Crimini ambientali, crimini contro l’umanità
Intervista ad Antonino Abrami. ......Un vecchio proverbio indiano dice che “chi ha
capito e non fa nulla, non ha capito nulla”.
Da 11 anni la International Academy of Environmental Sciences lavora perchè venga istituito un Tribunale Penale Europeo e per estendere le competenze della Corte Penale Internazionale dell’Aja ai più gravi reati ambientali così da poterli giudicare quali crimini contro l’umanità
Il 30 gennaio scorso, a Bruxelles, per la prima volta un folto gruppo di associazioni si è riunito in seno alle istituzioni europee per discutere della necessità di un tribunale europeo e di un tribunale internazionale contro i crimini ambientali. L’incontro è un momento importante di un lavoro sviluppato nell’arco di 10 anni dalla International Academy of Environmental Sciences (IAES), affiancata poi dalla Fondazione SEJF (Supranational Environmental Justice Foundation) e dall’Associazione AME – DIE l’associazione di ex ministri dell’Ambiente di diversi Paesi.Dall’incontro, cui hanno partecipato anche Edgar Morin e Mikhail Gorbachev, è scaturita una Carta nella quale, a partire da premesse condivise, si giunge alla necessità di una autorità superiore che sia in grado di garantire la punibilità dei crimini ambientali in tutto il pianeta. Gaianews.it ha intervistato il professor Antonino Abrami, vice presidente IAES.


Lo stabilimento ILVA a Taranto
D: Qual è il bilancio della giornata al Parlamento Europeo?
......Al Parlamento europeo siamo riusciti a mettere attorno ad un tavolo giuristi, magistrati, scienziati, avvocati e cittadini per capire che è arrivato il momento di agire. Abbiamo poi votato una Carta all’unanimità e questo è un grande risultato. E’ nata da un confronto ripetuto con tutte le associazioni in riunioni nelle quali si è discussa a lungo ogni parola. La carta non rappresenta però un passo definitivo, ma apre ad un nuovo inizio: l’apertura di una campagna presso l’ONU per richiedere la modifica dello Statuto di Roma che vada a inserire nella competenze della Corte dell’AJA il disastro ambientale come crimine contro l’umanità.
D: Come procederete ora?
A. A.: Ora è importante portare avanti due aspetti: realizzare una sorta di atlante delle urgenze ambientali del pianeta per capire quali siano le priorità: i criteri sono i danni alla salute delle persone, i danni alla qualità della vita, dell’aria, il diritto alla vita stessa, in alcuni casi.
L’altro è quello di nominare, e questo dovrebbe essere fatto dall’Unione Europea o dall’ ONU, degli esperti giuristi, chimici, biochimici, giornalisti, medici, che dovranno creare uno statuto della Corte.
Per questo noi chiediamo che gli esperti creino un elenco delle tipologie di reato e uno statuto della Corte Penale Europea per l’Ambiente per andare poi andiamo avanti in questa direzione, perché sarebbe un grande passo verso la creazione di una Corte Penale Internazionale per l’Ambiente. Io diffido di chi dice che sono cose che non si faranno mai: la stessa cosa si diceva della Corte Penale Internazionale dell’AJA.
A. A.: Un vecchio proverbio indiano dice che “chi ha capito e non fa nulla, non ha capito nulla”. La nostra storia ci ha insegnato che si sono sempre mossi singoli parlamentari di tutte le provenienze, ma sempre in maniera disorganica. L’iniziativa non è mai stata di un partito, di un gruppo, e questa resta una grande criticità.
D: Cosa pensa della green economy? In Italia se ne parla come volano per il rilancio economico.
A.A.: Per gli industriali l’ambiente è sempre stato considerato come un nemico. Ma questo non è vero. Non investire per essere sostenibili a livello ambientale comporta tanti rischi, come la chiusura dello stabilimento, un danno all’immagine, oltre alle multe. Si può produrre meno, ma meglio e questo cambia il senso della concorrenza perché le persone adesso sono più informate sulle caratteristiche delle aziende delle quali acquistano i prodotti.
Naturalmente, dobbiamo dotarci dei necessari controlli, per stabilire chi fa le cose e chi non le fa, chi rispetta la legge e chi no.
Altrimenti poi ci ritroviamo a ricorrere agli aiuti a catena.
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