Tratto da Peacelink
Lettera aperta al Presidente Monti.....
L’ora della verità e delle decisioni su “Salva Taranto”
Questa
lettera aperta vuole essere uno sprone a cercare soluzioni concrete per
rispondere alle aspettative dei cittadini in difesa della salute e dei
lavoratori in difesa del lavoro: di entrambi mi è ben nota l’angoscia,
vissuta personalmente
16 luglio 2012 - Dott. Ing.Biagio De Marzo
A Presidente del Consiglio dei Ministri
Ministro dello sviluppo economico
Ministro dell’ambiente
Presidente Regione Puglia
Presidente Provincia di Taranto
Sindaco di Taranto
Sindaco di Statte
Organizzazioni sindacali Lavoratori Ilva
Cittadini di Taranto
Redazioni stampa e TV
Oggetto: L’ora della verità e delle decisioni su “Salva Taranto” Cittadino informato dei fatti.
Sono un semplice cittadino di Taranto “informato dei fatti”, con
pregresse conoscenze dello stabilimento Ilva di Taranto, ora di
proprietà dei Riva. Rilevo che ormai tutti sostengono che l’Ilva di
Taranto è un problema nazionale, da affrontare in sede governativa, cosa
che una parte del volontariato sanitario ed ecologista di Taranto
sostiene da anni.
Non c’è stata risposta alcuna agli appelli inviati
alle più alte cariche dello Stato, ai membri del Parlamento, alle
Istituzioni nazionali e locali, alle organizzazioni sindacali e
datoriali. Tutto questo è documentato e fa parte della storia del nostro
Paese e della sua classe dirigente quasi sempre incapace di comprendere
per tempo i problemi e ancor meno di affrontarli a occhi aperti. Ora è
in vista un’emergenza giudiziaria e occorre agire sulla base della
verità, resa pubblica, perché si conosca la situazione effettiva e si
possano valutare le soluzioni che saranno adottate, anche imperfette ma
concrete e realistiche.
Cosa dicono e non dicono.
Si legge di milioni di euro destinati a “bonifiche”, attinti solo dal
pubblico, cioè senza il contributo privato anch’esso dovuto in base al
principio che “paga chi inquina”. ...... Si legge di “Riesame dell’AIA di Ilva Taranto” senza indicarne
obiettivi e contenuti. Non emerge finora una visione di insieme e di
futuro possibile per l’operazione “Salva Taranto”.
Di contro, azienda,
istituzioni, sindacati, lavoratori e molti cittadini finora hanno
rifiutato, contro ogni evidenza, di prendere atto che lo stabilimento
siderurgico a ciclo integrale di Taranto, concepito a cavallo degli anni
’60 del secolo scorso e colpevolmente costruito a ridosso della città, è
incompatibile con la vita della città ed ha comunque la vita corta.
Oggi solo un amministratore pubblico pazzo autorizzerebbe la costruzione
a ridosso della città di un’Ilva come quella attuale.
I supporter di
Ilva chiedono la cosiddetta “ambientalizzazione” dello stabilimento come
se non sapessero che nell’area a caldo, fonte di quasi tutti i guai da
inquinamento, essa non è presa in considerazione dall’azienda com’è
dimostrato dal fatto che su quell’area non hanno applicato il Sistema di
Gestione Ambientale.
Gli investimenti necessari per risolvere
seriamente ed esaurientemente i problemi degli inquinanti rinvenienti
dagli scarichi a mare, dai parchi primari, dalle cokerie,
dall’agglomerato, dagli altoforni e dalle acciaierie sono valutabili, a
spanne, in decine di miliardi di euro che nessuno impegnerebbe su un
prodotto “maturo” come l’acciaio di massa.Non si può, infine, non sapere
che il funzionamento dello stabilimento di Taranto senza area a caldo è
gestionalmente molto difficile e sicuramente antieconomico: la chiusura
dell’area a caldo, quindi, avrebbe conseguenze sull’intero ciclo
produttivo.
Il Tavolo del Governo.
Tutto questo fa sì che sulla questione “Salva Taranto” necessita
deliberare urgentemente il Piano Straordinario che ponga rimedio alla
tragedia del presente e del futuro della città di Taranto e della sua
provincia.
Tale tragedia è la pesantissima eredità che riceviamo da
cinquanta anni di errori madornali commessi sulla testa dei cittadini e
dei lavoratori, errori dei quali, alla resa dei conti, ha beneficiato
solo la famiglia Riva.
“I costi di uno sviluppo selvaggio e maldestro
sono ricaduti sulla collettività, sono stati pagati da tutti i cittadini
in termini di inquinamento, danni alla salute e all’integrità sociale,
da tempo denunciati dall’associazionismo tarantino ed ora certificati
dalle recenti perizie tecnico-chimiche ed epidemiologiche ordinate dal
Tribunale di Taranto.” “Atti di intesa”, “Accordi di programma”,
procedimenti ministeriali e regionali sono stati assolutamente
improduttivi di risultati, mentre l’associazionismo tarantino ha portato
alla luce del sole verità e fatti colpevolmente sottovalutati, relativi
ad una città che è risultata la più inquinata d’Italia per la presenza
di grandissime aziende inquinanti.
L’augurio è che il “Tavolo tecnico su
Taranto” eviti di produrre l’ennesimo, inconcludente documento
programmatico senza affrontare il cuore del problema, cioè la
contrapposizione tra l’incomprimibile valore individuale del diritto
alla salute degli abitanti e degli stessi lavoratori e il valore
strategico nazionale di una grande azienda presente nel territorio ma
sanitariamente ed ecologicamente incompatibile con l’adiacente abitato.
La exit strategy.
E’ accertato il danno causato dall’inquinamento di origine
industriale, arrecato ad aria, acqua, suolo e sottosuolo in 50 anni di
funzionamento. E’ giusto chiedere il risarcimento per la città e la
garanzia della sopravvivenza dei cittadini e dei lavoratori, a carico
sia di chi ha inquinato impunemente negli anni passati, sia di chi, in
tempi più recenti, ha continuato a produrre ed inquinare, con profitti
non confrontabili con le poche risorse effettivamente impiegate per la
tutela ambientale. L’enormità della questione “Salva Taranto” richiede
una exit strategy concertata tra Stato e Ilva.
Il Governo deve prendere
“il toro per le corna”, cioè deve ritirare per autotutela l’AIA
rilasciata all’Ilva di Taranto ad agosto del 2011 e deve ottenere dai
Riva un piano industriale..............
Lo sprone
In termini politici, si tratta, insomma, di riprodurre in grande per
Taranto quello che in piccolo è stato fatto per Genova con l’Ilva di
Cornigliano. E’ per questo che “il Tavolo del Governo non serve se non
siede anche l’Ilva con un’idea di futuro”.
Questa lettera aperta vuole essere uno sprone a cercare soluzioni
concrete per rispondere alle aspettative dei cittadini in difesa della
salute e dei lavoratori in difesa del lavoro: di entrambi mi è ben nota
l’angoscia, vissuta personalmente.
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