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05 aprile 2016

Greenpeace:Carbone e desertificazione

Tratto da China Files


Carbone e desertificazione
Finora si parlava solo di PM2.5 che ti entrano nei polmoni, ma l'utilizzo del carbone
 provoca anche la desertificazione, secondo quanto sostiene un rapporto Greenpeace. 
Si tratta di una brutta gatta da pelare per la Cina, dove la maggior parte delle centrali e
 delle industrie che utilizzano il carbone come combustibile si trova proprio nell'arido nord.

A Pechino, il primo aprile tirava un forte vento da nord-ovest. Quando queste condizioni si 
verificano in inverno, l'aria è gelida e pulita. Il tradizionale «pesce» ci ha regalato invece un 
risveglio con centraline dello smog schizzate oltre quota 500, per poi scendere drasticamente
 sotto il livello 50 al calare del vento. Come si spiega?

D'inverno, le terre che stanno a nord-ovest di Pechino, su su verso la Mongolia e il Gobi, 
sono ghiacciate e il vento da nord ovest porta un gran freddo salutare che spazza via lo smog; 
quando il ghiaccio se ne va, a primavera, da quelle lande in progressiva desertificazione il vento
 porta invece la sabbia e la polvere, su cui si fissano le sostanze inquinanti. Fortunatamente, si 
tratta di PM10, microparticelle da 10 micron di diametro, abbastanza grandi cioè da poter
 essere filtrate da mascherine e peli del naso (che infatti brucia).
Con le PM2.5, prodotte dalle emissioni inquinanti e ancora più microscopiche, sarebbe
tutto molto più difficile. Passano attraverso le nostre difese artificiali e naturali per
 installarsi nell'organismo e fare danni. 
Sono carbone puro dissolto nell'aria che - quando il vento tira da sud a nord - viene su
dall'Hebei, la regione industriale attorno a Pechino.

Il fenomeno appare del tutto coerente con il rapporto diffuso lo scorso martedì da
 Greenpeace, secondo cui, nella Cina settentrionale, si è creato un vero e proprio 
ciclo inquinamento-desertificazione di cui la gente, quotidianamente, respira le 
conseguenze.
È qui, infatti, che si concentrano le industrie dell'acciaio, della chimica, del cemento, che
utilizzano alte quantità  di carbone ed emettono fumi tossici nell'aria.
Ed è per questo che finora erano state criticate.
 Ma oggi si scopre che contribuiscono anche alla distruzione delle risorse idriche. 
Ed è questa la novità.

Le province a nord dell'ex Celeste Impero sono infatti terreno arido. Per renderlo 
coltivabile e abitabile, i cinesi compiono grandi opere idrauliche dalla notte dei tempi.
 L'ultimo di questi progetti è il cosiddetto «Progetto di Diversione Sud-Nord», che porta
 l'acqua dallo Yangtze fino a Pechino. Ebbene, secondo Greenpeace, proprio il consumo
 idrico accentuato da parte delle grandi industrie fa sì che l'acqua venga utilizzata più
 velocemente di quanto venga rigenerata, alterando l'ecosistema. Ed ecco perché il vento
 di primavera-estate porta polvere negli occhi e nel naso.

Il carbone consuma acqua anche di per sé, senza bisogno di acciaierie o petrolchimici.
 Lo studio dell'organizzazione ambientalista rivela che, nel 2013, le 8.359 centrali elettriche
 a carbone esistenti nel mondo hanno consumato 19 miliardi di metri cubi di acqua dolce, 
la quantità sufficiente a soddisfare le esigenze di oltre un miliardo di persone, un settimo
 della popolazione mondiale. Se si considerano anche le risorse idriche utilizzate per
 l'estrazione e il lavaggio del carbone, ne vengono consumati circa 23 miliardi di metri
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