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22 giugno 2013

"Chiarire l'impatto delle centrali a carbone"

Tratto da Brundisium
 
Mariano (Pd) al Governo: "chiarire l'impatto delle centrali a carbone".

Di seguito riportiamo integralmente il testo di una interrogazione a risposta scritta presentata - tra gli altri - dall'On. Elisa Mariano, eletta in quota al Pd della provincia di Brindisi, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al Ministro dello sviluppo economico.

Premesso che:
la diffusione di un cortometraggio dell'associazione ambientalista Greenpeace sui danni alla salute delle persone provocati dalle centrali a carbone, ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica l'opportunità di mantenere nel nostro Paese una quota consistente della produzione elettrica attraverso l'utilizzo

del carbone, in luogo dell'olio combustibile o di altre fonti energetiche, come il gas, meno inquinanti;
secondo la tesi della citata associazione la produzione di energia dal carbone provocherebbe un decesso al giorno.

La campagna che Greenpeace porta avanti, da anni, si basa sui dati forniti da un rapporto della fondazione olandese Somo e dallo studio della Eea (European environmental agency), l'agenzia per l'ambiente dell'Unione europea che individua i 20 impianti di produzione di energia più inquinanti in Europa.


 Per quanto riguarda l'Italia, al primo posto c’è la centrale a carbone dell'Enel «Federico II» di Brindisi, che causerebbe da sola 119 decessi all'anno, i cui costi esterni (calcolati dall'Eea) ammontavano a 707 milioni di euro nel 2009.
Nel nostro Paese operano altre dodici centrali a carbone, tra le altre giova segnalare quelle di Fusina, Torrevaldaliga e La Spezia, fonti di non minori preoccupazioni tra le popolazioni residenti in quei luoghi.

Nel rapporto diffuso dal gruppo ambientalista si legge: «I costi esterni delle centrali a carbone sono di 1,7 miliardi di euro, oltre il 40 per cento dell'utile che Enel ha ottenuto a livello consolidato, in tutto il mondo, nel 2011.

Se alle attuali centrali si dovessero aggiungere quelle di Porto Tolle e Rossano Calabro – che potrebbero presto essere convertite da olio a carbone – i costi esterni potrebbero toccare i 2,5 miliardi di euro all'anno, suddivisi in costi per la salute, danni alle colture agricole, da inquinamento dell'aria e da emissioni di CO2»;

contro questa campagna, Enel ha avviato più di una azione legale. L'azienda, che definisce le accuse frutto di dati «non basati su una effettiva analisi delle emissioni delle centrali termoelettriche italiane», ma «su un astratto fattore di rischio che non considera il reale contributo delle centrali rispetto a tutte le fonti di inquinamento che incidono sulla qualità dell'aria», ha precisato che: «le attività sono sottoposte alle norme e ai controlli delle istituzioni locali, nazionali e internazionali e si svolgono nel pieno rispetto delle leggi»;
è necessario ricordare che sono attualmente in discussione in Italia, tra riconversioni e nuovi progetti, centrali a carbone per oltre 5mila megawatt, da Porto Tolle a Saline Ioniche, a Rossano. Iniziative che non sembrano corrispondere alle reali necessità del Paese.
Dal 2002 ad oggi, infatti, l'entrata in funzione di nuove centrali a gas e la riconversione di centrali da olio combustibile a carbone ha portato, secondo i dati di Tema, il totale di centrali termoelettriche installate a 78mila megawatt, a cui si devono aggiungere almeno 45mila megawatt da fonti rinnovabili.
Considerando che il record assoluto di consumi di elettricità in Italia è di 56.822 megawatt ore, richiesti complessivamente alla rete, si comprende come il tema della sicurezza, e quindi la necessità di valutare la realizzare nuove centrali, oggi in Italia appaia giustificata.
Eppure le centrali in fase di realizzazione, secondo i dati del Ministero dello sviluppo economico, sono 8, per 4.763 megawatt, e quelle in corso di autorizzazione, ben 38 tra gas, metano, carbone, per 23.810 megawatt;

tale ultima considerazione, come ha recentemente sottolineato in uno specifico rapporto l'associazione «Legambiente», non sembra essere stata oggetto di adeguata riflessione in sede di elaborazione della Strategia energetica nazionale, emanata nel marzo 2013 dai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

la strategia energetica nazionale, invece, dovrebbe tenere in conto anche questi elementi «perché è interesse del nostro Paese ridurre le emissioni di gas serra, nell'ambito della strategia europea, ridurre i costi delle bollette e contemporaneamente la sovrabbondanza di centrali alimentate a carbone che già oggi comportano effetti rilevanti in termini di costi per i cittadini e per l'ambiente

– si chiede:
quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati su quanto esposto in premessa;
se non reputino opportuno chiarire quale sia l'impatto delle centrali a carbone, attualmente in produzione nel nostro Paese, sull'ambiente e sulla salute dei cittadini;


con quali strumenti tale impatto (o danno) sia rilevato, monitorato e valutato, se tale monitoraggio sia giudicato efficace ed attendibile e se tale rilevazione sia omogenea in tutte le aree del Paese che ospitano centrali a carbone;

anche considerando l'evoluzione dello scenario europeo, che punta con chiarezza alla decarbonizzazione dell'economia e, in particolare, con riferimento agli obiettivi contenuti nella strategia energetica normale che vedono al 2020 un forte incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, fino al 35-38 per cento quota paragonabile a quella ottenuta con il gas,

se non reputino doveroso avviare una riflessione, coinvolgendo pienamente il Parlamento, sul mix energetico italiano che, nel rispetto degli obiettivi di contenimento delle emissioni di CO2, consideri realisticamente l'evoluzione della domanda e dell'offerta e le conseguenze per la salute delle scelte produttive.

Interrogazione presentata dagli onorevoli del PD Raffaella Mariani, Enrico Borghi, Chiara Braga, Alessandro Bratti, Elisa Mariano

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