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18 novembre 2015

Coalizione Clima:COP21 e TTIP: a farne le spese ambiente e clima

Tratto da 

COP21 e TTIP: a farne le spese ambiente e clima

         
Tanto rumore per nulla.Con queste poche parole si può riassumere la posizione recentemente espressa dalla Commissione Europea su TTIP e ambiente, diritti del lavoro e sostenibilità come riassunta nel capitolo negoziale sullo Sviluppo sostenibile.
Aldilà della retorica profusa dalla Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom nel presentare il testo, una sua analisi e un excursus degli ultimi trattati di libero scambio conclusi dall’Unione Europea con Paesi terzi, mostrano come le questioni collegate ai diritti del lavoro e dell’ambiente siano costantemente messe in secondo piano rispetto alle esigenze degli investitori e dei mercati e come le normative e i principi del libero mercato abbiano sempre e comunque la precedenza sulla tutela ambientale e del diritto del lavoro. In esso, infatti, sono contenuti molti concetti, molti desiderata, diversi verbi declinati alla prima voce plurale del tempo futuro, ma non si prevede nessun meccanismo vincolante che imponga ai Paesi di tenere in seria considerazione lo sviluppo sostenibile non solo come mantra, ma anche come necessità per il Pianeta di oggi e per quello delle generazioni che verranno.
La COP21, la Conferenza delle Parti sul clima che si tiene a Parigi nel dicembre 2015, sta ponendo una serie di questioni non più ignorabili, a cominciare dall’inadeguatezza degli impegni (volontari) presi dai Paesi firmatari della Convenzione ONU (UNFCCC) che se confermati non impedirebbero alla temperatura media globale di superare i 2°C di aumento rispetto alla temperatura dell’era preindustriale (le attuali stime parlano di un possibile aumento di 3.5°C). Uno scenario che porterebbe a modifiche profonde negli ecosistemi, nella capacità di resilienza dei territori e, conseguentemente, delle comunità che li abitano (e delle loro economie).
La lotta al cambiamento climatico presuppone strategie concrete, normative applicabili, un ribaltamento del senso comune secondo cui la liberalizzazione del commercio e il primato dei mercati porteranno certamente a un aumento del benessere per tutti e a una maggiore tutela ambientale. Anche perché i dati di realtà, e molti studi, stanno dimostrando il contrario. 
Ma la Commissione Europea all’interno dei suoi negoziati di liberalizzazione commerciale, sembra ignorare colpevolmente tutto questo. E sperare, convintamente, che lo facciamo anche noi.

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