Con o senza le rinnovabili, con o senza crisi economica, il termoelettrico si era fatto male i conti:la sovracapacità produttiva delle centrali elettriche europee c'è anche togliendo le abbondanti rinnovabili....
Tratto da Greenbiz
Crisi termoelettrico, The Economist: non è tutta colpa delle rinnovabili
Il settimanale economico mette in luce come la crisi del termoettrico europeo potrebbe costare alle utility fino a 500 milioni di euro. Ma non è tutta colpa delle rinnovabili.
Che il termoelettrico sia in crisi e che alcune grandi utility rischino seriamente la bancarotta è ormai un dato di fatto. Lo ha detto pochi giorni fa il presidente di Assoelettrica Chicco Testa in Parlamento, lo ha ribadito oggi l'Osservatorio Europeo sul Mercato Energetico (EEMO). Che sia tutta colpa delle rinnovabili, che fanno concorrenza alle centrali a carbone, gas e petrolio, invece, non è affatto detto che sia vero.
Ce lo dice il settimanale The Economist in un pezzo che, seppur molto lungo, merita assolutamente la lettura perché ha la capacità di spiegare cose difficili in maniera semplice anche a chi non capisce nulla di energia. Secondo l'Economist è vero che il termoelettrico è in crisi, ma è anche vero che lo era già prima del boom delle rinnovabili degli ultimi anni. E questo a causa di errori strategici commessi in passato.
Scrive il settimanale: "Le compagnie sarebbero state in pericolo in ogni caso, qualunque cosa fosse successa alle rinnovabili. Durante gli anni 2000 le utility europee hanno sovrainvestito in nuova capacità produttiva da fonti fossili, accrescendola del 16% in media europea e anche di più in alcuni paesi (+91% in Spagna, ad esempio). Il mercato dell'energia non è cresciuto a questi ritmi, nemmeno in tempi buoni; poi la crisi finanziaria ha colpito la domanda. Secondo la International Energy Agency la domanda totale di energia in Europa scenderà del 2% nel periodo 2010-2015".
Con o senza le rinnovabili, con o senza crisi economica, il termoelettrico si era fatto male i conti: la sovracapacità produttiva delle centrali elettriche europee c'è anche togliendo le abbondanti rinnovabili........ Si aggiungano altri due fattori recenti, entrambi che non hanno nulla a che fare con l'energia verde: Fukushima e il boom dello shale gas americano.
Il disastro di Fukushima, ricorda The Economist, ha spinto la Germania di Angela Merkel a chiudere preventivamente otto centrali nucleari e a prevedere la chiusura di altre nove entro il 2022. Le utility dell'energia tedesca, già in crisi per il termoelettrico, hanno dovuto subire quest'altro colpo mortale.
Lo sviluppo dello shale gas americano, invece, ha riempito l'Europa di carbone a bassissimo costo proveniente dagli USA, dove molte centrali sono state convertite a gas naturale. I prezzi del carbone europeo sono scesi di conseguenza, a causa del gas americano. Allo stesso tempo sono scesi anche i prezzi delle emissioni di carbonio all'interno del sistema ETS, all'interno del quale sono stati immessi dall'alto troppi certificati "sconto".
Il combinato di questi due fenomeni ha reso conveniente bruciare carbone in Europa al posto del gas per produrre la stessa quantità di energia. Ma le centrali a carbone non sono quasi mai flessibili come quelle a gas e non possono fare regolazione di rete, quindi in molti paesi si impone alle centrali a gas di restare accese anche se lavorano in perdita, pur di tenere in piedi la rete elettrica ed evitare blackout.
Poi, mentre si andava consolidando il mercato europeo dell'energia che prevede che la domanda e l'offerta dell'elettricità trovino il loro equilibrio nel prezzo marginale del MWh , sono arrivate le rinnovabili. Che hanno un costo marginale pari a zero, visto che sole e vento non si pagano.
Questa la situazione attuale e queste le responsabilità, secondo l'Economist limitate e circoscritte, delle rinnovabili nella crisi del termoelettrico. Come uscirne? Le grandi utility si devono reinventare: mentre al momento stanno cercando di restare a galla vendendo servizi accessori oltre all'energia al cliente finale, dovrebbero piuttosto prendere parte alla rivoluzione energetica.
"In questo mondo - scrive l'Economist - le care vecchie utility giocano due ruoli vitali. Saranno i fornitori di ultima istanza dell'elettricità, garantendo che le luci restino accese quando il vento e il sole vanno via. E faranno gli investimenti necessari a costruire la nuova grande rete elettrica.
Non è chiaro se queste utility siano sufficientemente in forma da fare entrambe queste cose".
Peppe Croce
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