Nonostante i continui appelli degli ambientalisti, nonostante gli Accordi di Parigi, nonostante la sempre maggiore convenienza economica delle fonti rinnovabili, ogni anno, ogni mese, ogni giorno, le energie fossili raccolgono fiumi di investimenti. Ma qualcosa, finalmente, è cambiato: nel corso del’anno appena trascorso i finanziamenti bancari alle energie fossili di tipo tradizionale sono diminuiti. E non di poco: si parla infatti di una riduzione del 22%. Una buona notizia, certo, che viene però almeno un po’ oscurata dal fatto che sono aumentati i finanziamenti bancari alle energie fossili come lo shale gas e le sabbie bituminose, le quali sono considerate sotto tutti gli aspetti quanto di peggio ci possa essere per l’ambiente.
Il rapporto Banking on Climate Change
A riportare questi incoraggianti dati relativi ai finanziamenti bancari alle energie fossili è il rapporto Banking on Climate Change, realizzato da un gruppo di ong quali Rainforest Action Network, Banktrack, Sierra Club e Oil Change International. Se nel 2015 petrolio e carbone avevano raccolto 11 miliardi, nel 2016 i finanziamenti bancari alle energie fossili si sono fermati a 87 miliardi. Si parla pur sempre dunque di cifre enormi, che non dovrebbero assolutamente esistere data la gravità del cambiamento climatico in corso. A preoccupare maggiormente sono le enormi quantità di risorse stanziate ai combustibili fossili da due importantissimi istituti cinesi: il primato per quanto riguarda i finanziamenti bancari alle energie fossili spetta infatti alla Bank of China (22 miliardi di dollari in investimenti) e alla China Construction Bank, tallonate al terzo posto dalla JP Morgan Chase. Nemmeno l’Italia può però dirsi estranea a questo fenomeno duro a morire: in questa nera classifica compare infatti anche Unicredit, la quale conta circa 2 miliardi di dollari in finanziamenti bancari alle energie fossili, dei quali il 50% circa nel carbone.Continua a leggere qui
Nessun commento:
Posta un commento