Taranto, morti per tumore
Trenta indagati all'Ilva, c'è anche Riva
TARANTO - Lenti, inesorabili e letali: nello stabilimento siderurgico Ilva, e prim’ancora nell’Italsider, i veleni prodotti dalla lavorazione dei materiali avrebbero causato malattie professionali dall’esito infausto. Quindici dipendenti sono deceduti fra il 2005 e il 2010. Un duplice comune denominatore ne ha legato i destini: erano lavoratori del siderurgico e sono tutti deceduti per tumore. Le indagini della polizia giudiziaria, le relazioni dell’Ispettorato del Lavoro e le consulenze degli esperti hanno indotto la Procura della repubblica ad una maxi-incriminazione.
Trenta persone, fra dirigenti della siderurgia pubblica e privata, sono chiamati in causa per concorso nell’omicidio colposo di quei trenta dipendenti. All’inseguimento delle cause che hanno legato i destini di quei lavoratori, la magistratura tarantina ha individuato nei vertici della siderurgia partecipata, essenzialmente, e di quella privata, passata dal 1995 sotto il controllo di Emilio Riva, i presunti responsabili di una lunga serie di omissioni e violazioni che avrebbero determinato, favorito, prodotto malattie professionali e successivamente decessi.
È sostanzialmente questa la clamorosa tesi sostenuta dal sostituto procuratore della repubblica dottor Raffaele Graziano, che ha chiesto il processo anche per nomi che furono di assoluto prestigio nell’industria nazionale, in piena attività e con funzioni di responsabilità all’epoca della partecipazione dello Stato nella siderurgia tarantina.
Le contestazioni a pioggia formulate dal dottor Graziano, così comne già fato in passato dal dottor Pesiri (il procedimento è all’esame del tribunale, ndr) chiama in causa la siderurgia sin dal lontano 1975, allorchè l’attivazione degli impianti di lavorazione e le successive produzioni avvennero senza adeguata cura delle condizioni di salute dei lavoratori, esposti ai rischi ambientali di cui non sarebbero mai stati messi al corrente. Nello scacchiere delle contestazioni della Procura, infatti, compaiono violazioni ed omissioni che avrebbero determinato da un lato, ed aggravato dall’altro, le condizioni di lavoro dei dipendenti, la cui esposizione ai rischi per la salute avrebbe costituito una palese, inaccettabile violazione delle norme sulla sicurezza. Inaccettabile, dal punto di vista giuridico, proprio per le conseguenze che ne derivarono.
Duplice il piano su cui poggia l’assunto accusatorio: nessuno dei lavoratori sarebbe stato effettivamente informato dei rischi a cui andava incontro nel corso dell’attività, svolta all’interno di impianti resi insalubri dalle polveri e dalle esalazioni venefiche; nessuno dei responsabili delle società, prima a partecipazione statale come Italsider Spa, poi privata come Ilva Spa, e nessuno dei direttori di stabilimento, si preoccupò di rendere noti i rischi delle lavorazioni, nè di evitare che gli stessi esistessero e fossero aggravati dall’inerzia.
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Tratto da PeacelinK
Ma il governo ha rimosso il limite di 1 ng/m3 il 13 agosto 2010 con il decreto legislativo 155/2010
I primi dati del 2011 danno una media di 1,93 ng/m3. Non dovrebbero superare 1 ng/m3 come media annua stando alla precedente normativa. Ecco perché occorre rilanciere la campagna per reintrodurre nella normativa il limite di 1 nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene, una delle sostante più cancerogene
Altamarea ha richiesto e ottenuto dall'Arpa i dati del benzo(a)pirene dei primi tre mesi del 2011.
Oggi l'Arpa li ha comunicati ad Altamarea in forma ufficiale con un fax....
Ricordiamo che stiamo parlando del benzo(a)pirene, uno dei cancerogeni più potenti in circolazione che, secondo Arpa, nel quartiere Tamburi proviene al 98% dalla cokeria dell'Ilva.
Leggi il Comunicato stampa di Altamarea.
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