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16 novembre 2009

2009/11/16 Inquinamento di Stato a Taranto ..../SICILIA, NUOVO SOSPETTO INCIDENTE ALLA RAFFINERIA DI MILAZZO...

Tratto dal" Blog del Comitato per Taranto"
domenica 15 novembre 2009
Inquinamento di Stato a Taranto

La bocciatura del Tar delle nomine delle Commissioni del ministero dell’Ambiente provoca una vacatio legis circa la limitazione delle attività inquinanti della grande industria. A pagare le conseguenze maggiori, ancora la Puglia.

L’ultima sentenza del Tar sulle nomine dei componenti delle Commissioni indicate dal ministero dell’Ambiente rischia di consegnare alla confusione più totale i vincoli normativi predisposti per limitare le attività inquinanti dell’industria. Una vacatio legis che potrà provocare enormi danni all’ambiente e al territorio. Ed è proprio Taranto, una delle città più inquinate d’Italia a causa della presenza dell’impianto siderurgico dell’Ilva, che rischia di pagarne presto le conseguenze. Il pericolo è inequivocabilmente verificabile nella vicenda dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale): introdotta con direttiva 61/96 (direttiva Ippc), è lo strumento cardine della Ue per l’attuazione di politiche ambientali che mirano a realizzare la riduzione complessiva dell’inquinamento prodotto dal settore industriale.
Tecnicamente l’Aia attua un approccio preventivo e integrato che punta a evitare, o se non è possibile a ridurre, le emissioni intervenendo nelle varie fasi del processo, alla sua fonte. L’Aia riguarda anche l’efficienza dell’uso dell’energia e «le misure necessarie per prevenire gli incidenti». La prima “anomalia” del legislatore è il parziale recepimento della direttiva, nel 1999. A seguito di procedura d’infrazione, viene delegato il governo nel 2003 e il recepimento avverrà due anni dopo. Il legislatore comunitario attraverso la direttiva si prefigge di attuare la riduzione integrata dell’inquinamento nell’aria, nell’acqua e nel suolo. La centralità Ippc nelle politiche comunitarie trova piena conferma nel VI Programma comunitario per l’ambiente: “Ambiente 2010 il nostro futuro, la nostra scelta”. Nell’obiettivo generale “ambientesalute” è specificato che occorre «ottenere una qualità dell’ambiente tale che i livelli di contaminanti di origine antropica non diano adito a conseguenze o a rischi per la salute umana».
Tutte le aziende italiane, circa 8.000, dovevano ottenere l’Aia entro l’ottobre 2007. I grandi impianti di competenza statale sono 200: a tutt’oggi le Aia concesse ammontano a circa 30.
Emblematico e cinico, si diceva, è il caso della martoriata Taranto. Dichiarata per legge “città a elevato rischio di crisi ambientale”, e con una emissione di diossina pari al 90 per cento del totale prodotto in Italia. In Europa il limite diossine in un metro cubo di aria è di 4 diecimiliardesimi di grammo. In Italia con una furbata “aggregativa” (media tra 200 congeneri diversi di diossine e simili) si è stabilito un limite enormemente superiore. E da nessuno è stato mai modificato. Diciotto mesi fa un accordo tra ministero dell’Ambiente ed enti locali fissava in 300 giorni il tempo massimo per l’ottenimento dell’Aia ai 7 impianti maggiormente inquinanti di Taranto.
Secondo i dati dell’Ines (Inventario nazionale delle emissioni e delle sorgenti), oltre alla diossina, a Taranto l’industria immette in atmosfera il 95 per cento degli Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) prodotti da tutto il settore industriale italiano, oltre al 57 per cento di mercurio e rilevanti quantitativi di cadmio e cromo. L’Aia, congiuntamente ai Piani regionali di risanamento e tutela della qualità dell’aria e dell’acqua, può arginare gli effetti di quel “mattatoio”, silente e cinico. Intanto, i numeri dimostrano quanta indifferenza possa essere mostrata dalla politica e dalle istituzioni: la commissione Aia del ministro Prestigiacomo ha concesso 26 Aia.
Pur nell’evidente emergenza di Taranto, su 157 Aia complessive il maggiore emettitore di inquinanti, l’Ilva, è stato posto come ordine di intervento al 113esimo posto, al 13esimo la raffineria Eni, al 96esimo la centrale Edison, al 118esimo Enipower. Taranto dovrà sorbirsi patologie e inquinamento almeno per un altro lustro, considerando il ritmo di produzione di 26 Aia della Commissione. E ora la confusione normativa non potrà che dilatare i tempi. Eppure i 7 impianti hanno prodotto complessivamente negli ultimi quattro anni utili annui per circa un miliardo di euro. Con grande gioia dei proprietari delle industrie. Tra cui lo Stato con Eni ed Enel.
Erasmo Venosi su "Terra"

Il Comitato per Taranto aveva paventato questo rischio quando si espresse sul presidente della commissione IPPC, il "giovane siciliano" Dario Ticali. Poco dopo l'intervista di Antonietta Podda per RPS e l'inchiesta di Sandra Amurri sull'Espresso portarono alla "rimozione" di Bonaventura Lamacchia - colui che doveva occuparsi dell'Ilva di Taranto - per problemi giudiziari.
Leggi le vicende della commissione IPPC sul blog del Comitato per Taranto


Prestigiacomo bocciata e noi...fregati!

MINISTERO. Il Tribunale amministrativo del Lazio giudica illegittime le nomine fatte dal ministro Prestigiacomo per le commissioni Via, Ippc e Covis. A rischio decine di autorizzazioni per grandi opere, tra cui la centrale di Porto Tolle.

Il Tar del Lazio ha bocciato venerdì scorso le commissioni del ministero dell’Ambiente che devono dare il via libera alle centrali elettriche e delle dighe e dare l’autorizzazione alle industrie a funzionare. La nomina dei commissari fatta dall’attuale ministro Stefania Prestigiacomo è illegittima: i vecchi membri delle commissioni hanno fatto ricorso alla giustizia amministrativa e l’hanno vinto. Non potevano essere “licenziati”, perché i loro contratti erano ancora validi e per i tecnici non vale lo spoil system. E ora, al ministero, si aprono due bei problemi - come denuncia il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, che parla di «grave approssimazione ». Il primo riguarda le decine di attività su cui le commissioni hanno deliberato: sono, ad esempio, illegittime le opere su cui la commissione Valutazione di impatto ambientale (Via) ha dato parere positivo?
Il secondo gira attorno al danno economico che lo Stato si vedrà probabilmente costretto a risarcire.
Nel giugno 2008, infatti, il ministro rimandava a casa i membri di ben tre commissioni di primaria importanza: Via, Covis (danno ambientale) e Ippc (inquinamento industriale). Gli esperti, naturalmente, erano stati nominati dal ministro Pecoraro Scanio ma per le funzioni tecniche non esiste un meccanismo di avvicendamento politico e il loro contratto non era in scadenza, ma il nuovo responsabile del dicastero - rispondendo all’appello alla contrazione della spesa pubblica - aveva diminuito di 10 unità i membri delle tre commissioni. Un motivo valido, secondo il ministro, per rifarle da zero. Ma il Tar ha deciso diversamente. «La Corte ha giudicato incostituzionale la norma - spiega l’avvocato Valentina Stefutti, che ha patrocinato i ricorrenti - ma questo è addirittura un argomento secondario.
Semplicemente, ha riconosciuto che la commissione era la stessa. O veniva confermata o si spiegava la ragione per cui non si confermava ». Insomma, un passo azzardato. Che ora mette a rischio, almeno teorico, anche gli atti compiuti dalla nuova commissione. Solo per quello che riguarda la valutazione di impatto ambientale, un pacchetto di 44 opere tra cui la centrale a carbone di Porto Tolle e altri 11 impianti energetici, per un totale di oltre 5.000 megawatt (gli impianti nucleari previsti dal governo, per fare un paragone, dovrebbero produrne 4.000); dighe; autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi; elettrodotti; raffinerie; ampliamenti di porti e aeroporti.
E poi, il danno economico. Se il giudizio del Tar verrà confermato dal Consiglio di Stato (nel caso probabile in cui il ministero ricorresse), i membri dovranno essere reintegrati e pagati, oppure semplicemente pagati. La sola commissione Via costa circa 7 milioni di euro l’anno, di cui una parte consistente (quasi il 70%) va agli emolumenti dei commissari. È ipotizzabile un costo per l’erario di 3-4 milioni aggiuntivi. A meno che non venga riconosciuto - come è successo in altre cause sempre contro il ministero dell’Ambiente - anche il danno biologico. In quel caso è ipotizzabile addirittura un raddoppio della cifra. Chi lo pagherà? (Terra)
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Tratto da Unonotizie
MILAZZO (MESSINA) / 16-11-2009
SICILIA, NUOVO SOSPETTO INCIDENTE ALLA RAFFINERIA DI MILAZZO : ennesimo attentato alla salute di cittadini?


Oggi 16 Novembre alle 6.50 intense colonne di fumo nero si sono levate da più camini della Raffineria di Milazzo allarmando i residenti nelle immediate vicinanze ed i testimoni, vista l’ora, occasionali del pericoloso incidente o disfunzione che dir si voglia. Il sospetto che tali incidenti siano ormai diventati una “opportuna consuetudine” per eliminare fumi in eccesso in orari inconsueti diventa sempre più una certezza.
Sembra che a nulla servano i continui richiami da parte di Cittadini ed Associazioni ad una precisa ed attenta osservanza da parte delle industrie alle leggi nel rispetto della Salute e della vivibilità. Le Amministrazioni locali sono artefici e complici di questi continui attentati alla Salute dei Cittadini, incapaci di assumere responsabilità e provvedimenti severi e risolutori per evitare sia gli incidenti occasionali sia per consentire l’immediato risanamento del Comprensorio.
Il modello di sviluppo finora basato sulle industrie pesanti non è più compatibile con le esigenze del territorio del Comprensorio del Mela.
Le Amministrazioni locali, provinciali e regionali non sono in grado di assicurare il monitoraggio degli inquinamenti, la protezione dalle sostanze tossiche, nocive e cancerogene e, quindi, assicurare soluzioni alternative alle industrie pesanti che insistono sul territorio, con progetti seri e validi di risanamento. Viene il dubbio che questa profonda incapacità di risoluzione dei problemi ambientali sia mantenuta ad arte per favorire gli inquinatori.
Lo dimostra anche il fatto che si mettono a tacere le coscienze con feste e festini “sponsorizzate” proprio dalle Industrie pesanti e si nascondono nei cassetti delle locali amministrazioni le mozioni di condanna o di risarcimento nei confronti delle industrie che attentano alla Salute dei Cittadini. E’ stato cancellato l’Ufficio speciale alto rischio ambientale, alcuni Amministratori (Milazzo e S. Filippo) hanno barattato i finanziamenti per l’acquisto di centraline per il monitoraggio degli inquinamenti con appalti per l’acquisto di piante non autoctone, si propongono ulteriori progetti di espansione del carrozzone ASI o addirittura inutili progetti di aeroporti,
si assiste a pietosi conflitti di competenza tra Provincia e Regione su chi debba eseguire i controlli ambientali, nessuna sensibilità per risolvere i problemi di Salute dopo le denunce dell’OMS. Ed i Cittadini continuano a pagare con la vita

Dr. Giuseppe Falliti
Referente regionale aree industriali a rischio

- Uno Notizie Milazzo - Messina -

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