Tratto da Agoramagazine
Taranto ILVA : La vicenda AiA mette a nudo inerzie ed inefficienze dello Stato

La vicenda di Taranto ha consentito a molti italiani di “scoprire” l’AIA. Uno strumento di grande efficacia per la prevenzione e il contenimento degli inquinanti, generati dal sistema industriale e immessi nelle matrici ambientali atmosfera, acqua e suolo.
L’autorizzazione integrata ambientale (AIA) riguarda circa 7000
impianti di competenza delle Regioni e 200 dello Stato.
Quello che invece è poco conosciuto, riguarda le parti della direttiva
istitutiva
dell’aia che, non hanno trovato ancora attuazione a causa dell’inerzia o
della
Quello che invece è poco conosciuto, riguarda le parti della direttiva

consapevole decisione del soggetto che avrebbe dovuto realizzarla
ovvero per la parte di propria competenza, il Ministero dell’Ambiente e
in parte del legislatore nazionale.
Il riferimento riguarda,
l’istituzione dell’Osservatorio Nazionale, l’emanazione del Regolamento
per i controlli da parte delle autorità pubbliche competenti e infine
l’istituzione di un procedimento che, consente al cittadino di trovare
giustizia su questioni che riguardano la lesione dei suoi interessi in
campo ambientale.
L’Osservatorio Nazionale previsto dall’art 13 del
decreto legislativo 59 del 2005 serve, per la verifica dell’applicazione
della direttiva ed è al servizio delle autorità competenti (AC; soggetto pubblico deputato al rilascio dell’aia).
L’istituzione dell’Osservatorio determina l’obbligo per
le AC di comunicare ogni anno al Ministero dell’Ambiente, sia i dati
concernenti, le domande di aia ricevute che, le aia rilasciate e i
successivi aggiornamenti e infine un rapporto sulle situazioni di
mancato rispetto delle prescrizioni dell’aia. L’Osservatorio è un organo
di garanzia per conoscere e rendere accessibile, ai cittadini i dati
storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente.
Insomma, solo
attraverso l’Osservatorio e gli obblighi che questo comporta un
cittadino, potrà sapere se l’inceneritore del suo paese ha l’aia, Se
sono state rispettate le prescrizioni e qual è la situazione degli
inquinanti prodotti e che, riguardano atmosfera, acqua e suolo.
La seconda inadempienza è la mancata applicazione di
quanto disposto dalle direttive 4 e 35 del 2003, relativamente
all’accesso alla giustizia per le questioni riguardanti la valutazione
d’impatto ambientale e l’autorizzazione integrata ambientale. In verità a
essere rigorosi questi obblighi discendono dagli obblighi alla
Convenzione di Aarhus.
La norma comunitaria denominata “ accesso alla
giustizia “ prevede che gli Stati devono garantire il riconoscimento di
un “interesse sufficiente” o la violazione di un
diritto, istituendo una procedura di ricorso che deve essere “ giusta,
equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa” dinanzi a un organo
giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale, così da
poter contestare la legittimità sostanziale e procedurale di decisioni,
atti o omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del
pubblico.
Collegato ai controlli in genere e all’aia in
particolare è infine, la mancata emanazione del Regolamento di
recepimento dei cosiddetti requisiti minimi per le ispezioni ambientali,
come definiti nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del
Consiglio 2001/331/CE.
Altre considerazioni riguardano l’aia visti, il
proliferare sui media del dibattito su questo strumento di politica
ambientale che, dovrebbe “animare” ogni azione ecologista. Particolare
importanza assume, nel procedimento di Aia la corretta applicazione
dell’’art. 7 comma 7 del Dlgs 59/2005 recita: “L’autorizzazione
integrata ambientale contiene le misure riguardanti le condizioni
diverse da quelle di normale esercizio, in particolare per le fasi di
avvio e di arresto dell’impianto, per le emissioni fuggitive, per i
malfunzionamenti, e per l’arresto definitivo dell’impianto.”
La determinazione delle misure che limitino le
emissioni, nei transitori di avvio/arresto impianto è un’operazione di
estrema complessità sia per il riconoscimento univoco delle condizioni
operative che lo identificano, sia per l’individuazione delle
limitazioni efficaci, di carattere tecnico e gestionali, che si possono
applicare.
Altra osservazione riguarda le migliori tecnologie
disponibili (MTD). Nel Dlgs 59/2005 l’installazione della Migliore
Tecnica Disponibile (MTD) non appare mai imposta come un obbligo
giuridico in se stesso, perché il titolare dell’azienda non è obbligato
dalla legge a installarla, è obbligato a rispettare il limite che gli
sarà imposto nell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Le due cose,
anche se, di fatto, sostanzialmente coincidono, a livello puramente
formale sono totalmente diverse.
Infatti, va rilevato che
l’installazione della MTD è, per così dire, una scelta obbligata a
livello tecnico per il titolare dell’azienda, il quale non ha
verosimilmente altra scelta legale e sostanziale per raggiungere
l’obiettivo voluto dalla norma e cioè il rispetto del limite imposto
nell’aia.
Infine alcune considerazioni sulle polveri sottili
(particolato atmosferico) che, come è noto. riguardano polveri con
diametro pari a 10 millesimi di millimetro e ancor più, di diametro
inferiore. Dal punto di vista della composizione il particolato è
costituito da una frazione organica e inorganica. La componente organica
a sua volta si differenzia in carbonio elementare (prodotto
dell’incompleta combustione di combustibili fossili) e carbonio organico
(miscela di idrocarburi e composti ossigenati che originano da processi
di combustione). La componente inorganica del particolato è a sua volta
costituita prevalentemente da nitrati (NO3)−, solfati (SO4)− −, (NH4)
+, metalli.
Il particolato può essere emesso tal quale dalle
sorgenti fisse o formarsi in seguito (secondario) per effetto di
reazioni chimiche (coadiuvate da radiazione solare, umidità relativa)
tra specie emesse allo stato gassoso m diossido di zolfo (SO2), ossidi
di azoto (NOx), ammoniaca (NH3), composti organici volatili (COV) e
altre specie (ozono, OH) presenti nell’atmosfera oltre la sorgente
emissiva.
Da tali considerazioni deriva che, per controllare il fenomeno
dell’esposizione al particolato, per talune situazioni particolarmente
critiche da valutare di volta in volta, oltre a misure di tipo primario
per la riduzione del particolato tal quale (ad esempio elettrofiltro,
filtro a tessuto, sistemi Venturi), potrebbe essere necessario adottare
misure di controllo mirate alla riduzione dei precursori di particolato
(SO2, NOx, NH3, COV) sia in fase preventiva. sia successiva alla loro
formazione.
Ad esempio per la riduzione della formazione degli
ossidi di azoto da centrali termoelettriche si possono impiegare
adeguate tecniche come per l’abbattimento degli ossidi di azoto
s’impiegano specifiche tecniche (SCR, SNCR). Il controllo del
particolato da sorgenti fisse, è questione alquanto complessa, giacché
esiste la componente secondaria; pertanto a un controllo in emissione,
potrebbe accadere che il contributo della componente primaria potrebbe
essere minimale (vedi cicli combinati a gas naturale), mentre in
immissione, a seguito di reazioni chimiche, ci potrebbe essere un
significativo apporto da componente secondaria.
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