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05 agosto 2013

Fondazione SEJF :Ecco le dodici più gravi sciagure ambientali

Tratto da La Stampa

Ecco le dodici più gravi
sciagure ambientali


AFP
Un’immagine dello sversamento di petrolio nel Golfo

La lista individuata dalla Fondazione SEJF individua i siti dove si sono verificati i più gravi disastri contro l’ambiente. Dal Golfo del Messico a Chernobyl.

Dodici hot spot dei crimini contro la Terra e l’umanità, un elenco non certo esaustivo, di alcune fra le peggiori catastrofi che – colpendo l’ambiente e gli habitat – hanno dato luogo a vere e proprie tragedie. È questo il senso della lista della ‘sporca dozzina’ individuata fra le centinaia di casi possibili dalla Fondazione SEJF per rendere evidente come molte delle più gravi sciagure ambientali che hanno devastato o stanno ancora devastando il Pianeta, in presenza di una legislazione internazionale più efficace, avrebbero potuto essere in alcuni casi evitate oppure il risarcimento avrebbe potuto essere adeguato e i colpevoli condannati.  

Ecco quindi la lista della ‘sporca dozzina’ su cui sia SEJF che IAES (International Academy of Environmental Sciences) hanno in molte occasioni sollecitato l’attenzione degli organismi internazionali. Da Bhopal (ma si sarebbe potuto iniziare con Seveso, il più antico dei disastri ambientali dell’era della consapevolezza ambientale) alle sabbie bituminose che in Canada minacciano la salute di migliaia di nativi nord americani; da casi meno conosciuti come quello della montagna di piombo che nel nord dell’Argentina sta minacciando la salute delle generazioni future a disastri riconosciuti forzatamente a livello mondiale, come gli incidenti nucleari di Chernobyl e Fukushima.  

KIRIBATI E MALDIVE – Le isole sommerse dal cambiamento climatico  

Il riscaldamento globale è un’arma di distruzione di massa. Solo nello scorso novembre, la Banca mondiale ha rilanciato un allarme netto: “un mondo con 4 gradi in più provocherebbe una cascata di cambiamenti cataclismici, fra cui ondate di calore estremo, una diminuzione degli stock alimentari e un rialzo del livello del mare che colpirebbe centinaia di milioni di persone”. Negli ultimi mesi si stanno accelerando le iniziative di governi come quello delle isole Kiribati, il cui presidente sta negoziando l’acquisto di terreni nelle Fiji per consentire la migrazione di 113mila abitanti del piccolo Stato minacciato dall’innalzamento delle acque dell’oceano. Il Consiglio Australiano per i Rifugiati ha sollecitato il governo a riconoscere formalmente lo status di rifugiato climatico a tutti coloro che sono costretti a fuggire a causa degli effetti del climate change. E sempre verso l’Australia contano di emigrare i 350 mila abitanti delle Maldive minacciati dall’innalzamento dei livelli del mare
. I colpevoli di questo disastro sono difficili da identificare perché ognuno di noi, quando mette in moto la macchina o accende la luce, dà un microscopico contributo alla crescita dell’effetto serra.
Ma per quanto riguarda la minaccia climatica, potrebbe valere il tema della responsabilità degli amministratori come garanti della salute pubblica. 
I sindaci sono giuridicamente responsabili dello smog che nelle città supera i livelli di rischio accettabile. 
Perché i governi nazionali non sono responsabili di omissione di intervento? 
Il livello attuale delle emissioni serra viola le indicazioni dei climatologi e di tutte le istituzioni internazionali (governi compresi) che si sono impegnate a evitare un aumento di temperatura che superi i 2 gradi. 

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