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20 maggio 2015

Le industrie del carbone decidono sui limiti delle emissioni delle loro centrali? I nuovi standard UE potranno causare 71 mila morti in più.

Tratto da Greenpeace

Nuovi standard di emissione per le centrali a carbone in UE troppo deboli, potranno causare 71 mila morti in più

I nuovi standard di emissione che l’Unione Europea sta considerando di adottare per le centrali a carbone sono estremamente deboli e potrebbero tradursi in un costo sanitario di 71 mila morti aggiuntive per inquinamento. Morti dovute all’aumento del rischio di insorgenza di patologie cardiache, infarto, asma e altre malattie connesse all’esposizione agli inquinanti generati dalla combustione del carbone. È questo il dato principale che emerge dal rapporto “Health and economic implications of alternative emission limits for coal-fired power plants in the EU”, commissionato da Greenpeace e dall’European Environmental Bureau.
Lo studio utilizza dati ufficiali dell’Unione Europea per produrre una stima dell’impatto sanitario che si avrebbe con l’applicazione degli standard di emissione proposti. Gli effetti delle deboli decisioni dell’UE sono stati poi confrontati con quelli, molto inferiori, che deriverebbero dall’adozione di standard basati sulle migliori tecnologie disponibili.
La differenza tra quanto è possibile fare per difendere la salute dei cittadini europei e quello che l’Unione Europea vuol permettere per tutelare gli interessi dell’industria del carbone è espressa, per l’appunto, in un numero di morti aggiuntive dovute all’inquinamento (71 mila casi)  e in un aumento delle patologie e dei costi sociali (52 miliardi di euro) nel periodo 2020-2029.
Leggi il media briefing (in inglese) 
Leggi il report integrale (in inglese)

Leggi su Qualenergia 

Quella produzione da carbone dei Balcani che potrà entrare nell'Unione Europea

In diversi Paesi europei aderenti alla "Comunità dell’energia" sono in progetto diverse centrali a carbone. Così Balcani e Ucraina rischiano di diventare aree in cui “scaricare” la produzione di elettricità sporca. Il rischio per Bruxelles è ritrovarsi a gestire altri impianti obsoleti e inquinanti, in palese contraddizione con gli obiettivi europei su clima ed energia.
Le contraddizioni della politica "salva-clima" europea sono sempre dietro l’angolo: stavolta sotto i riflettori sono finiti alcuni Paesi dell’area balcanica che rientrano nella Comunità dell’energia. Perché in quella regione si costruiranno parecchi nuovi impianti a carbone, con il benestare - anche finanziario - di Bruxelles. L’allarme arriva da CEE Bankwatch, un’organizzazione non governativa che monitora le attività delle istituzioni finanziarie nell’Europa centrale e orientale.

Tratto da Qualenergia

Le industrie del carbone decidono sui limiti delle emissioni delle loro centrali?

L’UE deve aggiornare i limiti di emissione delle centrali a carbone negli Stati Membri. I nuovi standard dovrebbero essere in linea con le migliori tecnologie di abbattimento degli inquinanti, ma secondo un report di Greenpeace l'UE rischia di fissare standard estremamente deboli a causa dell'influenza dei rappresentanti delle industrie inquinanti.
I nuovi standard di emissione delle centrali a carbone negli Stati Membri, in vigore tra il 2020 e il 2029, che l’Unione Europea sta considerando di adottare per le centrali a carbone sono estremamente deboli e potrebbero tradursi in un costo sanitario di 71mila morti aggiuntive per inquinamento, dovute all’aumento del rischio di insorgenza di patologie cardiache, infarto, asma e altre malattie connesse all’esposizione agli inquinanti generati dalla combustione del carbone. Inoltre, la perdita di 23 milioni di giorni di lavoro – dato connesso all’insorgenza di queste patologie – si tradurrebbe per i contribuenti europei in un aggravio di 52 miliardi di euro tra il 2020 e il 2029.
Sono questi alcuni dati che emergono dal rapporto “Health and economic implications of alternative emission limits for coal-fired power plants in the EU”, commissionato ad alcuni esperti da Greenpeace all’European Environmental Bureau.
I nuovi standard dovrebbero essere in linea con le migliori tecnologie di abbattimento degli inquinanti disponibili, ma l'indagine di Greenpeace (vedi sintesi in italiano “Smoke and Mirrors - I più grandi inquinatori d’Europa si dettano le regole”) svela come l’intero processo di aggiornamento di questi limiti sia finito nelle mani dell’industria del carbone. Secondo il report, i rappresentanti delle industrie inquinanti sono stati inclusi nelle delegazioni nazionali degli Stati membri che si riuniranno per mettere a punto la proposta finale tra l'1 e il 9 giungo 2015.
Per questo - deduce Greenpeace - i limiti in discussione sono ben più deboli degli standard già previsti per centrali attualmente operative nella stessa Europa, in Cina e negli Stati Uniti. “Il costo sanitario, ambientale ed economico della soggezione dell’UE all’industria del carbone rischia di essere enorme e insostenibile”, dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
“Quelli che pagheranno un prezzo maggiore, purtroppo, saranno i bambini, che più facilmente potranno sviluppare asma, tumore al polmone, problemi cardiaci. Non esistono scusanti per i politici dell’UE che si rifiutano di applicare tecnologie esistenti che possono salvare migliaia di vite. Il carbone causa danni irreparabili ed è tempo per l’Unione di definire i tempi per il superamento di questa fonte energetica”, conclude Boraschi.
La Commissione Europea e gli Stati membri dovrebbero votare la proposta degli esperti entro l’anno, prima che venga adottata ufficialmente dalla stessa Commissione.

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