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29 aprile 2013

Carbon bombs - Il carbone australiano: una bolla speculativa a rischio implosione

Tratto da  GreenBiz

Il carbone australiano: una bolla speculativa a rischio implosione


L'industria del carbone australiana continua ad attrarre investimenti, tanto che si parla di una nuova "bolla speculativa": e il raggiungimento di un accordo internazionale sul clima potrebbe determinarne l'implosione, innescando una nuova crisi finanziaria.
Nonostante il dibattito sui cambiamenti climatici abbia posto la necessità di ripensare e riorganizzare le politiche energetiche a livello globale, in alcune zone del mondo si continua ad investire in modo massiccio nelle fonti fossili e, in particolare, nel carbone
 È il caso dell'Australia, il maggiore Paese esportatore di carbone al mondo, le cui miniere sono seconde soltanto a quelle cinesi.
 egli ultimi anni, in Australia l'industria del carbone ha continuato a crescere, incurante della necessità di porre un freno alle estrazioni per arginare il problema dei cambiamenti climatici. Le compagnie autorizzate hanno già investito 6 miliardi di dollari australiani in nuovi progetti di scavo e di sfruttamento di giacimenti ancora non portati alla luce.

Tuttavia, per tenere sotto controllo le emissioni e impedire che la temperatura globale aumenti più di 2 gradi Celsius, fissati dalla comunità scientifica come "soglia di sicurezza" oltre la quale i danni potrebbero diventare irreparabili,è necessario che gran parte del carbone non ancora estratto resti sotto terra.
È evidente come i progetti di estrazione australiani – accompagnati da cospicui investimenti - vadano proprio nella direzione opposta: e se si concretizzassero, porterebbero ad un aumento della temperatura globale ben superiore ai fatidici 2 gradi.
Nel grafico che segue, realizzato da Greenpeace, sono evidenziate le cosiddette "carbon bombs", i progetti potenzialmente più pericolosi in termini di emissioni. Tra questi spicca proprio l'industria del carbone australiana:
Carbon-bombs-map-001
 
Se i Governi riusciranno a raggiungere un accordo internazionale per mettere un tetto alle emissioni, la bolla del carbone finirà per implodere. Un'implosione che, dati i cospicui investimenti che ancora vengono indirizzati nel settore, potrebbe causare una nuova crisi finanziaria mondiale, di proporzioni pari (se non superiori) a quella innescata dai mutui subprime.
La crisi sarebbe dovuta alla totale perdita di valore dei giacimenti di carbone: in caso di accordo sulle emissioni, infatti, il carbone non ancora estratto non potrebbe più essere toccato e non apporterebbe alcun guadagno a chi ha investito del denaro nel suo sfruttamento.

Un'analisi dettagliata della bolla australiana è contenuta nel report Australia's Carbon Bubble, realizzato da Carbon Tracker in collaborazione con The Climate Institute. Lo studio rientra in una ricerca più ampia, Unburnable carbon 2013, che riguarda gli investimenti in fonti fossili a livello globale, analizzando gli effetti che nuove politiche in materia di emissioni potranno avere su di essi.
Evidentemente, gli investitori non credono che un accordo sul clima si raggiungerà mai, oppure stanno giocando d'azzardo. 
In ogni caso, quest'anno l'Australia ha dovuto affrontare un'ondata di caldo-record, che è stata spiegata proprio come conseguenza diretta del riscaldamento globale. 
Che sia il caso di fermarsi un istante a riflettere?
                                                                                                                   Lisa Vagnozzi

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