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10 dicembre 2011

1)La giustizia ambientale negata dal parlamento italiano 2)Inquinamento: l’EPA si concentra sui grandi impatti

Tratto da Agoràmagazine

La giustizia ambientale negata dal parlamento italiano

ll Principio 10 della “ Dichiarazione di Rio” del 1992 afferma che “ il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati ai diversi livelli . A livello nazionale, ciascun individuo avrà adeguato accesso alle informazioni concernenti l’ambiente in possesso delle pubbliche autorità, comprese le informazioni relative alle sostanze ed attività pericolose nella comunità, ed avrà la possibilità di partecipare ai processi decisionali.

Gli Stati faciliteranno ed incoraggeranno la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni. Sarà assicurato un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari ed amministrativi, compresi gli strumenti di ricorso e di indennizzo”.
Il 25 giugno 1998 ad Aarhus in Danimarca viene sottoscritta sotto l’egida della United Nations Economic Commission for Europe la “ Convenzione di Aarhus “ . L’Italia l’ha ratificata con la legge 108 undici anni fa: “Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, con due allegati, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998 “ !
Fa riferimento a tre pilastri:
  • l’accesso alla informazione ambientale
  • la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali
  • l’accesso alla giustizia.
Questi tre pilastri sono diventati gracili appoggi in un Paese come il nostro, caratterizzato storicamente da destra e sinistra che hanno considerato l’ambiente un pozzo senza fine e un ecologismo che nella sua dirigenza fluttua tra snobismo elitario e antindustrialismo tardo romantico. Sarebbe lungo trattare compiutamente i tre “ appoggi” ma mi soffermerò sull’accesso alla giustizia sulle questioni ambientali.
La Convenzione prevede che negli ordinamenti nazionali deve essere garantito che i cittadini possono ricorrere a procedure di revisione amministrativa e giurisdizionale qualora ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all’informazione o partecipazione. Le procedure di revisione amministrativa devono essere celeri e gratuite o poco onerose
La direttiva del 26 maggio 2003, 2003/35/CE, in attuazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Aarhus, prevede la partecipazione del pubblico all’elaborazione di piani e programmi in materia ambientale e l’accesso alla giustizia nel quadro delle direttive 85/337/CE (VIA) e 96/61/CE (AIA).

La direttiva sull’AIA è modificata con l’inserimento di un nuovo articolo il 15-bis che così recita “Gli Stati membri provvedono, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:…. abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva…….. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni……. Tale procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa”.
Né il Testo Unico sull’Ambiente (dlgs 152/2005) del centrodestra e né il correttivo ambientale del centrosinistra recepiscono alcunché che riguardi l’accesso alla giustizia sulle questioni ambientali. Addirittura con grande faccia tosta nel correttivo del centrosinistra all’art 4 leggiamo “Art. 4. Finalità 1. Le norme del presente decreto costituiscono recepimento ed attuazione: a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull’ambiente; b) della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata ed integrata con la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e con la direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003.”.
Ma questa enormità è ben poca cosa rispetto alla” pistola fumante” rappresentata dall’art 31 del Regio Decreto n.1054 del 1924 che è il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato. L’art 31 così recita “Art.31. (Penultimo comma degli art. 22 e 23 del T.U. 17 agosto 1907, n. 638.) - 1. Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico”. Chiaro? I vicentini hanno speso per gli avvocati un sacco di quattrini per fare il ricorso al TAR , perché la direttiva 35 non ha regolamentato una “ procedura giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa “ hanno vinto davanti al TAR del Veneto (sentenza 3992 del 29 luglio 2008), ma il Ministro della Difesa (Parisi) si appellò al Consiglio di Stato che utilizzò proprio la norma del periodo del regime non democratico per classificare come “ atto politico e, in quanto tale sottratto al giudizio del giudice”.
A 10 anni, dal recepimento della Convenzione di Aarhus a 8 dalla direttiva 35 e a 88 dal Regio Decreto, nessun provvedimento di Governo o proposta di parlamentare è mai intervenuta per tutelare l’interesse del cittadino italiano sulle questioni che riguardano l’ambiente e quindi il diritto naturale a vivere in un ambienta a basso rischio. Infine inaudito appare l’enormità costituita dal mancato adeguamento in legislazione dei limiti di emissione di diossina e furani al Protocollo sugli inquinanti organici approvato dal Consiglio d’Europa con Decisone n. 259 nel febbraio del 2004.

 
Tratto da Rinnovabili.it
Inquinamento:l'EPA si concentra sui grandi impatti

Rinnovabili.it) – Proteggere l’aria che respiriamo, la terra su cui camminiamo e l’acqua che beviamo e in cui nuotiamo
Da cosa? Dall’inquinamento. 
Gli sforzi dell’Environmental Protection Agency (EPA) per affrontare i grandi impatti dovuti all’inquinamento hanno dato i loro risultati: 19 i miliardi di dollari investiti per migliorare le prestazioni ambientali, di cui 3 sono serviti per ripulire le comunità dai rifiuti pericolosi e far pagare chi ha inquinato; 168 i milioni di dollari di sanzioni stimate per scoraggiare l’inquinamento; 25 i milioni di dollari investiti in progetti ambientali a vantaggio delle comunità locali; 89,5 gli anni di carcere per i criminali ambientali.Sono questi i dati che emergono dall’ultimo rapporto dell’EPA, diffuso ieri, nel quale viene fornita una panoramica di quanto fatto nel corso dell’anno e di quanto siano state rispettate le leggi ambientali per ridurre l’inquinamento. Per l’EPA, un impegno stabile e determinato porta i suoi risultati e offre vantaggi non solo per la salute pubblica, ma anche per le imprese responsabili e le comunità di tutto il Paese. Ed è proprio grazie a questo impegno che nel corso del 2011 l’Agenzia ha installato controlli sull’inquinamento per un domani più pulito, trattato e correttamente smaltito 3,6 miliardi di libbre di rifiuti pericolosi per proteggere la salute delle persone e intrapreso azioni per contrastare la criminalità ambientale. L’azione dell’EPA ha portato anche a un accordo con la Tennessee Valley Authority (TVA), che oltre ad assicurare 27 miliardi di dollari all’anno che garantiranno la salute pubblica dei cittadini, porterà allo stanziamento di 350 milioni di dollari a favore di progetti ambientali.

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