Tratto da La gazzetta del mezzogiorno
Ambiente, c’è un dossier
contro Ilva e Cerano
di STEFANO LOPETRONE
Trenta giorni di tempo. Poi partiranno le carte bollate. La Provincia di Lecce, assistita dall’avvocato Francesca Conte, tenta il tutto per tutto per arginare danno ambientale e incidenza dei tumori sul territorio. Nelle ultime ore sono partite diffide e more per stoppare l’attività mortifera degli stabilimenti industriali di Cerano e Taranto. Palazzo dei Celestini ha scritto a Regione, Ares (agenzia per la sanità), Arpa (agenzia per l’ambiente), Enel e Ministero dell’Ambiente. Senza adeguati interventi, tra un mese il dossier preparato dal legale arriverà al tavolo dei giudici amministrativi.
«E non solo su quelli», scrive l’avvocato.
A Regione, Ares e Arpa, Antonio Gabellone (che ha controfirmato i documenti) chiede, se non di realizzare, quanto meno di muoversi per arrivare prima possibile a: redigere e pubblicare uno studio epidemiologico specifico, che metta in correlazione l’insorgenza delle malattie nella popolazione con le condizioni ed i fattori che le determinano; aggiornare il Registro tumori, fermo al triennio 2003-06; valutare il rischio sanitario attribuibile alle emissioni provenienti dal polo industriale di Brindisi.
Ad Enel si chiede, entro trenta giorni, di adottare misure per arginare le nefaste conseguenze della sua attività sulla salute dei cittadini leccesi. Al Ministero si chiede l’applicazione dell’articolo 309 del Testo unico ambientale: considerato il danno che colpisce la provincia di Lecce, il dicastero intervenga per limitare le emissioni inquinanti della centrale a carbone e dell’acciaieria con misure di prevenzione, ripristino o risarcimento.
Il dossier preparato dallo studio legale Conte cita ricerche e consulenze richieste in passato da Regione e Provincia. Già nel 2006 l’Arpa aveva stabilito come il territorio leccese fosse interessato dalla ricaduta degli inquinanti emessi dal polo industriale di Brindisi: la popolazione della provincia di Lecce risultò addirittura la più colpita nella regione dalle malattie dell’apparato respiratorio e da neoplasie.
La Provincia, sulla scorta di quei dati chiese alla ricercatrice del Cnr, Cristina Mangia, di realizzare uno studio che rispondesse a tre quesiti: quali sostanze inquinanti sono emesse in aria e acqua dagli insediamenti di industriali di Cerano e Taranto? Questi elementi cadono sul territorio leccese? Con quali conseguenze sulla salute? Le conclusioni della ricercatrice fanno rabbrividire. Non solo in acqua e aria finisce di tutto (monossido di carbonio e tra gli altri anche arsenico, mercurio, nickel, rame, benzene) e in quantità spropositate, ma è indubbia la ricaduta in provincia di Lecce dei contaminanti emessi dagli impianti di Taranto e Brindisi e la loro pericolosità (indipendentemente dai livelli-soglia) per la salute umana....
Trenta giorni di tempo. Poi partiranno le carte bollate. La Provincia di Lecce, assistita dall’avvocato Francesca Conte, tenta il tutto per tutto per arginare danno ambientale e incidenza dei tumori sul territorio. Nelle ultime ore sono partite diffide e more per stoppare l’attività mortifera degli stabilimenti industriali di Cerano e Taranto. Palazzo dei Celestini ha scritto a Regione, Ares (agenzia per la sanità), Arpa (agenzia per l’ambiente), Enel e Ministero dell’Ambiente. Senza adeguati interventi, tra un mese il dossier preparato dal legale arriverà al tavolo dei giudici amministrativi.
«E non solo su quelli», scrive l’avvocato.
A Regione, Ares e Arpa, Antonio Gabellone (che ha controfirmato i documenti) chiede, se non di realizzare, quanto meno di muoversi per arrivare prima possibile a: redigere e pubblicare uno studio epidemiologico specifico, che metta in correlazione l’insorgenza delle malattie nella popolazione con le condizioni ed i fattori che le determinano; aggiornare il Registro tumori, fermo al triennio 2003-06; valutare il rischio sanitario attribuibile alle emissioni provenienti dal polo industriale di Brindisi.
Ad Enel si chiede, entro trenta giorni, di adottare misure per arginare le nefaste conseguenze della sua attività sulla salute dei cittadini leccesi. Al Ministero si chiede l’applicazione dell’articolo 309 del Testo unico ambientale: considerato il danno che colpisce la provincia di Lecce, il dicastero intervenga per limitare le emissioni inquinanti della centrale a carbone e dell’acciaieria con misure di prevenzione, ripristino o risarcimento.
Il dossier preparato dallo studio legale Conte cita ricerche e consulenze richieste in passato da Regione e Provincia. Già nel 2006 l’Arpa aveva stabilito come il territorio leccese fosse interessato dalla ricaduta degli inquinanti emessi dal polo industriale di Brindisi: la popolazione della provincia di Lecce risultò addirittura la più colpita nella regione dalle malattie dell’apparato respiratorio e da neoplasie.
La Provincia, sulla scorta di quei dati chiese alla ricercatrice del Cnr, Cristina Mangia, di realizzare uno studio che rispondesse a tre quesiti: quali sostanze inquinanti sono emesse in aria e acqua dagli insediamenti di industriali di Cerano e Taranto? Questi elementi cadono sul territorio leccese? Con quali conseguenze sulla salute? Le conclusioni della ricercatrice fanno rabbrividire. Non solo in acqua e aria finisce di tutto (monossido di carbonio e tra gli altri anche arsenico, mercurio, nickel, rame, benzene) e in quantità spropositate, ma è indubbia la ricaduta in provincia di Lecce dei contaminanti emessi dagli impianti di Taranto e Brindisi e la loro pericolosità (indipendentemente dai livelli-soglia) per la salute umana....
Nessun commento:
Posta un commento