Tratto da greenreport
Il mare di Sicilia come la Basilicata? L’inchiesta dimenticata sul petrolio, a Ragusa
«Dispiace rilevare che per risparmiare decine di milioni di euro ci si riduca ad avvelenare un territorio con meccanismi truffaldini. Siamo di fronte a criminalità organizzata ambientale su base imprenditoriale». Commenta così l’inchiesta a carico dell’Eni per smaltimento illegale di rifiuti in Basilicata sulla quale si indaga anche per disastro ambientale il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. Quello lucano è forse il caso più eclatante e più recente, ma non è l’unico.
Forse qualcuno l’ha dimenticato, ma è ancora pendente al Tribunale di Ragusa un’inchiesta del tutta simile a carico dell’Edison per «gravi e reiterati attentati alla salubrità dell’ambiente e dell’ecosistema marino attuando modalità criminali di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti pericolosi» causati dalla piattaforma di petrolio Vega davanti le coste ragusane. In questo caso, secondo l’inchiesta, si è avvelenato il mare con «Metalli tossici, idrocarburi policiclici aromatici, composti organici aromatici e Mtbe» utilizzando «cinquecentomila metri cubi di acque ‘contaminate’ da rifiuti anche pericolosi» e causando danni ambientali e contaminazioni chimiche nelle acque e nel sottosuolo circostanti. Il danno stimato dalla Procura della repubblica di Ragusa è di circa 70 milioni di euro, pari al risparmio conseguito dall’Edison e dall’Eni socio al 40%. Risulta evidente come siano false tutte le rassicurazioni che le società petrolifere tentano di trasmettere ai cittadini circa i rischi derivanti dalla ricerca petrolifera a mare. Ogni giorno si avvelena il mare attraverso le operazioni di routine come dimostrato dalla ricerca Ispra sulle piattaforme petrolifere e reso noto da Greenpeace.
Estremamente gravi inoltre le dimissioni della ministra dello Sviluppo economico, particolarmente inquietanti tenuto conto anche del fatto che è la stessa che a fine 2015 ha dato all’Edison l’autorizzazione a trivellare nuovi pozzi e istallare una nuova piattaforma davanti alle nostre coste. Emerge chiaramente come il governo faceva e fa grandi favori ai petrolieri a scapito delle popolazioni locali senza preoccuparsi dei danni alla salute all’ambiente e al mare.
È anche per questo motivo che è necessario che gli italiani il 17 aprile vadano a votare Sì al referendum contro le trivelle, per un futuro senza combustibili fossili e per difendere il mare noi stessi e le future generazioni dall’inquinamento e dai rischi del riscaldamento globale.
di Legambiente, Gruppo di lavoro intercircoli della Provincia di Ragusa
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