PER LA SERIE:
ITALIA AL CONTRARIO.....
ITALIA AL CONTRARIO.....
Tratto da "Il Fatto Quotidiano "
di WWF | 9 luglio 2012
Ai detrattori del principio “chi inquina paga” non è bastata la norma del cosiddetto Decreto Legge “Salva-Italia”
che ha di fatto ‘condonato’ le bonifiche per i siti industriali
inquinati (in tutto sono 57 i Siti di Interesse Nazionale, quelli in cui
cioè sono particolarmente urgenti gli interventi di bonifica), ora con
un blitz del Governo all’ultimo momento del Decreto Sviluppo arriva
anche la sanatoria per “l’inquinamento in divisa”,
ovvero per una norma (comma 2 dell’articolo 35 del D.L. Sviluppo) che
comprometterebbe la bonifica dei siti militari inquinati e che è in
discussione in queste ore in Parlamento.
Occorre sopprimere questa norma ‘ammazza-bonifiche’ che
darebbe al Governo, attraverso un Decreto Interministeriale dei
Ministeri della Difesa e dell’Ambiente, il potere di alzare i livelli di
inquinamento oltre i quali è necessario bonificare il territorio
inquinato dai siti militari.
Ecco quale sarebbe il risultato: alzando la soglia d’inquinamento, i parametri un tempo fuori-norma verrebbero così trasformati ‘a norma di legge’. Ancora una volta la politica si sostituisce alla scienza, come se un provvedimento normativo potesse cambiare le leggi della chimica, della fisica e di tutte quelle conoscenze e strumenti ad hoc che non aspettano altro che essere consultati.
E’ così che le
istituzioni stanno provando ad autoattribuirsi il potere (non la
conoscenza idonea) per indicare i livelli ‘accettabili’ di
concentrazione di sostanze nocive nelle aree militari, senza alcun
riferimento a norme di tutela, standard internazionali, rigorosi ed
oggettivi parametri scientifici.
Oltre al
contenuto e alle conseguenze che potrebbero derivare da questa norma,
spaventa la modalità con cui è stata introdotto nel DL Sviluppo: un vero
e proprio ‘blitz’, all’ultimo momento, inserendo un comma all’articolo 35, che disciplina tutt’altro settore: le trivellazioni petrolifere.
Una norma, quindi, del tutto estranea che va ad incidere su una
tematica complessa come quella della bonifica dei siti militari
inquinati per la quale sarebbe necessario un approfondito esame tecnico e
giuridico e, se del caso, la presentazione e discussione di un disegno
di legge ad hoc.
Un caso-scuola sui danni all’ambiente e alla salute provocato dall’inquinamento dei siti militari è quello del poligono interforze del salto di Quirra, in Sardegna: un’area demaniale militare in
cui per anni si sono svolte intense e periodiche esercitazioni militari
(compresi brillamenti di ordigni), con dispersione sul terreno di
grossi quantitativi di metalli tossici e sostanze chimiche tossiche (alluminio,
arsenico, bario, cadmio, cobalto, cromo, rame, piombo, ferro, nichel,
antimonio, tallio, zirconio e zinco), nonché di sostanze radioattive
(torio ed uranio). Qui erano presenti numerosi pastori con circa 15mila
animali da allevamento, cui si aggiungono gli abitanti delle aree
circostanti, nonché il personale militare e civile della base militare.

E’ evidente che casi simili non possono essere circoscritti in una norma di 4 righe approvata in tutta fretta senza approfonditi e specifici studi preliminari.
Nel Decreto sulle liberalizzazioni detto “Salva–Italia” è stato previsto che anche per gli stabilimenti industriali
ormai abbandonati si potesse procedere con la semplice messa in
sicurezza al posto della bonifica. Ecco la beffa: si tratta di un
procedimento, applicato in origine solo ai quei siti industriali ancora
in funzione per evitare che le operazioni di bonifica fermassero
l’attività produttiva, mettendo così a rischio i posti di lavoro.
Estenderlo anche alle fabbriche ormai chiuse o (come poi avvenuto con
un’integrazione successiva al provvedimento) a quelle interessate da
un’ipotesi di reindustrializzazione, equivale di fatto a un ‘condono’ delle operazioni di bonifica.
“Il
WWF lotta per una specie a rischio: la tua”.
E’ lo slogan del progetto del WWF per sostenere l’attività dell’Associazione contro l’inquinamento industriale (www.wwf.it/stopinquinamento)
a favore di uno sviluppo sostenibile, un’economia sana e per difendere
anche nei tribunali l’ambiente e la salute dei cittadini dai danni
provocati dall’inquinamento industriale.
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