Tratto da Repubblica.it
Dopo il ritiro di Big Oil, crolla la produzione di carbone

Pechino comunque aveva deciso già dal 2012 di far partire una decisa riduzione dell'utilizzo di carbone, compensando l'aumento della domanda elettrica con le fonti rinnovabili, anche perché la situazione dell'inquinamento è ormai insostenibile. E' di queste ore la notizia di una spessa nube di smog tossico che ha ricoperto il nordest della Cina. I livelli di polveri ultra sottili, hanno raggiunto domenica a Shenyang, capoluogo della provincia del Liaoning, un picco di concentrazione di 1.157 microgrammi per metro cubo, a fronte di una media raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità di 25 microgrammi per metro cubo.
Ma anche gli Stati Uniti hanno imboccato la strada del taglio della produzione elettrica da carbone: la percentuale è scesa dal 50% dello scorso decennio al 36% (11% in meno tra gennaio e luglio 2015). E per più di 200 centrali alimentate a carbone, con una capacità totale di 83 gigawatt, è stata programmata la pensione. L'offensiva prende piede anche in Europa. In Gran Bretagna c'è stato un taglio del 16% nella prima metà dell'anno e l'Austria ha appena annunciato la completa fuoriuscita dal carbone.
"E' un altro segnale positivo dopo l'alt di Obama alla costruzione dell'oleodotto Keystone, la rinuncia della Shell alle perforazioni in Artico, le indagini sul climategate dell'Exxon", commenta il direttore di Greenpeace, Giuseppe Onufrio. "Ci sono le condizioni per far decollare su scala globale una rivoluzione energetica. Ora tocca alla politica internazionale: dalla conferenza di Parigi devono uscire impegni concreti per bloccare al di sotto dei 2 gradi la crescita della temperatura del pianeta".
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