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16 marzo 2015

1)Addio investimenti fossili: anche l'ONU a favore del disinvestimento 2)L’università di Oxford, oggi si vota per il "no" ai combustibili fossili

Tratto da Greenme.it

Addio investimenti fossili: anche l'ONU a favore del disinvestimento


divest
Anche l'Onu appoggia la campagna per il disinvestimento dalle fonti fossili. Un argomento molto sentito in questo 2015, l'anno che ospiterà una delle più importanti conferenze sul clima, la Cop21 di Parigi.
La United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) ha deciso di offrire il proprio appoggio alla campagna per il disinvestimento dalle fossili. A un mese dal Global Divestment Day 2015, l'organizzazione delle Nazioni Unite si è impegnata a convincere gli investitori a disfarsi dei loro beni sporchi.
Esattamente un mese fa, si sono svolti oltre 450 eventi in 60 paesi. La popolazione mondiale è scesa in strada sostenendo che è sbagliato distruggere il clima ma è ancora più grave trarne profitto. “Dalle Isole del Pacifico al Sud Africa, dagli Stati Uniti alla Germania, ci siamo mobilitati per chiedere a nostri governi, alle università e alle istituzioni finanziarie e religiose di smettere di investire nelle industrie criminali che stanno distruggendo il nostro pianeta si legge sul sito della campagna Gofossilfree.org.
E adesso arriva anche il sostegno morale delle Nazioni Unite alla causa, condividendo l'ambizione della campagna: un accordo forte per affrontare il riscaldamento globale in occasione della conferenza sul clima di Parigi.
“Sosteniamo il disinvestimento perché manda un segnale alle aziende, in particolare a quelle del settore del carbone, spiegando loro che il tempo del 'brucia ciò che vuoi e quando vuoi' non può continuare” ha dichiarato Nick Nuttall, portavoce dell'UNFCCC al Guardian.
Sembra una mossa scontata ma l'appoggio dell'Onu ha particolare importanza e avrà un peso non da poco nei confronti delle economie di molte nazioni al tavolo dei negoziati, soprattutto per quelle che si fondano ancora sulle forme più inquinanti di produzione di energia: carbone, petrolio e gas. Tra esse la Polonia, carbone-dipendente, che nel 2013 ha ospitato il vertice UNFCCC.
Secondo gli attivisti della campagna, l'obiettivo è quello di far fallire le aziende dei combustibili fossili moralmente, non economicamente. Il messaggio è che ora si possono abbandonare i combustibili fossili senza compromettere gli investimenti. È un mondo diverso” assicura Nuttal. “Tutto quello che facciamo è basato sulla scienza e la scienza ha detto chiaramente che abbiamo bisogno di un mondo con molti meno combustibili”, ha detto Nuttall.
Molte istituzioni del mondo finanziario, tra cui la Banca Mondiale, la Banca d'Inghilterra, HSBC, Goldman Sachs e Standard and Poors, lo hanno detto chiaramente: se anche una frazione dele riserve note di combustibili fossili verranno bruciate, i rischi non riguarderebbero solo il pianeta ma anche gli investimenti stessi. E i cambiamenti climatici sarebbero irreversibili.
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, a novembre aveva personalmente inviato un messaggio agli investitori invitandoli a smette di credere nel carbone e nei combustibili fossili, optando invece per le energie rinnovabili.
Sarebbe come spremere la Terra stritolandola, per ottenere qualche goccia di petrolio.
Francesca Mancuso
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Tratto da Valori

Oxford, oggi si vota per il "no" ai combustibili fossili

L’università di Oxford in queste ore deciderà se ritirare i propri capitali dalle società che operano nell’estrazione di carbone e di petrolio dalle sabbie bituminose..
È un momento cruciale per il movimento per disinvestire dai combustibili fossili, che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo, ottenendo risultati di tutto rispetto nell'arco di pochi mesi. Si sono già attivati per il “no” ai combustibili fossili, tra gli altri, il Consiglio ecumenico delle Chiese, le università di Glasgow e di Stanford, la British Medical Association e addirittura la fondazione dei fratelli Rockefeller, dinastia che ha fatto le proprie fortune proprio con il petrolio. 
Adesso, stando a BBC News, potrebbe essere il turno dell’università di Oxford, seconda solo a Cambridge nella graduatoria degli Atenei più ricchi del Regno Unito. Negli ultimi cinque anni i vertici dell’Ateneo hanno già parzialmente disinvestito dalle società produttrici di armi. I legami con le “big” dell’energia, ricorda l’agenzia britannica, sono stretti: Shell due anni fa ha finanziato un laboratorio di Scienze della terra e alcuni dottorati, mentre BP destina ogni anno milioni di dollari alla ricerca. Ma potrebbe essere arrivato il momento della svolta: è stata l’università stessa, tramite una nota, a far sapere che il sindacato degli studenti ha presentato una serie di richieste relative agli investimenti nel petrolio e nel carbone. “L’università – ha affermato un portavoce – ha portato avanti una consultazione su tali richieste e il Consiglio le discuterà nella giornata di lunedì”.

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