ultimi anni a manifestare i sintomi di una malattia che ha periodi di incubazione anche di 45 anni, ma estesa anche ad intere popolazioni soggette al rischio di esposizioni non professionali e con una tutela risarcitoria, allo stato, apparentemente minore (sia per la mancanza di rendita o di trattamenti indennitari), sia per la diversa durata delle prescrizione (cinque anni extracontrattuale, dieci anni quella contrattuale), sia per la difficoltà di individuare a distanza di decenni, l’effettivo responsabile della malattia e la sua responsabilità.1
L'inalazione da amianto, il cui uso è stato vietato in assoluto dalla L. 27 marzo 1992, n. 257 è ritenuta, da ben oltre i tempi di emanazione della legge, di grande lesività della salute, tanto che se ne fa cenno nel R.D. 14 giugno 1909, n. 442 in tema di lavori ritenuti insalubri per donne e fanciulli con precedenti giurisprudenziali risalenti al 1906.
L'asbestosi, conosciuta fin dai primi del '900 ed inserita nelle malattie professionali dalla L. 12 aprile 1943, n. 455, quale malattia da inalazione da amianto, potenzialmente mortale, e comunque sicuramente produttrice di una significativa abbreviazione della vita se non altro per le patologie respiratorie e cardiocircolatorie ad essa correlate.
Si tratterà di rivisitare, alla luce delle peculiarità della nuova emergenza, istituti quali il nesso causale, la prescrizione, la natura della responsabilità e i criteri risarcitori collegati a quello che ormai va definito quale contaminante ambientale.
Anche se la l. 257/92 ha vietato l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, con l’emanazione di decreti e circolari applicative, tuttavia sussiste ed è anzi, proprio nel contesto temporale sta divenendo attuale il pericolo originato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture realizzati circa 45 anni or sono.2
Purtroppo l'amianto, fino agli anni ottanta, è stato utilizzato per produrre una miscela cemento-amianto, conosciuta col nome commerciale di Eternit ed è stato ampiamente utilizzato per la coibentazione di edifici, soprattutto tetti, treni, navi; è stato anche largamente impiegato nelle auto, in particolare vernici e parti meccaniche, come materiale per l'edilizia, soprattutto pavimenti, vernici, tegole, tubazioni, canne fumarie, nelle tute dei vigili del fuoco, nella fabbricazione di plastica , cartoni, corde e anche utilizzata come coadiuvante nella filtrazione dei vini.
Non si tratta , quindi, di prevenire un rischio che si verifica oggi, ma di arginare e trovare delle soluzioni, anche di carattere sociale, ad un pericolo che è sorto, all’insaputa di molti, diversi lustri or sono e che si concretizzerà, senza che si sia ancora trovata una cura efficace, nei prossimi anni, con conseguenze anche devastanti per le popolazioni di alcune aree territoriali che sono risultate in passato esposte al rischio amianto per la presenza di insediamenti industriali in cui era utilizzato questo minerale o che sono venute in contatto, durante i lavori di demolizioni di fabbricati che contenevano tali sostanze, con le polveri sottili di tale sostanza.
Trattasi, quindi, di un rischio a cui astrattamente è esposta la popolazione con più di 40 anni di età, oltre il 50% della popolazione residente della nostra nazione.
Il dato preoccupante e che tra la popolazione esposta sono compresi anche i bambini che hanno una lunga aspettativa di vita ed hanno perciò più possibilità di sviluppare il tumore, mentre una persona anziana normalmente decede per cause diverse, prima di sviluppare la malattia che ha un periodo di incubazione molto lungo.
Il rischio quindi, si allarga anche ad epoche successive alla attuate, in quanto occorre valutare i pericoli connessi alla dismissione demolizione e eventuale riutilizzo di materiali contenenti amianto, con riferimento, ad esempio, alle polveri sottili sprigionate dalla demolizione di edifici costruiti con tale materiale, senza l’utilizzo di precauzioni, per tutti coloro che,anche ignari passanti, hanno potuto inalare le polveri sottili di tale sostanza.
Oggi, grazie alla consapevolezza della pericolosa dell’”amianto” e alla messa al bando dell’utilizzo delle fibre naturali di tale sostanza, il rischio risulta limitato agli operatori, professionalmente esposti, addetti alla bonifica degli ambienti o allo smaltimento dei prodotti contenenti asbesto.3
Tuttavia, ed è questo uno degli aspetti più preoccupanti, non è stata individuata una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa e non può escludersi, sotto l’aspetto medico, che anche l'inalazione di una sola fibra (che è 1300 volte più sottile di un capello umano) può causare il mesotelioma o altre patologie mortali.
Si ritiene, anzi, che il mesotelioma pleurico è - soggetto al principio della c.d. frigger dose, ossia quella la cui inalazione avrebbe innescato probabilmente il processo di modificazione cellulare destinato ad evolvere nella malattia oncologica e non si è ancora accertato con certezza se sia priva di effetto sulla progressione della patologia la durata della successiva esposizione alle polveri di amianto.
È difficile individuare esattamente il momento di innesco della c.d. dose killer produttiva del mesotelioma pleurico e l'efficienza causale della durata del periodo di esposizione del lavoratore alle polveri di amianto sulla progressione della malattia.
Se tale teoria fosse vera, una volta inalata la dose killer, la perdurante esposizione alle polveri di amianto risulta priva di efficienza anche solo concausale, impedendo di ravvisare l'esistenza del nesso di causalità tra l'evento e la condotta omissiva successiva a tale innesco.
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