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08 luglio 2010

1)Una rivoluzione energetica alla portata delle economie mondiali 2)Stretta Ue sulle emissioni dell'industria

Pubblichiamo due articoli recentissimi nel primo si evidenzia la priorità della rivoluzione energetica verso cui dovrebbero vertere le economie mondiali .........nel secondo sono evidenti i limiti di dove continuano a volerla pilotare............
E noi cittadini a continuiamo a subire decisioni, cadute dall'alto , che influenzeranno .... il nostro futuro.

Tratto da QualEnergia
Una rivoluzione energetica alla portata delle economie mondiali

Una rivoluzione tecnologica ed energetica non prospettata da un’associazione ambientalista, ma dalla sobria IEA. Nel suo recente rapporto Energy Technology Perspectives 2010 manda un messaggio chiaro:
bisognerà agire quanto prima per dimezzare le emissioni entro il 2050, altrimenti i costi per le economie mondiali saranno insostenibili.

Se le emissioni di gas serra non raggiungeranno il picco entro il 2020 e dovranno diminuire decisamente verso il 50%, come indicato dall’Ipcc, affrontare i cambiamenti climatici diventerà sempre più costoso per le economie mondiali, se non anche impossibile.


Questo è quanto afferma il recente rapporto "
Energy Technology Perspectives 2010" pubblicato dall’International Energy Agency (vedi sintesi allegata), un documento, come altri pubblicati dall’agenzia in questi ultimi due anni, che mette in luce l’enorme divario che esiste tra un approccio business-as-usual e quello necessario a risolvere le due possibili crisi che l’umanità dovrà risolvere, cioè la sicurezza energetica e il riscaldamento globale.
Se la comunità mondiale dovesse procedere secondo uno
scenario business-as-usual, le emissioni di CO2 potrebbero raddoppiare entro il 2050. Uno scenario con effetti certamente drammatici e per molti aspetti indefinibili e lontani dallo scenario Blue Map della Iea che prevede invece, come detto, un loro dimezzamento.
E' questo un altro messaggio della Iea alla comunità mondiale, ai grandi leader politici che non sembrano capire la gravità e la convergenza di queste crisi, sopraffatti come sono dal peso dei problemi del momento e dalla mancanza di visione e di futuro.

Questo scenario “Blue” richiede secondo la Iea
investimenti crescenti in energie pulite da qui alla metà del secolo: si passerebbe dai 165 miliardi di dollari attuali ai 750 del 2030 fino ad arrivare ai 1.600 miliardi di dollari nel 2050. Risorse che proverrebbero sia dal settore pubblico che privato.

Secondo lo scenario IEA il
mix di produzione energetica previsto dovrà essere costituito per il 48% da fonti rinnovabili, per il 24% da nucleare e per il 17% da impianti realizzati con sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. Per chi scrive potrebbe essere uno scenario controverso nella sua composizione, tutto da valutare e approfondire per i suoi impatti economici ed ambientali, ma certamente molto diverso da quello connesso al trend attuale in cui le fonti fossili forniscono (e potrebbero continuare a fornire) più dei due terzi del fabbisogno energetico mondiale. Nel grafico della IEA si vede il livello di diffusione delle tecnologie chiave in grado di tagliare le emissioni e di far raggiungere l’obiettivo indicato dallo scenario Blue Map.

Nel panorama energetico del futuro l’agenzia, oltre a prevedere una importante diffusione dei biocarburanti di nuova generazione, inizia a mettere nel portafoglio delle soluzioni di sistemi energetici low carbon, un forte innalzamento dell’efficienza, tanto da prospettare una crescita della domanda globale di “solo” il 32%, anziché dell’84% come previsto dallo scenario business-as-usual.
Altra prospettiva, o aspettativa, del report è quella di assistere ad una ampia diffusione di
veicoli elettrici, ibridi o a celle combustibili, che insieme dovrebbero rappresentare almeno l’80% di tutti i veicoli su strada.

Un taglio delle emissioni del 50% al 2050 richiederà un
aumento da due a cinque volte delle risorse dei governi destinate a ricerca e sviluppo nelle tecnologie low carbon rispetto alle cifre attuali. ...

Non viene dimenticato nel rapporto anche il ruolo dei consumatori e della loro formazione e informazione su questi temi. Loro possono, con le adeguate scelte di acquisto, favorire la riduzione delle emissioni e condizionare positivamente anche l’industria.

LB

7 luglio 2010

Leggi l'articolo integrale

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Tratto da" Il sole 24 ore"

Stretta Ue sulle emissioni dell'industria

Due anni di negoziati e polemiche. Ma alla fine il Parlamento europeo ha approvato, d'accordo con il Consiglio dei ministri, la nuova direttiva sulle emissioni degli impianti industriali.
Il taglio ci sarà, anche se con molte deroghe che salveranno, tra l'altro, le centrali a carbone più inquinanti (di cui sono ricchi paesi come la Germania), mentre le industrie saranno sottoposte a limiti più stringenti.
Fonti del Parlamento Ue rimarcano in una nota che «regole più chiare» e «più semplici da applicare» sono gli obiettivi principali della direttiva, che «stabilisce limiti più severi, ad esempio per l'inquinamento atmosferico» anche se «offre ai governi nazionali flessibilità nell'applicazione delle limitazioni per le centrali elettriche e la possibilità di sospendere le regole, a particolari condizioni, per un certo numero di impianti».
Il testo, approvato ieri in seconda lettura con 639 voti a favore, 35 contrari e 10 astensioni «aggiorna e riunisce – si spiega – sette diverse legislazioni, inclusa la direttiva sui grandi impianti di combustione e quella sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (Ippc)».
Quest'ultima «copre circa 52mila impianti industriali e agricoli con grande potenziale di inquinamento, dalle raffinerie agli allevamenti di maiali».

Ossidi di azoto, anidride solforosa e polveri: il testo stabilisce limiti più severi dal 2016,ma - come spiegano dal Parlamento europeo - deputati e governi nazionali si sono accordati anche sulla possibilità, per gli stati membri, di utilizzare piani nazionali transitori per un certo numero d'impianti di combustione, inclusi quelli a combustibili fossili, e avere cosi tempo fino a luglio 2020 per conformarsi alle nuove regole».

Regole che potrebbero in ogni caso «non applicarsi mai – conferma la nota ufficiale del Parlamento – a un certo numero di impianti di vecchia data, nel caso questi cessino ogni attività nel 2023 o 17.500 ore di lavoro dopo il 2016».
Le nuove centrali elettriche ed energetiche «dovranno comunque conformarsi alle nuove regole entro il 2012» e gli impianti coperti dalla direttiva Ippc dovranno utilizzare le migliori tecniche disponibili per ottenere il permesso di attività.

Gli stati membri avranno comunque la possibilità «di applicare in modo flessibile tali regole solo se il livello complessivo di protezione ambientale è mantenuto invariato» e se «i costi relativi all'applicazione dei nuovi limiti sono sproporzionati rispetto ai benefici in termini ambientali, a causa di ragioni tecniche o circostante locali specifiche».
Per evitare che tale flessibilità porti a una disapplicazione ingiustificata delle nuove regole «ogni decisione di questo tipo dovrà essere seguita da una valutazione d'impatto».
Il Parlamento europeo dovrà ora adottare l'accordo formalmente prima che gli stati membri possano (e debbano) recepirlo nelle legislazioni nazionali.


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