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22 gennaio 2010

2010/01/22 Rovigo. «Magistrati contro la nuova centrale»: Alfano manda gli ispettori/Amianto :I crimini contro la vita li chiamano errori.

Stralcio dal Corriere del veneto.it

Carbone a Porto Tolle: scatta l'ispezione in procura

«Atteggiamento intimidatorio»: pm sotto inchiesta

............E l’altro ieri in via Verdi è arrivato il capo degli 007 di via Arenula, Arcibaldo Miller, che ha sentito per tutto il giorno il pubblico ministero Manuela Fasolato e il Procuratore capo Dario Curtarello.

Secondo Luciano Violante, che nel suo libro dal titolo «Magistrati» parla in toni critici anche di questo, tale impostazione della Procura avrebbe intimidito i componenti della Commissione Via ingenerando in loro il timore di essere indagati e costringendoli a dilatare fino alla scorsa estate la decisione sul cambio di fonte di alimentazione per la centrale Enel. Arcibaldo Miller e i suoi ispettori sono rimasti per oltre 10 ore negli uffici, acquisendo tutta la documentazione relativa all’inchiesta ancora in corso. La Procura non ha opposto il segreto professionale, e ha consegnato in copia gli atti agli 007 del ministero della Giustizia. Sulla vicenda il commento di Dario Curtarello è stringatissimo: «La Procura non ha nulla da temere perché ha agito nel pieno della legalità».

L’inchiesta L’inchiesta sulla regolarità e congruità del progetto di conversione a carbone della centrale Enel è iniziata nel 2007. Un punto forte del lavoro dei magistrati Manuela Fasolato e Dario Curtarello è rappresentato dalla perizia di 80 pagine, eseguita dagli ingegneri Alfredo Pini e Paolo Rabitti e dal dottor Stefano Scarselli sulla pericolosità per la salute delle emissioni di un impianto a carbone.

Un documento che è stato inviato alla Commissione per la Valutazione d’impatto ambientale a fine 2008, ovvero diversi mesi prima della decisione definitiva dei membri della Via che risale alla fine dello scorso luglio. Ma già nel luglio del 2007 la Procura aveva acquisito la documentazione riguardante il progetto riguardante Polesine Camerini sulla scorta delle notizie che all’epoca arrivavano da Civitavecchia e soprattutto da Brindisi. A fine giugno di quell’anno il sindaco Domenico Mennitti aveva ordinato l’assoluto divieto di coltivazione nei pressi del nastro trasportatore di carbone per la centrale termoelettrica pugliese.

Antonio Andreotti
23 gennaio 2010
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Tratto da il Gazzettino.it Rovigo.

«Magistrati contro la nuova centrale»: Alfano manda gli ispettori

A chiedere l'invio degli uomini del ministero era stato Luciano
Violante: «La Procura intimidì i membri della commissione»

ROVIGO (22 gennaio) - Ispezione ministeriale alla Procura di Rovigo in relazione all'inchiesta sulla riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. A chiederla era stato a fine anno Luciano Violante (Pd) accusando i magistrati rodigini di aver ostacolato con le loro inchieste la conversione della centrale Enel di Porto Tolle.

Nel dettaglio, l'ex presidente della Camera accusava la Procura rodigina di avere «intimidito» i membri della Commissione Via, aprendo un'inchiesta nel corso dell'iter. Il timore di finire indagati, avrebbe spinto i commissari, sosteneva Violante, a rinviare la decisione definitiva, arrivata nel luglio scorso, allungando così l'iter.

Stamane, su sollecitazione del ministro della Giustizia,A ngelino Alfano, gli ispettori sono giunti in Procura a Rovigo acquisendo atti e sentendo il sostituto procuratore Manuela Fasolato, titolare dell'inchiesta.
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Tratto daStudenti Lavoratori Precari Venezia

La resa dei conti

21 gennaio 2010 di Carlopane


I crimini contro la vita li chiamano errori.

Il primo ricordo che ho della parola amianto è legato ad una gita in treno, fatta alle elementari: passavamo per una stazione del padovano e, fermi in binario morto, c’erano dei vecchi vagoni, marcati ai lati con delle scritte. “Sono vagoni fatti con l’amianto.” mi disse quella volta mio padre.

Mi spiegò, semplicemente, che era un materiale incredibilmente pericoloso ed era stato utilizzato per fare un sacco di cose: per i treni, i tetti, perfino le tute dei pompieri, e che erano passati anni prima di accorgersi che faceva ammalare le persone che lo respiravano. Ora lo stavano eliminando per non far correre i rischi alla gente.

Nella mia testa fu facile pensare amianto = teschio della varechina: al tempo avevo sei anni e tanto mi bastava sapere.

Ventiquattro anni dopo, non basta più.

Il 10 dicembre a Torino, di fronte al Palazzo di Giustizia, la “Rete Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro” organizza una manifestazione nazionale di solidarietà alle vittime dell’amianto e i loro familiari perchè nella maxi-aula torinese sta per iniziare il più grande processo celebrato in Europa in tema di sicurezza sul lavoro ed inquinamento ambientale.

In precedenza, questo tipo di reati erano stati contestati solo ai burocrati e ai responsabili aziendali: questa volta, invece, la resa dei conti viene presentata ai due vertici della Eternit Italia, Stephan Schmidhneiny e Jean Louis De Cartier De Marchienne per omissione dolosa delle misure di sicurezza sul posto di lavoro.

Non era vero che “sono passati anni prima di accorgersi”.

Lo sapevano, come lo sapeva la Germania che già dal 1943 ha una disciplina di risarcimento per i lavoratori danneggiati dall’amianto, poiché degli studi avevano inequivocabilmente dimostrato il rapporto diretto tra utilizzo di amianto e carcinomi.

E non è vero nemmeno che “ora lo stanno eliminando”. Il secondo capo di imputazione, disastro ambientale colposo, è aggravato dall’aggiuntiva di “permanente” poiché il reato è connotato dalla mancanza di un’efficace campagna di bonifica per eliminare i rischi di contaminazione ambientale, dopo la chiusura della fabbrica.

Lo staff legale dell’Eternit ritiene che i due dirigenti non siano responsabili, ma il gup, anzi, ha sottolineato che i reati (contestati dal 1952) non sono prescritti perché “il disastro è ancora in atto”: i manufatti in amianto, infatti, restano tuttora in circolazione e la gente continua a morire.

Piccolo inciso non irrilevante: grazie alla perseveranza dell’avvocato Bonanni, legale di parte civile, il Tribunale Ordinario di Torino ha emesso il decreto per la citazione come responsabile civile, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente On.le Silvio Berlusconi.

Si tratta della prima volta in assoluto che uno Stato è chiamato a rispondere per il mancato rispetto delle sue stesse leggi. Durante la fase di presentazione delle parti civili, poi l’Avvocatura di Stato ha richiesto l’esclusione della Presidenza del Consiglio come responsabile civile.

Attorno a noi, arrivati in nove da Venezia, ci sono sindaci dei comuni maggiormente colpiti, ma anche lavoratori solidali, medici del lavoro, sindacalisti. E non vi sono solo gruppi legati alla problematica lavorativa dell’amianto: è una giornata in cui tutte le associazione accomunate dal problema della sicurezza sul lavoro possono trovare un momento di visibilità e le lacrime delle vittime amianto si uniscono con quelle di chi ricorda la tragedia della Thiessen Krupp (gruppo Legami d’Acciaio) e le parole di chi testimonia l’incidente ferroviario a Viareggio (Assemblea 29 Giugno).

Lacrime che si intrecciano e cementano la volontà di imporre con forza la sicurezza sul lavoro come cardine su cui rifondare tutto il sistema produttivo.

E fotografie, e nomi, e lacrime.

Inizia oggi la resa dei conti.

Al tavolo principale siedono dei commensali che sono stanchi di mangiare le lacrime e le sentenze di morte che vedono stampate sui loro referti clinici che riportano termini come mesotelioma alla pleura, asbestosi, carcinoma polmonare.

Ci si rende conto che in questo processo dovrebbe bastare sapere che le parti civili sono un’enormità, ma bisogna riflettere sulle cifre per capire la portata vertiginosa di questo processo: la parti lese di questa causa sono, al momento, 2289 tra lavoratori e civili, di cui 2056 già morti e 833 già ammalati.

É un processo, quindi, in cui parlano i familiari perchè chi aveva diritto di essere lì a pretendere giustizia ha già perso la vita.

Poi si capisce davvero, qual sia la resa dei conti più importante.
Rendersi conto vuol dire rispondere di fronte a se stessi, in primo luogo.

Fermarsi ad osservare con l’onestà intellettuale quello che si ha di fronte, quello che è successo, quello che non si sapeva. La coscienza che deve pagare, anche se inconsapevole.

L’ignoranza non paga, nella legge e nella vita.

E’ rispondere a se stessi di un unico abbacinante, semitaciuto, dettaglio.

Che siamo di fronte a persone, lavoratori, che stanno morendo, che guardano ai fogli con le loro statistiche di sopravvivenza e sanno già dove dovranno collocarsi; che quotidianamente devono affrontare questo pensiero, eppure lottano. Ogni anno si ammalano e muoiono 40/50 persone, e si stima che il picco massimo non è di questi anni, bensì arriverà tra il 2015 e il 2020. Per quell’epoca in Europa occidentale saranno già morte più di 250 mila persone, fra lavoratori e civili, esposti diretti e indiretti.

L’occcasione permette anche di riflettere relativamente alla problematica della salute dell’uomo, legata a doppio filo alla salute del suo stesso ecosistema, specialmente quando risultano palesi le occorrenze di malattie e affezioni in una misura direttamente proporzionata alla presenza nella zona di realtà che impiegano o producono sostanze e materiali inquinanti (industrie, aziendie, centrali energetiche, etc.)

Questa sproporzione, invece di indicare in modo inequivocabile la via da seguire, sembra quasi un ostacolo al corretto funzionamento della vita quotidiana del nostro ignorante benessere e, quindi, dev’essere aggirato o sottaciuti.

Avvengono così, periodicamente, le doverose campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi per la ricerca di cure per i sintomi delle malattie, spesso omettendo la reale portata dell’inquinamento ambientale, continuando a puntare il dito soprattutto contro le cause legate ad uno stile di vita poco attento.

La ricerca, da sola, potrà fare enormi passi in avanti, aumentando le aspettative di vita contenendone i costi, ma non per questo si deve tralasciare ciò che invece non si sta facendo, specialmente perchè si andrebbe a disturbare interessi forti, specialmente se legati alla criminalità organizzata. Si tratta di impegnarsi concretamente, ad esempio, nelle campagne di bonifica del territorio inquinato da sostanze tossiche, la riconversione degli impianti e anche per la creazione di occasioni in cui sia possibile trasmettere una corretta informazione medica.

Il punto, infine, è che solo una nuova mentalità, un nuovo assetto di istituzioni sociali, una nuova rete di relazioni può davvero fare la differenza; che solo l’unione permette di avere la forza necessaria per scardinare la granitica impunibilità fondata sul silenzio connivente, il disinteresse e i soprusi e aggravata dall’accettazione dei medesimi.

La sicurezza sul lavoro e le azioni volte a tutelare la salute dell’uomo devono essere delle battaglie collettive, costanti; si devono scardinare le paure dei lavoratori che temono di perdere il posto di lavoro qualora protestino, e che a causa di questo, spesso, si oppongono fermamente anche alle proposte di informazione e partecipazione.

E’ difficile frantumare questa deviazione, succube del sistema “lavoro per necessità” che uccide nel silenzio, quando la loro necessità, la nostra necessità, è solo lavorare.

E per i morti di amianto, era solo quella di vivere.

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Pechino (Tratto da AsiaNews/Agenzie) CINA

Malattia dei polmoni fa più vittime degli incidenti in miniera
Più di 600mila casi di pneumoconiosi accertati fino al 2005, con 140mila morti e molti di più rimasti invalidi. La causa sono le pessime condizioni di lavoro, anche nelle miniere autorizzate. Ogni milione di tonnellate di carbone costa 2 vite.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Almeno 10mila nuovi malati di pneumoconiosi sono scoperti ogni anno in Cina, specie tra i minatori. Ogni anno la malattia uccide con lentezza più minatori che gli incidenti in galleria.
Dati ufficiali parlano di un malato di pneumoconiosi ogni 3mila minatori, addirittura 1 su 1.000 nello Shaanxi. La malattia consegue alla prolungata esposizione a polveri nocive che si depositano nei polmoni e porta alla morte o a una grave invalidità. Fino al 2005 ci sono stati 607.540 casi accertati, con 140mila morti e molti di più rimasti invalidi. Non ci sono cure conosciute e anche se un “lavaggio dei polmoni” può contenere la malattia, in Cina solo 3mila pazienti hanno ricevuto questa cura. Il trattamento costa 8-10mila yuan (oltre 1.000 dollari), pari a quasi un anno di stipendio.
Il dato comprende solo chi è stato curato in ospedale, per cui si ritiene molto maggiore il numero effettivo. Anche perché solo in circa metà delle miniere autorizzate sono compiute regolari visite mediche, mentre nessun dato si ha dalle molte miniere illegali. Dalle ispezioni è emerso che anche nelle miniere autorizzate le concentrazioni di polvere eccedono i limiti di sicurezza.
He Guojia, dirigente dell’Amministrazione statale per la sicurezza sul lavoro, dice che si tratta della più frequente malattia professionale nel Paese e che se ne teme un aumento nei prossimi anni.
Parlando ieri a una conferenza sulle malattie professionali, ha detto che molti operai scoprono la malattia solo dopo che sono tornati a casa e hanno difficoltà a ricevere un indennizzo o il pagamento delle spese mediche dal datore di lavoro.
Questa malattia – spiega He – colpisce intere comunità e “causa proteste di massa” che “minacciano la stabilità sociale”. I più colpiti sono i lavoratori migranti che vengono dalle campagne, tra i quali la percentuale di malati è addirittura del 4,74%.Alcuni si sono ammalati dopo “appena” un anno e mezzo di lavoro in miniera.
Ogni milione tonnellate di carbone prodotto costa 2 vite.

Considerazioni di Uniti per la Salute

Visto il bagaglio di morti e sofferenze che l'estrazione di carbone porta inevitabilmente con sè,e visto gli innumerevoli inquinanti emessi dalla produzione di energia dalle "centrali a carbone",visti gli effetti devastanti sui cambiamenti climatici...... quando i nostri governanti capiranno che ci sono altre forme di produzione di Energia "REALMENTE PULITA" e si adopereranno ,nel bene di tutti (Cittadini e minatori),RIDUCENDO
drasticamente e NON continuando ad AUMENTARE la produzione di elettricità tramite ampliamenti e nuove autorizzazioni a CENTRALI A CARBONE.............
Il mondo va avanti cerchiamo di prendere la direzione giusta
e lasciamo una buona volta il carbone dove non fa danni: SOTTOTERRA .

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