La Liguria, il carbone e la salute delle persone
Si è tenuto il 17 Dicembre a Spotorno un convegno aperto ai cittadini con relatori il biologo Virginio Fadda e i dottori Agostino Torcello e Paolo Franceschi, sul tema delle centrali a carbone in Liguria e del loro effetto sulla salute dei cittadini.
Ciò che è emerso si discosta in modo netto dai messaggi che tradizionalmente vengono diffusi dall’informazione divulgativa in tema di salute, a partire dalla riflessione secondo cui a provocare cancro, disturbi cardiovascolari e malattie come l’obesità e il diabete non sono in prima istanza i comportamenti personali (fumo, alimentazione errata, eccetera) o quella che viene genericamente definita come “predisposizione” familiare o genetica. La causa primaria scatenante è quasi sempre l’inquinamento ambientale.
In effetti questo messaggio sembrerebbe contrastare con quanto affermato dalle statistiche, in cui si rileva un calo nei morti, specie per tumore. Si tratta però della solita informazione ingannevole: ci sono meno morti di cancro perché sono migliorate le cure. E statistiche del genere in ogni caso non tengono conto degli aspetti economici e psicologici di chi ha superato una malattia tumorale. Dal primo punto di vista si calcola che un malato costi a una famiglia circa 1.500 euro,assolutamente non compensati dall’assegno di sostegno dato dallo Stato. In famiglie a scarso reddito questo può voler dire sacrifici senza fine, a tutto vantaggio delle società farmaceutiche. Dal secondo punto di vista, chi ha subito la trafila di una malattia oncologica, raramente riesce a “recuperare” pienamente dal punto di vista psicologico, anche a fronte di una piena guarigione. Quindi le statistiche sui “non morti” di tumore non tengono conto della qualità della vita conseguente alle cure, sebbene queste siano più efficaci.
E non è significativo che siano meno i morti di tumore, anzi. Occorrerebbe invece vedere le statistiche relative all’andamento dei nuovi malati. Si noterebbe che il numero di nuovi casi è in costante e inesorabile ascesa. Dunque mentre le cure migliorano, peggiorano le condizioni entro le quali le patologie maturano, facendo danno e uccidendo a ogni livello. Tali condizioni non possono che essere ambientali, un ambito dove la governance pubblica tende a pulirsi la coscienza stabilendo standard e parametrando valori di tolleranza sull’inquinamento sbagliati in partenza perché in genere misurati sui maschi adulti, e tagliando fuori quindi soggetti su cui gli agenti dell’inquinamento possono fare molto più danno, ad esempio i bambini, o le donne incinte. Queste ultime andrebbero poi protette in modo particolare: acquisendo in sé elementi cancerogeni, oltre a danneggiare se stesse, inducono nel feto modificazioni genetiche che si manifesteranno, magari dopo anni, in malattie come il diabete o l’obesità.
Causa di tutto questo possono sicuramente essere comportamenti individuali errati e dannosi, che però vanno a complicare un quadro reso decisivo e drammatico dall’inquinamento ambientale. Un tema su cui in Liguria non è possibile parlare con reale dovizia di dati, secondo i tre conferenzieri. La fonte principale è l’ARPAL, secondo cui la nostra regione è sempre al di sotto dei parametri d’inquinamento, contraddicendo però con ciò le rilevazioni elaborate a livello europeo e satellitare. Senza contare che i dati dell’ARPAL sono minati alla base dato che in Liguria non si misura il livello di polveri sottili, le cosiddette PM 2,5, che è ormai accertato a livello internazionale essere, insieme alle PM 10, la causa primaria di tumori, ictus, malattie cardiovascolari e altre patologie come il diabete e l’obesità. Ovunque le PM 2,5 vengano misurate, emerge la correlazione diretta tra queste e le patologie più diffuse sul territorio.
Dunque è l’ambiente che ci fa ammalare. Questo l’Italia lo sa. Ma sa anche di non essere in grado di porre rimedio alle cause dell’inquinamento ambientale. (Oseremmo dire di continuare a procedere in direzione opposta !!!!!)
Per questo, tra l’altro, ha puntato i piedi in sede europea, insieme alla Polonia, affinché i limiti di tolleranza delle polveri sottili, che presto sarà obbligatorio misurare proprio per volontà UE, fossero molto alti, il doppio di quanto viene imposto negli U.S.A. In ogni caso, l’incapacità italiana di porre rimedio alla vera causa scatenante delle patologie più gravi, è legata all’altrettanto grande incapacità di opporsi agli interessi e alle pressioni da un lato di chi fa business con l’inquinamento, ossia chi produce energia ad esempio con il carbone, dall’altro di chi fa business con le cure....
E questo è ancora più vero in Liguria, patria dell’energia dal carbone, da Vado fino a La Spezia, passando per Genova, il carbone ci dà energia. Molta più di quanto serva agli utenti. E tuttavia la bolletta resta alta: il surplus viene venduto, ma chi deve pagare la bolletta non vede traccia di questo utile.La Liguria, con l’esclusione dell’imperiese, è uno dei punti cardinali del “triangolo del veleno”, insieme a Lombardia e Piemonte. E vista da vicino, con l’estensione grafica della diffusione delle polveri sottili dalle diverse centrali a carbone, si vede che è una terra dove non c’è scampo, se non appunto nell’imperiese. Le evidenze scientifiche ci sono tutte, eppure ancora si discute se concedere alla Tirreno Power di Vado Ligure l’ampliamento che ha chiesto, in una delle aree più inquinate d’Europa e anche d’Italia...
E’ stato calcolato che limitando le polveri sottili, di cui le centrali a carbone sono generose produttrici, nei limiti stabiliti dall’OMS, ci sarebbe un numero impressionante di morti in meno, l’aspettativa di vita aumenterebbe in modo netto. A perderci sarebbero sicuramente gli imprenditori dell’energia sporchissima del carbone e quei pochi lavoratori a cui danno impiego. Nel chiedere l’ampliamento degli impianti, la Tirreno Power sostiene, senza portare cifre, che questo gioverebbe all’occupazione. Negli anni il lavoro grazie agli impianti a carbone è diminuito di più della metà, ed è stato calcolato che un cambio radicale di paradigma energetico, con una virata sull’eolico ad esempio, riassorbirebbe in breve la disoccupazione e creerebbe vera occupazione aggiuntiva......
La cultura ambientalista ha conosciuto apici e cadute, queste ultime in genere in corrispondenza delle strumentalizzazioni elettorali o partitiche. Ebbene dovrebbe finalmente diventare patrimonio comune e generare un attivismo spontaneo a partire dai piccoli agglomerati, quelli più direttamente danneggiati, passando per le piccole amministrazioni comunali che hanno il coraggio di prendere una posizione non ideologica e di non cedere ai grandi interessi, creando una rete che dev’essere di rafforzamento e diffusione della conoscenza e della coscienza ambientalista, anche grazie a medici e scienziati coraggiosi come quelli che hanno animato il convegno di Spotorno.
Il superamento del disinteresse e del disincanto diffuso dev’essere la prima meta, la normalizzazione di una sensibilità ambientale scientificamente fondata dev’essere il traguardo della società dell’immediato futuro. "Quel futuro preso a prestito dai nostri figli, e che stiamo avvelenando senza il loro permesso e a loro totale danno."
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Tratto da "Savona News "
Uno Stralcio del"Punto di Mario Molinari"
Benvenuti a casa mia?
............Non dimentichiamo che il senso civico alberga e riposa anche negli amministratori locali:
giustissimo che promuovano il bello ed il salubre della provincia, ma se lo fanno debbono contestualmente battersi fino all'arma bianca contro il brutto e il nocivo; se si ha a cuore il turismo di qualità e le positive ricadute, anche economico - occupazionali, che ne derivano...
Ricordo la prima volta che passai in auto lungo la A10, direzione Sanremo. L'allora fidanzata, vedendo le ciminiere di Vado mi disse: "ma ti rendi conto che c'è qualcuno che abita e va al mare qui?" Testuale. Purtroppo ciò che resta della rada di Vado è lo scorcio più visibile e impattante di questa provincia, vista dalla A10. Per quel tratto di autostrada passano MILIONI di persone, e quel che vedono, mi creda Presidente, è il peggior biglietto da visita.
Se "noi turisti" ci sentiamo richiamati al senso civico di non imbrattare i muri del savonese, non possiamo fare a meno di interrogarci sul pulpito dal quale viene quella giusta predica, pensando alle amene colline di carbone all'aperto, alle ciminiere fumanti, all'odore acre che attacca in gola.
Venezia sopravvisse a Porto Marghera con milioni di turisti da tutto il mondo. Ma è Venezia. Qui è un tantino diverso.
E allora se si rimuovessero, prima delle scritte sui muri, i mostri di fumo e cemento che distruggono la vocazione turistica di questa provincia con un' incalcolabile danno di immagine e di incassi (oltre che per la salute di chi ci vive) sarebbe un immenso viatico per tornare a dire a chi arriva, BENVENUTO.
Anzi, se torniamo indietro di un po' più di mezzo secolo, prima che lo scempio venisse perpetrato, e ci ricordiamo che, anche qui, arrivavano turisti da tutto il mondo per la bellezza della nostra provincia, potremmo dir loro BENTORNATI. Come a tanti lavoratori dell'indotto.
Con affetto,
Mario Molinari
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A Saline Joniche si riparla di Carbone.
La commissione per l’autorizzazione integrata ambientale del ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato il parere istruttorio conclusivo predisposto sulla centrale a carbone di Saline Joniche. Impianto che la multinazionale svizzera Sei ha in mente di realizzare nell’area dell’ex Liquichimica. Il 20 gennaio verrà nuovamente valutato un progetto che pareva caduto nel dimenticatoio.L’idea di una centrale a carbone da 1320 megawatt a Saline Joniche non è ancora tramontata.
Intanto, il Coordinamento delle Associazioni Area Jonica contrarie alla Centrale a Carbone si riunirà martedì 5 gennaio alle ore 18 in Piazza Chiesa a Saline Joniche per manifestare il proprio dissenso alla probabile concessione governativa per la realizzazione della stessa Centrale sull’area dell’ex Liquichimica.
Alla manifestazione parteciperanno gruppi ambientalisti, partiti politici, associazioni, cooperative e singoli cittadini.
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Tratto da Agoravox.it
Il Governo del Canada chiude 4500 siti internet: così reagisce a una parodia alle sue spese
Il Governo Canadese ha chiuso 4500 siti internet in risposta a una parodia scatenata da due siti, che prendevano di mira la politica ambientale del Paese e gli scarsi risultati ottenuti al vertice di Copenaghen.
disattivando un intero blocco di indirizzi IP,"chiudendo così ben 4500 siti internet che non avevano nulla a che fare con lo scherzo elaborato da The Yes Men."
E resta chiaramente da capire come sia potuto avvenire il danno collaterale della chiusura di 4500 siti "innocenti" per abbatterne due "colpevoli".
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