Tratto da Diritti globali
Nuke e carbone, costi segreti
Il carbone, intanto. Certo appare una fonte energetica economica, ma ogni anno le emissioni di gas e particolato dalle centrali provocano migliaia di morti premature, per un costo alla collettività (volendo monetizzare la vita!) di circa 272 miliardi di dollari; quattro volte il costo dell'energia elettrica prodotta con il carbone.
- Secondo la United States Geographic Survey (Usgs), i prelievi di acqua da parte delle centrali termoelettriche costituivano (nel 2005) il 49% dei prelievi totali nella nazione:
- oltre 200 miliardi di galloni di acqua; solo per raffreddare gli impianti.
- E poi: circa 100 milioni di tonnellate di scarti di carbone sono già sepolti in discariche o lagune.
- E ancora: due miliardi di tonnellate di Co2 sono emesse da simili centrali.
Anche la fase estrattiva ha un pesante impatto ambientale e produce significative quantità di scarti: una miniera richiede molta acqua e circa 100 ettari di terra che sarà in permanenza contaminata. Quanto ai rischi di incidente nucleare, prosegue il rapporto, non sono quantificabili e anche paesi con norme stringenti non possono dirsi immuni da potenziali disastri.
Di fronte a questi immani danni del carbone e del nucleare, nel 2010 la stessa agenzia Synapse ha elaborato, sempre per il Civil Society Institute, un rapporto centrato su uno «Scenario di transizione» per il 2010-2050, secondo il quale gli Usa dovrebbero investire il più possibile nella tecnologia dell'efficienza in ogni settore, il che ridurrebbe il consumo di elettricità del 40% rispetto allo scenario prevedibile nel «business as usual».
Le emissioni di CO2 del settore elettrico si ridurrebbero dell'80%. Le emissioni di biossido di zolfo quasi si annullerebbero e quelle di ossidi di azoto calerebbero del 60%.
Al tempo stesso, si potrebbe ridurre velocemente del 28% (così poco?) la capacità nucleare del paese. Le energie rinnovabili - solare, eolico, geotermico, biomasse - potrebbero arrivare a soddisfare il 50% del fabbisogno elettrico. L'uso del gas naturale nel settore elettrico crescerebbe più lentamente.
Conclude il Csi: mentre Casa Bianca e Congresso dibattono su quello che chiamano "lo standard dell'energia pulita" occorre una riflessione su che cosa si intende con quell'aggettivo: "pulita", appunto.
Tratto da WWF Italia
WWF: “The Energy Report"
100% rinnovabili entro il 2050
Redatto in due anni, “The Energy Report” affronta in modo globale il problema del bisogno di energia, inclusi i trasporti, e il modo di renderla adeguata, sicura e disponibile a tutti.
“Se continuiamo a dipendere dai combustibili fossili ci troveremo davanti adun futuro di timori crescenti per il costo dell’energia, la sicurezza dei rifornimenti e gli impatti dovuti ai cambiamenti climatici”, ha dettoStefano Leoni, presidente del WWF Italia.“Noi offriamo uno scenario alternativo – molto più promettente e interamente raggiungibile.L’EnergyReport dimostra che in quattro decenni potremmo avere delle economie floride e una società interamente alimentata da energia pulita, a basso costo e rinnovabile, nonché una qualità della vita decisamente migliore. Il rapporto è più che uno scenario – è un richiamo all’azione.
Ma in Italia la promozione delle energie rinnovabili è a rischio, la denuncia di WWF, Greenpeace, Legambiente >>
Un'ampia sintesi del dossier Energy Report, in italiano >>
Intanto il 2010 è stato l'anno più caldo del Pianeta secondo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale >>
Il carbone ci costa 360 miliardi di euro all’anno
Il prezzo del carbone sui mercati internazionali tiene conto dei costi di estrazione, trasporto, tasse e profitti, ma non riflette affatto i costi esterni sull’ambiente e sulla salute delle persone. Se anche questi costi venissero contabilizzati nel prezzo del combustibile, la competitività economica di nuove centrali a carbone verrebbe ridotta notevolmente.Secondo il rapporto di Greenpeace, stilato in collaborazione con “Ce-Delft“, un istituto indipendente olandese, il costo che grava sull’intero pianeta per l’utilizzo del carbone, attualmente, è di circa 360 miliardi di euro all’anno, molto di più di quello che i vari Governi di tutto il mondo ci vogliono far credere.
Infatti quei Paesi che puntano su questa risorsa spesso si trincerano dietro la frase “il carbone costa di meno rispetto alle altre fonti energetiche”, giustificandolo come un risparmio che conviene anche ai cittadini. Tutto questo è falso. Infatti il carbone è il combustibile fossile più inquinante al mondo (paradossalmente anche più del petrolio), dato che da solo contribuisce al 41% delle emissioni di gas serra imputabili all’uomo.
Tutto questo si è formato in 7 anni, e cioè dal 1999 al 2006, anno in cui l’ultimo rilevamento è stato effettuato, in cui è stato dimostrato come l’utilizzo del carbone sia aumentato del 30%. I rischi, secondo Ce-Delft, sono che da qui al 2030 l’utilizzo del carbone venga raddoppiato, con conseguenti danni all’ambiente che non sarebbero più calcolabili.
Il danno principale che proviene dall’utilizzo massiccio del carbone è il riscaldamento globale. Certo, esso non è la sola causa di una catastrofe così terribile, ma ha una buona percentuale di responsabilità. Secondo Greenpeace, a causa dei mutamenti climatici, ad oggi muoiono circa 150 mila persone all’anno in tutto il mondo. Pensate cosa accadrebbe se l’uso del carbone venisse raddoppiato. Per questo le Nazioni Unite hanno chiesto di fermare la crescita delle emissioni fino al 2015 e ridurle fino a dimezzarle entro il 2050.
Ma come si calcola il costo del carbone? I parametri attuali comprendono solamente i costi di estrazione, trasporto, tasse e profitti. Per questo secondo i cosiddetti “grandi” del pianeta è la risorsa più a buon mercato. Ma i parametri esterni ribaltano questa considerazione.
Infatti vanno prese in considerazione prima di tutto le emissioni di gas serra, ma anche la deforestazione, la distruzione di interi ecosistemi, la violazione dei diritti umani delle persone che lavorano per estrarlo, molto spesso sovrautilizzati e sottopagati, il costo dello stoccaggio degli scarti, fino all’incidenza sulle malattie respiratorie. Infatti le emissioni di queste lavorazioni portano a piogge acide, inaridimento dei terreni, inquinamento delle acque, e danni alla salute umana.
Noi italiani oggi paghiamo il costo “ufficiale” del carbone, più quello d’importazione. Ma tutti questi danni, ben peggiori, li subiscono i Paesi produttori, come la Cina, l’India, il Sudafrica e altri Paesi poveri, i quali pagano per noi anche il doppio delle conseguenze.
Il modo per risolvere tutti questi problemi, lo ripeteremo fino alla noia, sono le rinnovabili, che non hanno costi, nè impatti ambientali.Speriamo che qualcuno raccolga il nostro appello, quello di Greenpeace e di tante altre organizzazioni che si battono per un mondo più pulito.
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