Tratto da Noalcarbone Brindisi
NICOLA DARCANTE, OPERAIO ILVA, MORTO DI TUMORE A 39 ANNI. UNA NOTA DEL DR. AGOSTINO DI CIAULA.
Nicola Darcante, tarantino, operaio ILVA, è morto di tumore a 39 anni. È entrato nella “contabilità” oncologica del 2014 e lo troveremo nelle analisi statistiche di quest’anno, come troviamo tutti i suoi colleghi morti per lo stesso motivo, per il lavoro, nelle statistiche degli anni precedenti.
Secondo l’ultimo rapporto INAIL (2012), nel settore “industria e servizi” in provincia di Taranto sono stati registrati in un solo anno 608 casi di malattie professionali (più che in ogni altra provincia). Nello stesso posto, i nuovi casi di tumore maligno da esposizione professionale sono stati in un solo anno 157, quando in tutto il resto della Puglia sono stati 86. In pratica, il 65% dei tumori maligni “da lavoro” nei lavoratori pugliesi è “a carico” dei lavoratori della provincia di Taranto.
Delle due l’una: o una oscura maledizione incombe sugli operai di quel martoriato territorio, oppure il settore industriale tarantino è una macchina da morte che continua a mietere vittime con precise responsabilità di chi, consapevole di questo (i dati INAIL sono gli stessi da anni), deliberatamente si gira per non guardare, con puro spirito criminale.
La principale motivazione dei numerosi decreti legge varati per consentire la sopravvivenza di ILVA si basava sulla volontà di “tutelare” il lavoro.
Un’evidente ipocrisia. Appare ormai chiaro che quel lavoro che si vuole “tutelare” causa malattie, morti e sofferenze agli stessi lavoratori, costretti con una sorta di meccanismo diabolico a sottostare ad un ricatto occupazionale al quale non si offre alcuna alternativa e a generare a loro volta, proprio con il loro lavoro, danni sanitari agli altri cittadini di quel territorio.
Appare anche sempre più chiaro come le “tutele” che quei decreti legge cercavano riguardano tutt’altri soggetti rispetto ai lavoratori e ai cittadini di Taranto, che sono di fatto utilizzati come carburante per forni insieme al pet-coke e al carbone.
I 157 operai ammalati di tumore maligno in un solo anno sono la certificazione dell'esistenza di un sistema malato, costruito sulle macerie della dignità umana.
O si cerca di fermare questo sistema o si è complici di esso. Io so da che parte stare ed è sempre più chiaro chi sta dall’altra parte.
Nicola Darcante, tarantino, operaio ILVA, è morto di tumore a 39 anni. È entrato nella “contabilità” oncologica del 2014 e lo troveremo nelle analisi statistiche di quest’anno, come troviamo tutti i suoi colleghi morti per lo stesso motivo, per il lavoro, nelle statistiche degli anni precedenti.
Secondo l’ultimo rapporto INAIL (2012), nel settore “industria e servizi” in provincia di Taranto sono stati registrati in un solo anno 608 casi di malattie professionali (più che in ogni altra provincia). Nello stesso posto, i nuovi casi di tumore maligno da esposizione professionale sono stati in un solo anno 157, quando in tutto il resto della Puglia sono stati 86. In pratica, il 65% dei tumori maligni “da lavoro” nei lavoratori pugliesi è “a carico” dei lavoratori della provincia di Taranto.
Delle due l’una: o una oscura maledizione incombe sugli operai di quel martoriato territorio, oppure il settore industriale tarantino è una macchina da morte che continua a mietere vittime con precise responsabilità di chi, consapevole di questo (i dati INAIL sono gli stessi da anni), deliberatamente si gira per non guardare, con puro spirito criminale.
La principale motivazione dei numerosi decreti legge varati per consentire la sopravvivenza di ILVA si basava sulla volontà di “tutelare” il lavoro.
Delle due l’una: o una oscura maledizione incombe sugli operai di quel martoriato territorio, oppure il settore industriale tarantino è una macchina da morte che continua a mietere vittime con precise responsabilità di chi, consapevole di questo (i dati INAIL sono gli stessi da anni), deliberatamente si gira per non guardare, con puro spirito criminale.
La principale motivazione dei numerosi decreti legge varati per consentire la sopravvivenza di ILVA si basava sulla volontà di “tutelare” il lavoro.
Un’evidente ipocrisia. Appare ormai chiaro che quel lavoro che si vuole “tutelare” causa malattie, morti e sofferenze agli stessi lavoratori, costretti con una sorta di meccanismo diabolico a sottostare ad un ricatto occupazionale al quale non si offre alcuna alternativa e a generare a loro volta, proprio con il loro lavoro, danni sanitari agli altri cittadini di quel territorio.
Appare anche sempre più chiaro come le “tutele” che quei decreti legge cercavano riguardano tutt’altri soggetti rispetto ai lavoratori e ai cittadini di Taranto, che sono di fatto utilizzati come carburante per forni insieme al pet-coke e al carbone.
I 157 operai ammalati di tumore maligno in un solo anno sono la certificazione dell'esistenza di un sistema malato, costruito sulle macerie della dignità umana.
O si cerca di fermare questo sistema o si è complici di esso. Io so da che parte stare ed è sempre più chiaro chi sta dall’altra parte.
Appare anche sempre più chiaro come le “tutele” che quei decreti legge cercavano riguardano tutt’altri soggetti rispetto ai lavoratori e ai cittadini di Taranto, che sono di fatto utilizzati come carburante per forni insieme al pet-coke e al carbone.
I 157 operai ammalati di tumore maligno in un solo anno sono la certificazione dell'esistenza di un sistema malato, costruito sulle macerie della dignità umana.
O si cerca di fermare questo sistema o si è complici di esso. Io so da che parte stare ed è sempre più chiaro chi sta dall’altra parte.
Nessun commento:
Posta un commento