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12 dicembre 2011

1)Durban: si salva la faccia ma non il Pianeta 2)OCCUPY COP17, 12/9/2011

 Clima, accordo tiepido ma la Terra ha febbre alta .......Leggi su L'UNITA'

Tratto da Rinnovabili.it
Un'attivista dell'ONG britannica Oxfam che manifesta a Durban
Dalla COP 17 l’accordo per un nuovo trattato globale entro il 2015
  • Durban: si salva la faccia ma non il Pianeta

    I lunghi negoziati climatici si sono conclusi nelle prime ore della domenica con il via libera a una tabella di marcia per arrivare ad un accordo internazionale entro 4 anni. I tagli alle emissioni diventeranno esecutivi dal 2020  Leggi tutto su Rinnovabili.it

    Molto più severo il giudizio delle associazioni ambientaliste. “I Governi – ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Policy Clima ed Energia del WWF Italia hanno fatto il minimo indispensabile per portare avanti i negoziati, ma il loro compito è proteggere la loro gente. Oggi è chiaro che i mandati di pochi leader politici hanno avuto un peso maggiore delle preoccupazioni di milioni di persone, mettendo a rischio le persone e il mondo naturale da cui le nostre vite dipendono. Catastrofe’ è una parola dura, ma non è abbastanza dura per descrivere un futuro con 4 gradi di aumento della temperatura globale.”

    Leggi su daily.wired


    Durban, summit sul clima: molte parole ma pochi fatti

    Non un vero e proprio fallimento, ma quasi: tutte le nazioni sottoscriveranno un accordo, ma solo nel 2015, entrando in vigore nel 2020. La comunità scientifica avverte: è già troppo tardi

    di Fabio Deotto
    Le posizioni più critiche verso il risultato prodotto da Durban arrivano dalla comunità scientifica.  Andy Atkins di Friends of the Earth riassume così quello che a suo avviso è l’ennesimo pericoloso fallimento della politica in ambito ecologico: Questo progetto è un involucro vuoto che lascia il pianeta in rotta di collisione con un cambiamento climatico catastrofico. Ma le sue posizioni sono condivise dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori.  
    Il coro che si leva dal mondo della ricerca è chiaro e compatto: gli attuali impegni di riduzione delle emissioni sono insufficienti, in questo modo corriamo verso un aumento di almeno 3 gradi centigradi mentre le nazioni più povere stanno già subendo gli effetti disastrosi di questo stallo politico.
    L’immagine di decine di attivisti che sventolavano cartelli nei corridoi del meeting, mentre in una stanza più in alto i delegati di Cina, India, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Svezia, Brasile, Gambia e Polonia, consumavano la parte più litigiosa del meeting lontani dal resto delle delegazioni. In quell’immagine si può leggere il vero problema che dal 1995 mina la buona volontà degli accordi internazionali sul climate change: la distanza fra i pochi che hanno il potere di prendere decisioni, e i tanti che ne subiranno le reali conseguenze.


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