Tratto da Peacelink
Cambiamenti climatici: la nostra salute a rischio
22 dicembre 2010 - Carlo RubertoL’ambiente è stato profondamente modificato negli anni nei suoi caratteri fisico-chimici e negli ecosistemi biologici ed è oggi invaso da molecole chimiche di sintesi (pesticidi in agricoltura, antibiotici e farmaci in campo medico e zootecnico, additivi alimentari, ecc..) con effetti tossici, teratogeni, mutageni e cancerogeni.
- continua esposizione dell’organismo umano a inquinanti ambientali con reazioni infiammatorie e riparative anomale che provocano malattie immunitarie, neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson, Sclerosi laterale amiotrofica), neoplastiche e metaboliche;
- alterazione troppo rapida degli ecosistemi microbici naturali sui quali si sono modellati nel tempo i nostri meccanismi di difesa;
- azione diretta degli inquinanti ambientali sull’embrione e sul feto durante la gestazione.
Le malattie da inquinamento atmosferico sono dovute al complesso di gas serra e altri inquinanti presenti nell’aria. Le temperature elevate accelerano la formazione di ozono, dovuta all’azione fotochimica delle radiazioni solari ultraviolette sui cosiddetti inquinanti “precursori” presenti nell’aria. L’ozono, un forte ossidante, danneggia le cellule delle congiuntive e delle vie respiratorie, rendendoci più suscettibili agli altri inquinanti presenti nell’aria, in particolare alle polveri ultrafini (PM 0,1 e minori). Queste sono le più nocive tra tutti gli inquinanti atmosferici poiché non solo causano malattie croniche a livello polmonare, tra cui i tumori, ma colpiscono anche il sistema cardiovascolare aumentando l’insorgenza di infarti e ictus, oltre a intaccare direttamente il patrimonio genetico (azione epigenetica)(5,6).
Temperature maggiori possono inoltre favorire la diffusione e la permanenza nell’ambiente di nuovi microrganismi. Questi patogeni vengono veicolati da insetti “vettori” oppure da acque contaminate, dove la persistenza degli agenti microbici è favorita dalle elevate temperature, e raggiungono nuove aree geografiche. L’ampliamento al Nord e al Sud delle zone climatiche sub-tropicali, oltre a facilitare la contaminazione microbica delle acque, ha comportato la diffusione di insetti esotici in latitudini diverse dalle originali, causando l’espansione delle malattie tropicali. Un tipico esempio di migrazione e colonizzazione di insetti vettori è costituito dalla comparsa della zanzara tigre nelle zone climatiche temperate. Si sta poi assistendo, a seguito del riscaldamento globale, a un aumento di malattie presenti endemicamente in determinate regioni e alla comparsa di malattie emergenti in altre storicamente indenni. Quelle più direttamente correlabili all’aumento termico sono ad esempio malattie virali come la Febbre gialla e la Dengue.
In alcune aree del pianeta, sia per ragioni climatiche sia sociali, gli effetti sulla salute dei cambiamenti climatici saranno peggiori che in altre. Ma nessuno ne sarà indenne poiché gli impatti del cambiamento climatico causeranno tra l’altro fenomeni di migrazioni di massa (i cosiddetti ecoprofughi, stimati già a 6 milioni per il 2010 e circa 300 milioni per il 2050) che, assieme alla crisi delle risorse naturali, aumenteranno le tensioni sociali o ne innescheranno di nuove.
È quindi necessario intervenire immediatamente, conclude il rapporto, al fine di prevenire un ulteriore peggioramento della situazione, tagliando, fino a raggiungere una sostanziale eliminazione, le emissioni di gas serra. Sarà inoltre fondamentale tutelare gli ecosistemi più fragili, ma allo stesso tempo più importanti del Pianeta, proteggendo ad esempio le ultime grandi foreste e creando ampie riserve marine.
Ecco quali sono i nuovi affari della famiglia Prestigiacomo. Sul ministro dell’Ambiente pesano decine di conflitti di interesse: dovrebbe multare i clienti delle “sue” aziende.
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L’Unione europea da tempo chiede agli Stati membri di adoperarsi per la tutela dei cittadini dalle emissioni inquinanti. Ma il nostro governo approva un decreto che rimanda i limiti e depotenzia le sanzioni.
Altro che qualità dell’aria, vivibilità e salute. Il governo, con il provvedimento sulla qualità dell’aria in sede di conversione di una direttiva europea, approvato il 13 agosto, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 settembre scorso, ha certificato ancora una volta da che parte sta: quella della logica economica a discapito del diritto alla salute. Ma vediamo come questa deregulation ecologica, grazie alla quale si potrà derogare dai limiti di emissioni di pericolose sostanze inquinanti, ha preso forma. Gli obiettivi della politica comunitaria sono fissati nell’art. 174 del Trattato sull’Unione (Trattato di Amsterdam) e riguardano difesa, tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, l’utilizzazione razionale delle risorse naturali.
Una posizione centrale nel Trattato è occupata dai Principi dell’azione preventiva e da quello di precauzione. Il primo impone che un’efficace azione di tutela ambientale consista nell’evitare di creare inquinamento, piuttosto che cercare di contenerne o rimuoverne gli effetti dopo. Il principio di precauzione, poi, consiste nell’intervenire anche in assenza di una piena certezza scientifica, e di prove atte a dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra emissioni e degrado ambientale. Il corollario del Principio di Precauzione è il Principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonable Achievable), secondo cui l’esposizione agli effetti potenzialmente nocivi deve rimanere al livello più basso ragionevolmente ottenibile.
Nel caso del nostro governo, sono stati elusi tutti e due. Gli strumenti operativi per raggiungere le finalità fissate dal Trattato sono dati da: la Valutazione d’Impatto Ambientale (sui progetti), la Valutazione Ambientale Strategica (su Piani e Programmi), l’Autorizzazione Integrata Ambientale (sul processo industriale), i Piani di tutela e risanamento della qualità dell’aria e dell’acqua. L’Unione Europea, con la direttiva 50 del 2008 ha voluto fortemente garantire una migliore qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno. Il governo italiano ha recepito la direttiva attraverso il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010, che definisce come valore obiettivo per alcuni inquinanti quel «livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita».
Gli inquinanti considerati sono quelli che ogni giorno avvelenano le nostre città e, in misura minore, le nostre campagne: il biossido di zolfo (circa l’85% deriva da processi di combustione nelle centrali termoelettriche e negli impianti industriali), gliossidi di azoto (prodotti per il 50% da autoveicoli e per il 40% da processi di combustione nelle centrali e negli impianti industriali). E ancora benzene, monossido di carbonio (prodotto in tutte le combustioni), piombo (impianti di incenerimento, centrali a carbone o ad olio combustibile), polveri sottili (pm 10 e pm 2,5), arsenico, cadmio, nichel e benzoapirene (che è cancerogeno). Tutte queste sostanze possono derogare dai limiti ai sensi dell’art 9 del decreto 155 se gli interventi di riduzione comportano «costi sproporzionati».
E qui scatta la “trappola”: la generica formuletta «costi sproporzionati» comporterà, di fatto, l’inapplicazione dei limiti di emissione.
Gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e che non rientrano nei limiti di emissione anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili (applicate, naturalmente, se i costi non sono sproporzionati) possono legalmente continuare nelle emissioni di inquinanti. Le norme a tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della salute risalgono al Dpr 203/1988 ed emanate 22 anni dopo la prima legge cosiddetta antismog (615/1966). Eppure, il corpus normativo è ampio e specifico: sono infatti intervenute varie direttive europee tra le quali la 62 del 1996, la 30 del 1999 (su ossidi di azoto, di zolfo, piombo e pm10), la 69 del 2000 (sul benzene) e la 107 (arsenico, cadmio, mercurio, nichel e idrocarburi policiclici aromatici, Ipa).
E’ sufficiente una comparazione con il dato dell’Europa a 15 di alcuni pericolosi inquinanti, tra il 1990 e il 2007, (fonte: European Community emission inventary report 1990-2007) per valutare l’inesistente azione del legislatore italiano nell’azione di tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della tutela della salute. Diminuiscono in Europa le emissioni di cadmio (32%), mercurio (26%), arsenico (13%), Ipa (22%), diossine (60%). In Italia il cadmio diminuisce del 5% e aumentano mercurio (4%), arsenico (70%), cromo (37%), Ipa (26%) mentre le diossine diminuiscono del 25%.
Ed ora sarà festa per chi avvelena il Belpaese.
(Erasmo Venosi, Terra)
Ecco quali sono i nuovi affari della famiglia Prestigiacomo. Sul ministro dell’Ambiente pesano decine di conflitti di interesse: dovrebbe multare i clienti delle “sue” aziende.
Il Belpaese dei veleni: emissioni, ecco le norme salva inquinatori
L’Unione europea da tempo chiede agli Stati membri di adoperarsi per la tutela dei cittadini dalle emissioni inquinanti. Ma il nostro governo approva un decreto che rimanda i limiti e depotenzia le sanzioni.
Altro che qualità dell’aria, vivibilità e salute. Il governo, con il provvedimento sulla qualità dell’aria in sede di conversione di una direttiva europea, approvato il 13 agosto, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 settembre scorso, ha certificato ancora una volta da che parte sta: quella della logica economica a discapito del diritto alla salute. Ma vediamo come questa deregulation ecologica, grazie alla quale si potrà derogare dai limiti di emissioni di pericolose sostanze inquinanti, ha preso forma. Gli obiettivi della politica comunitaria sono fissati nell’art. 174 del Trattato sull’Unione (Trattato di Amsterdam) e riguardano difesa, tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, protezione della salute umana, l’utilizzazione razionale delle risorse naturali.
Una posizione centrale nel Trattato è occupata dai Principi dell’azione preventiva e da quello di precauzione. Il primo impone che un’efficace azione di tutela ambientale consista nell’evitare di creare inquinamento, piuttosto che cercare di contenerne o rimuoverne gli effetti dopo. Il principio di precauzione, poi, consiste nell’intervenire anche in assenza di una piena certezza scientifica, e di prove atte a dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra emissioni e degrado ambientale. Il corollario del Principio di Precauzione è il Principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonable Achievable), secondo cui l’esposizione agli effetti potenzialmente nocivi deve rimanere al livello più basso ragionevolmente ottenibile.
Nel caso del nostro governo, sono stati elusi tutti e due. Gli strumenti operativi per raggiungere le finalità fissate dal Trattato sono dati da: la Valutazione d’Impatto Ambientale (sui progetti), la Valutazione Ambientale Strategica (su Piani e Programmi), l’Autorizzazione Integrata Ambientale (sul processo industriale), i Piani di tutela e risanamento della qualità dell’aria e dell’acqua. L’Unione Europea, con la direttiva 50 del 2008 ha voluto fortemente garantire una migliore qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno. Il governo italiano ha recepito la direttiva attraverso il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010, che definisce come valore obiettivo per alcuni inquinanti quel «livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita».
Gli inquinanti considerati sono quelli che ogni giorno avvelenano le nostre città e, in misura minore, le nostre campagne: il biossido di zolfo (circa l’85% deriva da processi di combustione nelle centrali termoelettriche e negli impianti industriali), gliossidi di azoto (prodotti per il 50% da autoveicoli e per il 40% da processi di combustione nelle centrali e negli impianti industriali). E ancora benzene, monossido di carbonio (prodotto in tutte le combustioni), piombo (impianti di incenerimento, centrali a carbone o ad olio combustibile), polveri sottili (pm 10 e pm 2,5), arsenico, cadmio, nichel e benzoapirene (che è cancerogeno). Tutte queste sostanze possono derogare dai limiti ai sensi dell’art 9 del decreto 155 se gli interventi di riduzione comportano «costi sproporzionati».
E qui scatta la “trappola”: la generica formuletta «costi sproporzionati» comporterà, di fatto, l’inapplicazione dei limiti di emissione.
Gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale e che non rientrano nei limiti di emissione anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili (applicate, naturalmente, se i costi non sono sproporzionati) possono legalmente continuare nelle emissioni di inquinanti. Le norme a tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della salute risalgono al Dpr 203/1988 ed emanate 22 anni dopo la prima legge cosiddetta antismog (615/1966). Eppure, il corpus normativo è ampio e specifico: sono infatti intervenute varie direttive europee tra le quali la 62 del 1996, la 30 del 1999 (su ossidi di azoto, di zolfo, piombo e pm10), la 69 del 2000 (sul benzene) e la 107 (arsenico, cadmio, mercurio, nichel e idrocarburi policiclici aromatici, Ipa).
E’ sufficiente una comparazione con il dato dell’Europa a 15 di alcuni pericolosi inquinanti, tra il 1990 e il 2007, (fonte: European Community emission inventary report 1990-2007) per valutare l’inesistente azione del legislatore italiano nell’azione di tutela dell’aria dall’inquinamento e quindi della tutela della salute. Diminuiscono in Europa le emissioni di cadmio (32%), mercurio (26%), arsenico (13%), Ipa (22%), diossine (60%). In Italia il cadmio diminuisce del 5% e aumentano mercurio (4%), arsenico (70%), cromo (37%), Ipa (26%) mentre le diossine diminuiscono del 25%.
Ed ora sarà festa per chi avvelena il Belpaese.
(Erasmo Venosi, Terra)
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