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23 marzo 2015

Cambiamenti climatici in prima pagina: il Guardian guida la campagna contro le fossili.

Il quotidiano britannico The Guardian ha lanciato la campagna Keep it in the ground, per spingere i due maggiori enti caritativi del mondo – la Fondazione Gates e il Wellcome Trust – ad impegnarsi a disinvestire da carbone, petrolio e gas entro cinque anni.
In una petizione lanciata in collaborazione con l'organizzazione non governativa 350.org, il quotidiano chiede a Bill e Melinda Gates, fondatori dell'ente omonimo, e a Jeremy Farrar e Sir William Castel, responsabili del Wellcome Trust, di interrompere, nei prossimi anni, ogni rapporto finanziario con le 200 maggiori compagnie attive nel campo delle fonti fossili e di cessare gli investimenti in fondi misti che abbiano una qualche partecipazione con l'industria del carbone, del gas o del petrolio.
La Fondazione Gates, il cui portfolio di azioni supera i 40 miliardi di dollari, si occupa di finanziare progetti collegati all'educazione, alla salute e alla crescita economica, mentre il Wellcome Trust, con oltre 18 miliardi di dollari investiti, si concentra sul sostegno alla ricerca medica.
Per i due enti, puntualizza il Guardian, la rinuncia agli investimenti fossili avrebbe un impatto finanziario piuttosto contenuto, dato che questo tipo di azioni rappresenta solo una piccola parte del loro ampio portfolio. Ma la scelta di disinvestire comporterebbe importanti implicazioni etiche e sociali e lancerebbe un messaggio chiaro, indicando che, se si vuole evitare una crisi climatica dalle conseguenze disastrose, non è più possibile continuare ad estrarre indiscriminatamente e a bruciare i combustibili fossili.
Non è la prima volta che il Guardian prende posizione nettamente su temi di scottante attualità quali il riscaldamento globale e la necessità di abbandonare progressivamente carbone, petrolio e gas: basti pensare alla costanza con cui il quotidiano ha seguito, negli ultimi mesi, le iniziative e i successi del movimento per il disinvestimento o alla cura e al continuo aggiornamento della sezione dedicata alle tematiche ambientali, con un'attenzione particolare proprio ai cambiamenti climatici.
Così facendo, il quotidiano britannico è diventato un chiaro esempio di giornalismo ambientale impegnato e, in alcuni casi, militante: un caso che non ha precedenti né, per il momento, eguali nel campo dell'informazione mainstream.
Per comprendere la rilevanza e l'eccezionalità della scelta compiuta dal Guardian, basti pensare alle critiche e alle accuse di catastrofismo che hanno accompagnato la messa in onda, in Italia, del programma Scala Mercalli (sabato, ore 21.30, Rai 3), all'interno del quale Luca Mercalli, metereologo, climatologo e noto volto televisivo, prova a fare informazione scientifica e a trattare argomenti di stringente attualità.
Tra i temi affrontati nel corso delle tre puntate già andate in onda  ci sono, ad esempio, lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento e l'acidificazione degli oceani, i profughi ambientali e le strategie da adottare per sviluppare la resilienza di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici ...
Si tratta di fenomeni gravi e preoccupanti, certo, ma drammaticamente reali, descritti e studiati, nel corso degli ultimi anni, dai più autorevoli scienziati del mondo. Eppure Mercalli è stato accusato di essere un "profeta di sventure" e un "gufo" e di fare del sensazionalismo: come se la scienza, per avere licenza di apparire in tv, avesse il dovere di rendersi il più possibile rassicurante ed edulcorata, di dirci solo quello che ci piace sentire .....
Peraltro il programma non si limita ad evocare scenari apocalittici, ma, anzi, si sofferma sulle soluzioni, dandoci un messaggio di speranza: siamo ancora in tempo per scongiurare il peggio. Ma bisogna sbrigarsi.
                                                                              Lisa Vagnozzi

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