"Leviamo la voce per denunciare le "ferite" delle nostre terre minacciate da progetti di "sviluppo" che sono invero segnati da gravi rischi ambientali"
“Noi, Vescovi delle Chiese che sono in
Abruzzo e Molise, ancora una volta leviamo alta la voce per denunciare
le "ferite" delle nostre terre, minacciate da progetti di "sviluppo" che
sono invero segnati da gravi rischi ambientali, socio-economici e
umani, in cui viene meno la tutela della vita e la custodia del creato,
dono di Dio e impegno morale di tutti gli uomini e le donne di buona
volontà. Lo afferma in una nota la Conferenza episcopale
abruzzese-molisana (Ceam), in una nota.
"Ci riferiamo, in particolar modo, ai progetti di sfruttamento energetico, in particolar modo petrolifero, su cui ci siamo già pronunciati come Conferenza episcopale regionale nel 2008 e, mediante l'intervento di alcuni di noi o tramite gli uffici da noi delegati, in varie occasioni nel corso di questi ultimi anni. In luogo di una vera 'conversione' a progetti di crescita sostenibile, in ascolto della voce dei territori e delle popolazioni di cui abbiamo la cura pastorale - rileva la Ceam - si confermano e si aggravano le scelte più rischiose per la salute e il benessere di tutti.
"Ci riferiamo, in particolar modo, ai progetti di sfruttamento energetico, in particolar modo petrolifero, su cui ci siamo già pronunciati come Conferenza episcopale regionale nel 2008 e, mediante l'intervento di alcuni di noi o tramite gli uffici da noi delegati, in varie occasioni nel corso di questi ultimi anni. In luogo di una vera 'conversione' a progetti di crescita sostenibile, in ascolto della voce dei territori e delle popolazioni di cui abbiamo la cura pastorale - rileva la Ceam - si confermano e si aggravano le scelte più rischiose per la salute e il benessere di tutti.
La stessa promessa di uno sviluppo economico viene a
cadere di fronte alla grave situazione economica e sociale, ancora nel
pieno della crisi che investe il nostro Paese e, in particolar modo, la
nostra Regione: con l'eventuale realizzazione dei progetti di
sfruttamento energetico non si sanerebbe la ferita della disoccupazione e
della recessione, si accrescerebbe il senso di abbandono e di
sopraffazione che le nostre genti percepiscono di fronte a chi esercita
poteri decisionali, si avanzerebbe nella spogliazione del nostro
ambiente naturale e della nostra economia agricola e turistica, in
maniera irreversibile e irresponsabile".
"Come afferma il recente documento della CEI in occasione della 7a giornata nazionale per la salvaguardia del Creato ("Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra") - prosegue la nota - noi non possiamo "dimenticare le ferite di cui soffre la nostra terra, che possono essere guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali.
Guarire e' voce del verbo amare, e chi desidera guarire sente che quel
gesto ha in sé una valenza che lo vorrebbe perenne, come perenne e
fedele e' l'Amore che sgorga dal cuore di Dio e si manifesta nella
bellezza del creato, a noi affidato come dono e responsabilità.
Con
esso, proprio perché gratuitamente donato, e' necessario anche
riconciliarsi quando ci accorgiamo di averlo violato" (n. 1). Questo
compito comune veda coinvolti tutti, in particolar modo coloro che, a
livello locale, regionale e nazionale, hanno ricevuto il mandato di
governare lo sviluppo del territorio, perché agiscano in nome del bene
comune e non di una singola parte, prestando ascolto al grido della
nostra terra, del nostro mare, del nostro cielo: in essi riconosciamo la
presenza di Dio, come ci ricorda il "Cantico delle creature" del santo
patrono d'Italia Francesco d'Assisi.
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