Tratto da Brundisium
Mariano (Pd) al Governo: "chiarire l'impatto delle centrali a carbone".
Di seguito riportiamo integralmente il testo di una interrogazione a
risposta scritta
presentata - tra gli altri - dall'On. Elisa Mariano, eletta in quota al
Pd della provincia di Brindisi, al Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare ed al Ministro dello sviluppo economico.
Premesso che:
la diffusione di un cortometraggio dell'associazione ambientalista
Greenpeace sui danni alla salute delle persone provocati dalle centrali a
carbone, ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica
l'opportunità di mantenere nel nostro Paese una quota consistente della
produzione elettrica attraverso l'utilizzo
del carbone, in luogo
dell'olio combustibile o di altre fonti energetiche, come il gas, meno
inquinanti;
secondo la tesi della citata associazione la produzione di energia dal carbone provocherebbe un decesso al giorno.
La
campagna che Greenpeace porta avanti, da anni, si basa sui dati forniti
da un rapporto della fondazione olandese Somo e dallo studio della Eea
(European environmental agency), l'agenzia per l'ambiente dell'Unione
europea che individua i 20 impianti di produzione di energia più
inquinanti in Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, al primo
posto c’è la centrale a carbone dell'Enel «Federico II» di Brindisi, che
causerebbe da sola 119 decessi all'anno, i cui costi esterni (calcolati
dall'Eea) ammontavano a 707 milioni di euro nel 2009.
Nel nostro
Paese operano altre dodici centrali a carbone, tra le altre giova
segnalare quelle di Fusina, Torrevaldaliga e La Spezia, fonti di non
minori preoccupazioni tra le popolazioni residenti in quei luoghi.
Nel
rapporto diffuso dal gruppo ambientalista si legge: «I costi esterni
delle centrali a carbone sono di 1,7 miliardi di euro, oltre il 40 per
cento dell'utile che Enel ha ottenuto a livello consolidato, in tutto il
mondo, nel 2011.
Se alle attuali centrali si dovessero
aggiungere quelle di Porto Tolle e Rossano Calabro – che potrebbero
presto essere convertite da olio a carbone – i costi esterni potrebbero
toccare i 2,5 miliardi di euro all'anno, suddivisi in costi per la
salute, danni alle colture agricole, da inquinamento dell'aria e da
emissioni di CO2»;
contro questa campagna, Enel ha avviato più di una azione legale.
L'azienda, che definisce le accuse frutto di dati «non basati su una
effettiva analisi delle emissioni delle centrali termoelettriche
italiane», ma «su un astratto fattore di rischio che non considera il
reale contributo delle centrali rispetto a tutte le fonti di
inquinamento che incidono sulla qualità dell'aria», ha precisato che:
«le attività sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni
locali, nazionali e internazionali e si svolgono nel pieno rispetto
delle leggi»;
è necessario ricordare che sono attualmente in discussione in
Italia, tra riconversioni e nuovi progetti, centrali a carbone per oltre
5mila megawatt, da Porto Tolle a Saline Ioniche, a Rossano. Iniziative
che non sembrano corrispondere alle reali necessità del Paese.
Dal
2002 ad oggi, infatti, l'entrata in funzione di nuove centrali a gas e
la riconversione di centrali da olio combustibile a carbone ha portato,
secondo i dati di Tema, il totale di centrali termoelettriche installate
a 78mila megawatt, a cui si devono aggiungere almeno 45mila megawatt da
fonti rinnovabili.
Considerando che il record assoluto di consumi
di elettricità in Italia è di 56.822 megawatt ore, richiesti
complessivamente alla rete, si comprende come il tema della sicurezza, e
quindi la necessità di valutare la realizzare nuove centrali, oggi in
Italia appaia giustificata.
Eppure le centrali in fase di
realizzazione, secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico,
sono 8, per 4.763 megawatt, e quelle in corso di autorizzazione, ben 38
tra gas, metano, carbone, per 23.810 megawatt;
tale ultima considerazione, come ha recentemente sottolineato in uno
specifico rapporto l'associazione «Legambiente», non sembra essere stata
oggetto di adeguata riflessione in sede di elaborazione della Strategia
energetica nazionale, emanata nel marzo 2013 dai Ministri dello
sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare;
la strategia energetica nazionale, invece, dovrebbe tenere in conto
anche questi elementi «perché è interesse del nostro Paese ridurre le
emissioni di gas serra, nell'ambito della strategia europea, ridurre i
costi delle bollette e contemporaneamente la sovrabbondanza di centrali
alimentate a carbone che già oggi comportano effetti rilevanti in
termini di costi per i cittadini e per l'ambiente
– si chiede:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati su quanto esposto in premessa;
se non reputino opportuno chiarire quale sia l'impatto delle centrali a
carbone, attualmente in produzione nel nostro Paese, sull'ambiente e
sulla salute dei cittadini;
con quali strumenti tale impatto (o
danno) sia rilevato, monitorato e valutato, se tale monitoraggio sia
giudicato efficace ed attendibile e se tale rilevazione sia omogenea in
tutte le aree del Paese che ospitano centrali a carbone;
anche considerando l'evoluzione dello scenario europeo, che punta con
chiarezza alla decarbonizzazione dell'economia e, in particolare, con
riferimento agli obiettivi contenuti nella strategia energetica normale
che vedono al 2020 un forte incremento della produzione di energia da
fonti rinnovabili, fino al 35-38 per cento quota paragonabile a quella
ottenuta con il gas,
se non reputino doveroso avviare una riflessione,
coinvolgendo pienamente il Parlamento, sul mix energetico italiano che,
nel rispetto degli obiettivi di contenimento delle emissioni di CO2,
consideri realisticamente l'evoluzione della domanda e dell'offerta e le
conseguenze per la salute delle scelte produttive.
Interrogazione presentata dagli onorevoli del PD Raffaella Mariani,
Enrico Borghi, Chiara Braga, Alessandro Bratti, Elisa Mariano
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