COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE.

QUESTO BLOG UTILIZZA COOKIES ,ANCHE DI TERZE PARTI.SCORRENDO QUESTA PAGINA ,CLICCANDO SU UN LINK O PROSEGUENDO LA NAVIGAZIONE IN ALTRA MANIERA ,ACCONSENTI ALL'USO DEI COOKIES.SE VUOI SAPERNE DI PIU' O NEGARE IL CONSENSO A TUTTI O AD ALCUNI COOKIES LEGGI LA "COOKIES POLICY DI UNITIPERLASALUTE".

05 febbraio 2020

Arresto cardiaco: a causarlo anche il picco di polveri sottili

Tratto da Fondazione Veronesi

Arresto cardiaco: a causarlo anche il picco di polveri sottili

Uno studio condotto in Giappone evidenzia che, in concomitanza con i picchi di PM2.5, aumenta il numero degli arresti cardiaci. A rischio sono soprattutto gli anziani

Arresto cardiaco: a causarlo anche il picco di polveri sottili
L'inquinamento atmosferico può far andare in «tilt» il cuore. Tra le diverse conseguenze che possono derivare dal ritrovarsi a respirare un'aria piena di polveri sottili, c'è anche l'arresto cardiaco: causa di morte per 60mila italiani, ogni anno. La condizione è determinata da una serie di aritmie, che alla fine portano il muscolo cardiaco a fermarsi. E - aspetto nuovo - a determinarle potrebbe essere anche l'eccesso di polveri ultrafini (PM 2.5)monossido di carbonio (CO) e biossido di azoto (NO2)

ARRESTO CARDIACO: IL RUOLO DELLE POLVERI SOTTILI

Si sa da tempo che, oltre a mettere a repentaglio l'apparato respiratorio, l'inquinamento atmosferico è un fattore di rischio per la salute cardiovascolare. L'ultimo riscontro è giunto da uno studio condotto da un gruppo di specialisti dell'Istituto Nazionale dei Tumori e dell'Humanitas di Milano, che ha evidenziato un aumento degli accessi al pronto soccorso per problemi cardiovascolari acuti nel periodo invernale, in concomitanza con l’aumento dei livelli del particolato atmosferico (PM10). Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health, ha invece evidenziato come in questo periodo in ospedale si possa arrivare d'urgenza anche a causa di un arresto cardiaco. A dimostrarlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Sidney, che ha posto in relazione il numero di casi registrati in Giappone tra il 2014 e il 2015 - oltre 249mila - con i valori di particolato ultrafine nell'aria rilevati quotidianamente e in maniera capillare nelle diverse località dell'isola. Risultato? Esisterebbe una relazione tra l'aumento dei livelli di inquinamento atmosferico e quello delle diagnosi di arresto cardiaco, riscontrabile soprattutto sui cittadini più anziani

LIMITI PM 2.5: MAGLIE ANCORA TROPPO LARGHE?

L'inquinamento giocherebbe a sfavore fino a un tempo massimo di 72 ore. Ovvero: gli sforamenti registrati oggi potrebbero causare un «blocco» del cuore da qui a tre giorni. E, altro aspetto rilevante svelato dallo studio, anche con valori massimi al di sotto dei limiti indicati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e condivisi dall'Unione Europea: 10 μg/m3 (media annua) e 25 μg/m3 (limite giornaliero). Oltre il 90 per cento degli arresti cardiaci registrati in Giappone nel periodo d'osservazione, si sono verificati in giornate in cui il PM 2.5 era al di sotto della soglia giornaliera. Dunque, in un range considerato al momento sicuro. «Ma quello che sappiamo, in realtà, è che non esistono livelli di inquinamento atmosferico privi di conseguenze per la salute», ha spiegato Kazuaki Negishi, cardiologo e responsabile del dipartimento di medicina dell'Università di Sidney, che ha coordinato lo studio. «Dato che c'è una tendenza al peggioramento della qualità dell'aria, non è da escludere un aumento del carico sanitario dovuto ai problemi cardiovascolari». Oltre, naturalmente, a quelli respiratori benigni e ai casi di tumore al polmone.

ATTENZIONE AI PICCHI DEL PM2.5

I ricercatori hanno rilevato che, nei tre giorni successivi allo sforamento, il rischio aumenterebbe tra l'1 e il 4 per cento per ogni incremento di PM2.5 pari a 10 μg/m3. Usando come riferimento i dati australiani, considerando che in Italia si registrano tra i 60 e i 70mila casi di arresto cardiaco ogni anno, si potrebbe ipotizzare un incremento dei casi compreso tra 600 e (all'incirca) 2.000. Ma il numero potrebbe essere anche più alto, dato che «non si può escludere che gli effetti acuti dell'inquinamento si protraggano fino a una settimana dopo», ha aggiunto lo specialista.....

Nessun commento: