Pakistan, operai bruciati vivi. Ma la fabbrica aveva certificazione italiana
Quasi 250 operai bruciati vivi nello stabilimento in fiamme, appena certificato come ‘sicuro’. L’inferno della Ali Enterprises, il settore tessile dei poveri: a poco più di un mese dalla terribile tragedia di Karachi, il peggiore incidente industriale della storia pakistana, non è ancora stata fatta chiarezza. Neppure sulla validità dei sistemi di controllo che, solo un…
Quasi 250 operai bruciati vivi nello stabilimento in fiamme, appena certificato come ‘sicuro’.
L’inferno della Ali Enterprises, il settore tessile dei poveri: a poco più di un mese dalla terribile tragedia di Karachi, il peggiore incidente industriale della storia pakistana, non è ancora stata fatta chiarezza. Neppure sulla validità dei sistemi di controllo che, solo un mese prima, avevano dato all’azienda l’ambita certificazione SA8000. Nato nel 1997 per garantire i requisiti etici delle imprese verso i lavoratori, questo prestigioso attestato internazionale era stato rilasciato all’azienda il 20 agosto, meno di un mese prima.
Da chi? Dal Rina, il Registro Italiano Navale di Genova, una società di ispezione accreditata a livello mondiale: da anni il gruppo ligure tiene sotto controllo centinaia di aziende in tutto il pianeta, per conto di una struttura di New York.
Sigle remote e anonime, che parlano la lingua franca della globalizzazione: come il Saas, Social Accountability Accreditation Services, l’ente che accredita il Rina, o come lo stesso Sai, Social Accountability International, con sede nella Grande Mela.
Un organismo finanziato dalle maggiori multinazionali, che non fa nulla per rivelare le conclusioni dei revisori accreditati, come l’azienda italiana. Leggi l'articolo integrale
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