Tratto da Greenreport
Quali sono gli effetti del decreto penale di condanna in caso di illeciti ambientali?
Stefano Maglia*, www.tuttoambiente.it per greenreport.it
Il decreto penale di condanna è un procedimento speciale rispetto al
rito ordinario disciplinato dagli artt. 459 - 464 c.p.p. La sua
introduzione nel novero del codice di rito è stata dettata dall'esigenza
di decongestionare il carico dei processi: attraverso il suddetto
decreto, infatti, alcuni reati "minori" sono sanzionati pecuniariamente
senza la celebrazione dell'udienza preliminare, mediante l'adozione di
un provvedimento emesso inaudita altera parte; salva,
ovviamente, la possibilità di opposizione da parte dell'imputato.
Il
provvedimento interessa quindi una nutrita serie di reati ambientali,
risultando applicabile, ad esempio, alle condotte illecite previste e
sanzionate dall'art. 29 quattuordecies del TUA (violazione delle prescrizioni dell'AIA).
La
privazione delle garanzie collegate allo svolgimento dell'udienza
preliminare e del dibattimento è bilanciata dal fatto che, ai sensi
dell'art. 460, cc. 2 e 5, c.p.p., vengono concessi all'imputato i
seguenti benefici:
1) la pena pecuniaria viene diminuita fino alla metà del minimo edittale;
2) l'imputato non viene assoggettato al pagamento delle spese processuali e ad eventuali pene accessorie;
3) la confisca può essere disposta soltanto se obbligatoria;
4) la condanna non è di ostacolo ad una successiva sospensione condizionale della pena;
5)
il reato si considera estinto se nei successivi 5 anni per i delitti e 2
anni per le contravvenzioni l'imputato non commette ulteriori reati
della stessa indole;
6) il decreto penale di condanna non ha efficacia di giudicato in ulteriori processi civili o amministrativi.
Inoltre,
con l'emissione del decreto in parola, il giudice concede la non
menzione della condanna nel certificato penale spedito a richiesta dei
privati.Leggi tutto
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Decreto sui reati ambientali nel Codice Penale. Legambiente: «Un’occasione persa, ennesimo nulla di fatto»
[ 12 aprile 2011 ]
LIVORNO. Legambiente analizza il testo specifico dello schema di
decreto legislativo con cui il Parlamento ha recepito le direttive
2008/99 e 2009/123, dando seguito all'obbligo imposto dalla Ue di
tutelare penalmente l'ambiente, e il giudizio non è affatto tenero. Il
presidente nazionale del Cigno Verde, Vittorio Cogliati Dezza, spiega
che «L'Italia, che contrariamente a molti Paesi europei, sconta fenomeni
di ecomafia e di criminalità ambientale gravissimi e del tutto
sconosciuti altrove, avrebbe dovuto sfruttare l'occasione della
Direttiva europea per porre un freno a questa situazione. Ma il
recepimento della Direttiva, invece, è ben lontano da questo obiettivo.
Se lo spirito europeo era, infatti, quello di assicurare un'adeguata
tutela penale dell'ambiente, individuando una lunga serie di reati
ambientali da punire con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive,
il nostro Paese l'ha recepito in modo assolutamente fiacco, elaborando
una legislazione penale ambientale solo "di facciata", completamente
inefficace e scarsamente deterrente. Con questo schema di decreto i
crimini ambientali continueranno, quindi, ad essere puniti solo con
sanzioni di tipo contravvenzionale, peraltro di scarsa portata, con
tempi di prescrizione bassissimi, l'impossibilità di usare adeguati
strumenti investigativi e di chiedere rogatorie internazionali.
Caratteristiche, queste, che pongono il nostro Paese palesemente in
contrasto con i principi e lo spirito della Direttiva europea».Leggi tutto
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