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10 febbraio 2015

Tratto da Core

Una rivoluzione ci salverà

Quando sono i movimenti a fare il cambiamento, anche quello climatico

Prima ancora che come un remoto problema di equità intergenerazionale quella ambientale è una questione di urgenza immediata,  di cui dovremmo essere già tutti profondamente preoccupati, oltre che perfettamente consapevoli.
Invece pare che gli ultimi decenni di violenze e soprusi al pianeta Terra non abbiano ancora davvero intercettato il dibattito pubblico.
Naomi Klein, presentando il suo ultimo libro ” Una rivoluzione ci salverà”  in un’unica data italiana presso Spin Time lo scorso 4 Febbraio, ha offerto un’accurata analisi di quali dinamiche abbiano occultato per tanto tempo il tema del cambiamento climatico e del degrado ambientale.
Tradizionalmente l’ambiente è stato sempre considerato un bene di lusso, cioè un bene di cui si sente l’esigenza  solo oltre una certa soglia di reddito, dunque di secondaria importanza rispetto alle esigenze primarie da soddisfare per sopravvivere.
Questo ha naturalmente portato le fasce piu’ indigenti della popolazione ad accettare, forse anche a malincuore, il ricatto ambientale da parte del sistema produttivo.
Non mancano di questo gli esempi in Italia, dall’Ilva di Taranto .......alla modalità di gestione dei rifiuti da parte delle mafie.
Tuttavia questa tendenza sta vivendo un ribaltamento, proprio perchè sono state le masse popolari a soffrire maggiormente, in primo luogo in termini di salute, di una gestione iniqua delle risorse naturali.
Forse questa parte di popolazione non percepisce ancora il problema ambientale nei suoi effetti di lungo periodo, ma certamente è da qui, dal basso, che sta iniziando il cambiamento di rotta.
Tutto questo è saltato all’occhio lo scorso settembre a New York dove è stata organizzata la People’s climate march  in risposta al contemporaneo svolgimento del summit internazionale sul clima dell’ONU.
Da un lato i veri traditori del clima si riunivano per avanzare proposte su un qualche impegno volontario da far prendere al proprio Paese, dall’altro il movimento popolare di massa si dimostrava l’unica soluzione all’inadempienza politica.


Il problema politico è infatti preponderante tanto nelle questioni di giustizia sociale quanto in quelle di giustizia ambientale.
Qualsiasi leader ha dovuto cedere ad una rinfrescata green della propria immagine, come il premier Renzi che durante l’incontro di New York  definiva quella dei cambiamenti climatici la ” sfida del nostro tempo”, richiedendo per altro che gli accordi che verranno presi a Parigi nel 2015 durante la COP21siano vincolanti.

Bene, non appena tornato in Italia lo stesso abile oratore ha convertito in legge il decreto “sblocca Italia”, in cui si legittima l’inizio di grandi opere ad elevato impatto ambientale, autorizzando cosi’ la nascita di nuovi eco-mostri, e si tolgono agli enti locali alcune importanti competenze in materia di tutela ambientale.
A livello internazionale invece il dibattito sulla giustizia ambientale si muove, ma principalmente a livello teorico. Sono tutti proiettati sul miraggio di Parigi 2015 dove, ancora una volta, nessun sostanziale cambiamento verrà accordato.....
Ci troviamo cosi’ ad affrontare una situazione ambientale disastrosa in uno schema economico vincolato dall’austerità, in cui il bene pubblico è stato oggetto di privatizzazioni e il potere politico è inibito e resta a guardare.
La soluzione, in fin dei conti,  è lontana e ancora tutta da scrivere.
La fonte di energia del cambiamento si è tuttavia già palesata, e sono gli aggregati di persone che hanno creato una lotta comune declinata secondo la loro specifica battaglia, ma comunque con una vera finalità collettiva.
Durante la presentazione del libro sono intervenuti vari gruppi presentando la propria vertenza sull’Italia, dimostrandosi numerosi e sensibili al mutamento della realtà che ci sta intorno.
La responsabilità, secondo la lettura dell’autrice, sta quindi in capo ai movimenti di difesa della tutela ambientale, a quei ” guerrieri” della climate justice che, se opportunamente coordinati, potranno sostituirsi a schemi politici internazionali e locali passivi per passare, insieme, dal difendere al ricostruire.Qui l'articolo integrale
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Leggi anche su l' huffingtonpost

Un pessimo clima. L'Italia si ricorda del riscaldamento globale solo se passa Naomi Klein



In altre parole, scrive la Klein, siamo di fronte ad una scelta di campo: salvare il pianeta dai cambiamenti climatici salvando anche noi attraverso un immediato cambio di rotta, oppure salvare il capitalismo così come lo conosciamo, e assieme ad esso gli interessi delle èlite, delle multinazionali del petrolio e dei colossi economici e finanziari.

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