Dopo la Deepwater Horizon, tutti a spergiurare che mai e poi mai, mai più una trivella avrebbe fatto disastri di quel genere. E vai con le direttive europee come la “Offshore directive”, (Direttiva UE 13/2013) buttata giù in fretta e furia per proteggere i mari europei: forse, non basta.
È notizia di oggi che la Transocean Winner ha rotto le catene del rimorchiatore Alp Marine (solidissime, come sempre, sulla carta) ed è finita addosso alle scogliere scozzesi - per ora, ancora nell’UE - con 300.000 litri di gasolio nei serbatoi (letali per fauna e flora marina: speriamo bene!). A pochi mesi dal referendum sulle trivelle, e dai proclami dell’assoluta sicurezza del settore oil&gas, va in scena l’ennesimo fallimento e l’ennesima minaccia per il mare.
Noi siamo al sicuro? No: la Transocean Winner era in navigazione verso il Mediterraneo, destinazione Malta. Le raffiche di vento, a quasi 110 kmh, l’hanno bloccata: ignorata, dicono i media, l’allerta meteo diramato dalla Guardia Costiera scozzese.
Quel nome, Transocean, non ci ricorda qualcosa? Di chi era la proprietà dell’inaffondabile Deepwater Horizon, affittata alla Shell per la modica cifra di mezzo milione di dollari al giorno ed esplosa nel Golfo del Messico? Ma di Transocean, accidenti! Una compagnia svizzera che però preferisce la bandiera, più comoda, delle Isole Marshall.
Ora si, che siamo tutti più tranquilli. Grazie Transocean, e buone vacanze a tutti.
Alessandro Giannì, direttore delle campagne Greenpeace Italia