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07 gennaio 2013

1)Polveri carbone Enel: processo a brindisi a 13 dirigenti 2)Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali riferibili all' l’inquinamento industriale”


Tratto da BariOggiNotizie

Brindisi - Tornano i veleni della centrale: oggi udienza processo

Brindisi - Tornano i veleni della centrale: oggi udienza processo
Brindisi - E' guerra aperta fra i cittadini di Brindisi e la centrale termoelettrica "Federico II" dell'Enel alimentata a carbone. I dati sulla salute pubblica non lascerebbero spazio a dubbi: le statistiche parlano di una media di un decesso al giorno, un tributo pagato con 119 vite stroncate prematuramente a causa delle emissioni venefiche.
I dati sono stati raccolti a seguito di una approfondita indagine scientifica commissionata da Greenpeace all'istituto no-profit "Somo", seecondo il quale la centrale in questione sarebbe stata catalogata al 18° posto fra gli impianti più pericolosi e inquinanti dell'intero continente europeo, secondo la graduatoria dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA).
I danni causati dalle esalazioni della lavorazione del carbone e dalle conseguenti emissioni nell'atmosfera per la combustione, determinano un vero e proprio allarme a livello sanitario, sia per la salute umana che per la salvaguardia delle colture.
La metodologia utilizzata dal "Somo" e dalla EEA è la stessa, applicata su dati di emissione pubblici e di fonte istituzionale, secondo una classificazione che tiene conto di un numero relativamente ristretto di inquinanti. Le stime dei danni sulla salute sono riferite alle emissioni di ossidi di zolfo e ossidi di azoto, questi ultimi in particolare contribuiscono alla formazione di ozono. Gli indici di mortalità sono calcolati in base al metodo VLS (Value of Statistical Life) che indica il numero di morti in eccesso associate a una data esposizione a elementi inquinanti.

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Tratto da Milano Finanza

Polveri carbone Enel: processo a brindisi a 13 dirigenti

Riprende il processo per la dispersione di polveri di carbone dal nastro trasportatore e dal carbonile della centrale "Federico II" di Cerano. Alle più di settanta istanze del 13 dicembre scorso se ne sono aggiunte oggi altre quattro
Ripreso a Brindisi il processo a carico di 13 dirigenti Enel e due imprenditori locali per la dispersione di polveri di carbone dal nastro trasportatore e dal carbonile della centrale "Federico II" di Cerano. Si discute oggi dell'ammissione delle parti civili che nella scorsa udienza hanno presentato richiesta di costituzione.

Alle più di settanta istanze del 13 dicembre scorso se ne sono aggiunte oggi altre quattro, per conto di agricoltori che possiedono terreni nei pressi della centrale. Il pm che sostiene l'accusa, Giuseppe De Nozza, ha eccepito la correttezza del capo di imputazione indicato nella richiesta del Comune di Brindisi, ente che rischia quindi l'esclusione.

Le difese, invece, hanno chiesto l'esclusione di tutte le associazioni ambientalistiche e non, tra le quali Greenpeace, Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Salute pubblica, No al Carbone, Federutenti e Medicina democratica. Richiesta di risarcimento è stata presentata dalla Provincia di Brindisi, che aveva già quantificato il danno in 500 milioni di euro, e dai Comuni di San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Trepuzzi (quest'ultimo della provincia di Lecce).

Nell'aula di udienza, ci sono diversi rappresentanti degli ambientalisti, i quali hanno anche esposto cartelloni di protesta all'esterno del palazzo di giustizia prima dell'avvio del dibattimento.


Tratto da Il Fatto Quotidiano

Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali per l’inquinamento industriale”

Ha assunto validità scientifica l’indagine che, nel capoluogo pugliese, correla le troppe anomalie congenite dei bimbi nati in città con i veleni delle fabbriche...
Brindisi come Taranto: “Malformazioni neonatali per l’inquinamento industriale”
Enzo Di Totaro faceva parte del Comitato vittime del petrolchimico. Chiedeva che si facesse luce sulle conseguenze di quell’industria in città. Non immaginava che sarebbe stato proprio lui il primo lavoratore su cui avremmo riscontrato l’angiosarcoma al fegato, che in sei mesi lo ha portato alla morte. Un tumore rarissimo, finora l’unico diagnosticato a Brindisi con certezza. Se fosse stato scoperto prima, avremmo avuto anche qui un processo come quello celebrato per Porto Marghera”. Mentre ne parla, Maurizio Portaluri abbassa gli occhi. E’ il direttore di Radioterapia all’ospedale Perrino e di nuovi casi di neoplasie ne accerta almeno uno al mese. Ma nella sua testa a rimanere stampata è l’immagine di quell’uomo dal respiro sfiancato, il respiro che è diventato l’affanno di tutta Brindisi, la Taranto dimenticata di Puglia.
C’è una novità, ora, a togliere il sonno anche a chi crede di aver visto abbastanza. Dal 27 dicembre, ha assunto validità scientifica l’indagine sul rapporto tra inquinamento industriale e malformazioni neonatali. Lo studio, condotto dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Lecce, ha ottenuto la pubblicazione sulla rivista BMC Pregnancy and Childbirth ed è entrato a far parte delle banche dati della letteratura mondiale. Dimostra che, su 8.503 nuovi nati da madri residenti a Brindisi,194 hanno avuto anomalie congenite. Una media di 228,2 ogni 10mila bambini a fronte di quella europea di 165,5. Sono le malattie coronariche le più preoccupanti.....
C’entrano i veleni industriali? “I fattori di rischio ambientali – è scritto nella ricerca – possono giocare un ruolo importante nella nascita dei disturbi cardiaci congeniti. Inquinanti di interesse per l’impatto sulla salute comprendono il biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio, l’ozono, il particolato, metalli pesanti e composti organici, in particolare diossine e furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)”.  
C’è tutto questo nell’aria, nel suolo e nel sottosuolo di Brindisi, città che dal 1986 è inclusa tra quelle ad elevato rischio di crisi ambientale, dal 1997 è tra i 57 Siti di interesse nazionale, dal 1998 è nel Piano nazionale di disinquinamento, nel 2007 ha visto vietare la coltivazione dei terreni vicini alla centrale di Cerano, nel 2011 ha subito l’interdizione totale della zona di Micorosa, cinquanta ettari di “area regionale protetta” in cui sono stati sotterrati rifiuti.
Città in cui, stando al rapporto dell’Agenzia Europea sull’Ambiente, ogni anno si producono danni sanitari per 700milioni di euro, ma che, per sapere cosa sputano fuori le ciminiere, deve affidarsi alle autocertificazioni delle industrie, non ha sistemi di monitoraggio in continuo dei camini, non ha enti terzi che ispezionino il combustibile bruciato,dispone di una sola centralina per rilevare gli Ipa. Falle che fanno il paio con quelle che dovrebbero fotografare lo stato di salute. Mancano gli accertamenti sulla popolazione lavorativa dei grandi impianti. Per le incidenze tumorali, l’indagine è stata diluita su tutta la provincia e ridotta a un solo anno.
“Continuare a presentare così i dati – spiega il dottor Portaluri – favorisce il formarsi di una idea per cui si può abitare intorno o sopra aree inquinate, senza che la popolazione subisca alcuna conseguenza. Possono crederci solo gli ingenui.  
Abbiamo interi quartieri a ridosso delle fabbriche, divisi dall’area del Sito nazionale da una stradina. Non sono mai stati fatti rilievi mirati, come quelli disposti dalla magistratura per i Tamburi di Taranto”. 60km separano Brindisi dalla città dell’Ilva. Un abisso in termini di presa di coscienza, perché “lì le polveri rosse danno un colore al problema, costringono tutti a guardarlo. Qui i segni visibili sono ridotti. E ciò rende più vischiosa l’insidia”.Leggi l'articolo integrale

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