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10 luglio 2013

1)Ilva: cittadini e ambientalisti, basta decreti salva-azienda 2)Loris Campetti :ILVA CONNECTION

Tratto da Ansa

Ilva: cittadini e ambientalisti, basta decreti salva-azienda

'A Taranto si va avanti da anni con la decretazione d'urgenza'

(Acrhivio) 
TARANTO - "A Taranto si va avanti da anni con la decretazione d'urgenza senza che il Parlamento, che si limita ad approvare i decreti d'urgenza salva Ilva, intervenga con dei provvedimenti normativi idonei a tutelare una popolazione che sta vivendo una vera e propria emergenza sanitaria e ambientale, prima ancora che occupazionale". Lo sottolinea un gruppo di cittadini e rappresentanti di associazioni ambientaliste di Taranto che si oppone al decreto 61 sul commissariamento dell'Ilva, prossimo alla conversione in legge.
"L'intervento della magistratura - è detto in una nota - viene tempestivamente bloccato da un'azione coordinata a livello istituzionale (Governo/Corte Costituzionale) che pone nel nulla lo sforzo dei magistrati tarantini di dare diritti ad una città dove non esiste più il diritto alla salute e vengono sistematicamente calpestate e violate numerose norme costituzionali, schiacciate da notevoli interessi economici perché l'Ilva è stata dichiarata di interesse strategico nazionale". Taranto, osservano cittadini e ambientalisti, "avrebbe potuto vivere di turismo per la bellezza del suo mare e delle sue coste, per la dolcezza delle colline che si perdono nel mare, per la ricchezza delle sue risorse ambientali e umane. E invece è stata condannata ad un destino di non ritorno, perché ammesso che le bonifiche verranno avviate, il territorio é ormai compromesso dall'inquinamento". Ma non bisogna lasciare, concludono, "che la situazione arrivi alla estreme conseguenze di una fine ormai segnata".


Loris Campetti ilva_campetti

[Anticipiamo l'introduzione all'inchiesta di Loris Campetti Ilva connection. Inchiesta sulla ragnatela di corruzioni, omissioni, colpevoli negligenze, sui Riva e le istituzioni ....

Se è vero che chi fa impresa ha il diritto di garantirsi degli utili, è altrettanto vero che i profitti non possono essere accumulati a danno di chi lavora e della collettività – e che danno: si sta parlando di ogni tipo di tumori, malattie respiratorie e cardiache. A suggerire queste riflessioni contenute nell’ordinanza è, ancora una volta, la nostra Carta costituzionale che si basa su un principio: padrone e operaio non partono dallo stesso livello e non hanno le stesse opportunità, è dunque giusto tutelare maggiormente chi è più svantaggiato....
Insomma, quando una fabbrica inquina, i suoi veleni ammazzano anzitutto chi lavora dentro quella fabbrica; poi devastano il territorio dove è collocata, difficilmente un quartiere delle éliteurbane, e fanno ammalare chi ci vive; ed infine i suoi scarti troveranno la via che li condurrà in qualche discarica del sud del mondo o magari di quei tanti sud interstiziali dove vivono i poveri del nord. È l’ingiustizia ambientale che distribuisce i costi della crescita tra i poveri e i marginali, permettendo, invece, ai ricchi di massimizzare i loro profitti»....
Il conflitto tra i diritti fondamentali al lavoro e alla salute ha una storia lunga che inizia ben prima dell’Ilva di Taranto. Viene da lontano, dagli impianti chimici di Porto Marghera, dall’Acna di Cengio, da altri impianti inquinanti in Liguria, in Puglia, in Toscana, in Campania. Viene da Casale Monferrato, dove decenni dopo la chiusura dell’Eternit si continua a morire di mesotelioma...... 

ilva_notte A Taranto, però, c’è una magistratura che vigila e fa il suo dovere, perseguendo i reati. Il 26 luglio del 2012 scattano gli arresti che decapitano i vertici del gruppo siderurgico, Emilio Riva, il figlio Nicola (successivamente lo stesso provvedimento toccherà anche all’altro figlio, Fabio, volato nel frattempo sulle rive del Tamigi) e tutti i massimi dirigenti. L’acciaieria viene sequestrata. Ed è soprattutto contro i giudici che si scatena l’azione di Riva, coadiuvato dal sostegno proveniente da troppe sponde: i governi alzano la soglia di inquinanti accettabili; i politici latitano quando non si fanno ammaliare dalle sirene del padrone delle ferriere, non più un nemico...
 Contro o a favore dei magistrati, sembrerebbe trattarsi di due posizioni opposte. Sono invece figlie dello stesso problema che si chiama assenza della politica. Per decenni la città di Taranto ha rimosso la questione Ilva, eppure c’era chi sapeva e sarebbe dovuto intervenire subito: prima che la situazione sanitaria esplodesse; prima che il conflitto tra città e fabbrica diventasse insanabile; prima che nell’immaginario collettivo l’acciaio – non Riva, come sarebbe logico, non quel modo di produrre, ma l’acciaio tout-court – diventasse incompatibile con una città di quasi 200.000 abitanti.
 Oggi il clima è talmente deteriorato che chiunque cerchi una soluzione condivisa e praticabile è costretto a tacere e ad abbassare gli occhi quando la madre di un bambino di Tamburi, morto di tumore, urla che quel mostro di ferro dev’essere spazzato via, per sempre.......
 La crisi di Taranto vive dentro la crisi italiana che, a sua volta, è parte di una crisi globale. È una crisi di modello economico che, con le risposte oggi prevalenti imposte dagli stessi che la crisi hanno scatenato, si trasforma in crisi sociale e crisi democratica.
 Taranto non è più in grado di digerire le conseguenze di scelte sconsiderate, non può più sopportare questo modo di produrre acciaio, imposto da quella che per la procura tarantina altro non è che un’associazione per delinquere........
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